ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto diritto

FONTI COSTITUZIONALI

ricerca 1
ricerca 2

FONTI COSTITUZIONALI.

La Costituzione rappresenta il vertice della gerarchia delle fonti dell'ordinamento italiano. Essa, quindi, è il fondamento di validità delle fonti primarie di cui detta la disciplina. È una Costituzione rigida, il cui mutamento (revisione costituzionale) è soggetto a un procedimento aggravato. Con lo stesso procedimento sono approvate anche le altre leggi costituzionali che la Costituzione stessa prevede per la sua integrazione.

La Costituzione predispone un procedimento di formazione della legge costituzionale che si presenta come una variazione del procedimento legislativo ordinario.


Il procedimento per le leggi costituzionali, disciplinato dall'art. 138, prevede 2 deliberazioni successive da parte di ciascuna camera.

La prima deliberazione è a maggioranza relativa: è sufficiente che i sì superino i no. Siccome in questa fase le camere possono apportare al progetto di legge costituzionale qualsiasi emendamento il progetto è destinato a viaggiare tra camera e senato tante volte quante sono necessarie ad ottenere il voto favorevole di entrambe sul medesimo testo (navette).



La seconda votazione può essere effettuato solo dopo che sia trascorso un intervallo di 3 mesi dalla prima. I regolamenti parlamentari vietano che siano portati emendamenti al testo votato in precedenza, perché altrimenti il procedimento dovrebbe ripartire dall'inizio. A questo punto si aprono 2 strade alternative:

a)  se il consenso sulla riforma è così ampio che nella votazione in ciascuna camera si esprime a favore la maggioranza qualificata dei dei membri di essa, la legge è fatta e viene promulgata dal Presidente della Repubblica;

b)  se ciò non avviene basta che la legge sia approvata con la maggioranza assoluta; il testo approvato dal parlamento è pubblicato sulla G.U. in modo da darne la massima pubblicità. Entro 3 mesi dalla pubblicazione può essere chiesto un referendum costituzionale, in modo da sottoporre il testo ad approvazione popolare.



corpo elettorale: 500. 000 firme; . minoranze territoriali: 5 consigli regionali; . minoranze politiche: 1/5 dei membri di una camera; " v:shapes="_x0000_s1031">




Se nel referendum i consensi superano i voti sfavorevoli la legge è promulgata; altrimenti la volontà della maggioranza parlamentare è vanificata.

È bene notare che l'appello al popolo è un passaggio solo eventuale; rappresenta una sorta di veto che il corpo elettorale può esercitare, su sollecitazione delle minoranze, nel caso in cui la legge sia approvata da una maggioranza limitata; è un modo per sconfessare le scelte della maggioranza, per paralizzarne i tentativi di modificare le regole del gioco, senza ottenere anche il consenso di parte almeno delle forze di minoranza. Con il referendum costituzionale si sottopone al popolo un quesito unico, che esso può approvare o respingere in blocco.

In Italia non sono previsti procedimenti differenziati per le piccole modifiche del testo costituzionale e per le riforme di grande rilievo costituzionale.

Non tutta la Costituzione è revisionabile:

art. 139: limite esplicito "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale". Di questo articolo si da un'interpretazione estensiva tale da comprendere nella forma repubblicana il carattere elettivo del Presidente della Repubblica, ma anche il principio della sovranità popolare (art. 1). Così il limite esplicito alla riforma costituzionale si allarga e si pongono al riparo dalla revisione anche quei principi che sembrano indispensabili per poter definire democratico un ordinamento politico;

art. 2: dichiara che sono inviolabili i diritti e le libertà dell'uomo, per cui sono esclusi dalla revisione costituzionale gli artt. 13 e segg.;

art. 5: dichiara che la repubblica è unica e indivisibile, viene così esclusa ogni ipotesi legale di secessione o divisione del paese;

La Corte Costituzionale ha confermato questa tesi distinguendo fra le norme costituzionali dei principi supremi che resisterebbero alla revisione costituzionale.

Già nel 1971 aveva affermato che le norme di altri ordinamenti, che sono immesse nel nostro attraverso i rinvii previsti dalla stessa Costituzione non possono violare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale.

Nel 1982 era giunta a dichiarare illegittima una legge di esecuzione dei Patti Lateranensi per violazione del principio costituzionale del diritto di difesa.

A proposito dell'applicazione diretta nel nostro ordinamento delle norme comunitarie ha affermato la non derogabilità dei principi supremi. Le conseguenze sono 2:

la prevalenza dei principi supremi sulle norme comunitarie deve comportare la non applicabilità in Italia delle norme comunitarie con essi contrastanti;

se solo i principi supremi resistono all'immissione di norme comunitarie, allora nell'ambito delle norme costituzionali si può tracciare una gerarchia materiale. Sotto i principi supremi, inderogabili vi sono norme costituzionali di dettaglio che si devono ritenere derogabili, cedevoli nei confronti delle norme comunitarie contrastanti;

Un passo ulteriore è stato fatto recentemente affermando che i principi supremi sono sottratti a revisione costituzionale; sono, quindi, inderogabili sia da parte delle norme provenienti da ordinamenti esterni, ma anche non abrogabili con legge costituzionale. La Corte Costituzionale si riserva di valutare di volta in volta se il bene costituzionalmente protetto sia o meno compromesso dalla norma contrastante.


Leggi formali ordinarie e atti con forza di legge costituiscono le FONTI PRIMARIE.


La legge formale è l'atto normativo prodotto dalla deliberazione delle camere e promulgato dal Presidente della Repubblica.  È stata soprattutto in passato la fonte del diritto per eccellenza sino al punto di diventare sinonimo di diritto. La forma della legge è quindi data dal particolare procedimento prescritto dalla Costituzione per la sua formazione. Attraverso questo procedimento sono formate sia le leggi ordinarie sia le leggi costituzionali. Il procedimento di formazione delle leggi costituzionali infatti è solo una varante aggravata del procedimento legislativo ordinario. Con l'espressione legge formale si indica, dunque, sia la legge che occupa nella gerarchia delle fonti lo stesso gradino della Costituzione (legge costituzionale) sia la legge che occupa il gradino immediatamente inferiore (legge formale ordinaria).


Gli atti con forza di legge sono atti normativi che non hanno la forma della legge, ma sono equiparati alla legge formale ordinaria (perché comunque il parlamento partecipa alla loro formazione). Occupano la sua stessa posizione nella scala gerarchica e perciò:

possono validamente abrogarla hanno la stessa forza attiva della legge ordinaria;

essere da essa e solo da essa abrogati hanno la stessa forza passiva della legge ordinaria;

Sono fonti che possono sostituirsi alla legge, almeno laddove la Costituzione non ponga una riserva di legge formale.


Tipicità e tassatività delle fonti primarie. L'art. 70 stabilisce che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle 2 Camere. Agli artt. 71 - 72 - 73 - 74 si trova la disciplina del procedimento di formazione della legge formale. Essa rappresenta la REGOLA.

L'ECCEZIONE è costituita dagli atti con forza di legge, che rappresentano i casi in cui la funzione legislativa non è svolta in forma legislativa. Come deroga alla regola costituzionale essi possono essere previsti solo da fonti di rango costituzionale. Gli atti con forza di legge prevista dalla Costituzione sono:

il referendum abrogativo delle leggi (art. 75);

il decreto legislativo (art. 76);

il decreto - legge (art. 77);

i decreti del governo in caso di guerra (art. 78);

Le leggi costituzionali che hanno approvato gli statuti delle regioni ad autonomia speciale hanno aggiunto il decreto di attuazione dello statuto.

Eventuali innovazioni possono essere introdotte solo con legge costituzionale. Qualsiasi tentativo da parte del legislatore ordinario di introdurre nuovi tipi di atti con forza di legge sarebbe illegittimo, per violazione dell'art. 70. Tale principio si traduce nel divieto alla legge ordinaria di creare fonti con essa concorrenziali.


Non tutte le leggi sono uguali. Attraverso il meccanismo della riserva di legge la Costituzione ha frantumato la categoria della legge ordinaria e ha creato alcune ure di leggi che si scostano dal tipo.

In alcuni casi ha previsto che per disciplinare una determinata materia sia necessario seguire procedimenti particolari di formazione della legge, più complessi di quello ordinario: leggi rinforzate.

a)  Si parla di legge rinforzate in quanto il procedimento parlamentare prescritto per la loro formazione è più complesso dell'ordinario procedimento di formazione del progetto di legge.

Di regola il governo svolge una fase di acquisizione del consenso degli interessati (attraverso l'intesa, l'accordo, la consultazione), poi formalizza il vero e proprio disegno di legge.

Nella fase dell'approvazione devono essere rispettati gli accordi, le intese e le delibere, che rappresentano il presupposto dell'iniziativa. Il parlamento non potrà, quindi, procedere unilateralmente ad emendare il testo proposto dal governo, al massimo potrà invitare il governo a rinegoziare le norme che si vogliono emendare e solo in seguito procedere all'approvazione dell'emendamento.

Il rafforzamento del procedimento legislativo può essere disposto solo da una norma costituzionale. Se fosse una legge ordinaria a prevedere che per l'emanazione di una successiva legge ordinaria deve essere seguito un procedimento parlamentare particolare questa norma sarebbe:

inutile, perché qualsiasi altro atto dotato della stessa forza potrebbe abrogarla o derogarla;

illegittima, perché la legge in questione invaderebbe una materia che è in parte posta dalla Costituzione e in parte da questa riservata ai regolamenti parlamentari.

La legge ordinaria non può porre vincoli al legislatore ordinario futuro.

È invece possibile che la legge imponga al governo di seguire un procedimento particolare per la presentazione di un determinato disegno di legge. Gli adempimenti prescritti della legge a carico del governo avranno valore sia politico che giuridico.

b)  Le riforme costituzionali più recenti manifestano la tendenza a introdurre leggi rinforzate che incidono proprio sul procedimento di formazione della legge.

Esempio: un procedimento particolare è stato introdotto nel 1992 per amnistia (= provvedimento che estingue i reati; ha l'effetto di bloccare i processi e se c'è già condanna a pena detentiva di aprire le carceri) e indulto (= provvedimento che concede uno sconto di pena sulle pene già irrogate) (art. 79). Si tratta di 2 classici atti di clemenza generale; prima della riforma questi provvedimenti erano emanati dal Presidente della Repubblica, su legge di delegazione delle camere; con la riforma si stabilisce che amnistia e indulto possono essere concessi solo con legge formale, approvata a maggioranza dei ⅔, necessaria nelal votazione finale, ma anche nella votazione dei singoli articoli.

c)  I procedimenti rinforzati sono procedimenti specializzati seguirti per produrre leggi specializzate; per cui con un determinato procedimento si possono approvare solo leggi con un determinato contenuto e leggi con un determinato contenuto possono essere approvate solo con un determinato procedimento.

Sono atti, dunque, che hanno competenza riservata e limitata. Si distinguono dalle leggi comuni sia per forza attiva (possono abrogare solo le leggi che hanno quello specifico contenuto) che per forza passiva (possono essere abrogate solo da leggi formate con quello specifico procedimento). Per questo motivo si può dire che le leggi rinforzate siano esempi di fonti atipiche.

Esempi di riserve rinforzate per procedimento si trovano a:

art. 7: prevede che i rapporti tra stato e chiesa, già regolati dal concordato, possano essere modificati solo previo accordo tra le 2 parti. Il procedimento sarà aggravato nel senso che l'iniziativa legislativa sarà anticipata da un accordo stipulato tra governo e chiesa e il parlamento non potrà procedere a emendamenti senza che sia prima raggiunto l'accordo su di essi;

art. 8: prevede una situazione simile per le intese che il governo può raggiungere con i rappresentanti di culti acattolici, preventive alla disciplina dei loro rapporti con lo stato;

art. 116 (modificato nel 2001): prevede che con legge formale, approvata a maggioranza assoluta, sulla base di intesa fra stato e regioni interessate, su iniziativa delle stesse e sentiti gli enti locali, si possano riconoscere a determinate regioni forme e condizioni particolari di autonomia riguardanti alcune specifiche materie;

artt. 132 e 133: prevedono vari procedimenti per modificare le circoscrizioni territoriali di regioni, province e comuni; attraverso l'obbligo di consultazione delle assemblee elettive locali e della popolazione interessata sono introdotti rafforzamenti dei procedimenti di formazione della legge costituzionale, delle leggi statali e della legge regionale;


In altri casi ha previsto che una determinata legge abbia una collocazione particolare nel sistema delle fonti, non avendo esattamente la stessa forza attiva o passiva delle altre leggi ordinarie: leggi atipiche.

Per fonti atipiche si intendono quegli atti che non rientrano interamente nel tipo della legge ordinaria perché, pur avendo la stessa forma della legge, hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti per quanto riguarda la loro forza.

Sono atipiche, perché dotate di una forza passiva potenziata, le leggi che l'art. 75 esclude dal referendum abrogativo;

Sono atipiche le leggi meramente formali; si tratta di quegli atti che hanno necessariamente la forma della legge, ma non hanno un contenuto normativo paragonabile a quello tipico delle leggi, non introducono cioè norme capaci di produrre effetti giuridici generali nell'ordinamento. Sono leggi meramente formali:

v le leggi di approvazione del bilancio;


Sono approvati con legge sia il bilancio di previsione dello stato che il rendiconto consuntivo.


politica economica che consenta di intervenire anche sulle scelte legislative sostanziali già compiute. È atipica anche per la sua forza passiva: essa ha un'efficacia temporale limitata all'anno cui si riferisce; nel corso dell'anno possono essere apportate modifiche necessarie previste da apposite leggi e quelle occorrenti per l'applicazione di leggi successive. Ma non è abrogabile in toto da una legge successive e neppure attraverso la procedura referendaria." v:shapes="_x0000_s1053">



v la legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali;

È autorizzata con legge formale anche la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari o importano variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi (art. 80); altri trattati possono essere ratificati senza previa autorizzazione legislativa o anche stipulati in forma semplificata, cioè conclusi e perfezionati dalla semplice sottoscrizione di un rappresentante del governo.

Il trattato internazionale è frutto di un procedimento complesso, retto dalle norme del diritto internazionale e dal diritto interno. Il procedimento previsto dall'art. 80 inizia con una fase di negoziazione tra gli stati interessati e si chiude con la forma da parte di un rappresentante del governo; vi sono poi la presentazione del disegno di legge e l'approvazione della legge di autorizzazione in forza del quale il Presidente della Repubblica può procedere alla ratifica del trattato; la ratifica è l'atto formale e solenne con cui il Presidente della Repubblica dichiara la volontà dello stato di assumere gli obblighi e i diritti nell'ordinamento giuridico internazionale. Il procedimento è concluso e il trattato entra in vigore nel diritto internazionale con lo scambio delle ratifiche. Perché si produca effetti giuridici nell'ordinamento interno occorre che si proceda alla sua esecuzione.

Il parlamento, dunque, partecipa alla formazione dei trattati attraverso la legge di autorizzazione alla ratifica. La formula con cui la legge formale autorizza la ratifica è fissa. Gli effetti giuridici che derivano da questa formala si compiono all'interno dei rapporti tra gli organi costituzionali, senza conseguenze dirette per l'ordinamento giuridico. La legge di autorizzazione, dunque, è atipica perché non ha forza attiva (non innova le leggi ordinarie), né passiva (non ha senso abrogare la norma che serve ad autorizzare  il compimento di un atto, se l'atto stesso è ormai già compiuto).

Spesso la formula di autorizzazione è seguita dall'ordine di esecuzione, cioè da quella formula stereotipata che serve a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento. Non vi sono ragioni per sottrarre questa disposizione al regime ordinario delle leggi. Tuttavia una certa assimilazione dell'ordine di esecuzione al regime della norma di autorizzazione si  compiuta attraverso la giurisprudenza della costituzionale e la prassi parlamentare:

a)  la Corte Costituzionale ha esteso all'ordine di esecuzione:

o   la riserva di assemblea;

o   l'esclusione dal referendum abrogativo;

b)  le camere hanno esteso all'ordine di esecuzione la regola della non emendabilità;


La legislazione delegata: il decreto legislativo.

La legge di delega è la legge con cui le camere possono attribuire al governo l'esercizio del proprio potere legislativo. Il decreto legislativo è il conseguente atti con forza di legge emanato dal governo in esercizio della delega conferitagli dalla legge. Si tratta di uno strumento usato soprattutto per affrontare argomenti tecnicamente molto complessi e tecnici.

La delega di funzioni legislative al governo è un'eccezione alla regola generale stabilita dall'art. 70.

L'art. 76 delimita il potere di delega, fissando alcuni vincoli precisi alla legge di delegazione; il mancato rispetto di tali vincoli costituisce un vizio di illegittimità costituzionale della legge stessa e dei decreti legislativi emanati in forza di essa. Quindi la legge delega:

può essere conferita solo con legge formale, si tratta, infatti, di una materia coperta da riserva di legge formale; è coperta anche da una riserva di assemblea, per cui deve essere approvata con il procedimento ordinario;

può essere conferita solo al governo inteso nella sua collegialità;

deve contenere delle indicazioni minime (contenuti necessari):

deve restringere l'ambito tematico della funzione delegata e indicare con precisione l'oggetto della delega; a tal proposito si parla di oggetto definito (che comunque può essere anche molte esteso);

deve restringere l'ambito temporale della funzione delegata, indicando un tempo limitato entro il quale il decreto legislativo deve essere emanato. Non vi sono criteri precisi per determinare la durata massima della delega, ma se il termine previsto per l'esercizio della delega eccede i 2 anni il governo è tenuto a sottoporre lo schema di decreto legislativo al parere delle commissioni permanenti delle 2 camere (art. 14 legge 400/1988);

deve restringere l'ambito della discrezionalità  del governo, indicando i principi e i criteri direttivi che servono da guida per l'esercizio del potere delegato;

Ulteriori limiti sono dati dalla prescrizione al governo di sottoporre lo schema del decreto delegato al parere di altri organi, che possono essere parlamentari o meno. La Corte Costituzionale affermato che il decreto delegato prodotto in violazione di questi limiti è da considerarsi illegittimo per eccesso di delega.

Il potere esecutivo esercita le proprie funzioni attraverso la forma del decreto. Decreti sono anche gli atti che il governo emana nell'esercizio delle attribuzioni legislative che gli sono riconosciute dalla Costituzione.

Iter di formazione del decreti delegato

proposta del ministro competente;

delibera del Consiglio dei ministri;

eventuale deliberazione definitiva del Consiglio dei ministri, a seguito dei pareri espressi dai soggetti consultati;

emanazione da parte del Presidente della Repubblica;

Nella premessa del decreto è data l'indicazione di tutte le fasi procedimentali.

L'art. 14 della legge 400 introduce una novità quanto al nomen iuris dei decreti delegati; essi vengono pubblicati in G.U. con la denominazione di decreto legislativo e con la stessa numerazione progressiva delle leggi. Sempre l'art. 14 prescrive che il decreto sia presentato alla firma del Presidente della Repubblica almeno 20 giorni prima della scadenza. Nell'emanazione del decreto il Presidente della Repubblica svolge un controllo formale e sostanziale. Perciò il termine è posto a garanzia non solo delle prerogative del Presidente della Repubblica, al quale deve essere garantito il tempo necessario per l'esame, ma anche degli interessi del governo stesso; una richiesta da parte del Presidente della Repubblica di riesaminare il decreto che intervenisse all'ultimo momento rischierebbe infatti di far scadere la delega.

Spesso la delega legislativa non costituisce il principale contenuto della legge approvata dal parlamento, ma un suo completamento: capita che nelle norme finali di una legge di riforma il parlamento deleghi il governo ad emanare norme di attuazione, coordinamento o transitorie. Tali deleghe sono caratterizzate dal fatto che in essi manca un'espressa indicazione dei principi e criteri direttivi, per cui il potere normativo delegato al governo risulterà assai ridotto, non potendo portare innovazioni che tocchino i principi stabiliti dalle leggi precedenti.

Un particolare caso di delega accessoria è quella che autorizza il governo a coordinare le leggi esistenti in una certa materia, raccogliendole in un testo unico. Si tratta un lavoro di semplificazione legislativa, perché il governo può procedere alla selezione delle norme vigenti, abrogando esplicitamente quelle che ritiene superflue o tacitamente abrogate.


LA LEGISLAZIONE D'URGENZA: il decreto - legge.

Il decreto - legge è un atti con forza di legge che il governo può adottare in casi straordinari di necessità e urgenza; entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in G.U., ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti - legge perdono efficacia sia dall'inizio se il parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.

La disciplina del decreto - legge è contenuta nell'art. 77 e nella legge 400/1988 (art. 15). Il decreto - legge non può essere emanato nelle materie coperte da riserva di assemblea e non può conferire deleghe legislative.

Iter di formazione del decreto - legge. Deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato in G.U..

Nella premessa del decreto è data l'indicazione di tutte le fasi procedimentali e delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l'adozione, nonché dell'avvenuta deliberazione del Consiglio dei ministri. Oltre a ciò deve contenere la clausola di presentazione al parlamento per la conversone in legge.

È lo stesso decreto - legge a stabilire il momento della sua entrata in vigore, che di regola è il giorno stesso della pubblicazione o il giorno successivo.

Il giorno stesso della pubblicazione il decreto - legge deve essere presentato alle camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni: la conversione del decreto - legge rientra tra i poteri delle camere in regime di prorogatio. Presentando il decreto - legge il governo chiede al parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto - legge viene presentato come allegato di un disegno di legge. Si da avvio così a un procedimento legislativo che deve concludersi entro il termine tassativo di 60 giorni.

Il procedimento di conversione presenta, rispetto al procedimento legislativo ordinario, alcune variazioni, introdotte nei regolamenti parlamentari. In parte sono dettate dall'esigenza di assicurare tempi brevi e certi di approvazione del disegno di legge in parte dall'esigenza di consentire alle camere di svolgere un attento controllo sulla sussistenza dei presupposti della necessità e urgenza.

Il potere di adottare decreti - legge può essere esercitato solo quando ricorrano 3 presupposti (art. 77):

a)  casi straordinari = legati a circostanze eccezionali e imprevedibili;

b)  di necessità = per cui non possibile provvedere con strumenti legislativi ordinari;

c)  e d'urgenza = che rende indispensabile produrre immediatamente quegli effetti;

I soggetti abilitati a giudicare se in concreto sussistano tali presupposti sono:

v il Presidente della Repubblica, in via preventiva (nell'autorizzare l'emanazione del decreto - legge);

v la Corte Costituzionale, in via successiva (nell'eventuale giudizio di legittimità);

In una sentenza del 1995 ha ammesso la possibilità di dichiarare l'illegittimità costituzionale dei decreti - legge adottati in evidente carenza dei presupposti medesimi.

Nel 2007 la stessa Corte Costituzionale ha per la prima volta annullato un decreto - legge per carenza evidente dei presupposti e chiarito che la conversione parlamentare non può salvare il vizio, che incide sulla separazione dei poteri e non esclusivamente sul rapporto politico fra Parlamento e Governo.

Per quanto riguarda i meccanismi apprestati dalle camere:

il regolamento del senato prevede il parere obbligatorio espresso preliminarmente dalla commissione affari costituzionali sulla sussistenza dei requisiti della necessità e dell'urgenza; la commissione deve esprimersi in tempi brevi; se da parere negativo deve deliberare l'aula entro i successivi 5 giorni;

il regolamento della camere prevede che:

nella relazione del governo che accomna il disegno di legge di conversione, deve essere dato conto dei presupposti di necessità e urgenza per l'adozione del decreto - legge; inoltre sono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate sull'ordinamento;

la commissione referente, a cui il disegno di legge di conversione è assegnato, può chiedere al governo di integrare gli elementi forniti nella relazione;

il disegno di legge è sottoposto anche al comitato per la legislazione che, nel termine di 5 giorni, esprime parere alle Commissioni competenti, anche proponendo la soppressione delle disposizioni del decreto - legge  che contrastino con le regole sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti - legge, previste dalla vigente legislazione.

I decreti - legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall'inizio. Delle mancata conversione per decorrenza del termine o del rifiuto di conversione da parte del parlamento viene data notizia immediata in G.U.. La perdita di efficacia del decreto - legge è detta decadenza e travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto - legge. 

Quando il decreto entra in vigore esso è pienamente efficace e va applicato; se decade tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale.  Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono degli illeciti: va perciò ripristinata la situazione precedente. È chiaro che spesso non è facile o addirittura è impossibile ripristinare la situazione precedente al decreto - legge. Per questo l'art. 77 ha predisposto 2 strumenti volti alla risoluzione del problema:

f legge di sanatoria degli effetti del decreto - legge decaduto: si tratta di una legge riservata alle camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti nel rispetto dei principi costituzionali e del principio di eguaglianza. Tuttavia è bene notare che:

il parlamento, quando decide di non convertire un decreto - legge, non è affatto tenuto ad approvare la legge di sanatoria (decisione politica e libera);

la legge di sanatoria non è una soluzione tecnicamente praticabile sempre e comunque; oltre a ciò essendo una legge retroattiva incorre nei limiti derivanti dalle deroghe al principio di irretroattività;

f responsabilità del governo per quanto concerne i provvedimenti provvisori. Tale responsabilità è:

politica: nei confronti del parlamento;

(giuridica) penale: i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l'emanazione del decreto - legge. Dopo la riforma dell'art 96 (1989) la responsabilità penale dei ministri è fatta valere dalla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione parlamentare. Il reato deve essere corredato di dolo o di colpa;

civile: i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti ai terzi secondo in base all'artt.  2043 del CC e 28 (che estende la responsabilità civile anche all'ente a cui il funzionario appartiene);

amministrativo - contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto - legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo stato (danno erariale); se lo stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo, per responsabilità civile solidale, si deve rivalere sui ministri; in tali casi sarà la procura della corte dei conti a promuovere l'azione di responsabile;

Tali strumenti in astratto e dal punto dista degli interessi patrimoniali sono molto efficaci; non si può dire altrettanto se osservati dal profilo non patrimoniale; per questo motivo spesso l'impossibilità di tornare alla situazione precedente al decreto - legge fa si che i giudici mitighino i rigori della decadenza degli effetti del decreto - legge non convertito.

La storia italiana è stata caratterizzata per lungo tempo dall'abuso del decreto - legge. La situazione è mutata con la sentenza 360/1996 della Corte Costituzionale con la quale viene esclusa la legittimità della prassi, inveratasi per molti anni, della cosiddetta reiterazione dei decreti - legge non convertiti, consistente nell' adozione di un nuovo decreto - legge di contenuto identico al precedente ormai scaduto e nella sanatoria degli effetti attraverso meccanismi diversi (formazione di catene di decreti - legge).

Giudicata assolutamente incompatibile con la disciplina costituzionale del decreto - legge la reiterazione è ammissibile solo quando il nuovo decreto risulti fondato su autonomi e straordinari motivi di necessità e urgenza, che comunque non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto. In caso di mancata conversione il governo non risulta spogliato del potere intervenire nella stessa materia con lo strumento del decreto - legge, ma tale intervento non potrà porsi un rapporto di continuità sostanziale con il decreto non convertito ma dovrà in ogni caso risultare caratterizzato da contenuti normativi sostanzialmente diversi o da presupposti giustificavi nuovi di natura straordinaria.

Un'ulteriore problema che è emerso dopo la sentenza del 1996 è quello legato agli emendamenti in sede di conversione. È chiaro che più ci si allontana dall'uso tipico del decreto - legge trasformandolo in una sorta di iniziativa legislativa raccomandata e fornita di efficacia immediata, più è probabile che il parlamento recuperi parte delle proprie funzioni legislative attraverso la modificazione del testo originale del decreto. La discussione degli emendamenti richiede tempo e impone la reiterazioen del decreto: fino al 1996, spesso il governo approfittava della reiterazione per introdurre nel nuovo decreto le modifiche già approvate dal parlamento. Il rischio è che dopo anni di effetti precari il decreto - legge venga convertito in un testo assai diverso da quello sino allora vigente.

L'art. 15 della legge 400/1988 ha stabilito che le modifiche eventualmente apportate in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente (ribadisce insomma il principio di irretroattività delle leggi posto dall'art. 11 delle preleggi). Come la cassazione ha sempre affermato l'efficacia temporale degli emendamenti è legata alla natura degli emendamenti stessi.

Se un decreto - legge (o una sua disposizione) è convertito senza emendamenti, secondo la Corte Costituzionale e la dottrina, si ha novazione della fonte, ossia le norme del decreto - legge sono sostituite da quelle della legge di conversione i cui effetti quindi retroagiscono al momento dell'entrata in vigore del decreto - legge;

Se una disposizione del decreto - legge è soppressa dalla legge di conversione, l'effetto degli emendamenti soppressivi equivale alla parziale mancata conversione del decreto - legge, con la conseguenza che la disposizione non convertita decade ex tunc.

La stessa cosa accade, secondo la cassazione, nel caso in cui la disposizione originale sia sostituita totalmente dalla disposizione della legge di conversione (emendamenti sostitutivi).

La dottrina, invece, ritiene che la conversione sarebbe sempre conversione di tutto il decreto e che gli emendamenti agirebbero sulle disposizioni del decreto secondo le normali regole della successione delle norme nel tempo (abrogazione o decadenza);

Se una disposizione nuova viene aggiunta in sede di conversione al testo originale, l'emendamento aggiuntivo opererà secondo le regole normali  solo pro futuro;

Se una disposizione del decreto - legge viene parzialmente modificata (emendamento modificativo) e la legge non di conversione non dice nulla circa gli effetti temporali dell'emendamento spetta all'interprete venire a capo del problema, tenendo conto del principio di irretroattività;

Se il governo vuole evitare il problema degli emendamenti in sede di conversione può:

assicurarsi in anticipo un largo consenso politico nelle camere, tale da blindare il decreto - legge prima ancora che si emanato;

forzare la mano alle opposizioni usando lo strumento della questione di fiducia, per blindare il decreto - legge in parlamento;

riportare il decreto - legge al suo impiego tipico;

sollecitare i presidenti delle camere a dichiarare inammissibili gli emendamenti che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto - legge;

Altri atti con forza di legge

decreti emanati dal governo in caso di guerra (art. 78): le camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al governo i poteri necessari; la dottrina ritiene che tra i poteri dell'esecutivo vi possa essere anche una sorta di delega anomala al governo, cui deve essere concesso il potere di emanare norme con forza di legge, derogando alle procedure legislative ordinarie. Questi atti potrebbero essere autorizzati a sospendere determinate libertà costituzionali. Si tratta dunque di atti extra ordinem dietro ai quali si profila di nuovo la necessità come fonte del diritto. finora non ci sono mai state applicazioni dell'art. 78;

decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali: gli statuti delle regioni speciali, che sono leggi costituzionali, prevedono che all'attuazione dello statuto e trasferimento delle funzioni, degli uffici e del personale dello stato alla regione stessa si provveda con un particolare tipo di atto: si tratta di un decreto legislativo, emanato dal Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta di un'apposita commissione paritetica formata da membri designati in parti eguali dal governo e dall'assemblea regionale. Sono atti con forza di legge, a cui è attribuita una competenza specifica e riservata: la loro emanazione avviene senza una delega legislativa del parlamento;


REGOLAMENTI PARLAMENTARI.


Regolamenti di altri organi costituzionali

il regolamento del governo non può essere considerato una fonte primaria: il suo fondamento e il suo limite è costituito dalla legge ordinaria; è lo stesso art. 95 ad affermarlo, quando pone una riserva di legge per l'ordinamento della presidenza del consiglio e per l'organizzazione dei ministeri;

i regolamenti della presidenza della repubblica, che viene utilizzato per disciplinarne i servizi, non può essere considerato una fonte del diritto; si tratta di semplice strumenti di gestione amministrativa degli uffici e dei servizi di un organo cui deve essere garantita l'indipendenza dagli altri poteri;

i regolamenti della Corte Costituzionale non sono previsti dalla Costituzione (non quindi fonti primarie); la Costituzione pone anzi una riserva di legge costituzionale per la disciplina della proposizione dei giudizi di legittimità costituzionale e delle garanzie di indipendenza della Corte Costituzionale e una riserva di legge ordinaria per la costituzione e il funzionamento di essa. È proprio la legge ordinaria a prevedere che la Corte Costituzionale possa disciplinare l'esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti pubblicato in G.U. e che il regolamento possa stabilire norme integrative di procedura. Appare sostenibile che alla Corte Costituzionale vada riconosciuta la stessa autonomia e indipendenza degli altri organi costituzionali, ma non sembra che ciò possa riflettersi all'esterno dell'organo, influenzando gli interessi di coloro che non sono né membri né dipendenti della Corte Costituzionale;


REFERENDUM ABROGATIVO.


REGOLAMENTI GOVERNATIVI.

Il termine regolamento è impiegato per indicare le più svariate tipologie di atto normativo:

v regolamenti parlamentari: espressione dell'autonomia organizzativa delle camere, che hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti, garantita dalla stessa Costituzione; sono fonti primarie;

v regolamenti regionali e locali;

v regolamenti della CE;

v regolamenti emanati da un'infinità di organismi pubblici e privati;

In alcuni casi il termine regolamento designa atti tipici, fonti dell'ordinamento giuridico generale; in tal caso si parla di regolamenti amministrativi, categoria in cui rientrano:

i regolamenti dell'esecutivo che a loro volta sono divisi in regolamenti governativi e regolamenti ministeriali o interministeriali;

regolamenti regionali

regolamenti degli enti locali

I regolamenti dell'esecutivo sono atti sostanzialmente legislativi, ma formalmente amministrativi: non si distinguono dalle leggi ordinarie per contenuto o importanza, ma per il fatto di essere emanati dagli organi dell'esecutivo attraverso un procedimento che non ha le garanzie di controllo parlamentare che caratterizzano le leggi e gli atti con forza di legge. Per questo motivo hanno sempre la forma del decreto.

I regolamenti dell'esecutivo sono fonti secondarie: è la legge a stabilire quale spazio normativo possa occupare il regolamento.

La Costituzione non disciplina i regolamenti dell'esecutivo; essi sono menzionati indirettamente dall'art. 87, in cui è disposto che il Presidente della Repubblica è competente ad emanare i regolamenti. Tuttavia la riforma costituzionale del titolo V ha introdotto un'importante innovazione (art. 117): ha stabilito il principio di parallelismo tra funzioni legislative e funzioni regolamentari, limitando la potestà del governo di emanare regolamenti alle sole materie sulle quali lo stato ha potestà legislativa esclusiva e riservando alla regioni il potere regolamentare in tutte le altre materie. Oggi perciò i regolamenti del governo sono fonti a competenza limitata dalla Costituzione.

Il fondamento dei regolamenti, ossia le condizioni per la loro validità, va ricercato nella legge ordinaria; da ciò derivano importanti conseguenze:

Fonti primarie

Fonti secondarie

♪ Sistema chiuso: la tipologia degli atti è compiutamente e tassativamente elencata dalla Costituzione;

♪ Esiste uno spazio costituzionalmente garantito per le fonti primarie;

♪ Sistema aperto: le fonti secondarie sono modellabili dalla legislazione ordinaria;

♪ Non esiste uno spazio costituzionalmente garantito per le fonti secondarie; anzi le numerose riserve di legge o ad altre fonti servono principalmente a limitare lo spazio che la legge può concedere ai regolamenti amministrativi, imponendo il ricorso alla fonte primaria per disciplina della materia;

La disciplina generale del potere regolamentare dell'esecutivo è contenuta

a)  nelle Preleggi

In base all'art. 3:

il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale;

il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari;

In base all'art. 4:

regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi;

i regolamenti delle altre autorità non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo;


b)  nella legge 400/1988

Tale legge ha sostituito la precedente disciplina risalente alle legge 100/1926 e riprende fedelmente l'impostazione delle preleggi. All'art. 17 si trova la distinzione tra:

regolamenti del governo;

regolamenti di altre autorità dell'esecutivo (ministri e autorità sottordinate al ministro);

Tale distinzione si riflette sul fondamento legale dei regolamenti:

per i regolamenti governativi il fondamento del potere normativo è costituito dallo stesso art. 17, che assolve la funzione di norma attributiva in generale del potere stesso;

per i regolamenti ministeriali occorre che il potere di emanare l'atto sia espressamente conferito dalle singole leggi ordinarie;

Sempre all'art. 17 si trova la graduazione gerarchica interna ai regolamenti dell'esecutivo: i regolamenti ministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal governo. Si tratta di una gerarchia stabilita da una legge ordinaria, per cui la legge che prevede il regolamento ministeriale ben può scalzarla e dare prevalenza alle norme di questo rispetto ai regolamenti governativi precedenti. Ciò vale per tutta le disciplina generale dei regolamenti. Come conseguenza dell'assenza di norme costituzionali in materia: proprio perché generale la disciplina dettata dalle Preleggi e dalla legge 400 è destinata a cedere di fronte a norme speciali contenute in altre leggi ordinarie. Ma in assenza di norme di legge derogatorie vale la regola generale stabilita dalle Preleggi e ribadita dalla legge 400: il regolamento che violasse sarebbe illegittimo.

Iter di formazione dei regolamenti governativi (art. 17 legge 400/1988): vengono deliberati, su proposta di uno o più ministri, dal Consiglio dei ministri, previo parere obbligatorio del consiglio di stato ( il governo può discostarsene motivando la scelta); talvolta le specifiche leggi prescrivono al governo di acquisire anche il parerei altri organi. Il regolamento viene poi emanato dal Presidente della Repubblica con proprio decreto. L'atto è perfetto ma non ancora efficace: deve passare il controllo di legittimità della corte dei conti, la quale provvede al visto e alla registrazione; infine viene pubblicato in G.U.

Iter di formazione dei regolamenti interministeriali (art. 17 legge 400/1988): sono emanati del ministro, previo parere del consiglio di stato.

Con lo stesso procedimento, ma con decreto interministeriale, sono emanati i regolamenti che riguardano materie di competenza di più ministri. Prima dell'emanazione devono essere comunicati al presidente del Consiglio dei ministri che può sospendere l'adozione dell'atto e provocare una deliberazione del Consiglio dei ministri. Sono soggetti al controllo della corte dei conti e sono pubblicati in G.U..

Sempre l'art. 17 della legge 400/1988 distingue diverse tipologie di regolamento governativo

a) regolamenti di esecuzione delle leggi: sono regolamenti che il governo adotta anche senza una specifica autorizzazione legislativa quando avverta la necessità di emanare norme che assicurino l'operatività della legge e degli atti con forza di legge. Essi possono:

avere una funzione interpretativa - applicativa della legge;

disciplinare le modalità procedurali per l'applicazione della legge;

Incontrano un limite costituzionale laddove sia prevista una riserva assoluta di legge. Tuttavia si ritiene che regolamenti di stretta esecuzione possano essere emanati anche in materia coperta da riserva assoluta di legge. L'unica condizione posta è che essi non integrino la fattispecie coperta da riserva di legge assoluta, non servano cioè a precisare e integrare le norme poste dalla legge; la loro funzione deve limitarsi a predisporre gli strumenti amministrativi e procedurali necessari a rendere operativa la legge.

b) regolamenti di attuazione: sono emanati per l'attuazione e integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale. Si tratta del tipico schema del riparto di compiti normativi tra legge e regolamento in presenza di riserva di legge relativa: la legge deve dettare almeno i principi della materia, lasciando al regolamento la disciplina del dettaglio. Di conseguenza il potere regolamentare si fonderà su un'esplicita previsione della legge da attuare.

c) regolamenti indipendenti: sono emanati nelle materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o atti con forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; si tratta di una ura molto contestata, sospettata di ledere i principi della separazione dei poteri e della legalità, il cui spazio di operatività è estremamente limitato.

d) regolamenti di organizzazione: sono un residuo storico, risalente all'epoca pre - repubblicana, quando l'esecutivo aveva un riserva di competenza sull'organizzazione dei pubblici uffici. Oggi la materia è coperta da riserva di legge relativa per cui tali regolamenti sono del tutto simili ai precedenti; è da notare la tendenza attuale ad un'accentuazione dell'autonomia dell'esecutivo nel plasmare la Pubblica Amministrazione.

Per quanto riguarda i regolamenti ministeriali non c'è un problema di classificazione: essi possono essere emanati solo se una legge conferisce tale potere. Tuttavia, nella prassi accade che sia un regolamento governativo a prevederli: è parte anche questo della generale e incontenibile tendenza del governo ad abusare dei poteri normativi sottraendosi al rispetto tassativo delle forme legali e dei limiti postai dalla legge. Il controllo preventivo di legittimità esercitato dalla corte dei conti e l'impugnazione successiva dei regolamenti davanti al giudice amministrativo sono gli strumenti disponibili per ripristinare la legalità.  


LA DELEGIFICAZIONE.

L'art 17 della legge 400/1988 disciplina anche i regolamenti delegati (autorizzati). Essi hanno la particolarità di provocare un apparente effetto abrogativo delle leggi precedenti, la loro funzione è, infatti, di produrre la delegificazione, cioè la sostituzione della precedente disciplina di livello legislativo con una nuova disciplina di livello regolamentare. La delegificazione si propone come rimedio all'espansione ipertrofica della legislazione ordinaria (dovuta alla mancanza di una riserva di regolamento amministrativo), declassando la disciplina della materia dalla legge al regolamento. Il regolamento amministrativo non può produrre l'abrogazione delle leggi, perché violerebbe la gerarchia delle fonti; non può nemmeno essere autorizzato a farlo da una legge ordinaria, perché questa violerebbe il principio di tipicità e tassatività delle fonti primarie. Secondo l'art. 17 della legge 400/1988 e le opinioni della dottrina è la legge ordinaria a disporre l'abrogazione della legislazione precedente, facendo però decorrere l'effetto abrogativo dalla data di entrata in vigore del regolamento, la cui emanazione essa autorizza. Si tratta di un regolamento governativo di attuazione, che non può essere previsto in materie coperte da riserva assoluta di legge: la legge che lo prevede deve determinare le norme generali regolatrici della materia e disporre l'abrogazione delle norme legislative precedenti, che il regolamento dovrà sostituire sviluppando i contenuti nella legge stessa.

Nota bene le differenze tra:

Delegificazione: muove ad un abbassamento del livello della disciplina normativa che regola una materia, nella convinzione che, sostituendo la legge con il regolamento, si possa velocizzare l'adeguamento delle regole alla realtà.

Deregolamentazione: punta alla drastica riduzione dell'insieme delle regole che imbrigliano l'attività dei privati in un certo settore, nella convinzione che, senza l'oppressione di lacci e laccioli, l'iniziativa privata e il mercato possano finalmente riespandersi, con tutti i conseguenti effetti benefici.

Semplificazione: intende eliminare o almeno attenuare il peso e i costi degli asfissianti procedimenti burocratici, che inutilmente opprimono la vita dei privati e delle imprese.




Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta