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Le origini - La nascita della letteratura latina e le prime forme di espressione letteraria

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Le origini

La nascita della letteratura latina e le prime forme di espressione letteraria



La letteratura latina:

si può identificare nel 240 a.C., quando Livio Andronico mise in scena la sua prima opera teatrale, la sua nascita. La data così tardiva è probabilmente causata dal ruolo che l'aristocrazia romana svolgeva, impedendo la fioritura di una civiltà letteraria. La letteratura latina si sviluppò, di fatto, in seguito a quella greca.

Di chiara derivazione greca, l'alfabeto a Roma si diffuse solo verso il VII secolo ed è attestato da alcune importantissime testimonianze, la più importante delle quali è il lapis niger: è un settore di pavimentazione nera situato nel Foro romano. Sembra contenere prescrizioni di divieto di viabilità e, facendo riferimento a un rex, fa supporre che la sua origine appartenga all'età regia. Sembra inoltre, come attesta una leggenda, che tale iscrizione fosse posta sulla tomba di Romolo. Il vaso di Duenos è invece un vasetto di argilla su cui è incisa un'iscrizione a carattere privato; mentre i libri sibillini sono una raccolta di oracoli riconducibili alla leggenda della Sibilla di Cuma.



I carmina:

col termine carmen -connesso al verbo cano (=cantare)-si ndica non tanto la poesia versificata, quanto una prosa ritmica, ricca di rime e cadenze particolari che facilitavano la memorizzazione di alcune formule che richiedevano di essere ripetute con assoluta esattezza. Prendono la definizione di carmina testi di natura diversa: preghiere, filastrocche, giuramenti, formule magiche. Nella Roma arcaica non doveva essere molto netta la distinzione tra poesia e prosa, anche se già a quel periodo è attestato l'uso di un verso, il saturnio: non è né un verso accentuativo né quantitativo, ma è basato sulla suddivisione in incisi minori del verso.

I carmina saliaria:

venivano recitati due volte all'anno, durante le cerimonie di apertura e chiusura delle operazioni belliche. Il rito era recitato dai dodici sacerdoti di Marte, i Salii, che partecipavano a una danza guerresca. L'origine del rito veniva fatta risalire a una leggenda, secondo cui il dio Marte aveva lasciato cadere dal cielo uno scudo in segno di protezione. Ma per evitare che qualcuno se ne impadronisse, altri undici scudi identici vennero fatti costruire e in seguito affidati ai Salii, che li utilizzavano durante la danza.

Il carmen arvale:

veniva cantato dai Fratelli Arvali (da arva: campi coltivati) durante un rito di purificazione delle camne, all'inizio di maggio.

I carmina popularia:

erano una serie di filastrocche, preghiere, ninna nanne di origine popolare destinate ad accomnare il lavoro dei contadini nei campi.

I carmina convivalia:

erano prodotti dalla classe aristocratica ed esibiti durante i banchetti da fanciulli di origine, ovviamente, nobile.

Il carmen Priami e il carmen Nelei:

il primo narrava la caduta di Troia, il secondo aveva quasi certamente qualche connessione con la leggenda di Romolo e Remo.

I carmina triumphalia:

erano dei canti, o per lo più dei motteggi che i soldati rivolgevano al loro comandante portato in trionfo, accomnati da scherzi spesso licenziosi. Il verso da cui erano caratterizzati era il versus quadratus.

I fescennini:

motteggi o battute grossolane tipiche della vita dei campi elaborate in versi metricamente rozzi, volti a propiziare magicamente il successo dei raccolti o la caccia del bestiame. Il termine potrebbe derivare dal nome della città di Fescennia, situata in Etruria, oppure da fascinum, termine che indica il malocchio o il membro maschile eretto, simbolo di fecondità.










La fabula atellana:

dal nome della città di Atella, veniva affiancata come rappresentazione finale ad altri spettacoli. Era basata sull'improvvisazione e caratterizzata da alcune maschere: Marcus, Pappus, Doddenus. Il metro era il versus quadratus.

La tabula dealbata:

era una tavola imbiancata che elencava gli avvenimenti pontificali più importanti, che il pontefice rendeva pubblici.

Gli annales maximi e le XII tavole:

introdotti come sostituzione alla tabula dealbata, erano suddivisi in 80 libri trattanti l'intera storia di Roma, mentre il contenuto delle tavole prevedeva determinate pene per chi infrangeva le leggi. Esse sono la testimonianza diretta di una società a carattere patriarcale basata sull'attività agricola.




L'espansione romana nel III sec a.C.



L'egemonia romana e l'ellenizzazione:

la potenza romana si consolidò notevolmente in seguito alla sconfitta di Cartagine durante la I guerra punica e ciò permise la diffusione dei culti e delle tradizioni romane anche in Sardegna e Sicilia. Grazie a questa sua egemonia sul Mediterraneo Roma entrò in contatto con la cultura greca restandone profondamente influenzata. Fu da allora che alcune celebrazioni di origine ellenica vennero introdotte anche in Italia: nuove forme di spettacolo, erezione di statue commemorative, celebrazioni di festività e momenti particolari.



I primi letterati e i generi letterari arcaici



I letterati:

i primi letterati non furono cittadini romani, ma stranieri, attratti a Roma dal prestigio per cui l'Urbs era famosa. La loro condizione sociale non era elevata e spesso usufruivano della protezione clientelare. La cultura romana dipendeva in modo determinante da quella greca, ma mai ne imitò passivamente i modelli: era piuttosto una sua ricreazione.

Generi letterari: commedia e tragedia:

la commedia soddisfaceva il bisogno di svago e divertimento basato sulla comicità ambientata in contesti borghesi. La palliata, la commedia di ambientazione greca per eccellenza, prendeva il nome dal pallium, il tipico mantello rettangolare degli attori; quella di derivazione greca, ma di ambientazione romana era detta togata (dalla toga).

La tragedia trattava invece argomenti magici e fiabeschi ed era incentrata prevalentemente su temi politici ed etici. Prende il nome di praetexta la tragedia che al mito greco sostituisce la storia e le leggende di Roma.
















Esempio di intellettuale romano arcaico: Appio Claudio



Cronologia e vita politica:

Appio Claudio, a un ramo della famiglia sabina, è la prima ura di intellettuale a Roma. Rivestì la carica di console, dittatore, censore e alcune cariche militari durante le guerre sannitiche. Egli diede il suo contributo alla creazione del primo acquedotto e del primo tratto della via Appia, strada che doveva congiungere Roma a Brindisi. Introdusse nuovi culti e permise l'ingresso nel senato di alcuni liberti. Le sue innovazioni, più che all'affermazione deldemocrazia - Le elezioni - I gruppi parlamentari - Il governo - La Corte Costituzionale" class="text">la democrazia, erano volte ad accrescere il prestigio della classe dirigente sfruttando i ceti più deboli. Il suo principale intento politico era quello di contrastare lo strapotere dei pontefici.

Opere:

si attribuisce ad Appio Claudio il De Usurpationibus, una serie di formule processuali sententiae, cioè massime proverbiali, delle quali la più famosa è che "ognuno è artefice della propria fortuna". Particolarmente famoso è il discorso da lui tenuto con cui persuase il senato a non accettare la proposte di Pirro e a continuare la guerra e di cui fu probabilmente fu redatto un testo, conservato nell'archivio familiare.

Riforma ortografica:

viene a lui attribuito il "rotacismo", fenomeno per cui veniva cambiata in "R" la "S" intervocalica.




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