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MEDEA di EURIPIDE - TRAMA, APPROFONDIMENTO, ANALISI PSICOLOGICA DI GIASONE, ANALISI PSICOLOGICA DI MEDEA, L'IMPORTANZADI AVERE UNA PATRIA, LA CONDIZIO



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TRAMA


Medea e Giasone, dopo la conquista del vello d'oro, risiedono con i li a Corinto. Giasone, però, sta per ripudiare la moglie per sposare Glauce, la lia di Creonte, re della città. Medea, temuta per le sue arti magiche, viene espulsa per ordine del re, ma riesce a rimandare di un giorno la partenza, in modo da poter attuare la propria vendetta. In un denso scontro verbale, in cui Euripide utilizza la più raffinata tecnica retorica, marito e moglie mostrano la totale inconciliabilità delle rispettive motivazioni: da un lato la donna sottolinea la propria totale dedizione e il patto d'amore tradito, dall'altro l'eroe contrappone la logica politica. Medea, dopo essersi garantita l'ospitalità di Egeo, re di Atene, mette in atto il suo tragico proposito: finge di rappacificarsi con Giasone e fa portare dai li, come doni alla sposa, una corona e un peplo. L'arrivo di un messo informa il pubblico che da quegli oggetti si sono sprigionate fiamme che hanno ucciso fra atroci dolori sia Glauce sia il padre Creonte. La vendetta, per essere totale, richiede però anche l'uccisione dei li nati dall'unione con Giasone; questi si precipita furioso contro Medea, ma non può che apprendere di quest'ultimo tremendo delitto e vedere la maga salire verso il cielo sul carro del Sole portando con sé i corpi delle proprie creature, negandone all'eroe anche la sepoltura.



APPROFONDIMENTO

Euripide, partendo dal razionalismo della sofistica che gli aveva permesso di superare il mito e realizzare una tragedia veramente umana, fa un'indagine critica che lo porta a superare le premesse sofistiche per penetrare nella profondità dell'animo umano e scorgervi quanto di irrazionale e di inafferrabile vi si agiti. La ragione può analizzare e spiegare i fatti, non modificarli: di qui il suo graduale disimpegno politico e l'evasione finale nella poesia.

Secondo il filologo Werner Jaeger, dietro le disarmonie della poesia di Euripide deve nascondersi anche la disarmonia sua personale.

Euripide è polemico nei confronti della triste sorte che tocca in Atene ai grandi pensatori, incompresi e disprezzati dal volgo ignorante. E' presente in oltre il ripudio della società, la crisi dei valori di un'età decadente, l'accostamento alla natura. Con l'esaltazione dell'indole selvaggia di Medea, Euripide avvicina il suo concetto di educazione-istruzione a quello di Rousseau: se la società è corrotta, bisogna vivere secondo le leggi della natura, seguendo più il cuore che l'intelletto.

SECONDO EPISODIO

Il secondo episodio è il dialogo tra Giasone e Medea, è lo scontro delle incomprensioni che sboccheranno in tragedia. Questo dialogo è una vera e propria tempesta di sentimenti e di argomenti di discussione, e proprio in questo dialogo maturano e si decidono i fatti che saranno fondamentali per il proseguimento della tragedia. Nell'episodio è espressa tutta l'ira di Medea per il tradimento subito, tutta la sua diversa concezione della giustizia e la consapevolezza che il comportamento di suo marito non potrà essere che ingiusto nei suoi confronti, di conseguenza, tutta la malvagità, la gelosia e la bramosia di vendetta che è capace di provare contro Giasone e contro la sua futura sposa. A lei si contrappone la "saggezza greca" di Giasone che non capisce tanta ira e tanto odio, e parla dei grandi favori e vantaggi che lei ha ricevuto da lui. E proprio questo è un punto importante del dialogo: Medea si ritiene offesa e tradita dal comportamento di Giasone e si sente in credito verso di lui per averlo aiutato nella sua impresa. AL contrario, Giasone non si sente in debito verso Medea, anzi, l' ha portata in Grecia, ne ha fatto una cittadina, le ha dato fama e gloria. " . tu in cambio della salvezza mia hai più ricevuto che dato . ": questa è la frase che riassume il punto di scontro fra due persone che hanno una scala di valori diversa e che in questo caso rendono ancora più accentuata con l'ira tale diversità.

ANALISI PSICOLOGICA DI GIASONE

Giasone è un eroe, ha intrapreso la pericolosissima missione di sottrarre il vello d'oro al drago guardiano e di portarlo in patria; nell'arduo compito è stato aiutato da Medea, una maga bella e potente che ha portato con sé in Grecia e sposata. Sembrerebbe il classico eroe mitico, invece in Giasone si specchia la concezione greca dell'uomo, ma soprattutto del matrimonio e dei doveri verso la moglie. Quando, infatti, Giasone torna in patria, a Corinto, e riceve la dovuta gloria, per lui si aprono nuovi sbocchi sociali la cui importanza superclassa di gran lunga gli impegni coniugali. Giasone non esita un istante, dato che ne ha l'opportunità, a chiedere in moglie la lia del sovrano della città, Creonte, e quindi a cercare di portarsi più in alto nella scala sociale anche a spese del suo precedente matrimonio con Medea. La psicologia di Giasone è quella di un perfetto uomo greco che fa il suo interesse politico ed economico, lasciando tranquillamente in secondo piano non tanto la famiglia, quanto la prima moglie.

ANALISI PSICOLOGICA DI MEDEA

Medea non è greca, ha ben altre concezioni del matrimonio e della vita coniugale, rispetto a Giasone. Lei non è disposta a tollerare di essere solo una concubina ai voleri di Giasone, e si sente tradita, in quanto i favori che gli ha reso nella conquista del vello d'oro non le sembrano degni di tale sgarbo. Medea ha abbandonato i suoi parenti e la sua terra per seguire Giasone, e adesso il suo mondo crolla, ritrovandosi sola, in terra straniera, relegata a una funzione sociale che non le va per niente bene e che non riesce ad accettare e a capire. Probabilmente una qualsiasi altra donna greca avrebbe accettato tranquillamente il fatto di diventare una concubina del marito, ma in Medea non ci sono i presupposti culturali per tale sottomissione, e la sua reazione è al contrario forte e violenta, tale da provocare un'altra serie di incomprensioni da parte del marito che non afferra l'idea di una così dura ribellione di una donna al volere maschile. Medea non è una ura indiscutibilmente negativa, è la personificazione dello scontro tra la cultura Greca e le diverse e molteplici culture "barbare". Medea è una donna che si trova all'improvviso in conflitto con un mondo, una cultura, usi e costumi diversi che non capisce e che non può accettare. Non riesce a comprendere le consuetudini greche riguardo ai doveri coniugali e alla concezione delle donne. Medea si aspetterebbe di ottenere eterna riconoscenza da Giasone per averlo aiutato nella sua impresa alla conquista del vello d'oro, e invece ne ricava di essere abbandonata dall'uomo che ama dopo averlo seguito sola in terra straniera.



Di fronte al dramma di Medea, si subisce il peso della sua sofferenza e della sua vendetta, che dimostra, in una totale assenza di dei, il senso dell'impotenza e della debolezza, pur nel contesto di una furia scatenata della natura di fronte a condizioni dolorosamente irrimediabili di ingiustizia suprema.

L'IMPORTANZADI AVERE UNA PATRIA

Mentre Giasone parla della fama importante per la vita umana, e dell'importanza dell'essere greco, Medea teme di non avere più patria, e a quel tempo era molto importante avere una patria, perché si viveva in un mondo profondamente ostile all'uomo, dove la primaria fonte di difesa dalla natura ma anche dagli altri uomini era la formazione di una società autosufficiente in cui tutti i cittadini erano organizzati e avevano come unico scopo la tutela reciproca. Colui che in un mondo come questo era escluso dalla polis era un senza-patria. Essere senza patria doveva essere davvero duro a quel tempo con una donna sola con li, forse addirittura impensabile. Medea ha ragione quando teme di rimanere sola in terra straniera, con l'ostilità di suo marito da un lato e quella della famiglia che ha abbandonato dall'altro: una donna sola non avrebbe mai potuto avere un posto nella società greca.

LA CONDIZIONE DELLA DONNA

Tucidide affermava che la migliore delle donne era quella "di cui meno si parla fra gli uomini, sia in bene, sia in male", questo dimostra che il sesso femminile era quasi estraneo alla vita sociale e civile, per cui era anche escluso dalla storia.

L'elemento umano derivante dallo studio della vita vera, contemporanea, che manca ad Eschilo, appare primamente negli eroi di Sofocle, e costituisce uno dei caratteri più spiccati dell'arte di Euripide. Egli mostra il sentimento e il bisogno della realtà che balza fuori tanto più manifesta quanto più è stata contenuta dalle leggi dell'arte tragica. Ma in Euripide l'analisi nello studio della psiche umana è troppo raffinata.

A seconda delle diverse regioni, le donne venivano concepite diversamente. A Sparta erano educate allo stesso modo degli uomini, per cui avevano già una posizione elevata nella società; nella casa occupavano il posto principale, chiamato  da Platone, amministravano gli averi ed erano incaricate della prima educazione dei li.

Ad Atene invece le donne venivano chiuse fin dalla giovane età nel gineceo, per loro era vietato uscire in pubblico, quindi la loro istruzione rea misera e incompleta.

Da Omero ed Esiodo emerge che alcune donne privilegiate godevano una grande considerazione come membri delle grandi e nobili famiglie di dominatori. Alla fine di questo periodo cavalleresco è naturale che le donne perdessero il loro prestigio.

Euripide riconosce come difetti delle donne l'astuzia, la finzione, la maldicenza, la curiosità e la mania dei pettegolezzi. Chi sposava una donna ricca o nobile, diventava vittima dei suoi capricci.

Vi erano donne provenienti dall'Asia Minore, acculturate che si interessavano alle questioni letterarie, politiche e sociali, e in loro l'uomo greco trovava ciò che non aveva la moglie.

Il Wilamowitz sostiene che Euripide "ha scoperto per la poesia la donna e il conflitto morale tra i due sessi".

L'amore studiato nella psiche femminile ha fornito ad Euripide il punto d'inizio per due tragedie: Medea e Ippolito. Nella prima l'amore è tradito, che persiste contro ragione e annulla gli altri sentimenti. Nella seconda l'amore è colpevole, nasce fra le acerbe lotte dell'anima e ingigantisce fra gli spasimi. In entrambe le tragedie l'amore trascina al delitto. L'estremo saluto di Medea ai li, dove so trovano tutte le delicatezze dell'amore materno, dimostra quanto dovesse costare al suo cuore la truce vendetta.

Il monologo di Medea che si svolge dal verso 230, mostra quanto fosse migliore la condizione dell'uomo che viveva una vita libera e svariata. Inoltre aveva il diritto di ripudiare la moglie. La donna poteva chiedere all'Arconte la facoltà di abbandonare il marito, ma doveva presentare personalmente la domanda motivata, comunque l'opinione pubblica la condanna va quasi sempre.



Medea esclama: "Io starei in un campo di battaglia, piuttosto che soffrire un solo parto!". Questo argomento viene in seguito ripreso dal Bebel nella sua opera "La donna e il socialismo" come appoggio alla sua tesi che la donna procreando, rende alla patria lo stesso servizio dell'uomo che la difende, e che il numero delle donne morte di parto è maggiore del numero di uomini che muoiono o rimangono feriti sul campo di battaglia.

Euripide così mette in risalto che la donna, timida in tutto, diventa feroce se offesa nell'amore.

Ai rimproveri di Medea, Giasone trova un argomento di scusa e poi inveisce su tutto il sesso femminile: "Il sesso femminile non dovrebbe esistere, così i mortali non avrebbero più alcun male". E nell'Andromaca emerge che gli dei, che hanno concesso rimedi a tanti male, non ne hanno concesso alcuno contro le donne cattive che sono la rovina delle case.

La donna onesta, attiva, educata, affettuosa, è secondo Euripide, il principale elemento di felicità nella vita. E' questo il concetto su cui il poeta insiste più spesso.

IL MITO DI MEDEA

Medea è lia del re di Colchide Eete. E' perciò nipote di Elios e della maga Circe. Sua madre è Idia, ma talvolta le si attribuisce come madre la dea Ecate, che comanda su tutte le maghe.

Senza Medea, Giasone non potrebbe conquistare il vello d'oro: proprio lei gli dà l'unguento per proteggerlo dalle scottature dei tori d'Efesto, e addormenta il drago con i suoi incantesimi. Una tradizione tardiva, riferita da Diodoro, afferma che Medea era una principessa in totale opposizione con la politica del padre, che consisteva nell'uccidere tutti gli stranieri che approdavano nel suo paese. Irritato per la sua opposizione, Eete l'aveva fatta mettere in prigione, da cui non aveva fatto alcuna fatica ad uscire. E ciò accadde lo stesso giorno in cui gli Argonauti sbarcarono in Colchide. Ella fece promettere a Giasone di sposarla se lo avesse aiutato ad ottenere il vello d'oro. Così, mentre gli Argonauti attaccavano i soldati e li mettevano in fuga, Medea si fece aprire le porte del tempio in cui era conservata la preziosa spoglia. Poi Medea fuggì con Giasone e gli Argonauti. A questo punto tutte le leggende sono d'accordo: Giasone le aveva promesso di sposarla, gli ulteriori delitti di Medea sono scusati con lo spergiuro di Giasone. Per seguirlo e dargli la vittoria, Medea non aveva solamente tradito e abbandonato il padre, ma aveva preso in ostaggio suo fratello Apsirto, che non esitò ad uccidere e fare a pezzi per ritardare l'inseguimento d'Eete. Il matrimonio non si celebrò in Colchide, ma presso Alcinoo e fu voluto da Arete, perché il re voleva restituire Medea agli inviati d'Eete per punirla.

Si reca a Ioco con Giasone, dove riesce ad uccidere il re Pelia per aver mandato Giasone in una missione così pericolosa dove sarebbe sicuramente morto se non avesse trovato il suo aiuto. Secondo una leggenda convinse le lie del re ad ucciderlo e a gettarlo in un paiolo in un bolliva una pozione magica che faceva ringiovanire, in seguito ad una dimostrazione in cui un ariete fatto a pezzi e gettato nel paiolo, usciva sottoforma di agnello. Acasto, lio di Pelia, bandì Medea e Giasone dal regno. Secondo un'altra leggenda fu Medea stessa ad uccidere Pelia, poi fece venire Giasone che diede il regno ad Acasto, che lo aveva seguito contro il volere del padre. E, come nella versione precedente, Giasone e Medea se ne andarono a vivere a Corinto.

A Corinto vissero fino al giorno in cui Giasone non decise di sposare la lia del re Creonte, che non esitò a bandire Medea, che ottenne l'ospitalità di Egeo, re d'Atene. Meditò la sua vendetta. Immerse in una pozione avvelenata degli abiti e dei gioielli che fece pervenire alla sposa del marito tramite i li. Mentre la donna e il padre accorso in suo aiuto morivano, Medea uccideva i propri li, nella versione di Euripide. In un'altra versione, i li erano stati lapidati dai Corinzi, perché avevano portato la veste e i gioielli a Creusa.

In seguito ad una lite con Egeo, ritornò in Asia accomnata dal lio Medo avuto da Egeo. Poi tornò in Colchide dove Perse aveva spodestato Eete; fece uccidere Perse per ridare il regno al padre.

Esisteva una tradizione secondo cui Medea non sarebbe morta, ma sarebbe stata trasportata nei Campi Elisi, dove si sarebbe unita ad Achille.


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