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Fotosintesi

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Fotosintesi


Gli antichi Greci credevano che fosse il suolo a soddisfare tutte le esigenze della pianta e per quasi 2000 anni questa convinzione venne da tutti accettata come un dato di fatto. I primi successi relativi allo studio della fotosintesi vennero accreditati al medico e chimico van Helmont nel XVII secolo. Volendo accertare se le piante assumessero veramente tutto il loro nutrimento dal suolo egli fece crescere in un vaso un piccolo salice non aggiungendo al suolo nient'altro che un po' d'acqua. Cinque anni più tardi egli calcolò che la pianta aveva raggiunto un peso di 75 Kg mentre il suolo aveva perso solo 60 g. concluse quindi che una pianta non ricavava la maggior parte delle sue sostanze dal suolo ma tuttavia commise l'errore di pensare che gran parte delle sostanze presenti nel salice era stata ottenuta dall'acqua. Un chimico inglese, Priestley, scoprì che una candela che normalmente si spegne in un contenitore chiuso poteva continuare a bruciale quando nel contenitore era posta una pianta e così concluse che la pianta rinnovava l'ossigeno consumato dalla candela. Fu il medico Ingenhousz a scoprire che le piante hanno bisogno di luce e dimostrò che esse possono rinnovare l'ossigeno solo quando sono esposte alla luce. Solo nel XX secolo si riuscì a descrivere questo processo nei dettagli. Per sintetizzare molecole di glucosio le piante hanno bisogno solo dell'energia della luce solare, dell'anidride carbonica presente nell'aria e dell'acqua assorbita dal suolo. L'altro importante prodotto della fotosintesi è l'ossigeno. Le piante sono organismi autotrofi in quanto producono da sé le proprie sostanze e non hanno quindi la necessità di nutrirsi di altri organismi o di assumere molecole organiche. Tutti gli organismi che utilizzano l'energia luminosa per formare molecole alimentari sono chiamati autotrofi fotosintetici. Sulla terra ferma i principali organismi fotosintetici sono le piante, nell'acqua sono le alghe e i batteri fotosintetici. Esistono anche autotrofi che non sono in grado di svolgere la fotosintesi ma che si producono il nutrimento usando l'energia contenuta in molecole presenti nell'ambiente (chemiosintesi) tali organismi sono detti autotrofi chemiosintetici. La fotosintesi avviene in particolari organuli cellulari detti cloroplasti. I cloroplasti sono concentrati nelle cellule del mesofillo, il tessuto verde presente all'interno della foglia. Il mesofillo è costituito da due diversi tipi di tessuto; quello a contatto con l'epidermide superiore è chiamato tessuto a palizzata e sono queste le cellule più fotosintetiche; il tessuto a contatto con la parte inferiore della foglia è detto tessuto lacunoso e le cellule hanno ampi spazi tra loro che servono a consentire la circolazione dell'aria; lo spazio tra i due tessuti è percorso da canali  che portano alla foglia acqua e Sali minerali e che formano e nervature della foglia. L'anidride carbonica può entrare e l'ossigeno può uscire grazie a piccolissimi pori detti stomi, uniti a due a due e chiamate anche cellule di guardia. Le membrane del cloroplasto formano la rete strutturale in cui avvengono molte reazioni fotosintetiche; i cloroplasti hanno una membrana esterna e una interna, con uno spazio compreso tra esse. La membrana interna dei cloroplasti racchiude un secondo timento contenente un liquido denso, lo stroma, nel quale vengono sintetizzati gli zuccheri a partire dall'anidride carbonica. Nello stroma è immerso un complesso sistema di dischetti provvisti di membrana, i tilacoidi, che racchiudono il terzo timento del cloroplasto. I tilacoidi sono allineati in pile dette grana. Nelle membrane dei tilacoidi sono inserite le molecole che catturano l'energia luminosa. Se si osservano le piante acquatiche le foglie di queste sono spesso coperte da bollicine. Nel XVIII secolo si ipotizzò che le piante producessero ossigeno prelevandolo dalla molecola di anidride carbonica. Verso la metà del nostro secolo gli scienziati hanno verificato l'attendibilità di questa ipotesi usando un isotopo dell'ossigeno per seguire i percorsi dell'atomo di ossigeno durante la fotosintesi. Nel primo esperimento una pianta, cui è fornita anidride carbonica contenente l'isotopo dell'ossigeno produce ossigeno gassoso mancante di questo isotopo (non marcato). Nel secondo esperimento viene fornita alla pianta acqua contenente l'isotopo dell'ossigeno e questa produce ossigeno gassoso marcato (con l'isotopo). L'ossigeno prodotto dalla fotosintesi proviene quindi dalla molecola d'acqua e non dall'anidride carbonica. la fotosintesi è un processo REDOX come quello della respirazione. Quando le molecole d'acqua si scindono liberando ossigeno si ossidano e quindi perdono elettroni insieme ad H+ . nel frattempo l'anidride carbonica si riduce a zucchero a mano a mano che gli elettroni e gli H+ si legano ad essa. A mano a mano che l'acqua si ossida e l'anidride carbonica si riduce gli elettroni si caricano di energia e vengono spinti ad un livello energetico superiore; la spinta per giungere a tale livello viene fornita dall'energia luminosa catturata dalle molecole di clorofilla contenute nel cloroplasto.



Le tappe della fotosintesi: La fotosintesi non è un processo unico ma presenta due stadi ciascuno composto da diverse tappe. Le tappe del primo stadio sono note come reazioni luminose; questo tipo di reazioni trasforma l'energia luminosa in energia chimica e produce ossigeno gassoso come prodotto di rifiuto. Le tappe del secondo stadio sono note come fase oscura o ciclo di Calvin; tale processo si svolge mediante una serie ciclica di reazioni che assemblano molecole di zucchero a partire dalla CO2 e dai prodotti energetici delle reazioni luminose. Le reazioni luminose della fotosintesi avvengono nelle membrane dei tilacoidi che formano i grana del cloroplasto. La luve assorbita dalla clorofilla presente nelle membrane dei tilacoidi fornisce energia che aziona il dispositivo fotosintetico di formazione delle molecole organiche. L'energia luminosa è usata sia per formare ATP a partire da ADP sia per consentire il trasferimento degli elettroni dall'acqua al NADP+, un trasportatore di idrogeno simile al NAD+. Gli enzimi riducono il NADP+ in NADPH mediante l'aggiunta di una coppia di elettroni e di uno ione H+. a mano a mano che il NADP+ si riduce l'acqua si ossida eliminando O2. le reazioni luminose della fotosintesi sono le tappe che assorbono energia solare e la trasformano in energia chimica immagazzinata in molecole di ATP e NADPH. Lo zucchero si forma solo al termine del Ciclo di Calvin. Questo ciclo ha luogo nello stroma dei cloroplasti. Il processo mediante cui gi atomi di carbonio della CO2 sono incorporati nei composti organici è detto fissazione del carbonio. È il NADPH prodotto dalle reazioni luminose a fornire gli elettroni ricchi di energia necessari ai processi di riduzione che si verificano nella fase oscura, mentre L'ATP proveniente dalle reazioni luminose fornisce l'energia chimica necessaria ad azionare la fase oscura. Il ciclo di Calvin non richiede direttamente la luce.

Fase luminosa: La luce solare entra integra nel cloroplasto, quando esce è stata privata di alcune lunghezze d'onda che sono state assorbite. Sulla membrana dei tilacoidi ci sono gruppi di molecole di pigmenti (carotenoidi, clorofilla a e clorofilla b), i fotosistemi, che hanno il compito di assorbire determinate lunghezze d'onda senza assorbire quelle verdi. Le lunghezze d'onda assorbite sono energetiche e questo scatena le reazioni di questa fase. Tutte le molecole dei pigmenti assorbono energia che viene poi trasferita al centro di reazione che è rappresentato sempre da una molecola di clorofilla a. Al centro di questa molecola c'è un atomo di magnesio e l'energia colpisce soprattutto questo atomo. Questa energia fa saltare i suoi due elettroni del livello energetico più esterno ad un livello energetico superiore e subito dopo questi due elettroni ridiscendono giù. Quando scendono si libera calore e fluorescenza. Tutto ciò però avviene solo se la molecola di clorofilla è fuori dal tilacoide. Quando è nella foglia i due elettroni saltano di livello ma non scendono più perché nella membrana del tilacoide ci sono degli accettori di elettroni. Questi accettori fanno scendere gradualmente di livello i due elettroni facendo cedere gradualmente energia. Ogni unità funzionale della membrana del tilacoide contiene due fotosistemi; il fotosistema I assorbe energia fino a 700nm, il fotosistema II assorbe energia fino a 680nm. La luce colpisce contemporaneamente  i due fotosistemi; quando sono colpite le molecole dei pigmenti assorbono energia che trasferiscono alla clorofilla a; in tutti e due i casi l'energia quando arriva alla clorofilla a serve a far saltare i due elettroni del magnesio ad un livello superiore. Trovano 4 accettori di elettroni situati a livelli diversi e mentre scendono liberano gradualmente energia che serve a produrre ATP tramite chemiosmosi. Quando gli elettroni arrivano all'ultimo accettore vanno nella clorofilla a dell'altro fotosistema dove contemporaneamente altri due elettroni discendono lungo due accettori di elettroni producendo NADPH. La clorofilla del secondo fotosistema riceve i due elettroni dalla clorofilla del primo fotosistema mentre alla clorofilla del primo fotosistema vengono ridati i due elettroni che ha ceduto all'altro fotosistema tramite l'acqua. Una molecola di acqua si scinde in O che si libera e 2H che danno i due elettroni alla clorofilla a liberando 2H+ (meccanismo della fotolisi). I 4 accettori di elettroni situati tra i due fotosistemi si chiamano nell'ordine: feofitina, plastochinone, complesso dei citocromi, plastocianina; gli ultimi due si chiamano entrambi ferredoxina perché sono molecole della stessa sostanza anche se non perfettamente identiche. Ogni unità funzionale si apre con il fotosistema II e si chiude con l'ATP sintetasi. Quando la luce colpisce il fotosistema II questo cede i due elettroni al primo trasportatore che gli è direttamente legato (feofitina), dalla feofitina passano al plastochinone e da qui passano al complesso dei citocromi all'interno del quale c'è un canale che consente il passaggio di ioni H+ dallo stroma all'interno del tilacoide. Dai citocromi gli elettroni passano alla plastocianina e reintegrano quelli persi dall'altro fotosistema. Gli ioni H+ per gradiente di concentrazione vanno nello stroma passando attraverso l'ATP sintetasi e portando con loro l'energia di cui sono carichi. Con questa energia si produce ATP a partire da ADP. Contemporaneamente a tutto questo il fotosistema I ha ceduto i suoi due elettroni alla ferredoxina e tramite il NADP reduttasi si produce NADPH + H+. sia ATP che NADPH servono per produrre glucosio. La fase luminosa produce ossigeno a partire da acqua e energia chimica a partire da energia luminosa.

Fase oscura: Avviene nello stroma ed è anche chiamata ciclo di Calvin. È fatto di un certo numero di reazioni e usa anidride carbonica, ATP e NADPH. L'anidride carbonica si combina con un composto a cinque atomi di carbonio detto ribulosio difosfato (RuDP). Questa reazione è catalizzata da u enzima molto poco specifico detto rubisco (ribulosio difosfato carbossilasi ossigenasi) poiché catalizza indifferentemente la reazione tra il RuDP e l'anidride carbonica e la reazione tra l'ossigeno e il RuDP. La prima tappa del ciclo consiste nella reazione tra il ribulosio difosfato e l'anidride carbonica che produce un composto a tre atomi di carbonio; seguono due tappe nelle quali viene utilizzato parte dell'ATP prodotto dalla fase luminosa e tutte le molecole di NADPH per produrre un composto a tre atomi di carbonio (gliceraldeide 3 fosfato). Nella terza tappa due di qieste molecole escono dal ciclo consentendo la produzione di glucosio. Le altre 10 che restano usando l'energia sottoforma di ATP servono a ricostruire il ribulosio difosfato. Dal punto di vista energetico è un processo un po' dispersivo.

Vari tipi di fotosintesi: La grande maggioranza delle piante eseguono il ciclo di Calvin sopra descritto e queste piante sono dette C3. queste piante hanno però il problema legato all'uso dell'enzima rubisco poiché quando la stagione è secca per non disperdere acqua la pianta deve tenere gli stomi chiusi e il rubisco se nella foglia c'è tanta anidride carbonica la catalizza altrimenti no e quindi la reazione risulta sospesa. Se infatti il contenuto di anidride carbonica è baso il rubisco catalizza la reazione con l'ossigeno catalizzando la reazione di fotorespirazione e producendo glicolato. Ma catalizzando questa reazione viene a mancare rubisco per catalizzare la reazione con l'anidride carbonica. per evitare questo problema le piante C4 (canna da zucchero, mais) attuano un altro processo che avvia diversamente il ciclo di Calvin. Non usano il rubisco ma un altro enzima che catalizza un'altra reazione. L'enzima si chiama fosfoenol piruvato carbossilasi (PEP) e catalizza la reazione fra anidride carbonica e fosfoenol piruvato, a differenza del rubisco è altamente specifico per l'anidride carbonica e quindi catalizza solo quella reazione. Alla fine di questa reazione si ottiene un composto a 4 atomi di carbonio che si chiama acido ossalacetico o ossalacetato. Questo composto viene fatto passare dentro le cellule della guaina vascolare dove il quarto atomo di carbonio si stacca e si unisce di nuovo all'anidride carbonica, rimane un composto a tre atomi di carbonio e il ciclo inizia normalmente. Esistono anche piante CAM (metabolismo acido delle crassulacee), le piante grasse. Si ha la stessa situazione delle piante C4 ma il tutto avviene solo nelle cellule della guaina vascolare e di notte consentendo agli stomi di restare chiusi per tutto il giorno. Le CAM sono quelle maggiormente in grado di immagazzinare acqua anche perché hanno cellula - STRUTTURA DELLE CELLULE EUCARIOTE" class="text">delle cellule in grado di assorbire molta acqua.



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