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IMPRESA FAMIGLIARE



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IMPRESA FAMIGLIARE


Art. 230 bis "Impresa famigliare. - Salvo che sia conurabile un diverso rapporto, il famigliare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa famigliare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa famigliare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento.."

Secondo il codice è quella in cui collaborano i famigliari dell'imprenditore. Si considerano il coniuge, i parenti entro il 3° grado cioè si arriva fino ai nipoti e agli affini entro il 2°.

Si è sentito di dettare una norma di questo tipo perché c'erano già in passato molti collaboratori "domestici" il cui lavoro non era valutato adeguatamente, quindi era necessario trovare una collocazione a questi soggetti.

Il legislatore ha voluto garantire un livello minimo inderogabile, un trattamento per questi soggetti che prestavano il proprio lavoro nell'impresa ma che non erano remunerati sufficientemente e ha specificato che questa disciplina trova applicazione ove non vi sia un rapporto diverso come un rapporto di società o un rapporto di lavoro subordinato. Però ove non ricorrano questi requisiti si applica il 230 bis del c.c., che è stato introdotto in seguito alla riforma del diritto di famiglia che fra l'altro parifica anche sotto altri profili la posizione femminile e quella maschile e vuole tutelare i collaboratori e l'impresa domestica.



Sul piano patrimoniale e poi anche su quello fiscale si hanno vantaggi perché questo istituto è servito per frazionare il reddito d'impresa attraverso i vari partecipanti all'impresa famigliare. Anche se però c'è stata una legge del 75 che ha detto che per evitare elusioni fiscali la quota di reddito che può essere assegnata ai famigliari non può superare un tetto massimo che è del 49% però nell'ambito di questo tetto massimo è possibile un frazionamento del reddito tra i vari famigliari.

Vengono riconosciuti dei diritti patrimoniali ai partecipanti dell'I.F., uno di questi è il diritto al mantenimento cosa che prima non esisteva. Questo diritto viene prestato secondo le condizioni economiche della famiglia.

Un diritto alla partecipazione agli utili dell'impresa del titolare che è commisurato alla effettiva entità del lavoro che viene prestato nell'impresa, un diritto ulteriore sui beni che vengono acquistati con gli utili dell'impresa e sugli incrementi del valore dell'azienda, inoltre in caso di divisione ereditaria di beni della stessa, il famigliare ha diritto di prelazione secondo le modalità della prelazione in materia successoria, cioè della prelazione con effetti reali (art. 732), ossia quando il titolare intende alienare l'azienda, il partecipante all'azienda famigliare ha il diritto di acquistarla a parità di condizioni, ha efficacia reale perché se l'azienda venisse venduta ad un terzo senza interpellare preventivamente l'altro famigliare ci sarebbe il retratto efficacia reale quindi nell'azienda gli effetti della vendita ricadrebbero sul famigliare e non sul terzo: prelazione con effetti reali.

Questa prelazione è diversa dalla prelazione con effetti obbligatori.

Oltre a questi diritti patrimoniali la legge stabilisce che limitatamente agli atti di straordinaria amministrazione le decisioni per operazioni inerenti a questi atti vengono contratte dai famigliari a maggioranza e si intende che tale maggioranza venga calcolata per testa.

I diritti di partecipazione si possono trasferire a favore di altri membri della famiglia però ci vuole il consenso degli altri partecipanti all'I.F., quindi consenso unanime.

Inoltre questo diritto di partecipazione è monetizzabile, si fa l'ipotesi di un soggetto che non appartenga più alla comine famigliare intesa come I.F. quindi il suo diritto di partecipazione può essere quantificato e monetizzato, a questo punto gli si attribuisce una (come conseguenza giuridica del recesso) attribuzione del diritto di credito, viene monetizzato in denaro il valore della quota.

La cosa più importante dal punto di vista giuridico è la qualificazione. Quest'I.F. che cos'è? E' un'associazione, una società, un'impresa individuale dove collaborano altri soggetti, è un'impresa collettiva, rientra in senso lato nei fenomeni associativi o è comunque un'impresa individuale?

In passato all'inizio del 75 quando c'è stata la riforma qualcuno aveva avanzato l'ipotesi che rientrasse nei contratti associativi.

L'opinione che prevale oggi è che sia esclusivamente un'impresa individuale del titolare e che i famigliari partecipano all'impresa del titolare e abbiano con esso solo un rapporto obbligatorio di debito-credito, quindi non sono soci ma soggetti titolari di rapporti esclusivamente obbligatori. Questi rapporti obbligatori di famigliari non alterano la struttura individuale che rimane in cap all'I.F. cosa molto importante perché comporta una serie di conseguenze giuridiche di non poco conto:

- la titolarità di tutta l'azienda è dell'imprenditore datore di lavoro: il titolare dell'impresa;

- i debiti dell'impresa sono debiti del titolare e non dei singoli come per la società con soci limitatamente responsabili.

In questo caso essendo impresa individuale l'unica responsabilità è quella del titolare, poi ci sono i rapporti di debito-credito all'interno di essa. Non solo ma il titolare compie tutti gli atti di gestione ordinaria; mentre per la gestione straordinaria serve una delibera maggioritaria che si vota per testa dei famigliari. Quindi se ad esempio l'imprenditore adottasse atti di straordinaria amministrazione violando questo principio di delibera a maggioranza degli altri famigliari, che ne è di questi atti nei confronti dei terzi? Questo è un problema che verrà studiato anche a proposito delle società quando si studieranno i poteri degli amministratori nei confronti dei terzi.

Ad es.: la vendita di un immobile che fa parte del patrimonio dell'impresa per la quale era necessario un consenso dei partecipanti all'I.F., l'imprenditore invece come unico titolare dell'impresa individuale si comporta come se questo fosse un atto di gestione ordinaria. Cosa accade del contratto? Il contratto non è opponibile ai terzi perché implica solo un problema di risarcimento danni nei confronti degli altri famigliari.

Quindi la violazione di questi poteri che la legge attribuisce ai famigliari, poteri di deliberare gli atti di straordinaria amministrazione fa si che se comunque il titolare unico compie questi atti senza che ci sia una loro delibera questa non incide sulla validità degli atti compiuti, l'atto resta valido nei confronti dei terzi ma implica che il titolare sia obbligato ad un risarcimento danni nei confronti dei famigliari prepermessi, perché non sono stati interpellati a tempo debito. E' un modo per tutelare i terzi e per facilitare anche i contratti.




Concludendo bisogna fare una distinzione, si è detto che l'imprenditore individuale per essere soggetto allo statuto dell'imprenditore commerciale deve essere un imprenditore commerciale non piccolo, tutte queste regole riassunte sotto lo statuto dell'imprenditore commerciale: problema della pubblicità, tenuta scritture contabili e fallimento.

Queste regole possono avere degli adattamenti quando si tratta di studiare le società per ora partiamo dal seguente concetto: ci sono diversi tipi di società. L'unico tipo di società nel nostro ordinamento che non deve assolutamente esercitare attività commerciale a cui è vietato è la società semplice che è adibita ad attività agricola.

Mentre l'attività agricola può essere esercitata da tutti gli altri tipi di società.

Per cui al di fuori della società semplice tutte le altre società in nome collettivo, in accomandita semplice, in nome personale e di capitali possono svolgere sia attività agricola che commerciale con un'unica differenza che queste società sono denominate nella prassi anche se svolgono attività agricola società commerciali.

Anche una società per azione potrebbe avere per oggetto un'attività agricola la differenza è che quando abbiamo studiato lo statuto dell'imprenditore commerciale le società semplici che esercitano attività agricola non falliscono, le società commerciali possono e non possono fallire e le società di capitali non sono soggette a fallimento perché non esercitano attività commerciale.

Dei distinguo si fanno anche a proposito della pubblicità. Oggi per quanto riguarda le società si è detto che l'imprenditore commerciale è iscritto nel registro delle imprese con funzione di pubblicità legale dichiarativa, questo vale per tutte le società ma una volta non valeva per le società semplici. Oggi anche queste vengono iscritte ma in sezioni speciali con un valore diverso dalle altre.

Le società non vengono mai considerate piccoli imprenditori a parte le società artigiane come ci ha insegnato la corte costituzionale, inoltre nei confronti dei soci illimitatamente responsabili il fallimento della società si estende anche a questi: fallimento in estensione.

Studiando le società si avrà più chiaro il concetto di statuto di imprenditore commerciale però è necessario tenere presente:

- le società con forma commerciale con oggetto agricolo non falliscono;

- tutte le società commerciali sono tenute all'iscrizione nel registro delle imprese;

- non sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali;

- i soci a responsabilità illimitata di società personali falliscono con le società.

Quindi per l'impresa collettiva societaria questo statuto delle società commerciali provoca degli adattamenti.

La società semplice non è l'unica società con soci illimitatamente responsabili ma vi sono anche la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice.

La società semplice sotto il profilo dell'impresa collettiva - piccolo imprenditore - imprenditore agricolo, va iscritta nel registro delle imprese in apposite sezioni speciali e la pubblicità di queste iscrizioni è di pubblicità notizia.

Tutte le altre pubblicità ed altri imprenditori che sono imprenditori di società commerciali vanno iscritti con funzione di pubblicità legale dichiarativa. Quando viene iscritta una S.p.A. nel registro la società non nasce se non viene registrata, si parla in questo caso di pubblicità costitutiva per le società di capitale.








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