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IL FEUDALESIMO - Le subconcessioni dei feudi, Feudalesimo e autorità, Le caratteristiche economiche del feudalesimo, La "curtis", azienda agrar

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IL FEUDALESIMO


Il feudalesimo è un fenomeno politico, economico e sociale del Medioevo. Con Carlo Magno si ha l'inizio del feudalesimo vero e proprio, perché lui organizza il suo impero spartendolo tra i suoi comni di guerra. Il Sacro Romano Impero era diviso in contee e marche, ognuna rispettivamente donata a conti e marchesi. Queste persone avevano ricevuto questo beneficio dal sovrano, ovvero potevano sfruttare quelle terre in cambio di fedeltà e appoggio militare in caso di guerra. Questo beneficio era però revocabile, quindi alla morte dei feudatari il feudo tornava nelle mani di chi lo aveva concesso. Questa era la teoria, in pratica andò molto diversamente, perché finchè ci fu Carlo Magno la sua teoria teneva legati al potere centrale i feudatari,ma con i suoi successori e la divisione dell'impero i grandi feudatari ottennero un potere sempre maggiore e cominciarono a trasmettere i loro possedimenti ereditariamente. Allo stesso momento essi cominciarono a suddividere i loro feudi dando il beneficio ad altri, i vassalli che a loro volta se il feudo era abbastanza grande lo concedevano ai valvassori, e questi ai valvassini.

Nell'887 con il CAPITOLARE DI QUIERZY i feudi maggiori divennero ereditari, seguiti da quelli minori nel 1037 con la CONSTITUTIO DE FEUDIS. Quindi ci fu una suddivisione notevole del potere, che rese ancora più statica e frastagliata questa società. Le invasioni barbariche peggiorano la situazione: infatti per difendersi i signori costruirono castelli sempre più simili a fortezze e organizzarono possenti eserciti (questo fenomeno viene chiamato incastellamento). Ma per affermare anche il loro potere su un altro feudatario, essi non esitavano a muovere guerra, che in genere si concludeva con assedio, distruggendo il contado del feudo e quindi la sua economia. Quindi guerre interne, invasioni esterne e frammentazione del potere concorsero a formare la società feudale come la conosciamo, che toccherà il suo apice nell'anno mille.




Le subconcessioni dei feudi


La disgregazione degli Stati non si fermò al limite dei grandi feudi, ma procedette oltre per la facoltà concessa del re ai suoi vassalli di assegnare ad altri parte delle terre avute in feudo, contro analoghi obblighi di valvassaggio. Perciò al di sotto troviamo i vassi vassorum o valvassori, che poterono a loro volta subinfeudare le terre avute in beneficio. Si formò così tutta una vasta gerarchia feudale che dal re scendeva fino ai valvassori e ai valvassini.

Il rapporto feudo-vassallatico poteva essere stretto soltanto tra uomini liberi e esso doveva essere concluso per spontanea scelta dei due contraenti. Una volta concluso il contratto (espresso secondo il diritto altomedioevale, non già da testi scritti, ma da gesti intensamente simbolici quali l'immixio manuum. Il giuramento e il bacio) non poteva essere rotto unilateralmente.

Accanto alla libertà, elemento essenziale di questo rapporto è la sua bilateralità. A seguito dell'omaggio sorgevano dei doveri tanto per il vassallo quanto per il signore; questi doveri hanno, al di là dei contenuti concreti, che possono su certi punti cambiare a seconda dei luoghi e dei tempi (perché strettamente uniti al diritto consuetudinario locale), una base unica: la reciproca lealtà. Ciò porta, innanzitutto, una conseguenza negativa, cioè l'obbligo di astenersi da azioni che possano nuocere all'altro uomo, quello al quale si è prestato omaggio o, all'inverso, quello del quale si è accettato l'omaggio, prendendolo sotto la propria protezione. Ma accanto a questo contenuto negativo vi erano anche dei contenuti positivi.

Il vassallo deve al suo signore auxilium et consilium, cioè il servizio militare (in tempi e modi fissati dalle consuetudini) e l'aiuto materiale in casi particolari (per esempio: un contributo per il riscatto del signore caduto prigioniero), nonché l'obbligo di assistere il signore con i propri consigli, in particolare nella discussione delle cause giudiziarie presso il tribunale del signore, ma, in generale, anche per altre decisioni da prendere.Quanto al signore, egli deve al suo vassallo 'protezione, difesa e garanzia'

Allorché uno dei contraenti veniva meno ai suoi impegni, si aveva quel comportamento che veniva chiamato fellonia. Questo comportamento giustificava la rottura del vincolo della  fidelitas o fides, con tutte le sue conseguenze: la confisca del feudo, da parte del signore al vassallo fedifrago, o il passaggio del vassallo, col suo feudo, al servizio di un altro signore. Naturalmente, nella pratica, i contrasti di interpretazione potevano essere frequenti; tuttavia, la lettura sia delle cronache che dei poemi dell'epoca ci convince della forza di dissuasione che queste norme erano capaci di esercitare. A sostegno di questo rapporto vi era indubbiamente, oltre alla sacralità di un impegno preso sul Vangelo, anche un profondo sentimento, che nell'epoca d'oro del feudalesimo (secoli IX-XII) appare generalmente diffuso e anche prevalente rispetto ad altri sentimenti. 'In questo periodo - scrive Lewis - il più profondo dei sentimenti è l'amore dell'uomo per l'uomo, la reciproca affezione di guerrieri che muoiono vicini, combattendo contro ogni ostacolo, il sentimento del vassallo verso il suo signore'

Feudalesimo e autorità

si considera normalmente il feudalesimo come a un tempo effetto e causa ulteriore della ssa del potere pubblico o statale. Tipico esempio di disgregazione della società, dovrebbe tendere a sire non appena, e a suo dispetto, l'autorità si riorganizza. In realtà, questa unione, per quanto diffusa nei manuali e nei libri di storia in genere, non ha fondamento e nasce da preoccupazioni ideologiche e da pregiudizi moderni, per i quali l'unico modello valido di Stato - con il quale are tutte le altre forme di organizzazione politica esistenti nel passato - è quello moderno. Analogamente, si attribuisce al Medioevo una confusione tra il pubblico e il privato, solo perché la distinzione che gli uomini medioevali facevano tra questi due concetti era basata su criteri nettamente diversi da quelli oggi correnti (24).

Jacques Ellul ha scritto che 'la società medioevale è una società anarchica' (25). L'affermazione, apparentemente paradossale, significa trattarsi, come lo stesso Ellul precisa, di 'una società [] senza potere politico centralizzalo e unico', in quanto i diritti e i poteri attualmente considerati come necessariamente appartenenti allo Stato erano allora ripartiti tra diverse autorità. D'altra parte, lo stesso autore aggiunge, subito dopo, che allo stesso tempo 'la società medioevale è una società gerarchica', tutt'altro che disordinata, grazie, da un lato, alla presenza, come punto di riferimento, al vertice, della monarchia o, meglio, del re e, dall'altro, proprio alla catena delle gerarchie feudali.

Non siamo di fronte a una pura descrizione teorica, a un modello astratto. In realtà, le ricerche storiche ci mostrano la grande importanza avuta dal feudalesimo nei paesi cristiani sotto il profilo della organizzazione o riorganizzazione della società civile sia nel periodo precedente la nascita del Sacro Romano Impero (secolo VIII), sia in quello successivo alla sua crisi, quando, tra l'altro, una nuova ondata di invasioni ane (Vikinghi, Ungari, Slavi, Saraceni) si abbatté sulla Cristianità (secoli IX-X).

In seguito, ancora, le monarchie nazionali si costituiranno in Francia, Inghilterra, Castiglia, Aragona, non contro, ma anzi, in una certa misura grazie ai ceti feudali; tanto che gli storici parlano ormai di 'monarchie feudali', sia in contrapposizione ai vecchi concetti che volevano queste monarchie frutto esclusivo dell'intesa tra i sovrani e le borghesie mercantili, sia per distinguere questa fase dalla successiva fase assolutistica. Si può anche aggiungere che gli stessi comuni, frutto della forte ripresa cittadina dopo il Mille, né nacquero, né si svolsero in chiare antifeudale, come vorrebbero certi vecchi e ripetuti schemi; ciò anche nella stessa Italia centro - settentrionale, nella quale, pure, essi arrivarono a costituirsi in centri di minuscoli Stati, largamente autonomi, anche se di diritto inseriti nella struttura feudale dell'Impero. La nascita stessa del comune fu un fenomeno aristocratico, incomprensibile senza la ricchezza di vita e la libertà d'azione che sempre più appaiono essere i connotati della società feudale. Ed è anche significativo che i rapporti tra i vari Stati (compresi i comuni), come anche i rapporti tra le città e i signori del territorio circostante, venissero definiti ricorrendo al diritto feudale, che divenne, in certo qual modo, una specie di diritto internazionale universalmente riconosciuto.

Le caratteristiche economiche del feudalesimo

La società di questo periodo è arretrata dal punto di vista del commercio, infatti il denaro è un bene mobile scarsamente utilizzato, al suo posto negli scambi si ricorre al baratto, dato che i commerci avevano una gittata limitata visto che le strade erano insicure oltre che mal mantenute e il feudo aveva un'economia chiusa e autarchica, perciò gli scambi semmai avvenivano all'interno del feudo stesso. È una società la cui base economica è l'agricoltura, che ha uno scarso rendimento a causa dell'arretratezza tecnologica dei mezzi e delle tecniche utilizzate.
La struttura piramidale che organizzava le condizioni sociali era pressoché statica, le classi sociali erano tre, oratores, il clero, bellatores, i cavalieri, e i laboratores, cioè servi della gleba e servi presso le corti signorili. Non si potevano formare nuove classi e neanche si poteva elevare la propria posizione sociale, visto che ciò era visto come un affronto alla perfezione con cui Dio aveva organizzato quella società (tre erano le classi come tre era il numero delle persone della Trinità). C'era cioè chi doveva combattere, chi si occupava delle faccende spirituali, e la stragrande maggioranza della gente che doveva lavorare anche per questi altri.


La "curtis", azienda agraria tipica dell'età feudale


L'economia dell'età feudale è quasi esclusivamente agricola e ha il suo centro nelle curtes. La curtis è l'azienda agraria costituita da più poderi contigui, che formano nel loro insieme un unità economica autosufficiente, dove si produce tutto ciò che occorre alla vita. Ogni curtis si componeva di una piccola parte padronale detta domenica, gestita direttamente dal padrone (dominus) e fatta lavorare dai servi rustici, e di una parte affidata ai coloni (massari) detta perciò massiricia. Per le terre loro affidate i coloni corrispondevano al signore un canone di affitto per lo più in natura; ma erano tenuti altresì a prestare gratuitamente la loro opera nella parte dominicia per un certo numero di giornate settimanali (tre o quattro). Queste pesanti prestazioni e obblighi feudali si dissero in Francia corvèes e, con termine latino, angariae. I contadini dovevano sottostare anche ad altri molteplici obblighi, come quello di servirsi del forno del signore, del suo molino, del suo frantoio e cedere in cambio una parte dei loro prodotti. Essi godevano della libertà personale, ma non potevano abbandonare la terra che lavoravano, e le rimanevano legati di padre in lio anche nei trapassi di proprietà; perciò furono chiamati "servi della gleba". Questo duro rapporto personale di dipendenza agraria ebbe il merito di garantire la produzione legata alla sopravvivenza.

La cavalleria


I cavalieri furono per lo più i li minori (cadetti) delle famiglie feudali, esclusi dal feudo spettante di diritto al primogenito. Ad essi perciò non restava che vestire l'abito monacale o mettersi al servizio di un  signore e combattere ai suoi ordini, con la speranza di ottenere presto o tardi un beneficio ed entrare a far parte della gerarchia feudale. Ma la maggior parte dei cadetti, giovani audaci e violenti, indossavano le armi e cercavano l'avventura di terra in terra, trasformandosi spesso in veri briganti di strada. La Chiesa cercò di correggere i costumi, indirizzando le loro bollenti energie a più nobili fini; e li ispirò a combattere contro gli infedeli per il trionfo della fede o a porre il loro braccio a servizio dei deboli, degli orfani, delle vedove, di chiunque patisse soprusi e violenze. Per questa benefica azione la cavalleria mutò, almeno in parte, i propri costumi, tanto che il tipo del cavaliere prode ed umano finì per essere idealizzato e ispirare i poemi epico- cavallereschi che videro la luce nei tardi secoli del Medioevo e ancora all'inizio dell'età moderna.


Piramide sociale del feudalesimo:

Nella parte più bassa di questa piramide troviamo i poveri, che erano oggetto delle elemosine che si dovevano prestare nel Medioevo. Nella rappresentazione del mito del buon governo, all'immagine di nobili e ricchi borghesi si contrappone quella dei nulla tenenti al bordo della strada.

  • I servitori anche erano nella stessa infima condizione dei servi, con l'unica differenza che il loro duro lavoro non era poi ricompensato da una a equa, per cui erano ridotti quasi nella stessa condizione dei poveri.
  • I servi della gleba erano dei contadini che erano legati a vita al lavoro della terra e i loro li erano costretti a praticare il loro stesso mestiere. Questa norma era stata istituita per la mancanza di manodopera terriera, per cui i signori avevano sentito il bisogno di tutelarsi e di impedire ogni qualsiasi fuga da questa infima categoria. Infatti questi non si potevano affrancare, la terra che coltivavano era di proprietà del signore, era costretti a lavorare un certo numero di giorni presso le terre direttamente gestite dal feudatario (corvées) e spesso la scarsità del raccolto e le tasse da versare al signore (le decima del raccolto e così via).
  • I pochi uomini liberi era costituita da quei piccoli artigiani, molto ricercati dai signori, che lavoravano presso il castello nel feudo per renderlo indipendente, infatti esso disponeva delle materie prime ma non di chi potesse lavorarla. Perciò i feudatari gli diedero la possibilità di lavorare all'interno del castello e di vivere nel borgo attorno al castello in cambio di protezione. Questi piccoli artigiani commerciavano sia con il basso, ovvero con in servi della gleba oppure con il feudatario, sicuramente con lui barattavano appunto la protezione in cambio di lavoro.
  • I piccoli feudatari a questa categoria appartenevano tutti i feudatari minori che godevano dei privilegi feudali ma erano sottoposti all'autorità di quelli maggiori.
  • I grandi feudatari erano quei signori che possedevano feudi tanto grandi che a volte erano per estensione più importanti rispetto a quelli posseduti dal re stesso. A loro volta essi concedevano queste terre in "subappalto" a vassalli/valvassori/valvassini, ai piccoli feudatari, ricreando spesso una situazione interna al feudo simile a quella della nazione, con un potere centrale poco ascoltato e tanti feudatari che operano a loro piacimento. In alcuni casi (guarda i feudatari di Baviera e Sassonia nel Sacro Romano Impero di nazione germanica) questi così potenti da poter influenzare la scelta del sovrano e da legittimare il suo potere
  • Il Clero gentilizio era formato dagli alti quadri della Chiesa che avevano associati dei feudi. Ad ogni diocesi o ad alcuni importanti monasteri erano assoggettate delle terre. Per questo motivo la carriera ecclesiastica era molto, perché permetteva di vivere da nobili senza esserlo.
  • Il papa era quella persona che era a capo della Chiesa e che quindi aveva a disposizione sia il potere spirituale, visto il suo ruolo di capo della comunità dei Cristiani, sia quello temporale, visti gli enormi possedimenti della Chiesa e uno stato di cui era al comando, formato dai territori dell'Italia centrale.
  • L'imperatore o il re erano i capi politici di una nazione e per questo motivo essi avevano bisogno di legittimare il loro potere, perché da che mondo è mondo chi comanda ha bisogno comunque di una qualsiasi motivazione per giustificare il suo comando. Mentre oggi tale legittimazione avviene con i voti del popolo per quanto riguarda i capi degli stati democratici, allora non era propriamente così.
  • Il problema della legittimazione: i capi politici, infatti, potevano giustificare il loro potere solamente ricorrendo a Dio, dato che nel Medioevo la religione era il motivo dominante della vita di ogni persona e ogni qualsiasi altra forma di legittimazione sarebbe stata poco robusta. Ricorrere invece a Dio era un sistema che permetteva la legittimazione senza ombra di dubbio o contestazione. Allora di diceva: "A deo rex, a rege lex", cioè da Dio il potere del re, dal re poi le leggi. Quindi il potere politico aveva un carattere teocratico, cioè veniva da Dio (theos = dio + kratia = forza). Ma non era Dio che concedeva questo privilegio o che legittimava il re o l'imperatore, ma il Papa, cioè il suo rappresentante sulla terra. Quindi gli imperatori o i re potevano fregiarsi dell'approvazione divina solo se incoronati dal Papa. Fu così anche per Carlo Magno, che venne incoronato imperatore nella notte di Natale dell'800 da Papa Leone III. La sua famiglia, quella carolingia, non era una dinastia regnante da sempre, ma si era impossessata del potere per meriti militari scalzando i Merovingi, quindi avevano bisogno più che mai dell'approvazione papale per giustificare il loro potere. Da allora la chiesa ebbe sempre maggiori ingerenze nelle sfere del potere temporale, oltrepassando quello spirituale che gli era di competenza. Ottone I di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero di nazione germanica, nel 962 istituì il Privilegio Ottoniano, che sanciva che il Papa doveva prestare fedeltà all'imperatore e che egli aveva diritto di veto sull'elezione del pontefice. Ma con la sua morte i papi presero sempre più potere finché Gregorio VII nel 1075 emanò il Dictatus papae, con il quale dichiarava l'infallibilità del Papa e la superiorità rispetto al potere temporale, causando poi alla guerra con l'imperatore Enrico IV di Franconia. Nel 1302 Bonifacio VIII in Una Sanctam, sosteneva che i poteri spirituali e temporali venivano da Dio affidati al Papa, che a sua volta delegava l'imperatore all'amministrazione dei beni. Nel XVI secolo la Chiesa rinunciò all'applicazione del potere teocratico temporale, optando per la possibilità di dare direttive all'autorità imperiale. Però per altri secoli i regnanti europei si serviranno della teocrazia per legittimare la loro sovranità.




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