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I DIRITTI e I DOVERI del CITTADINO

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I DIRITTI e I DOVERI del CITTADINO



Per la Costituzione: Nel Fascismo:


Art. LIBERTA' e SOLIDARIETA'  ☻ limitazione delle libertà (religiosa,politica . )



☺ diritto naturale

☺ diritti inviolabili ☻ viene eliminato il diritto di uguaglianza

☺ solidarietà politica,economica,sociale

☺ libertà dell'individuo limitata da libertà altrui ☻ autonomia economica protezionismo



Art. LAVORO ☻ carta del lavoro (abolito lo sciopero, la

☺ lotta alla disoccupazione libertà sindacale)

☺ dovere civico: non sono previste sanzioni o ☻ le corporazioni

conseguenze punitive per l'inadempimento di esso ☻ il lavoro della donna

☻ elevazione morale e preparazione

professionale delle masse lavoratrici



Art. 30 DIRITTO DI FAMIGLIA ☻ modello di famiglia (numerosa per

☺ mantenimento li incremento demografico)

☺ educazione li ☻ posizione della donna nella famiglia

☺ famiglia nuclearematrimonio

☺ uguaglianza dei li nati fuori dal matrimonio; ☻ famiglia patriarcale

devono avere pari dignità con gli altri







Per la Costituzione:  Nel Fascismo:


Art. ISTRUZIONE ☻ la scuola coltiva al minimo quello che

☺ la scuola è aperta a tutti dovrebbe perseguire al massimo

☺ percorso scolastico ☻ riforma Gentile: "la più fascista delle riforme"

☺ uguaglianza sostanziale degli studenti per le classi dirigenti che devono saper guidare

gli altri; questa riforma fu però criticata dai

fascisti

☻ riforma Bottai: esclusione di insegnanti

e scolari ebrei; ma fallisce i suoi scopi



Art. DIRITTO DI VOTO

☺ requisiti per votare ☻ voto non segreto (schede elettorali

☺ caratteristiche del voto (personale, con colori diversi)

uguale,libero e segreto)

☺ partecipazione popolare al ☻ violenza politica (manganellate e

Governo della Repubblica olio di ricino)

☺ casi per cui si può avere la perdita

di questo diritto: incapacità civile,

condanna, indegnità morale











In qualunque sistema legale le persone hanno diritti inviolabili e doveri inderogabili.

Se i diritti di una persona non vengono rispettati, si può chiedere un ordine esecutivo, cioè si può obbligare qualcuno a rispettarli.

Anche se vi fosse una legge che li disconosce, i soggetti potrebbero comunque vantare quei diritti e ottenere che quella legge non venga applicata in quanto incostituzionale.

I doveri vengono detti "inderogabili" perché la garanzia del loro adempimento è essenziale alla Repubblica.


LIBERTA' E SOLIDARIETA'


Art. "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia

nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e chiede l'adempimento dei

doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale"


La Repubblica riconosce quelli che sono i diritti inviolabili,cioè che valgono in ogni tempo e in ogni spazio e che l'uomo acquisisce con la nascita e inoltre li garantisce, cioè si impegna a difenderli, attribuendo ad essi forza primaria su tutti gli altri diritti.

I diritti inviolabili dell'uomo,sono le libertà e i valori fondamentali della persona umana;come tali sono irrinunciabili e inalienabili, non possono essere limitati dai pubblici poteri,se non temporaneamente e con il rispetto di precise garanzie enunciate dalla Costituzione,questi inoltre non sono sottoposti alla revisione costituzionale, in quanto essendo inviolabili non possono essere soppressi o smantellati. Questi diritti oltre ad essere riferiti ai cittadini, sono riconducibili anche agli stranieri, la Costituzione stessa facendo riferimento alle libertà fondamentali usa l'espressione "tutti", cioè senza distinzione di razza o cittadinanza.

Oltre ad essere garantiti ai singoli, i diritti inviolabili sono riconosciuti anche alle formazioni sociali,cioè aggregazioni umane, in quanto all'interno di queste si concretizza il bisogno di socialità dell'individuo, dall'incontro di opinioni diverse dalle proprie nasce il dubbio e di conseguenza la tolleranza e il rispetto per ciò che è diverso.

Quindi la libertà dell'individuo è limitata dalla libertà altrui; a limitare fortemente la libertà sono posizioni giuridiche di obbligo, che possono essere di carattere politico, economico e sociale alle quali nessuno può sottrarsi. Ad esempio la difesa della patria, l'obbligo di contribuzione alle spese pubbliche attraverso il amento delle tasse e la fedeltà alla Repubblica.

Per limitare la libertà è stata introdotta la solidarietà, perché altrimenti la libertà sarebbe entrata in conflitto con il principio di uguaglianza tra i cittadini che di solito le si tende ad affiancare(es. libertà economica, massima disuguaglianzaàchi ha sempre più ricco chi non ha sempre più povero).

L'adempimento di tali doveri trasforma l'individuo,che altrimenti sarebbe spinto all'egoistico apamento dei propri bisogni individuali, in membro effettivo e responsabile di una comunità e costituisce il presupposto indispensabile per il mantenimento dello Stato sociale.


LIBERTA' E SOLIDARIETA' nel fascismo


Dopo la Prima guerra Mondiale si affermò la dittatura fascista che si sforzava di avere un movimento di massa organizzando la borghesia e la piccola borghesia;il partito successivamente diventa un'organizzazione che da la possibilità alla borghesia di esercitare in ogni momento una pressione armata sulle masse lavoratrici.

I diritti inviolabili dell'uomo come la libertà in epoca fascista furono fortemente ridotti,ad esempio la grave crisi economica presente in Italia, venne affrontata smarrendo la rigida nozione del mezzo di costo e soprattutto sottraendola allo stimolo della concorrenza, limitando così fortemente quella che è la libertà economica.

-Inoltre ci fu una serie di limitazioni anche sulla libertà religiosa,di professare la propria religione;ci furono una serie di provvedimenti volti a tornare indietro nel tempo, fino allo Statuto del 1848, ed alla disuguaglianza dei culti(il fascismo attraversò a ritroso in meno di un ventennio l'itinerario che il regime liberale aveva percorso in più di ottant'anni). Ci fu la distinzione tra la religione cattolica - denominata espressamente 'religione di Stato' - e gli altri culti successivamente

prese avvio un periodo di sempre crescente ostilità verso le minoranze religiose, forse a causa del timore di proanda antifascista da parte dei rappresentanti dei culti diversi dal cattolico, così la libertà di discussione in materia religiosa veniva intesa essenzialmente come divieto di proanda religiosa.

-In campo politico il Fascismo rafforza tutti gli organi del potere esecutivo,introducendo nella burocrazia un rigoroso principio gerarchico e svuotando contemporaneamente,con pieni poteri, le assemblee legislative delle loro attribuzioni e del loro prestigio;eliminò successivamente con la forza tutti gli altri partiti,in quanto la logica fascista si muoveva lungo direttrici ben precise,cioè,poiché la nazione è una anche il suo interesse è unico non possono esserci 2 partiti con interessi divergenti all'interno di una nazione;ma poiché i partiti di fatto esistono solo uno poteva essere ritenuto espressione della nazione;così il partito fascista cessa di essere un partito in lotta per il potere e diviene partito che detiene il monopolio di politica in virtù del suo diritto di difendere le istituzioni fondamentali dello Stato;questo portò alla   eliminazione della libertà di pensiero,in quanto coloro che non erano d'accordo con le decisioni prese dal leader del partito fascista potevano,in base alla legge di pubblica sicurezza, perdere la libertà personale ed essere considerati stranieri come tutti quelli che non aderivano al partito fascista,questi avevano un trattamento diverso davanti alla legge,in quanto il fondamentale concetto dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge fu abolito nell'Italia fascista.




IL LAVORO 


Art "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che

rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,

un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società"


Come detto nell'articolo 1, il lavoro è l'elemento su cui si fonda la Repubblica Italiana.

La Repubblica riconosce a tutti il diritto di lavorare; il lavoro ci permette di essere liberi economicamente . c'è il verbo "riconosce", ma manca il verbo "garantisce" perché chi ha scritto la Costituzione sapeva benissimo che la disoccupazione esiste e non è eliminabile.

E' presente il verbo "promuove"; lo Stato deve fare tutto ciò che è possibile per ridurre la disoccupazione. Tutti gli Stati nel loro programma devono avere la lotta alla disoccupazione.

Nel secondo comma il lavoro viene inquadrato come un dovere. Il lavoro diventa un modo per contribuire nello sviluppo materiale e sociale di uno Stato; il gruppo ci dà sviluppo e in base alle nostre possibilità dobbiamo dare una mano, la nostra fatica viene retribuita.

Il lavoro è un dovere civico, poiché l'inadempimento non prevede sanzioni o conseguenze punitive dello Stato.

Il lavoro è l'energia psicofisica che un soggetto mette a disposizione di un altro soggetto in cambio di una retribuzione monetaria.

Il lavoro è subordinato quando viene prestato alle dipendenze e sotto le direttive di altri, mentre è autonomo quando viene svolto in condizioni di autonomia, con organizzazione personale dei mezzi necessari per attuarlo.


ALCUNI DIRITTI DEL LAVORATORE

La retribuzione deve essere corrisposta nella forma più consentanea alle sue esigenze e a quelle dell'impresa.

Il lavoro notturno, non compreso in regolari turni periodici viene retribuito con una percentuale in più, rispetto al lavoro diurno.

Il prestatore d'opera ha diritto al riposo settimanale in coincidenza con le domeniche, e non lavora anche per le festività civili e religiose.

Dopo un anno di ininterrotto servizio il prestatore d'opera nelle imprese a lavoro continuo, ha diritto ad un periodo annuo di riposo feriale retribuito.

Nelle imprese a lavoro continuo, il lavoratore ha diritto, in caso di cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad una indennità proporzionata agli anni di servizio. Tale indennità è dovuta anche in caso di morte del lavoratore.

Lo Stato Fascista si propone:

il perfezionamento dell'assicurazione Infortuni;

il miglioramento e l'estensione dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

l'assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come avviamento all'assicurazione generale contro tutte le malattie;

il perfezionamento dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

l'adozione di forme speciali assicurative per i giovani lavoratori.



DOVERI DEL LAVORATORE

Le infrazioni alla disciplina e gli atti che perturbino il normale andamento dell'azienda commessi dai prenditori di lavoro, sono puniti, secondo la gravità della mancanza, con la multa, con la sospensione dal lavoro e per i casi più gravi con il licenziamento immediato senza indennità.


IL LAVORO nel fascismo

Durante il periodo fascista furono prese delle misure drastiche contro il movimento operaio: fu vietato lo sciopero e abolita la libertà sindacale. I lavoratori si organizzarono in un unico sindacato fascista obbligatorio. Nel 1927 il regime tentò di organizzare il mondo del lavoro dell'economia in corporazioni di categoria che raggruppavano sia i datori di lavoro sia i lavoratori. Lo scopo era quello di impedire la contrapposizione tra le classi sociali e di imporre la collaborazione. Ma tale sistema non riuscì mai a funzionare compiutamente anche a causa della seconda guerra mondiale.


Nel 1927, infatti, Benito Mussolini, Capo del Governo e Duce del Fascismo, promulgò la <<carta del lavoro>>.

La carta del Lavoro si erge su questi punti basilari:

grandezza della Nazione;

elevazione del lavoro in tutte le sue manifestazioni;

elevazione dell'associazione professionale (sindacato) alla dignità di pubblico istituto;

subordinazione dell'attività individuale all'interesse della Nazione (tutto nello Stato, nulla fuori

e contro lo Stato);

Parità giuridica delle categorie di fronte allo Stato;

collaborazione tra le forze dell'economia nazionale;

incremento della produzione;

intervento utile e sapiente dello Stato nei rapporti del lavoro e nelle attività economiche;

miglioramento delle condizioni fisiche, economiche, culturali, professionali e spirituali delle

masse lavoratrici attraverso una perfezionata legislazione sociale.


I principi contenuti nella Carta del Lavoro hanno valore di legge in virtù di deliberazione del gran Consiglio Fascista; regolano in senso giuridico, economico e amministrativo l'ordinamento sindacale e corporativo, i rapporti del lavoro, l'intervento dello Stato nell'economia nazionale, l'impiego della mano d'opera, l'assistenza, la previdenza, l'educazione professionale del lavoratori.

L'articolo 30 della Carta del Lavoro dice: <<L'educazione è l'istruzione, specie l'istruzione professionale dei loro rappresentanti, soci e non soci, è uno dei principali doveri delle Associazioni professionali. Esse devono affiancare le azioni delle opere nazionali relative al Dopolavoro e altre iniziative di educazione>>.

Si ha da queste affermazioni la sensazione di quanto stia a cuore al Governo fascista l'elevazione morale e la preparazione professionale delle masse lavoratrici e come sia sua cura:

educare fisicamente e moralmente i giovani per farne forti soldati in guerra e ottimi produttori in pace;

preparare professionalmente il cittadino alla più perfetta attività consona ai tempi per servire efficacemente la patria;

ricreare spiritualmente e ritemprare fisicamente, dopo il lavoro, il cittadino che lavora e produce, per restituirlo sano e la borioso alla vita delle Nazione.


A tali principi s'informa la legislazione fascista la quale appunto:

ha creato l'Opera Nazionale Balilla

ha unificato e riordinato l'istruzione professionale adeguandola alle esigenze economiche della nazione;

ha istituita l'Opera Nazionale del Dopolavoro.



IL DIRITTO DI FAMIGLIA


Art. "E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i li, anche se nati

fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai li nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,

compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta norme e limiti per la ricerca della paternità."


*Entrambi i genitori partecipano alla formazione dei li.

*I li hanno il diritto di essere educati, anche quelli adottivi.

*lio naturale: riconosciuto da almeno un genitore alla nascita o dopo la nascita con apposita dichiarazione.

*lio naturale riconoscibile: nato prima del matrimonio o durante il matrimonio con un altro.

*lio naturale irriconoscibile: nato tra parenti o affini.

*Potestà dei genitori: sono d'accordo su come educare il lio.

*Se i genitori sono in contrasto per la decisione sull'educazione possono ricorrere al giudice e se non risolvono il giudice affida la decisione più idoneo a curare l'interesse del lio.

*Quando si separano, i li vengono affidati ad uno di essi.

*I li nati fuori dal matrimonio hanno il diritto di inserirsi nella vita sociale in condizione di pari dignità con gli altri (principio di uguaglianza).

*L'incapacità c'è anche quando solo uno dei tre compiti (mantenere, istruire ed educare) non è adempiuto.

*La legge obbliga i genitori ad adempire al loro dovere verso i li quando non vogliono e lo Stato subentra quando non possono.

*Quando i genitori non fanno il loro dovere o abusano dei loro poteri il giudice può provvedere alla decadenza della potestà e all'allontanamento del lio; i li possono essere adottati da altri in questi casi, perché privi di assistenza morale e naturale.

Se il riconoscimento del lio da parte del genitore non è stato effettuato, il lio può, tramite una dichiarazione giudiziale del rapporto di filiazione, acquisire lo status di lio naturale.

Questo articolo detta i principi relativi ai rapporti genitori-li.

Tra i doveri-diritti della famiglia rientra quello di provvedere all'istruzione e all'educazione dei suoi componenti più giovani: i li, essendo esclusa qualsiasi possibilità di esonero dei genitori delle loro responsabilità.

La potestà dei genitori costituisce una funzione educativa diretta alla promozione delle potenzialità dei li, e quindi va esercitata nell'interesse del minore. Bisogna creare un bilanciamento tra il modello di vita che consigliano i genitori e le potenzialità del minore.


La famiglia e il matrimonio:

Il matrimonio è basato su due persone, che prendono decisioni comuni e viene tenuto conto dell'interesse di entrambi i coniugi e dei li.

I coniugi devono collaborare materialmente (con il lavoro) e moralmente alla famiglia.

Un tempo la famiglia era patriarcale: molto numerosa, si trovava nelle zone rurali; le donne e gli uomini anziani si occupavano di diversi lavoretti in casa.

Ora più diffusa è la famiglia nucleare, nella quale l'anziano viene considerato un peso; è poco numerosa, poiché, dato che la donna lavora, non ha tempo per accudire molti bambini.

Oggi la famiglia può essere di due tipi:

famiglia legittima: riconosciuta dalla legge, fondata sul matrimonio;

famiglia di fatto: convivenza, non riconosciuta dalla legge.

Vedi scheda "vecchio e nuovo diritto di famiglia a confronto"


IL DIRITTO DI FAMIGLIA nel fascismo


Il regime promosse nuove misure concernenti i rapporti fra i sessi e i rapporti generazionali: è così cambiata l'intera struttura dei rapporti familiari. La famiglia era incoraggiata ad essere prolifica (secondo una precisa politica di incremento demografico) e ad essere collegata organicamente allo stato. Il nucleo familiare diviene così la cellula fondamentale dello stato fascista, e ciò fu reso esplicito nel Codice Civile del '42 in cui la famiglia viene definita "un'istituzione sociale e politica". La reale conseguenza di questa politica non fu però l'aumento delle nascite, che già dagli inizi del 900 era in costante diminuzione, bensì la nascita di una particolare struttura e concezione della famiglia, che consisteva in ' un nuovo patriarcato delle classi urbane '. Questo nuovo modello di famiglia presupponeva un marito lavoratore dipendente, il cui salario era integrato dagli aiuti dello stato e del lavoro casalingo della moglie.

Incubo di quegli anni era la ura della donna spendacciona, irresponsabile o magari sterile (e quindi non in grado di assecondare la politica di crescita demografica). La mentalità fascista, dunque, non innovò quei vecchi 'topos' culturali, tipici del mondo contadino, (per questo la donna bella è ' a rischio ' poiché fragile e inadatta sia al lavoro sia alla riproduzione), ma anzi li usò per porre le basi ad un modello di famiglia che continuò ben oltre il fascismo stesso. Basti pensare che solo nel 75 si arrivò a considerare reato lo stupro o l'incesto.

Seguendo questa politica lo stato fascista cercò di eliminare tutte quelle attività che potessero distrarre le donne dallo sposarsi presto a dall'avere tanti bambini, tra cui la scuola e l'istruzione. Quelle poche donne attive all'interno del movimento fascista costituivano quindi motivo di imbarazzo, problema da tenere sotto controllo, affinché non costituissero un modello di devianza dalla normalità della donna regina del focolare.

Furono accettate solamente le organizzazioni femminili di matrice cattolica, poiché con il Concordato del 29 la Chiesa aveva dato il suo sostegno e rafforzamento a un 'modello di famiglia unita e fondata su un sistema di potere asimmetrico fra i sessi e le generazioni', modello che presupponeva una donna rassegnata, con spirito di sacrificio e umiltà, e che durò molto più a lungo dello stesso regime. Con la caduta del regime e con l'inizio della Resistenza il ruolo della donna ha incominciato a cambiare.


L'ISTRUZIONE


Art "La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi

più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie

ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso."


Nell'articolo 34, 1°comma, si afferma che la scuola è aperta a tutti, mediante questa espressione il costituente ha voluto vietare ogni pratica discriminatoria degli alunni (sia cittadini che stranieri) per l'ammissione alle scuole.

La libertà d'istruzione, in questa prima parte dell'articolo, è al dovere statale d'istituire su tutto il territorio nazionale scuole di ogni ordine e grado; a questa libertà fa fronte il diritto all'istruzione dei cittadini che va inteso come diritto di accedere al sistema scolastico.

L'enunciazione "la scuola è aperta a tutti" è una conquista dello stato sociale che si caratterizza come stato di cultura e che attribuisce a tutti (anche gli stranieri e i loro li) il diritto di ricevere un'adeguata istruzione ed educazione per lo sviluppo della propria personalità e l'adempimento dei compiti sociali.

L'istruzione, però, non è solo un diritto ma anche un dovere dei cittadini come viene esplicitato nel 2° comma.

La scuola obbligatoria della durata di otto anni è articolata in scuola primaria e scuola secondaria di primo grado.

La scuola primaria dura cinque anni, di cui un primo anno teso al raggiungimento delle strumentalità di base e due periodi didattici biennali.

La scuola secondaria di primo grado che dura tre anni.

Il secondo ciclo è costituito da un sistema educativo-formativo-culturale articolato in un sistema di licei e in un sistema dell'istruzione e della formazione professionale con esame di stato finale.

I licei hanno durata quinquennale.

Il sistema di istruzione e formazione professionale prevede quattro anni più un quinto anno integrativo che permette di accedere all'esame di stato e quindi all'Università.

È importante ricordare che al compimento del quindicesimo anno di età, agli studenti è riconosciuta la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettato in collaborazione con le imprese, associazioni di rappresentanza e con le Camere di Commercio.

Quando nell'articolo 34 si afferma che " . i capaci e i meritevoli,anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione . " il costituente voleva che il diritto all'istruzione di ogni cittadino non fosse solo un potere-dovere di ogni cittadino di frequentare gradi dell'istruzione obbligatoria e gratuita per almeno otto anni ma anche come diritto di accedere ai gradi più alti degli studi, anche se privo di mezzi, ma capace e meritevole.

Tale aspettativa si chiama diritto allo studio e si colloca tra i diritti sociali, ovvero, quei diritti che promuovono l'intervento dello Stato diretto a soddisfare le esigenza essenziali dei cittadini.

Nel 3° e 4° comma dell'articolo 34 la costituzione afferma che è compito della repubblica eliminare le disuguaglianze economiche che impediscono di fatto l'accesso ai gradi più alti dell'istruzione per mezzo di una serie di provvidenze, elargizioni ed aiuti finanziari alle famiglie di bisognosi.

Poiché lo Stato non può garantire provvidenze a tutti gli studenti, sono stati stabiliti criteri oggettivi (reddito, numero dei componenti della famiglia, meriti dello studente ecc.)per formare una graduatoria e decidere così chi può ottenere gli aiuti finanziari.



L'ISTRUZIONE nel fascismo


Il fascismo, soprattutto quando divenne regime, volle una propria scuola al fine di formare il fascista perfetto, cercando di riempire il più possibile la scuola di cerimonie e riti fascisti, come per esempio la distribuzione delle tessere dell'Opera nazionale balilla (Onb) e poi della Gioventù italiana del littorio (Gil), gli anniversari di Mussolini e di sua madre, degli eroi e dei martiri fascisti, le feste per l'aviazione, arma del regime ecc.

Ma in questo modo la scuola s'indebolisce e perde la sua essenza primaria; leggere, scrivere e far di conto passano in secondo piano e per questo la scuola non si rivela efficace: poiché coltiva al minimo ciò che avrebbe dovuto perseguire al massimo.

Quindi la scuola funziona al minimo solo grazie al suo meccanismo autoregolativo, per questo non si può parlare a cuor leggero della fascistizzazione della scuola a meno che non si intenda per fascistizzazione il tentativo di annientamento della scuola stessa.

Così che non fu utile per nessuno, tanto meno per gli stessi fascisti che toccarono con mano il fallimento della scuola quando chiamarono all'adunata nei giorni dell'ultima spiaggia scoprendo la diserzione dei giovani che la scuola avrebbe dovuto formare come perfetti fascisti.

La scuola fascista s'ispirava alla riforma di Gentile che pur essendo contestata da molti fascisti, Mussolini chiamò come "la più fascista delle riforme" e dando così a vedere che fosse lui il primo a non aver compreso il senso delle sue riforme.

Per Gentile la scuola serve alla classe dirigente che deve dar sempre il meglio di sé per guidare le masse e tutto il Paese ed è quindi quel ceto che devo poter frequentare al meglio la scuola migliore, ed il meglio è rappresentato dal corso del ginnasio-liceo.

Le alte scuole sono come canali di scolmatura per non intasare il corso principale del fiume; ciò non significa che per Gentile le altre non siano considerate vere e proprie scuole.

Chi è più bravo, quindi, riesce a risalire completamente questa scala.

Il fascismo, così, accetta e fa propria la riforma di Gentile solo perché non ha alcuna alternativa coerente e definibile da opporvi e non sa come sfruttarla al massimo per i suoi fini perché sostanzialmente non capisce il metodo meritocratico che la governa.


Le critiche fondamentali alla riforma di Gentile da parte fascista furono soprattutto:

Ø  Eccessiva selettività

Ø  Scarso controllo da parte dello Stato

Ø  Troppe concessioni alla religione

Ø  Sopprime ogni principio elettivo della scuola

Gentile risponde a queste critiche dicendo che i principi della riforma si ispirano al movimento culturale e politico dei primi vent'anni del secolo che sfociano nel fascismo.

Il fascismo accentuò sempre più gli aspetti classisti e illiberali della riforma che come già detto Mussolini amò definire come "la più fascista delle riforme" ; questo aforisma, però, venne ben presto smentito dai fatti e dallo stesso Mussolini che la definì come "un errore dovuto ai tempi e alla forma mentis del ministro di allora".

Così benché la riforma Gentile non fu mai ripudiata pubblicamente, fu a poco a poco svuotata dei suoi principi più validi attraverso gli infiniti ritocchi dei diversi ministri.

Questi ritocchi furono così numerosi e sostanziali che si è soliti definirli "controriforma".


Nel 1939 Giuseppe Bottai presenta al Gran Consiglio del Fascismo la Carta della scuola che viene pubblicata e che rappresenta il documento più emblematico del regime fascista nel settore scolastico.

Già nell'estate del 1938 erano state emanate disposizioni riguardanti l'esclusione dalla scuola di tutti gli insegnanti e gli scolari ebrei così come dei manuali scritti da ebrei.

Si era giunti perfino a prescrivere che i ragazzi ebrei, candidati agli esami nelle scuole pubbliche, fossero messi in banchi isolati per non contaminare i comni ariani.

In questo clima angosciante e diseducativo Bottai annuncia l'imminente riforma radicale della scuola che garantirà ai giovani una formazione civica, guerriera e razziale.

La Carta Bottai cercò di modificare il sistema scolastico italiano e di riadattarlo alle esigenze del mercato del lavoro e delle politica razziale.

Bottai operò per raggiungere i seguenti scopi:

Ø  Accentuare la preparazione della cultura militare

Ø  Prolungare la scuola per alleggerire le difficoltà del mercato del lavoro arginando, così, la disoccupazione giovanile

Ø  Accentuare l'antifemminismo, poiché secondo i fascisti le donne non dispongono dell'originalità di pensiero e del vigore spirituale, che sono le forze superiori, intellettuali e morali dell'uomo e che devono essere cardini della scuola

Ø  Ampliare gli impieghi nel settore terziario per "riare" la piccola borghesia dell'appoggio dato al fascismo e che l'eccessiva selettività della riforma gentiliana aveva punito

Ø  Approfondire il carattere reazionario della massa, ossia, la tendenza alla ricostituzione violenta di aspetti politici e sociali del passato

Ø  Contenere l'urbanizzazione, che aveva portato il 55% della popolazione italiana a sostarsi nelle città. La scuola viene divisa in urbana e rurale, con sfoci differenziati nella scuola media: artigiana per le camne e professionale per le città.

La preoccupazione dominante di Bottai è preparare un personale esecutivo qualificato, che possa essere immesso immediatamente nel mercato del lavoro, portando con sé oltre che una preparazione e abilità tecnica, una coscienza sociale e una piena consapevolezza di uomo, di cittadino e di fascista.

Tuttavia, una volta "rinnegata" di fatta la riforma Gentile la Carta Bottai non è in grado di far fronte ai problemi imprevisti o non considerati; di fatto quando la Carta Bottai venne emanata, il fascismo era ancora impegnato a realizzare la fascistizzazione dello Stato e ad abbattere il tradizionale sistema di educazione e di formazione.

La Carta Bottai fallisce, così, appieno i suoi scopi, anche il più importante, ossia, la fascistazzazione.

Gentili a conclusione del suo excursus sulla scuola durante il fascismo rimarcava "il totale fallimento, nei fini e nei modo, del programma di fascistizzazione" perseguito durante il ventennio fascista.

Di fatto, l'irrazionale e il provvisorio, cause determinanti delle mancata disfunzionalità, hanno il sopravento e porteranno la scuola e tutto il Paese alla violenza e alla distruzione.




IL DIRITTO DI VOTO


Art. "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiuntola maggiore età. Il

voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico.

Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di

sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge"


Con l'art. 48 inizia il titolo IV della Carta costituzionale dedicato ai "rapporti politici del cittadino".

Le norme che seguono sono state dettate dall'esigenza di precisare i diritti e i modi di esercizio del cittadino per partecipare alla vita politica del paese: l'essenza della democrazia sta infatti proprio nella partecipazione popolare al Governo della Repubblica.

Non è possibile che essa venga sempre ed esclusivamente esercitata in via "diretta", allora il popolo viene periodicamente chiamato a nominare i propri rappresentanti.

Questi hanno lo scopo di "mediare" gli interessi dei propri elettori e concorrere, in loro vece, alla gestione della vita pubblica.

L'organismo di base che si occupa della individuazione dei rappresentanti del popolo si chiama corpo elettorale, cioè l'insieme dei cittadini che hanno diritto di votare.

L'art. 48 detta i criteri generali con cui individuare il predetto corpo elettorale, sulla base delle liste elettorali che sono permanenti ed uniche, cioè utilizzabili sia per le elezioni politiche che per le amministrative.

Il primo comma di tale articolo riafferma il principio di uguaglianza già sancito in via generale nell'art. 3 e stabilisce che hanno i seguenti requisiti positivi: 1- sono cittadini italiani 2- sono maggiorenni.

Il secondo comma individua le caratteristiche fondamentali del diritto di voto riconosciuto dal nostro ordinamento, che sono la personalità, l'uguaglianza, la libertà e la segretezza:

-il voto non è cedibile ad altra persona,

-ogni voto ha lo stesso peso dell'altro,

-nessun elettore può essere sottoposto a violenze,

-è segreto per assicurare la completa libertà di espressione del voto.

L'art. 48 definisce un dovere civico: non è un obbligo, ma questa espressione stabilisce la non obbligatorietà del voto.

Nessun cittadino è obbligato a recarsi alle urne, poiché il voto è un'esplicazione del diritto costituzionale di manifestare il proprio pensiero.

Il terzo comma individua i requisiti negativi, quelli che compromettono questo diritto:

l'incapacità civile; non ha alcun valore pratico, poiché oggi anche gli invalidi possono votare

una condanna penale irrevocabile

l'indegnità morale; imprenditori falliti, coloro che hanno libertà vigilata o sottoposti a misure di sicurezza detentiva.


IL DIRITTO DI VOTO nel fascismo

Il 23 marzo del1'1919, a P.zza San Sepolcro, davanti ad un piccolo gruppo di sostenitori (tra cui Roberto Farinacci, ura che poi sarà molto importante durante il Fascismo) Mussolini fondò i Fasci di combattimento. Da questa iniziativa, uscì fuori quello che poi è chiamato solitamente il <<Programma di San Sepolcro>>, un programma che prevedeva: nell'ambito della politica interna il suffragio universale con voto ed eleggibilità per le donne, L'abolizione del Senato, la giornata legale per tutti i lavoratori di otto ore, i minimi di a; nell'ambito estero, il programma si esprimeva per la lotta contro tutti gli imperialismi. Tale programma risultava privo di una linea politica ben definita, si sommavano rivendicazioni di socializzazioni a idee di carattere reazionario, si passava dal repubblicanesimo (come l'abolizione del senato e la convocazione di una Assemblea Nazionale con il compito di stabilire la forma costituzionale dello Stato) ad un acceso anticlericalismo ( Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni e l'abolizione di tutte le mense vescovili).
Mussolini diede ben poca importanza al movimento dei fasci da lui fondato, il traguardo era quello di fondare un vero e proprio partito politico.
Come già detto, tra il 1919 -1920 si ebbe quello che da tutti è chiamato il <<biennio rosso>>, si pensò che anche l'Italia avrebbe attuato una rivoluzione del tutto uguale a quella avvenuta in Russia nel '17; i socialisti organizzarono i lavoratori, delusi dalle fallite promesse del dopoguerra, si ebbero una serie di scioperi a catena, agitazioni di massa, e tumultuosi comizi. Gli anni che vanno dal '19 al '21 sono caratterizzati da grandi violenze e da una forte instabilità politica in Italia.
Nel maggio del 1921 si ebbe -in seguito alle elezioni- l'ingresso dei fascisti e dei nazionalisti all'interno della camera. Questo fu un passo decisivo, per la presa del potere.
Dal colpo di Stato del 3 gennaio 1925 il fascismo si trasformò in un vero e proprio regime; vennero subito varate (tra il 1925-l926) le <<leggi fascistissime>>, queste prevedevano tra l'altro: Le elezioni divennero <<plebiscitarie>>, e totalmente inutili; infatti era prevista la compilazione di una unica lista da parte del governo e i cittadini dovevano limitarsi a votare con un <<si>> (la scheda dall'esterno era facilmente riconoscibile perché tricolore) o con un <<no>>(la scheda in questo caso era totalmente bianca), in questo modo anche la segretezza del voto era totalmente annullata. Nei periodi "elettorali" ci si trovava a camminare per strada e vedere intere palazzine coperte con migliaia di <<Si>> a ricordare quale doveva essere la scelta del "buon italiano".

Il fascismo non accetta la libertà di opinione e persegue tutti coloro che la praticano, esprimendo pensieri diversi dal pensiero ufficiale. Non esiste nemmeno il voto segreto : alle elezioni ci si deve esprimere con un sì o con un no alle proposte del governo scegliendo una scheda del 'sì' che all'esterno è tricolore oppure una scheda del 'no' che è tutta bianca. L'aspetto più vistoso della violenza fascista contro gli oppositori si manifesta con le famose manganellate e la costrizione a bere un'abbondante dose di olio di ricino.

Ma le intimidazioni e le violenze vanno ben oltre. La polizia politica è attivissima contro gli antifascisti che vengono giudicati e condannati da un tribunale speciale. Sono proibite le riunioni di più di tre persone sia nei luoghi di lavoro che nei ritrovi pubblici.

Lo stato, quindi, venne totalmente trasformato e il 1925 segna l'inizio del regime fascista.

I cittadini non potevano più scegliere i loro rappresentanti, potevano solo approvare o meno la lista proposta dal partito fascista. Le elezioni comunali vennero abolite del tutto, il posto del sindaco venne occupato da un podestà nominato direttamente dal governo.





Art "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della

comunità, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per

disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto

della persona umana."


Il 1° e 2° comma dell'articolo 32 affidano allo Stato l'obbligo di fornire le strutture e i presidii per garantire il soddisfacimento del diritto alla salute.

Inoltre, affidano allo Stato il dovere di garantire a tutti il diritto di essere curati, anche se non tutti hanno diritto a cure gratuite che sono riservate esclusivamente agli indigenti, ossia tutti coloro che non sono in grado di far fronte economicamente alle cure indispensabili per la loro salute.

È importante ricordare che la salute non va intesa solo come benessere fisico di un individuo ma anche come benessere mentale e sociale che gli permette di integrarsi nel suo ambiente naturale e sociale, inoltre, il diritto alla salute inteso nella sua accezione più ampia va considerato anche come diritto alla salubrità dell'ambiente per prevenire l'insorgere di patologie del singolo, impone di limitare o eliminare le cause dell'inquinamento di aria, acqua ecc.

Il 3° comma dell'articolo afferma che gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari (così com'è volontaria la scelta del medico curante e del luogo di cura) poiché non esiste l'obbligo di curarsi.

L'obbligo di sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario può essere disposto solo con la legge, e questi trattamenti (obbligatori o addirittura coattivi) sono ammessi solo se necessari per la tutela della salute della collettività.

Non è consentito imporre un trattamento sanitario per tutelare la sola salute individuale del soggetto, senza alcun vantaggio per l'interesse collettivo.

I trattamenti sanitari obbligatori, ai quali si riferisce l'articolo, sono tutti gli interventi diagnostici e terapeutici, di prevenzione o di cura, sono così comprese tanto le prescrizioni di vaccinazioni obbligatorie per prevenire malattie infettive e diffusive quanto i provvedimenti di cura e di isolamento nei confronti di soggetti affetti da malattie contagiose.

Ricordiamo che il trattamento sanitario è qualunque tipo di cura che viene prestata da personale medico specializzato e può consistere sia in un attività diagnostica (volta a identificare una determinata malattia) che terapeutica (volta a curare la malattia diagnosticata).

Il 4°comma dell'articolo 32 afferma che la legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana, ossia, qualsiasi intervento (anche a tutela di un interesse fondamentale e collettivo) non può degenerare in violenza fisica sulle persone sottoposte a un determinato trattamento e tanto meno ledere i diritti inviolabili dell'individuo.

La tutela della salute è stata inserita anche nella Costituzione europea; l'articolo II-63 della Carta, infatti, enuncia una serie di principi quali il consenso libero e informato della persona sottoposta a interventi medici o biologici, il divieto di pratiche eugenetiche, il divieto di fare del corpo umano o di sue parti fonte di lucro e il divieto di clonazione degli esseri umani.


ATTUALITA':


-EUTANASIA

Eutanasia etimologicamente significa "buona morte" e si tratta di un'azione o un'omissione che provoca la morte allo scopo di eliminare ogni dolore.

Questa definizione può essere integrata aggiungendo al concetto di morte senza dolore quello di "morte con dignità", ossia il rispetto che ognuno deve dare al proprio Io.

Come si evince dalla definizione "un'azione o un'omissione . " esistono diverse forme di eutanasia: eutanasia attiva ed eutanasia passiva.

Nel caso dell'eutanasia attiva, il medico, accogliendo la richiesta di un malato terminale, per il quale non vi siano più speranze né di guarigione né di miglioramento, somministra un farmaco ad azione letale dopo avergliene fatto sottoscrivere la richiesta; una variante dell'eutanasia attiva è il cosiddetto "suicidio assistito" e che si verifica quando un medico o un'altra persona fornisce del veleno a un ammalato, che ne abbia fatto richiesta, e assista a che esso venga ingerito dal richiedente, senza prestare alcuna collaborazione.

Nel caso dell'eutanasia passiva, invece, si sospende la terapia abituale che serve a prolungare la vita del malato.

Il problema dell'eutanasia, però, non è specifico solo della nostra epoca, anzi, i medici hanno dovuto farvi fronte da sempre perché da sempre hanno trovato pazienti che chiedevano di essere aiutati ad anticipare la propria morte.

Infatti si trova scritto nel giuramento d'Ippocrate "non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio", mentre all'inizio dell'era moderna il filosofo inglese Francesco Bacone scriveva che era necessario che i medici imparassero "l'arte di aiutare gli agonizzanti a uscire da questo mondo con più dolcezza e serenità".

Ciò che è specifico della nostra epoca, invece, è il grande mutamento che hanno subito le condizioni del morire a causa del progresso della medicina e del miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita.

Fino ad alcuni decenni fa, la morte giungeva piuttosto presto (molto spesso a causa di malattie che non potevano essere efficacemente contrastate) e quindi il processo del morire, e di conseguenza anche il dolore, duravano relativamente poco.

Oggi, invece, la medicina è in grado di sostituire le funzioni dei più importanti organi vitali e quindi, di tenere un paziente in vita indefinitamente, e sicuramente, oltre il punto in cui si può ragionevolmente dire che stiamo prolungando la vita e non, invece procrastinando la morte.

Il punto importante è che l'etica medica tradizionale si è formata in un periodo in cui poco poteva essere fatto per salvare la vita del paziente ma quel poco doveva essere fatto.

L'imperativo del "vitalismo", che imponeva di allungare il più possibile la vita del paziente, era una reazione all'impotenza della medicina; oggi, invece, possiamo fare moltissimo non solo per salvare la vita di un paziente ma anche per allungarla a tempo indeterminato.

A questo punto, si pone il problema di sapere se vale sempre la pena di fare tutto quello che possiamo fare, fino alla totale privazione di quel che viene comunemente definito "diritto di morire con dignità".

Da quanto detto si può dedurre che il problema dell'eutanasia non investe soltanto l'aspetto etico, morale e filosofico del singolo ammalato o degli operatori sanitari ma riveste anche un aspetto giuridico, nonché le commissioni nazionali e sopranazionali per i diritti dell'uomo e dell'ammalato, e anche la diverse dottrine religiose.

Si può affermare che tutti gli Organi competenti si sono espressi contro l'eutanasia, consentendo solamente la sospensione dell'accanimento terapeutico tendenti a prolungare artificialmente la vita anche in assenza di qualsiasi speranza di guarigione o sopravvivenza.

L'Assemblea del Consiglio d'Europa, per esempio, esclude l'eutanasia attiva con queste parole: "il medico deve sforzarsi di placare la sofferenza, e non ha il diritto, anche nei casi che sembrano disperati, di affrettare intenzionalmente il processo naturale di morte."

Dal punto di vista legislativo, in Italia l'eutanasia, specie quella attiva, viene considerata alla pari di un omicidio volontario anche se con le attenuanti, infatti, l'articolo 579 del codice penale afferma "chiunque causi la morte di un uomo con il consenso di lui, è punito con la reclusione da 6 a 15 anni", la stessa pena è prevista per il suicidio assistito con la seguente formula "se si fornisce a un ammalato un veleno che il paziente ingerisce da solo,si commette omicidio del consenziente".

La Chiesa si dichiara contro questa procedura in quanto ritiene che:

Ø  La vita dell'uomo è sacra in quanto creatura

Ø  Il potere di vita e di morte dell'uomo è solo di Dio,   mentre è piuttosto recente il pronunciamento a favore dell'eutanasia della Chiesa Calvinista.


-ABORTO

Nell'antichità l'aborto era modo per poter regolare le nascite, successivamente, però, questa pratica è stata proibita o limitata da tutte la religioni.

All'inizio del Novecento, prima il Parlamento inglese e poi il diversi Stati Americani proibirono l'aborto; questa decisione non deriva tanto dalle questioni etiche e morali che implica questo atto quanto per proteggere le donne dalle procedure chirurgiche piuttosto arcaiche del tempo.

L'unico aborto contemplato dalla legge era quello terapeutico, quando continuare la gestazione diventava una minaccia per la vita o per la salute della madre.

Oggi, però, diverse legislature contemo la possibilità di interrompere una gravidanza indesiderata non solo per motivi medici ma anche sociali e privati.

Il primo Paese a concedere l'aborto su richiesta della donna fu la Russia, seguita da Giappone e da alcuni Paesi dell'Est Europa.

Nel 1960 l'aborto fu liberalizzato in molti Paesi in seguito ad avvenimenti quali la crescita smisurata della popolazione mondiale, la diffusione del movimento femminista e un numero davvero elevato di casi di infanticidio.

In Italia, la legge numero 194 del 22 maggio 1978 ha fissato a 90 giorni il termine entro il quale si può effettuare l'interruzione volontaria della gravidanza.

Interrompere una gravidanza non è reato se compiuto nel lasso di tempo stabilito dalla legge al fine di tutelare la salute fisica e psichica della donna.

Dopo tale termine è possibile praticare l'aborto solo nei casi in cui il feto muoia o se vengono riscontrate dal medico gravi malformazioni fetali o condizioni che mettono in serio pericolo la salute della donna.

Se a richiedere l'interruzione di gravidanza è una ragazza con età inferiore ai 18 anni, è necessario anche il consenso di chi esercita la potestà di genitori o del giudice tutelare.

La legge prevede anche che il personale medico possa, mediante una dichiarazione, ricorrere ad una obiezione di coscienza, anche se gli enti ospedalieri sono tenuti a garantire l'interruzione volontaria di gravidanza alle donne che lo richiedono, inoltre, non è possibile ricorrere all'obiezione di coscienza quando la donna è in imminente pericolo di vita.

La Chiesa Cattolica è profondamente contraria all'aborto in quanto vede il feto alla pari di una persona e quindi la vita del feto è sacra, in realtà, nella costituzione italiana non si parla di persona fino alla nascita, e quindi i diritti dell'uomo non sono validi per il feto.


-CLONAZIONE

Il 16 agosto il governo inglese ha autorizzato la clonazione di embrioni umani per scopi scientifici,

a pochi giorni di distanza gli Stati Uniti danno il via libera per l'utilizzo della cellule staminali di embrioni per la ricerca terapeutica; il Comitato Scientifico Internazionale accoglie la svolta definendola "un potenziale enorme per creare nuove forme di trattamento per malattie attualmente incurabili".

In Italia si apre il dibattito che divide scienziati e politici e il 29 agosto il Papa illustra la posizione della Chiesa Cattolica dicendo di essere contrario alla clonazione anche se lo scopo è fare del bene.

I primi animali ad essere clonati sono state le rane nel 1952, seguite nel 1982 dai topi, il caso più conosciuto però di clonazione fu quello della pecora Dolly seguito nel 2000 dalla nascita della scimmiotta Tetra.

Alcuni scienziati a favore della clonazione sostengono che la loro intenzione non è quella di clonare un essere umano ma dar inizio a terapie salvavita per curare malattie oggi incurabili come il diabete, l'infarto, il Parkinson, il cancro e l'Aids.

Le reazioni della maggior parte della persone però è contraria a questa pratica e anche buona parte della comunità scientifica.

Un esperto canadese di genetica, Joseph Cummins, dice che la clonazione è "un triste giorno per gli annali della scienza", gli fa eco il Cardinale Tarciso Bertone affermando che questa pratica "viola la dignità e l'identità della vita umana".

Anche il mondo politico è fortemente sfavorevole, il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio definisce la clonazione come "esperimenti pericolosi. Più rischi che vantaggi" e il ministro della salute Girolamo Sirchia dice che "per l'umanità sarebbe un pericolo immane".

John Kilter, presidente per la bioetica e per la dignità umana degli Stati Uniti,afferma che la maggior parte delle ricerche dimostra che la morte, la mutilazione o la deformazione dei mammiferi clonati, o di loro organi, è un risultato molto probabile e continua dicendo che sottoporre gli esseri umani alla clonazione non significa correre un rischio sconosciuto, bensì mettere le persone consapevolmente in pericolo.

Nell'aprile del 2002 uno scienziato italiano, Saverio Antinori, aveva dichiarato avventatamente ad un giornalista che tre donne erano incinte di un embrione clonato, dopo questa affermazione il dottore è uscito di scena, rendendone impossibile un eventuale conferma o negazione.

La tecnica della clonazione consiste nel prelevare il nucleo di una cellula (che potrebbe essere di embrione così come una cellula di intestino) e impiantarla in un ovulo privato del suo nucleo.

Questa pratica come dichiarato dal dott. John Kilter e confermato dall'esperimento della pecora Dolly porterebbe a mutilazioni e deformazioni (il tessuto polmonare interno della pecora, infatti, era deformato) e ad una morte precoce.

La domanda è: chi di noi accetterebbe questi risultati in esperimenti fatti su bambini?

Chi rifiuterebbe di ricorrere alla clonazione delle proprie cellule se fosse l'unico modo per potersi salvare la vita?


-FECONDAZIONE ASSISTITA

Il 25 luglio 1978 al General Hospital di Oldham, Bristolo, Gran Bretagna, nasceva Louise Brown, la prima bambina nata in provetta con una tecnica con una tecnica denominata fecondazione artificiale, la realizzazione dell'esperimento è stata effettuata del dottor Robert Edwards e dal ginecologo Patrick Stepoe.

La tecnica di Edwards e Steppe, che è anche una delle tecniche oggi più diffuse attualmente per risolvere i problemi legati alla sterilità, ed è costituito da due fasi.

La prima fase consiste nell'espianto dell'ovulo maturo, che si stacca circa ogni 28 giorni dalle ghiandole ovariche e scende lungo le tube uterine.

L'ovulo espiantato viene messo in provetta, a contatto con gli spermatozoi del partner della futura madre (fecondazione artificiale omologata) o di un donatore (fecondazione artificiale eterologa), inoltre, all'ovulo e agli spermatozoi vengono aggiunti ormoni specifici che favoriscono la fecondazione.

La seconda fase comporta la divisione cellulare dello zigote, il passaggio viene monitorato al microscopio per individuare il momento migliore per impiantare l'embrione nell'utero della madre.

L'impianto avviene tra il secondo e il quarto giorno a partire dalla fecondazione, quando l'embrione denominato blastula, si compone di circa 64 cellule; anche per far in modo che l'esperimento si concluda nel migliore dei modi è necessario anche in questa fase aggiungere opportuni trattamenti ormonali.

Oggi è impiegata in decine di migliaia di casi per ridurre gli ridurre gli effetti della sterilità maschile e femminile.

Il 12 e 13 giugno in Italia c'è stato il referendum per abrogare alcune parti della legge numero 40 del 2004.

I punti che il referendum si proponeva di introdurre nell'articolo erano principalmente quattro:

Ø  Riuscire ad ottenere il permesso per utilizzare gli embrioni per scopi scientifici e terapeutici per trovare la cura per nuove malattie

Ø  Poter utilizzare un maggior numero di embrioni per la procreazione assistita (la legge numero 40 prevedeva che il numero massimo di embrioni da poter utilizzare fosse tre)

Ø  Proteggere la sfera dei diritti della donna, in quanto le persone già nate non hanno non possono avere diritti equivalenti a quelli dell'embrione

Ø  Ottenere l'approvazione per poter eseguire anche la fecondazione artificiale eterologa

Dalla questione della procreazione assistita nascono anche molti problemi di ordine etico che vengono ampiamente e ardentemente dibattute da filosofi, politici e anche religiosi.

La Chiesa Cattolica si è da subito schierata contro questa pratica ritenendo che la vita non può essere manipolata né dalla scienza né dall'uomo poiché è una cosa sacra e inviolabile.

Ci si chiede se hanno diritto ad avere la possibilità di far ricorso alla fecondazione assistita solo le coppie legate da un contratto di matrimonio o anche le cosiddette coppie "di fatto".

Come bisogna trattare gli embrioni congelati li di individui che sono deceduti dopo la donazione del seme, se sia lecito che una donna da sola debba affrontare una gravidanza dopo essere stata artificialmente inseminata dallo sperma di un donatore sconosciuto.

Un'altra questione che viene molto dibattuta è se un bambino ha il diritto di conoscere l'identità del padre.


- L'INFLUENZA DEI POLLI

Viene chiamata "influenza dei polli" perché il virus che la provoca, l'H5N1, ha cominciato la sua strada attraverso i volatili.

Non soddisfatto della carneficina che ha compiuto, dopo aver ucciso migliaia di galli, galline, cigni, oche, fagiani domestici e selvatici ecc., ha compiuto il salto di specie, contagiando e uccidendo qualche maiale; ma la sua corsa non è terminata, dal 2003 a oggi ha contagiato e ucciso una settantina di persone nei Paesi Asiatici.

Tutte le persone uccise, però, erano allevatori di polli o comunque persone che erano entrate in contatto con animali (o escrementi di animali) infetti, quindi il virus non è mutato geneticamente per adattarsi all'uomo ma è rimasto un virus animale.

Se in un prossimo futuro il virus si modificherà geneticamente, tanto da potersi trasmettere da uomo a uomo, si verificherà una pandemia catastrofica, ossia un'epidemia d'influenza in grado di colpire tutte le popolazioni poiché mai circolata prima.

L'H5N1 è un virus potenzialmente pandemico perché mai circolato prima e quindi sconosciuto alle difese immunitarie dell'uomo.

In caso di pandemia bisognerebbe individuare il focolaio epidemico e circoscriverlo con provvedimenti speciali come l'isolamento o la quarantena e in contemporanea iniziare la produzione del vaccino e distribuirlo nel minor tempo possibile alle persone più a rischio quali anziani, bambini e persone che sono per lavoro sempre in contatto con altri uomini.

È importante ricordare di vaccinarsi contro l'influenza stagionale per evitare, in caso di pandemia, che il virus dell'aviaria si unisca a quello dell'influenza umana generando, così, un nuovo virus pandemico.

Per evitare inutili allarmismi vogliamo sottolineare che non è pericoloso mangiare carni di pollame, selvaggina o uova purchè ben cotte, infatti la normale cottura a 70° gradi inattiva il virus, inoltre, perché il contagio avviene per vie respiratorie e non per mezzo di ingestione, così come non è pericoloso viaggiare nei Paesi del Sud-Est Asiatico poiché non è stato emanato alcun tipo di restrizione, ad ogni modo chi per lavoro dovrà viaggiare in questi luoghi è tenuto e non frequentare mercati con animali vivi o mangiare carne e uova poco cotte.






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