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ATTI PROCESSUALI: ATTI DI PARTE ED ATTI DEL GIUDICE

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ATTI PROCESSUALI: ATTI DI PARTE ED ATTI DEL GIUDICE

Gli atti processuali sono atti che consentono al processo di procedere. Il legislatore pone alla base della disciplina di ogni atto il raggiungimento dello scopo secondo quell'atto (scopo oggettivo) e non il raggiungimento dello scopo secondo chi pone in essere quell'atto (scopo soggettivo). La legge prevede che per ogni atto elementi essenziali e per alcune ipotesi sanziona la mancanza di quegli elementi con la nullità dell'atto. Secondo l'art.121 c.p.c. gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Secondo l'art.122 c.p.c., poi, nel processo è previsto l'uso della lingua italiana sia per gli atti sia per le udienze ed è per questo che il giudice può nominare un interprete ed un traduttore (per gli atti).

Il nostro processo dal 1865 al 1940 era un processo scritto che poteva essere un procedimento sommario (per le cause semplici) o un procedimento formale (per le cause in generale) che era completamente scritto. Il processo moderno è orale anche se finisce con l'essere soggetto alla verbalizzazione di tutto ciò che avviene in udienza. Secondo l'art.126 c.p.c. il processo verbale deve contenere l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute. Quindi il verbale di udienza è un atto. Nel 1940 il legislatore ha creato la ura del giudice istruttore che non giudica (il giudice istruttore quando è previsto il giudice monocratico ad un certo punto si trasforma in giudice che decide, quando invece è previsto il collegio la decisione spetta a quest'ultimo). Al giudice istruttore, cui spetta lo svolgimento del processo, l'art.127 c.p.c. attribuisce il potere di dirigere l'udienza tranne nel caso in cui vi sia il collegio, infatti in tal caso è il presidente del collegio che dirige l'udienza. Secondo l'art.128 c.p.c. sancisce la pubblicità delle udienze lasciando al giudice la facoltà discrezionale di disporre che l'udienza si svolga a porte chiuse se ricorrono determinate ragioni di sicurezza dello stato, di ordine pubblico o di buon costume. Per quanto riguarda gli atti del giudice bisogna dire che questi si esprime appunto per atti e non può prendere provvedimenti verbali. Il giudice può emanare tre tipi di atti a seconda di quanto previsto dalla legge:



La sentenza (definitiva, non definitiva o parziale) è un atto che in genere definisce e chiude il processo, in quanto decide in ordine alla causa sia nel merito che in rito; inoltre essa secondo quanto disposto dall'art.132 c.p.c. deve contenere: l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata e delle parti dei loro difensori; le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione; il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice.

L'ordinanza a differenza della sentenza non chiude il processo ma serve sa far si che prosegua (questo ad eccezione delle ordinanze previste dagli artt.186-bis, 186-ter, 186-quater che chiudono il processo e possono essere pertanto impugnate).

Il decreto non viene emesso in contraddittorio non conclude il processo e non ha efficacia decisoria (un'eccezione è costituita dal decreto ingiuntivo).

La sentenza di regola è impugnabile, i casi in cui non è impugnabile in appello vengono previsti dalla legge. Le ordinanze ed i decreti non sono mai impugnabili ma sono modificabili o revocabili. Se il giudice sbagliando emana un'ordinanza anziché una sentenza, tale ordinanza sarà impugnabile al pari di una sentenza sempre che con quell'atto si sia raggiunto lo scopo. Gli atti del giudice possono essere emessi in udienza o fuori udienza; nel primo caso gli atti si considerano conosciuti dalle parti anche se contumaci o assenti, mentre nel secondo caso gli atti devono essere comunicati direttamente dalla cancelleria agli avvocati o attraverso la notificazione per col c.d. biglietto di cancelleria. La notificazione può avvenire o a mano o a mezzo servizio postale. Nel primo caso la notificazione va fatta dall'ufficiale giudiziario che ha sede nel comune o nel circondario in cui risiede il destinatario; tale notificazione in determinati casi.può essere fatta in un luogo diverso dalla residenza. La mancanza di una determinata forma della notificazione dell'atto, anche quando è prevista dalla legge, non è causa di nullità se viene raggiunto ugualmente lo scopo dell'atto. Così come, anche se la legge non sanziona la nullità di un atto per la mancanza di un requisito, tale atto sarà ugualmente nullo se non raggiunge lo scopo. Le ipotesi di nullità dell'atto sono quelle previste dalla legge.


La nullità è relativa quando è sanabile e può essere rilevata dalla parte nella prima difesa successiva alla prosecuzione dell'atto la cui nullità si intende rilevare; mentre la nullità è assoluta quando è insanabile e può essere rilevata anche dal giudice in qualunque stato e grado del procedimento (l'unica sanatoria per le nullità insanabili è il passaggio in giudicato della sentenza che non funziona in alcuni casi). Secondo l'art.162 c.p.c. il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende. Per quanto riguarda i termini, che servono al legislatore per regolare la cadenza del processo e per ordinare lo stesso, sono diversi:

termini dilatori che servono a frenare il processo (ad esempio il termine a ire, art.163-bis c.p.c.);

termini acceleratori che servono ad accelerare il processo (il termine breve a ire o il termine per impugnare);

termini perentori che sono suscettibili di proroga (il termine per integrare il contraddittorio);

termini ordinatori che sono prorogati dal giudice se la richiesta di proroga giunge prima della scadenza del termine;

termini liberi nei quali si computano la data di partenza (dies a quo) e quella di arrivo (dies a quem);

termini in avanti quando in presenza di giorni festivi la scadenza viene posticipata al giorno successivo;

termini a ritroso quando in presenza di giorni festivi la scadenza viene anticipata al giorno precedente.

Il computo dei mesi e degli anni va fatto indipendentemente dalla lunghezza dei mesi o degli anni facendo riferimento alla data in cui inizia a decorrere il termine. Nel periodo che va dal 1° agosto al 15 settembre i giudici e gli avvocati godono della sospensione feriale ma il tribunale mantiene un presidio per trattare le cause che cadono in questo periodo. In questo periodo inoltre vengono sospesi i termini processuali ma non quelli sostanziali che continuano a decorrere. La legge n.742/1969 prevede una serie di provvedimenti che per la loro particolare urgenza fanno eccezione alla regola suddetta.





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