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I COMMENTATORI

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I COMMENTATORI

Glossatori e Commentatori hanno stili molto diversi, però tra queste due scuole non c'è frattura, ma c'è continuità.

Tra gli elementi di continuità che possiamo vedere . Già gli stessi glossatori avevano capito che la glossa era uno strumento limitato, perché era uno strumento letterale: questo spiega perché i glossatori usavano le summae (=grandi sintesi del codice che servono ad uscire fuori dalla ristrettezza della glossa). La glossa è una cosa molto utile, perché spiega parola per parola, ma manca quella visione sintetica generale, visione che da, invece, la summa, pur partendo dalla glossa. Quindi, possiamo dire che già gli stessi glossatori avevano una sensazione di insoddisfazione nei confronti della glossa.

Inoltre, la magna glossa non si afferma in tutte le università: oltre Bologna, la magna glossa fa fatica ad arrivare, e questo soprattutto perché Accursio nelle sue glosse ha eliminato quasi tutti i casi pratici: invece, nelle università minori si trova un larghissimo uso di fatti della vita, e c'è anche la "lectura" di Odofredo, la quale è piena di casi pratici.

Queste sono tutte insoddisfazioni dei glossatori nei confronti della glossa, così vediamo che, progressivamente, si afferma un'esigenza diversa e, per esempio, Martino da Fano o Alberto Gandino, i post-glossatori, sono giuristi che vengono subito dopo Accursio e che sono legati alla pratica.



Tutte queste esigenze (insoddisfazione nei confronti della glossa, adesione alla pratica, ecc.) fa sì che si affermi l'esigenza di superare un'esegesi meramente letterale, per arrivare a qualcosa di "logico/sintetico".

Adesso c'è bisogno di una comprensione più sintetica e più ampia, che la glossa non può più dare: questo lo può dare il COMMENTO = spiegazione logico/sintetica (non esegetico/letterale).

La glossa è attaccata alla parola, cioè spiega le singole parole del corpus iuris civilis, quindi la sua spiegazione non può che essere grammaticale.

Il commento è qualcosa di più: si riferisce alla singola legge. Quindi, io posso glossare una parola del testo, ma se è un commento, commento una legge intera.

Però, IL COMMENTO non spiega più il significato della legge, ma SPIEGA LA RATIO, cioè il senso profondo della norma.


COMMENTO GLOSSA




LEX LITERA




RATIO SIGNIFICATO

= Il commento si riferisce alla legge per scoprirne la ratio, mentre la glossa si riferisce alla litera per scoprirne il significato.


Quindi, già graficamente non si trova più lo schema a cornice, ma si trova lo schema della lettura di Odofredo: il giurista dice solo quali sono le parole della legge che vuole commentare, poi ad un certo punto inizia a fare il commento.

Si trovano solo le due colonne del testo del giurista.

L'oggetto dell'analisi è sempre la compilazione giustinianea, ma gli strumenti utilizzati sono diversi. Strumento molto diverso, ma che nasce nella "culla" della glossa.

In pratica il commento si presenta così:















GIURISTI PIU' IMPORTANTI DI QUESTA SCUOLA . . Il primo fondatore che ricordiamo è CINO DA PISTOIA, (che oltre che essere giurista è stato anche un grande poeta nella generazione precedente a Dante Alighieri), il quale scrive una LETTURA SUPER CODICE (intorno al 1312).

Altri grandi commentatori sono: BARTOLO DA SASSOFERRATO e BALDO DEGLI UBALDI.

La glossa si afferma intorno al 1240: dopo circa 50 anni si arriva al commento come forma esegetica.


STRUMENTI USATI DA QUESTI GIURISTI:

In questi anni (1200) in Europa si scopre il cosiddetto ARISTOTELE MAGGIORE: questi portava in vita uno strumento, che già era conosciuto dai giuristi, ma Aristotele utilizzava al massimo, cioè la DIALETTICA.

" . de similibus ad simila" = da fattispecie simili ne traiamo conseguenze simili, oppure "ubi est ladem ratio, ibi idem ius" = dove vi è la stessa ratio, lì c'è lo stesso diritto = PRINCIPIO MADRE DELL'ANALOGIA E DELL'APPLICAZIONE ESTENSIVA DELLE NORME: se troviamo una norma, non pensiamo solo alla fattispecie concreta, ma individuiamo anche la ratio; individuando la ratio, la sua forza rispetto alla fattispecie concreta è che la ratio si può estendere a casi simili.

ESEMPIO: Jacques de Rèvigny - "se la moglie muore, il marito deve seppellirla anche se non ha dote, quindi a maggior ragione la deve mantenere quando è in vita" = questo è stato possibile usando il sistema della ratio: hanno individuato la ratio nella norma (quella norma dice che il marito deve qualche cosa alla moglie), quindi quella ratio si può estendere a fattispecie simili, con l'argomentazione " . a maggior ragione . .".

Quindi, vediamo che usare la ratio è una cosa ben diversa dal significato, perché il significato lo posso usare in un'altra norma, però quando c'è la stessa parola.

La ratio, invece, ha tratto qualcosa che possiamo utilizzare sempre, perché individuando la ratio nella norma, con la ratio posso spiegare tante altre fattispecie che non sono previste dalla norma.

Questo è importante soprattutto per gli IURA PROPRIA, cioè i diritti particolari (non il diritto imperiale, che è UNUM IUS, cioè è diritto universale), che sono gli statuti delle varie città (Modena, Bologna, ecc.), le consuetudini germaniche, ecc. Iura propria può essere solo al plurale, perché non può mai esserci un ius proprio (mentre ius comune sempre al singolare, perché lo ius comune è solo uno, quello dell'imperatore).

Grazie alla ratio, estrapolandola dal testo giustinianeo, si possono spiegare e commentare anche gli iura propria, perché, ad esempio, tra la norma di Giustiniano e lo statuto di Bologna c'è incompatibilità, come norme: ma se dalla norma si prende la ratio, cioè il principio istituto, grazie a questo istituto si può spiegare anche una norma di diritto particolare non previsto da Giustiniano.





COME FUNZIONA IL COMMENTO: (SISTEMA DI CINO DA PISTOIA).

Il commento si applica alla legge:


DIVISIO LEGIS/EXPOSITIO = la legge va divisa per singole unità logiche, perché a volte la legge ha tante prescrizioni (divisio legis) e poi si fa la spiegazione sintetica della norma (expositio).

POSITIO CASUUM = dove si usano i casus: il casus è la spiegazione della fattispecie pratica prevista dalla norma. Quindi, "positio casus" = preparazione dei casi pratici.

COLLECTIO NOTABILIUM (NOTABILE) (raccolta delle cose notevoli) = il giurista enuclea i casi più importanti.

OPPOSTITIONES = problemi che potrebbero nascere, pareri contrastanti.

QUAESTIONES = fatti pratici: si prendono in ipotesi i fatti della vita, rispetto ai quali si può applicare la norma in questione.





Con questo sistema la norma viene smontata pezzo per pezzo, poi viene rimontata, vista sotto tutte le angolazioni, perché emerga la RATIO.

Grazie alla ratio, questa norma la si potrà applicare a tutte le fattispecie teoricamente prevedibili, anche al di fuori del corpus iuris.


E' con il commento che si riesce a dare nuovo slancio alla compilazione giustinianea.




Attraverso il genere letterario del TRATTATO i giuristi post-accursiani sistemano con intenti soprattutto pratico-forensi alcuni importanti settori del diritto, che trovano, da questo momento una prima elaborazione organica ed autonoma.

Alcuni esempi li possiamo trovare in ROLANDINO DE' PASSEGGERI (in materia notarile), autore della SUMMA ARTIS NOTARIAE e in GUGLIELMO DURANTE (in materia processuale).

Di particolare importanza è ALBERTO GANDINO, autore della famosa raccolta QUAESTIONES STATUTORUM e anche autore del primo trattato di diritto penale, cioè TRATACTUS DE MELEFICIIS (sui reati) e TRATACTUS DE TORMENTIIS (sulle torture).

Il trattato di Alberto Gandino è molto importante, perché lui è un giudice, quindi abbiamo una visione diversa del diritto penale dalla visione che avevano nell'alto medioevo: con Gandino si afferma l'idea che la giustizia deve essere esercitata in monopolio dai comuni, contro l'idea tipica dell'alto medioevo, cioè che siano le parti a farsi giustizia da sole.





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