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Sport durante il Fascismo

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Sport durante il Fascismo


Nell'intento di sottrarre la gioventù italiana all'influenza educativa delle associazioni cattoliche, il Fascismo, con legge del 3 aprile 1926, istituiva l'Opera Nazionale Balilla che inquadrava, per lo svolgimento dell'attività fisica, i ragazzi dagli 8 ai 18 anni in 2 distinte formazioni (balilla e avanguardisti), offrendo in compenso agli stessi, come emulazione degli adulti, la gratificante opportunità di vestire uniformi paramilitari. La rivista "Battaglie fasciste" anticipava che l'organizzazione dei balilla doveva basarsi su 3 punti: educazione morale,fisica e disciplina.

Per formare i nuovi "David" si riteneva necessario allevarli ideologicamente in una scuola di coraggio,virilità e combattimento" per contrastare l'allora ripugnante costume pantofolaio della borghesia del liberalismo e cosi nel 1928 fu fondata l'Accademia fascista di Educazione Fisica e Giovanile dove insegnanti capaci dovevano far comprendere a famiglie e giovani l'importanza individuale e sociale dell'educazione del corpo attraverso l'esercizio ginnico-sportivo.

Con l'Educazione Fisica non si intendeva soltanto addestrare i muscoli, ma insegnare la forza del volere e la rapidità del decidere ed essa non significava più lo "Sport per lo Sport", ma una disciplina razionale volta al raggiungimento di una maggiore virilità e al miglioramento fisico della razza. 



In realtà e in prospettiva l'attività ginnica era vista dal Fascismo come l'applicazione del metodo sportivo alla preparazione premilitare e i vari sport venivano classificati sulla base della loro utilità, infatti il pugilato , il nuoto, la lotta, la scherma e le gare di tiro con tutte le armi erano giudicati sport fondamentali e "sport di guerra".

Lo Sport in generale sembrò un ambito attinente all'educazione marziale e le vittorie sportive (occasioni di entusiasmi popolari e di orgogli nazionali) divennero perfettamente funzionali agli obiettivi del regime, il quale ritenne conveniente monopolizzare e strumentalizzare le loro potenzialità proandistiche: ampia sottolineatura giornalistica veniva riservata ad avvenimenti come l'impresa dei calciatori universitari italiani vincitori dei mondiali del 1927 e 1928 a Roma e Parigi, senza dimenticare quella della conquista dei mondiali del '34 da parte della nazionale maggiore. Alle olimpiadi di Amsterdam del '28 la squadra italiana di scherma e pugilato ricevette la medaglia d'oro. Nel 1932 il prestigio sportivo dell'Italia raggiunge l'apice: alle olimpiadi di Los Angeles ottiene il secondo posto per numero di medaglie vinte subito dopo gli U.S.A. (paese assai più ricco e grande). I "ragazzi di Mussolini" , come vennero chiamati dai giornali americani, marciavano nell'arena di Los Angeles facendo il saluto fascista e cantando "Giovinezza" (inno trionfale del PNF).

Oltre che cercare il prestigio, il Fascismo aveva lo scopo più lodevole di migliorare la salute della nazione;un terzo dei giovani di leva venivano riformati per problemi di salute e lo stesso Mussolini, forse anche perché fu malato per gran parte della sua vita, mostrò grande interesse per l'educazione fisica;egli vedeva nello Sport un metodo efficacissimo per inculcare la disciplina e lo spirito di squadra in una società che riteneva troppo anarchica e individualista.

Il nuovo fascista italiano sarebbe stato più robusto, più serio, avrebbe passato meno tempo per divertirsi e avrebbe disprezzato i valori materialisti che si stavano diffondendo in America.

Mussolini associava allo Sport un forte Nazionalismo (carattere fondamentale del Fascismo): vi fu un tentativo di escludere allenatori e giocatori stranieri dalle squadre italiane;meno riuscito fu il tentativo di trovare sostituti italiani a parole straniere come goal, golf, club, yacht, tennis . Addirittura si avanzavano le ipotesi che sport come il golf e il cricket fossero di origine italiana, e come tali dovevano essere incoraggiati.

Una delle frasi preferite del fascismo era: "Tutto dentro lo Stato, niente fuori dallo Stato", quindi una delle preoccupazioni maggiori fu portare tutte le attività sportive sotto l'immediato controllo del Partito Fascista, l'unico partito politico che avesse il diritto di esistere. 











1- Piero Toscani, medaglia d'oro di pugilato nella categoria pesi medi alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928. Toscani sconfisse in finale il cecoslovacco Hermanek.

2- Il pugile milanese Carlo Orlandi, medaglia d'oro nei pesi leggeri. Atleta di grande valore, si è poi affermato anche tra i professionisti, diventando campione italiano ed europeo dei leggeri e dei medio-leggeri.


    Il rigore e la disciplina erano caratteristiche essenziali dell'Opera Nazionale Balilla


Foro Mussolini


La valorizzazione e la diffusione della pratica sportiva conduceva conseguentemente all'urgenza di fornire gli impianti adeguati allo svolgimento delle attività atletiche e portava alla necessità di realizzare tali luoghi per adunare gli spettatori che cominciavano ad assumere dimensioni notevoli come partecipazione. In questo vibrante clima di vitalismo sportivo ed efficientismo realizzativo si assiste all'edificazione dello Stadio dei Marmi all'interno del complesso architettonico e urbanistico del foro Mussolini a Roma.

L'architetto Enrico del Debbio, incaricato della progettazione dello stadio e dell'Accademia di Educazione Fisica previde di allestire una vera e propria cittadella dello sport corredandola di altri  campi da gioco (tennis e rugby), di piscine e dello Stadio dei Cipressi (oggi chiamato Stadio Olimpico). Egli, pur non rinunciando ad un imperante archeologismo di impronta romana, riuscì ad esprimere compiutezza facendo rientrare gli aspetti formali all'interno di termini di essenzialità e in un impianto relativamente piccolo e semplice riuscì a raggiungere un equilibrata monumentalità.

Il foro Mussolini è uno dei più grandi e duraturi monumenti del regime fascista, esempio imponente del culto dello sport; Mussolini si vantava che il suo foro sarebbe stato più grandioso del Colosseo e avrebbe avuto più marmo di San Pietro, infatti, alla calda tonalità del travertino di tradizione romana, Del Debbio, preferiva la raffinatezza materica del marmo delle Apuane ma risolveva i delicati problemi di ambientamento del nuovo stadio proiettando con efficace contrasto il bianco anfiteatro con il fondale verde di Monte Mario e Macchia Madama. 

Non appena si accede allo Stadio dei Marmi ci si avvede della presenza di 60 Ercoli statuari (raggiungono i 4 metri d'altezza) che fanno da corona sugli spalti di questo stadio e che danno (parere dell'architetto) un' impronta di classica e romana grandezza: l'età evidente è quella fresca delle competizioni sportive durante il servizio militare mentre le fisionomie facciali  toste e rudi sembrano riprese dalla Colonna Antonina e Traiana, non ripresi da una corporeità novecentesca, contemporanea, di soldati in libera uscita; se non risulta agevole individuare i criteri che guidarono la scelta dei soggetti sportivi da tradurre in marmo, resta facile accorgersi dell'omogeneità che connota le sculture; molti degli idoli che ornano lo stadio appaiono, per repertorio mimico ed imponenza culturistica, i diretti discendenti dei metafisici eroi di tanti monumenti ai Caduti.

Nei volti degli uni e degli altri si può riconoscere la stessa teatrale fierezza; nei corpi che esprimono un impacciato dinamismo, nelle muscolature inturgidite fino alla forzatura caricaturale, si possono riscontrare i medesimi atteggiamenti gladiatori.


 

Suggestive immagini rafuranti lo Stadio Olimpico (una delle strutture più imponenti del complesso architettonico e urbanistico del Foro Mussolini)



Saba ed il gioco del Calcio


Saba nacque a Trieste (città prima appartenente all'impero austro-ungarico) nel 1883.

Le "Cinque poesie sul gioco del Calcio" sono da molti ritenute il vertice della poesia di Umberto Saba, infatti incarnano al meglio il concetto di "pratica quotidiana" come tratto peculiare dello scrivere poesie.

Saba si avvicina al calcio casualmente, entra per la prima volta allo stadio solo per accomnarvi la lia, desiderosa di vedere la squadra di casa: la Triestina; fino a quel momento il poeta non aveva dato molto peso al calcio, anzi, tutti quei tifosi che deliravano e si disperavano seguendo le evoluzioni di una sfera di cuoio lo irritavano, non riusciva a capirne il senso; ma da quel giorno tutto cambiò: dentro quello stadio Saba si sentiva perduto, avvolto dal calore della folla. Secondo Saba, la gente (e lui stesso) non si eccita tanto per il gioco in sé, quanto per tutto quello che, attraverso i simboli espressi dal gioco, parla all'anima individuale e collettiva; e queste cinque poesie sono nate in Saba da un ultima possibilità che gli veniva offerta di emozionarsi con gli altri, di essere una volta tanto come "tutti gli uomini di tutti i giorni".


-Quel primo incontro col calcio è narrato in "Squadra Paesana": è una bella giornata (proprio lo sfondo adatto per una poesia di Saba) e assiste ad una gara tra la potentissima Ambrosiana (l'Inter) e la vacillante Triestina che termina incredibilmente con quel "nessun'offesa varcava la porta" della poesia "Tre Momenti", cioè con uno zero a zero:


Anch'io tra i molti vi saluto, rosso

alabardati,


sputati

dalla terra natia, da tutto un popolo

amati.


Trepido seguo il vostro gioco.

Ignari

esprimete con quello antiche cose

meravigliose

sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari

soli d'inverno.


Le angosce,

che imbiancano i capelli all'improvviso,

sono da voi sì lontane! La gloria

vi da un sorriso

fugace: il meglio onde disponga. Abbracci

corrono tra di voi, gesti giulivi.


Giovani siete, per la madre vivi;

vi porta il vento a sua difesa. V'ama

anche per questo il poeta, dagli altri

diversamente - ugualmente commosso.





-Mentre nella prima composizione aveva espresso il suo stupore personale, nella seconda, "Tre Momenti" descrive la gioia e la felicità dei tifosi, gli istanti che precedono il fischio d'inizio e il comportamento del portiere, che si rilassa quando i suoi comni hanno il controllo del gioco ma che diventa guardingo appena lo perdono .


Di corsa usciti a mezzo il campo, date

prima il saluto alle tribune. Poi,

quello che nasce poi

che all'altra parte vi volgete, a quella

che più nera s'accalca, non è cosa

da dirsi, non è cosa ch'abbia un nome.


Il portiere su e giù cammina come

sentinella. Il pericolo

lontano è ancora.

Ma se in un nembo s'avvicina, oh allora

una giovane fiera si accovaccia,

e all'erta spia.


Festa è nell'aria, festa in ogni via.

Se per poco, che importa?

Nessun'offesa varcava la porta,

s'incrociavano grida ch'eran razzi.

La vostra gloria, undici ragazzi,

come un fiume d'amore orna Trieste.


-La Tredicesima partita non fu disputata a Trieste, ne vi partecipava la Triestina; in quel pomeriggio si disputava a Padova una partita di spareggio e il poeta si trovava li insieme a sua lia; perderla avrebbe significato per il Padova la retrocessione in seconda categoria, si può immaginare lo stato d'animo dei pochi tifosi padovani presenti (pochi perché la partita si disputò durante un giorno feriale); prima che la partita cominciasse, il poeta e sua lia si accorsero di suscitare i sospetti dei vicini: si pensava che, siccome non parlavano il dialetto padovano, non erano di Padova e quindi tifavano per la squadra avversaria, ma , una volta risolto l'equivoco, i tifosi regalarono con un atto di galanteria un mazzo di fiori di campo alla signorina.


Sui gradini un manipolo sparuto

si riscaldava di se stesso.


E quando

- smisurata raggiera - il sole spense

dietro una casa il suo barbaglio, il campo

schiarì il presentimento della notte.

Correvano sue e giù le maglie rosse,

le maglie bianche, in una luce d'una

strana iridata trasparenza. Il vento

deviava il pallone, la Fortuna

si rimetteva agli occhi la benda.


Piaceva

essere così pochi intirizziti

uniti,

come ultimi uomini su un monte,

a guardare di là l'ultima gara.


-Emblematico è invece il quarto modulo della raccolta: l'unico momento in cui Saba mostra una sorta di disprezzo per i calciatori, che "odiosi di tanto eran superbi passavano là sotto" e "tutto vedevano, e non quegli acerbi", gli acerbi erano i ragazzini, e infatti, specialmente a loro è dedicata la poesia "Fanciulli allo Stadio", perché nelle loro speranze, puntualmente deluse, Saba crede di rivivere la propria infanzia (egli trascorse un' infanzia piuttosto difficile e malinconica, infatti la madre fu abbandonata dal nobile marito veneziano Ugo Poli, un giovane insofferente dei legami familiari e ben presto verrà affidato ad una contadina slovena finché la madre austera e severa lo rivolle per sé).


Galletto
è alla voce il fanciullo; estrosi amori
con quella, e crucci, acutamente incide.

Ai confini del campo una bandiera
sventola solitaria su un muretto.
Su quello alzati, nei riposi, a gara
cari nomi lanciavano i fanciulli,
ad uno ad uno, come frecce. Vive
in me l'immagine lieta; a un ricordo
si sposa - a sera - dei miei giorni imberbi.

Odiosi di tanto eran superbi
passavano là sotto i calciatori.
Tutto vedevano, e non quegli acerbi.


-Infine c'è Goal, probabilmente la più famosa fra queste poesie di Saba a contenuto calcistico. Tema di questa lirica sono i sentimenti contrastanti dei due portieri nel momento di un goal, appunto: il vinto, che si dispera e "contro terra cela la faccia", come a voler sire, e l'altro, che, obbligato a rimanere nei pali, lascia libera di vagare almeno la sua anima, alla ricerca della felicità insieme ai suoi comni.


Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela

La faccia, a non vedere l'amara luce.
Il comno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla - unita ebbrezza - par trabocchi
nel campo. intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere,
l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasto sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch'io son parte.



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