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AIDS: EPIDEMIOLOGIA - EZIOLOGIA DELL'A.I.D.S., COME AGISCE IL VIRUS

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AIDS: EPIDEMIOLOGIA


I primi casi di AIDS sono stati descritti negli USA, alla fine del 1981, tra alcuni omosessuali maschi, colpiti da infezioni o da tumori particolari quali (ad esempio il sarcoma di Kaposi)e affetti da una forma di immunodeficienza da causa allora non conosciuta. Studi retrospettivi su sieri congelati hanno mostrato la presenza di anticorpi contro il virus HIV (Human Immunodeficiency Virus cioè virus dell'immunodeficienza umana), riconosciuto successivamente responsabile della malattia. Da dove è venuta questa malattia? Sono state formulate numerose ipotesi; la più accreditata indicherebbe come progenitore del virus HIV un virus, l'STLVIII (Simian T Cell Leukemia Virus III), che nella scimmia provoca una sindrome riconducibile all'AIDS dell'uomo. L'infezione, dunque, avrebbe colpito le zone rurali dell'Africa dove sarebbe rimasta confinata per lunghi anni e, successivamente, si sarebbe diffusa nelle aree urbane del Centro Africa. Di lì, attraverso i rapporti commerciali con altri Stati, l'infezione avrebbe raggiunto Haiti e l'America centrale, si sarebbe diffusa negli USA, in Europa e, successivamente, in tutto il mondo.

Alla fine del 1999, secondo le stime realizzate dall'UNAIDS e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, erano 33,6 milioni le persone con HIV nel mondo. Solo nel 1999 sono state stimate 5.6 milioni di nuove infezioni e più di 3,8 milioni di morti per AIDS. Più del 95% delle persone con HIV attualmente vive nei paesi in via di sviluppo ed è proprio in questi paesi che si è verificato il 90% di tutte le morti di AIDS nel corso di questi anni.



Circa la metà delle persone con HIV si infetta prima di compiere 25 anni e muore di AIDS prima del trentacinquesimo anno di età. La regione più drammaticamente colpita dall'epidemia è la zona dell'Africa Sub-Sahariana dove all'inizio del ventunesimo secolo circa 23,3 milioni di persone sono state contagiate dal virus. L'attenzione è puntata anche sul continente asiatico dove sono 6,5 milioni le persone  con HIV e il virus si sta velocemente diffondendo in India e Cina. In Nord America e Europa Occidentale, grazie alle nuove terapie, la vita delle persone affette da AIDS si è significativamente allungata. Dal momento però che ad un prolungamento della vita, grazie ai nuovi di medicinali, non corrisponde una riduzione della diffusione delle infezioni, il numero delle persone sieropositive è continuamente in crescita.

Per ciò che concerne le modalità di diffusione e di presentazione dell'epidemia da HIV, sono descritti tre differenti quadri (patterns) epidemiologici:

Pattern I

comprende i paesi occidentali industrializzati e America Latina; presente soprattutto nei tossicodipendenti e negli omosessuali; il contagio avviene prevalentemente attraverso materiale infetto o rapporti omosessuali. Gli individui  maggiormente colpiti sono giovani e in particolare di sesso maschile. Si trasmette anche per via verticale (20%), cioè dalla madre sieropositiva al lio. Tuttavia la percentuale di trasmissione maggiore si riscontra nei casi di trasfusione di sangue infetto.

Pattern II

Comprende i paesi dell'Africa Sub-sahariana e i paesi Caraibici. L'infezione è presente in percentuale identica in entrambi i sessi, poiché il virus si trasmette per via eterosessuale. Anche in questi stati la trasmissione verticale comporta un numero elevato di bambini sieropositivi.

Pattern III

Comprende i paesi dell'Est europeo e dell'Asia. L'infezione colpisce soprattutto le prostitute e i tossicodipendenti. Molto spesso il contagio è dovuto alla scarsa sterilizzazione di materiale sanitario o all'uso di sangue di emoderivati infetti.

In Italia i casi diagnosticati sono 41.000, di cui un terzo solo in Lombardia.

Nel 1999 il 60% dei nuovi malati ha sviluppato l'AIDS senza aver fatto alcuna terapia, perché non sapeva di essere sieropositivo. Risulta dunque evidente come l'epidemia da HIV si sia diffusa in maniera differente nelle varie parti del mondo.

Diversi fattori influenzano chiaramente l'andamento dell'epidemia. Le persone migranti, in fuga dagli abusi o semplicemente alla ricerca di un lavoro, sono più esposti all'infezione. Chi ogni giorno è pressato da un'esistenza stressata e pericolosa o chi vive la guerra e la fame non si preoccupa del rischio AIDS che comunque rivela i suoi effetti nel tempo. È sempre più evidente che le donne, in considerazione proprio delle caratteristiche tipiche del loro sesso siano più esposte e rischino di più rispetto agli uomini di essere contagiate dal virus dell'HIV. Esse sono più a rischio anche per motivi di ordine sociale: infatti le differenze tra grandi metropoli e piccoli centri, le diverse tradizioni culturali, pesano molto sui comportamenti femminili. In Italia, negli ultimi quindici anni, la proporzione di donne malate di AIDS è andata progressivamente aumentando; si è passati, nel 1985, dal 16% di donne colpite nel totale dei pazienti con AIDS, al 25% nel 1999.

Nel 1998 è stato stimato che ogni minuto circa 11 uomini, donne e bambini nel mondo si sono infettati con il virus HIV. Anche nel 1999 un decimo delle nuove infezioni, ovvero circa 570 mila, sono state registrate in giovani sotto i 15 anni che hanno ricevuto il virus dalla madre prima o dopo la nascita o durante l'allattamento. Le nuove infezioni stanno progressivamente coinvolgendo i giovani dai 15 ai 24 anni.. Dall'inizio dell'epidemia il virus HIV ha infettato più di 50 milioni di persone ed è costata la vita a 16,3 milioni di adulti e bambini.








regione

Inizio dell'epidemia

Adulti e bambini con HIV/AIDS

Tasso di prevalenza tra gli adulti

Percentuale di donne tra gli adulti

Principali vie di trasmissione fra gli adulti







Africa sub-sahariana

fine anni 70 inizio anni 80

23.3 milioni



eterosessuale

Africa del Nord e Medio Oriente

fine anni 80




via endovenosa, eterosessuale

Asia del Sud e del Sud-Est

fine anni 80

6 milioni



eterosessuale

Asia dell'Est e Pacifico

fine anni 80




via endovenosa, eterosessuale, omosessuale

America Latina

70 inizio anni 80

1.3 milioni



omosessuale, via endovenosa, eterosessuale

Caraibi

fine anni 70 inizio anni 80




eterosessuale, omosessuale

Europa orientale e Asia centrale

inizio anni 90




via endovenosa, omosessuale

Europa occidentale

fine anni 70 inizio anni 80




omosessuale, via endovenosa

America del Nord

fine anni 70 inizio anni 80




omosessuale, via endovenosa, eterosessuale

Australia e Nuova Zelanda

fine anni 70 inizio anni 80




omosessuale, via endovenosa







TOTALE


33.6 milioni










Fonte: UNAIDS, dicembre 1999




EZIOLOGIA DELL'A.I.D.S.




L'agente eziologico riconosciuto dell'AIDS è l'HIV in precedenza chiamato HTLV III (Human T Cell Lymphotropic Virus). Si tratta di un retrovirus, cioè di un virus che agisce sul patrimonio genetico della cellula in modo tale che il DNA delle cellule infettate riceva 'ordini' direttamente dall'RNA virale, a differenza di quanto avviene normalmente nelle cellule, dove gli 'ordini' vengono trasmessi dal DNA, mentre l'RNA funge solo da messaggero. L'HIV appartiene alla famiglia dei Lentivirus; se ne conoscono due distinte varianti: HIV-l, che rappresenta la causa più frequente di AIDS nel mondo e del quale si conoscono diversi sottotipi (dal sottotipo "A" al sottotipo "I", oltre al sottotipo "O") e HIV-2 che causa un'immunodeficienza acquisita simile a quella causata dall'HIV-l anche se ha latenza clinica più lunga, ed è dotato di minore trasmissibilità. La diffusione dell'HIV-2 è rimasta confinata all'Africa occidentale.

L'HIV è costituito da una capsula lipoproteica, all'interno della quale viene conservato il materiale genetico virale. Sulla capsula lipoproteica, che viene prodotta a spese della cellula ospite, sono presenti numerose molecole, tra le quali una glicoproteina chiamata gp120, che riconosce specificamente la molecola CD4, un'importante proteina del sistema immunitario, localizzata sulla superficie dei linfociti T. L'interazione tra gp120 e CD4 consente all'HIV di penetrare all'interno di un linfocita T e di moltiplicarsi in tale cellula, fino a causarne la morte.

Qualunque cellula umana che esprime sulla propria superficie la molecola CD4 è un potenziale bersaglio dell'infezione da HIV. Tuttavia, nell'AIDS le cellule più colpite sono quelle di una classe di globuli bianchi, chiamati linfociti T helper o linfociti T-CD4, poiché tali cellule esprimono alti livelli della molecola CD4. Oltre alle cellule direttamente infettate dal virus, l'AIDS danneggia e uccide anche i linfociti T helper non infetti, con mezzi diversi dall'infezione virale, che finora non sono stati ancora completamente chiariti dalla ricerca. Nel sistema immunitario non colpito dall'HIV i linfociti T-CD4 rivestono un ruolo fondamentale, in quanto aiutano le altre cellule coinvolte nella risposta immunitaria a reagire agli invasori. Pertanto, man mano che i linfociti T-CD4 vengono persi nel corso dell'infezione da HIV, le risposte immunitarie dell'organismo diventano gradualmente sempre più inefficienti, consentendo l'insorgenza delle infezioni opportunistiche e del cancro che caratterizzano il quadro clinico dell'AIDS.


COME AGISCE IL VIRUS





Il virus dell'Aids è fatto da 2 catene di RNA avvolte da un rivestimento

Quando il virus incontra i linfociti T gli enzimi che formano il suo rivestimento esterno si legano a 2 recettori (semplificati con 2 forme geometriche nel disegno) presenti sulla superficie della cellula. In pratica questi 2 recettori sono le serrature della cellula ed il virus possiede le chiavi (enzimi) per farlo scattare ed entrare.

Grazie a questo trucco l'RNA del virus entra nella cellula e si trasforma in DNA (più simile a quello della cellula) sfruttando un enzima presente nel linfocita, la transcrittasi inversa.

Infine un enzima chiamato integrasi incorpora il DNA virale all'interno di quello della cellula.

A questo punto il virus comincia a sfruttare i meccanismi cellulari del linfocita per formare nuovo RNA e nuovi virus.

La proteinasi (un altro enzima presente nella cellula) serve a far nascere i nuovi virus.

I virus escono dalla cellula e vanno ad attaccare altri linfociti T.






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