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Commento al libro di Primo Levi: "Se questo è un uomo"



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Commento al libro di Primo Levi: "Se questo è un uomo".


Il romanzo di Primo Levi, "Se questo è un uomo", è un documento di grande valore umano e letterario. Esso testimonia la drammatica esperienza di vita dell'autore, deportato, con altri ebrei italiani, in un campo di concentramento nazista, dove ha sofferto l'amara condizione di vittima dell'odio, dove ha provato in prima persona il progressivo annientamento sia morale che fisico,  espresso in questi versi della sua poesia che fa da prologo al racconto: "Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no."

In questo diario viene descritto il periodo di prigionia nel lager di Auschwitz, dal 1944 fino alla liberazione da parte dei soldati russi. Sono ine piene di immagini terribili, commoventi e toccanti: "La baracca di legno, stipata di umanità dolente, è piena di parole di ricordi e di altro dolore." "Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima." " Soccombere è la cosa più semplice." " Se potessi racchiudere in una immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto non si possa leggere traccia di pensiero". "Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma voi ci siete riusciti, Tedeschi".

Il narratore vede morire numerosi suoi comni di fame, di stenti, di malattia, per il lavoro massacrante, per il freddo . .Vede anche ogni giorno la dignità umana venire meno: l'uomo, di fronte a tanta atrocità, non riesce più a provare sentimenti come la pietà, l'amicizia, la ribellione. Egli cerca solo di sopravvivere, di non morire; prevale un primitivo istinto di conservazione. Primo Levi ricorda: "Moltissime sono state le vie da noi escogitate e attuate per non morire . ..Tutte comportano una lotta estenuante di ciascuno contro tutti".



Basta poco, però, perché nell'uomo riaffiori una piccola speranza, perché ritrovi la sua dignità: ne è un esempio bellissimo il tentativo dello scrittore di ricordare il canto di Ulisse, dalla Divina Commedia e di recitarlo a Pikolo. Il messaggio del poeta Dante "spezza" le sbarre del campo di sterminio e comunica ai prigionieri conforto e un incitamento a resistere. Lo sforzo di ricordare i versi è un tentativo riuscito di abbandonare per un attimo le brutture della vita nel lager e per immaginare altre prospettive, rappresenta il desiderio di continuare ad essere uomini, anche se nel campo di sterminio si vive come "bruti" e non si può seguire la virtù e la conoscenza.

In realtà tutte le esperienze dei deportati possono essere paragonate ad un Inferno dantesco: il viaggio verso il campo, il lavoro dei prigionieri, il limbo dell'infermeria . ..

"Meditate che questo è stato: vi comando queste parole": nella poesia iniziale lo scrittore invita tutti noi a non dimenticare mai ciò che è accaduto e a riflettere sulla guerra e sulla devastazione che ne consegue, a non permettere più ad una potenza di prevalere contro i sacri diritti della persona.

"Ripetetele ai vostri li": è un invito quasi disperato a far conoscere alle coscienze dei più giovani il dramma che lui e altre migliaia di persone hanno vissuto.

Primo Levi non utilizza parole di odio, i toni sono misurati, il suo stile è semplice, ma molto coinvolgente e la sofferenza che traspare nelle ine trasmette una  grande commozione.











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