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Fonti di cognizione

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Fonti di cognizione

Le fonti di produzione del diritto vanno tenute accuratamente distinte dalle cosiddette "fonti di cognizione" del diritto. Le fonti normative producono diritto, le fonti di cognizione semplicemente documentano norme già esistenti. Sono esempi paradigmatici di fonti di cognizione: la Gazzetta ufficiale della Repubblica; la Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana (così denominata dall'art. 1, ult. comma, l. 839/1984); e - le raccolte ufficiali di usi e consuetudini (art. 9 disp.prel. c.c.).

La pubblicazione di un testo normativo è, di regola, condizione necessaria per l'entrata in vigore (l'obbligatorietà, l'efficacia,l'applicabilità) delle norme che esso contiene (art., comma 3, Cost.; art. 10 comma 1, disp.prel. c.c.).

Quanto agli atti normativi: la pubblicazione degli atti normativi è oggi disciplinata principalmente dalla l. 839/1984 e dalla sezione seconda del d.p.r. 1092/1985, Testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, l'emanazione dei decreti, e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica (marginalmente modificato dalla l. 86/1989, art. 14).



Occorre distinguere due tipi di pubblicazioni: la pubblicazione "necessaria" e la pubblicazione "notiziale". La pubblicazione è necessaria quando è condizione di entrata in vigore dell'atto cui si riferisce; è notiziale quando è priva di effetti giuridici - non condiziona l'entrata in vigore dell'atto cui si riferisce - ma ha il solo scopo di facilitarne la conoscenza.

La pubblicazione necessaria degli atti normativi consiste nella loro inserzione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, edita a cura del Ministero di grazia e giustizia. Tutti gli atti normativi sono inoltre soggetti ad una seconda pubblicazione nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

Gli effetti giuridici propri della pubblicazione: la decorrenza del termine per l'entrata in vigore dell'atto - dipendono dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, e il testo ivi pubblicato si presume conforme all'originale - fino a quando non ne sia provata l'inesattezza - e costituisce "testo legale" dell'atto pubblicato.

Di regola, gli atti normativi sono soggetti ad un periodo di vacatio: essi entrano in vigore nel quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto. Si dice appunto "vacatio" il periodo intercorrente tra la pubblicazione e l'entrata in vigore.

Si ritiene che, nel nostro ordinamento, l'ignoranza del diritto vigente sia giuridicamente irrilevante: come si usa dire, "ignorantia legis nonn excusat", ovvero "nemo censetur ignorare jus".

Avvenuta la pubblicazione e decorso l'eventuale termine di vacatio, gli atti normativi si presumono noti ai loro destinatari. Trattasi anzi di presunzione juris et de jure, che non ammette prova contraria. In verità, questa regola è espressamente statuita solo per la legge penale: l'art. 5 c.p. dispone infatti che "Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale".

Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 364/1988), la presunzione di conoscenza della legge penale non può considerarsi assoluta. La prova contraria è ammissibile. Secondo la Corte si deve infatti distinguere tra due tipi di ignoranza della legge penale: quella "evitabile" e quella "inevitabile". L'ignoranza evitabile resta giuridicamente irrilevante. Per contro, è giuridicamente rilevante l'ignoranza inevitabile. Secondo la Corte costituzionale, può accadere che l'ignoranza della legge sia inevitabile, ad esempio, quando il testo legislativo sia assolutamente oscuro, o quando in giurisprudenza si riscontrino gravi conflitti interpretativi.

Quanto ai fatti normativi: norma relative alle raccolte (non di consuetudini in genere, ma) di "usi generali del commercio" sono dettate dal d.lgs. 152/1947 e dalla l. 115/1950 (contenente modificazioni al menzionato decreto).

L'esistenza e la generalità dell'uso sono accertate da una commissione speciale permanente istituita presso il Ministero dell'industria e del commercio, sentire le organizzazioni sindacali interessate. Spetta alla medesima commissione, sentire le Camere di commercio, redigere in via definitiva le norme derivanti dagli usi in questione. La raccolta degli usi, periodicamente aggiornata, è depositata presso il suddetto Ministero, nonché presso ciascuna Camera di commercio: l'autorità giudiziaria e chiunque vi abbia interesse possono richiederne copia autentica. Gli usi generali pubblicati nella raccolta si presumono estinti fino a prova contraria (art. 9 disp.prel. c.c.; art. 4, comma 3, d.lgs. 152/1947).

Il diritto consuetudinario, in quanto non scritto e perciò non depositato nelle fonti ufficiali di cognizione, solleva i delicati problemi di accertamento e di prova. Da un lato, vale anche per la consuetudine il principio "jura novit curia": pertanto, il giudice deve applicare la consuetudine di cui sia a conoscenza, anche se le parti la ignorino o comunque non ne domandino l'applicazione. Dall'altro lato, tuttavia, è di fatto possibile che il giudice non sia a conoscenza di una norma consuetudinaria di cui una parte pretenda l'applicazione alla controversia del caso. In simili circostanze, la parte interessata all'applicazione di una norma consuetudinaria ha altresì interesse  a provarne l'esistenza, collaborando con il giudice in tal senso.

Le raccolte ufficiali di usi determinano una presunzione semplice (juris tantum) circa l'esistenza degli usi da esse documentati (art. 9 disp.prel. c.c.): toccherà alla parte che ne chiede la disapplicazione trovarli inesistenti.






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