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LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA: Magistratura

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LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA: Magistratura

Attraverso le lotte tra patriziato e plebe la civitas ha raggiunto un assestamento, che ne ha operata la fusione in un ordinamento che ci appare in tutta la sua funzionalità. Possiamo definire la costituzione distinta in tre termini: la magistratura, il senato e il popolo.

Nelle magistrature repubblicane si sogliono fare alcune distinzioni. La prima individua delle magistrature plebee ( tribuni ed edili della plebe ), che rimangono limitate ai plebei ed alle quali non pare però opportuno contrapporre le altre come magistrature patrizie, se non inteso nel senso che fossero originariamente limitate ai patrizi.

Una distinzione che si è invece soliti fare è quella tra magistrature ordinarie e magistrature straordinarie. Sono definite ordinarie quelle che si susseguono nella vita normale della civitas; ma alcuni richiedono anche il requisito della permanenza, ovvero che si rinnovino e seguano continuamente, mentre altri vi includono anche quelle magistrature che, come la censura, si rinnovano ad intervalli in un ciclo di ordinaria normalità! Sono invece straordinarie le magistrature che vengono create in particolari circostanze, come la dittatura, i decemviri legislativi, i tribuni militum consulari potestate.



Una distinzione che ha radici nelle fonti è quella tra magistratus maiores e minores; sono magistrati maggiori il consolato, la censura, la pretura, tra le ordinarie; il dittatore, i decemviri legislativi e i tribuni militum consulari potestate tra le straordinarie; sono invece minores l' edilità curule e la questura. Rientra tra i poteri dei magistrati della civitas il diritto degli auspicia, ossia la consultazione della volontà divina per ricercarne il favore negli atti di vita pubblica; gli auspicia dei dittatori, dei consoli, dei censori e dei pretori, e di tutti gli altri magistrati muniti di potestà consolare e pretoria sono detti maxima o maiora, mentre quelli dei questori e degli edili sono detti minora.

Ma la distinzione più importante è quella che risulta dall' individuazione di un concetto tipicamente romano, cioè quell' imperium che è riconosciuto solo a taluni magistrati. L' imperium è un potere che i magistrati repubblicani hanno ereditato dal re, dalla monarchia etrusca: potere sovrano, unitario e originario, che nel significato fondamentale di comando, che la parola reca in sé, ha il suo centro nell' imperio militare. L' imperium spettava ai consoli, chiamati in antico praetores ( ed al praetor, collega minor dei due pretori sorto successivamente ) e agli altri praetores che in seguito vennero ad esistenza ( dictator, decemviri legislativi, tribuni militum consulari potestate ).

Caratteristiche proprie delle magistrature repubblicane sono la temporaneità, la collegialità, la responsabilità finita la carica e la gratuità.

La temporaneità, la collegialità e la responsabilità finita la carica sono le caratteristiche che contrappongono la magistratura suprema repubblicana, il consolato, alla monarchia. Il re era vitalizio, i consoli duravano in carica un anno. Il re era unico, i consoli erano due, entrambi investiti dei pieni poteri, e come colleghi aventi par potestas. Ciascuno poteva perciò esplicare il pieno esercizio dell' imperium, salva la facoltà dell' altro di fermarlo mediante l' intercessio. Possiamo qui scorgere un parallelismo con la storia della familia: la familia era un organismo che alla morte del padre si scindeva in tante famiglie quanti fossero i filii familias divenuti sui iuris.; ma non bisogna dimenticare l' esistenza di un consortium familiare in cui i fratelli restavano uniti alla morte del pater, ed in cui ciascuno di essi aveva la piena disposizione delle cose. Conseguenza della temporaneità era la responsabilità; i consoli erano inviolabili durante la carica, ma allo scadere il magistrato, ridiventando privato cittadino, rispondeva del modo in cui aveva gerito la magistratura. Queste di regola duravano un anno, fatta eccezione per i censori che venivano eletti ogni quinquennio e duravano in carica per 18 mesi, e il dittatore che poteva durare in carica per una massimo di sei mesi.

Alla collegialità delle magistrature repubblicane, facevano eccezione il dittatore e i magister equitum.

L' imperium era espressione della potestà sovrana dello Stato, ed esso spettava ai magistrati che ne erano investiti come potere unitario e originario. L' ordinamento repubblicano lo ha inquadrato e delimitato. Si è così affermata una distinzione tra imperium domi ed imperium militiae, a seconda cioè che lo si eserciti entro il pomerio della città o al di fuori di esso ( il limite è territoriale ). Entro il pomerio della città l' ordinamento cittadino ha opposto all' imperium un complesso di limiti, in primo luogo quello della provocatio ad populum, che toglieva ai magistrati muniti di imperium le esplicazioni più gravi della coercitio e del potere punitivo, tipica quella suprema, il diritto di infliggere la pena di morte.

Il limite fondamentale dell' imperium , cioè la provocatium ad populum, è considerato dai Romani suprema guarentigia costituzionale della libertà del cittadino. La tradizione fa risalire questo istituto alle origini della repubblica, cioè ad una Lex Valeria de provocatione del 509 av. Cr., fatta votare da Valerio Publicola.

Secondo un opinione diffusa la provocatio spettava soltanto  al cittadino romano di pieno diritto, in quanto membro dei comizi, e non si estendeva perciò agli schiavi, agli stranieri ed originariamente nemmeno alle donne. Essa era ammessa solo in Roma e nei mille passi al di fuori del pomerio, onde si qualificava l' imperium domi, che si contrapponeva all' imperium militiae. In origine non era possibile esercitare la provocatio contro il dittatore, al quale fu poi estesa in coincidenza con la creazione della dittatura. Il limite che importava la provocatio ad populum fu esteso alle tre leges Porciae; queste pur contemdo l' uccisione e la verbatio, portano un' innovazione non considerando più la seconda come accessoria della prima; tra le altre innovazione è doveroso ricordare la possibilità che il magistrato concede al reo di fuggire per evitare la condanna a morte, l' aver superato il limite dei mille passi al di fuori dal pomerio ammettendo la provocatio anche nelle provincie e concedendo ai soldati la possibilità di esercitarla nei confronti del generale, in guerra, ad esclusione della repressione di reati di guerra. Le leges Porciae introdussero inoltre la sanzione di una pena per il magistrato che avesse violato il divieto; la sanzione di tale abuso da parte del magistrato venne in seguito assorbito nella sanzione della lex Iulia de vi publica di Cesare Augusto.

Nella pienezza dell' imperium rientrava anche la iurisdictio, ossia l' intervento del magistrato nelle controversie dei privati. Tra gli altri poteri dell' imperium vi era anche la coercitio , cioè la facoltà di usare misure di coercizione e sanzionatorie dirette sulla persona e sul patrimonio; questo comprende un concetto molto vasto, che va dalla morte, all' arresto, dalla verbatio o altre afflizioni corporali, alla confisca di beni o irrogazione di multe. Un limite a tale potere fu opposto dalla provocatio ad populum per le sanzioni contro cui fu ammessa. Come già detto, la coercitio spettava ai magistrati muniti di imperium; in larga misura se la attribuirono anche i tribuni della plebe, a sanzione del loro compito rivoluzionario a difesa dei singoli o della plebe e in relazione alla loro stessa inviolabilità. Agli altri magistrati non muniti di imperium ( censori, edili, magistrati aventi la iurisditio ) fu concessa solo una limitata coercitio, incidente sul patrimonio, tipica la multa. I magistrati avevano alee loro dipendenze un personale retribuito, assegnato alla carica.

Quanto alla nomina dei magistrati, la regola dominante nella costituzione repubblicana è quello dell' elezione popolare. Ogni cittadino avente i requisiti poteva presentare la propria candidatura, ma era pur sempre un magistrato, che presiedeva i comizi, che accettava o respingeva le candidature, e presentava la lista dei candidati al popolo nella forma della rogatio; conclusasi l' elezione era sempre il magistrato che faceva la renuntiatio , cioè proclamava gli eletti ( creare ). Lo sviluppo storico tende però a limitare sempre di più l' arbitrio del potere discrezionale del magistrato nell' accettare o meno le candidature, determinando in modo sempre più preciso i requisiti d' accesso; ma questo potere ( a cui collabora il senato ) resta. Le elezioni del magistrato venivano fatte alcun tempo prima dell' inizio dell' anno di carica, solitamente verso la metà dell' anno precedente. I consoli eletti, fino al tempo dell' assunzione del potere, detti designati, potevano compiere atti preparatori della futura gestione. Nel caso di morte o di cessazione anticipata di un magistrato durante l' anno di carica, si procedeva ad elezioni suppletive ( il console sostituito a quello cessato era detto consul suffectus ).

Vediamo ora brevemente delle singole magistrature:

    Magistratura ordinaria suprema era il consolato: due consoli, in antico detti praetores, e chiamati anche iudices, magistrati eponimi, investiti della pienezza dell' imperium.

    Magistratura straordinaria suprema è la dittatura, l' antico magister populi, più tardi chiamato dictator, da cui dipendeva il magister equitum, da lui scelto. Il dittatore veniva eletto in frangenti eccezionali, di pericolo ed in particolare in esigenze di guerra. Nella dittatura non è riscontrabile la caratteristica della collegialità, viene meno la distinzione tra imperium domi ed imperium militiae, in quanto venivano sospese le guarentigie dei cittadini che caratterizzavano il primo; veniva meno nei confronti del dittatore l' intercessio tribunizia; oltretutto il dittatore non veniva eletto dai comizi, ma nominato da uno dei consoli. Il dittatore era invitato a dimettersi al compimento dell' incarico per cui veniva nominato o ad ogni modo cessava di diritto allo scadere della carica del console che lo aveva nominato o alla scadenza del sesto mese.

    Il pretore era un magistrato munito di imperium, considerato come collega minor dei consoli. Limitato di regola alla cerchia cittadina esercitava le sue funzioni in città e si considerò tra le sue competenza la iurisdictio che ne rappresentava l' esplicazione del suo potere e che in questo modo veniva sottratta ai consoli, mentre d' altra parte, assenti i consoli, il pretore esercitava anche le altre funzioni del governo cittadino. La pretura assorbì la praefectura urbis, cioè il praefectus urbi che suppliva il magistrato supremo in città in sua assenza.

    La censura è stata creata attorno al 443 av. Cr. e la sua competenza consisteva nel census, ossia nel redigere la lista dei cittadini e dei loro averi. I censori erano in numero di due, venivano eletti in occasione del census che ormai si era stabilizzato su un intervallo di cinque anni. I censori non restavano in carica per tutto l' intervallo, ma solo fino a che non avessero terminato l' operazione del censo e la successiva cerimonia della purificazione ( lustrum ); una lex Aemilia ne avrebbe fissato la durata ad un massimo di circa 18 mesi. In seguito si aggiunse per i censori la possibilità di escludere dalle centurie dei cavalieri o dall' ordinamento centuriato i cittadini indegni si che al censore risultava affidato un giudizio d' onore sui cittadini, che si applicava nella nota censoria. Una lex Ovinia affidò ai censori anche la scelta dei senatori.

    I questori erano nati con funzioni limitate, nominati dai magistrati supremi con funzioni che si andarono accrescendo qualificandoli come ausiliari di quelli. La loro funzione di ausiliari dei consoli emerse quando ad essi venne affidata l' amministrazione della cassa pubblica, che venne a costituire la funzione dei due questori urbani, a cui furono aggiunti due questori destinati a seguire il magistrato in campo, cioè all' amministrazione militare. Ai quattro questori ne furono poi aggiunti altri quattro nel 267 av. Cr. per l' amministrazione dell' Italia; e poi altri al seguito dei governatori provinciali, fino a che Silla ne fisso il numero a 20.

    Vi è poi una serie di collegi inferiori, che, da ausiliari scelti dal magistrato, diventarono magistrature elettive.

    Magistrature plebee, cioè limitate ai plebei, erano l' edilità plebea e il tribunato della plebe. Colla parificazione dei due ordini e coll' assestamento dello Stato patrizio-plebeo, in cui anche i tribuni appartenevano alla nuova nobiltà plebea, questa magistratura è rimasta, nella struttura della città, conservando quel potere negativo, della intercessio, che la qualificava come espressione e forza di una funzione di opposizione e critica.

Secondo Livio con un plebiscito del 342 fu vietato, da una parte, di gerire due magistrature contemporaneamente e dall' altra di ricoprire la stessa magistratura se non dopo dieci anni. Il primo divieto non comprendeva le magistrature straordinarie o non permanenti. Quanto al secondo, che interessa principalmente il consolato, non è certo se fosse limitato ai magistrati ordinari curuli o si estendesse alle cariche plebee.

La lex Villia annalis o annaria del 180 av. Cr. stabilì che non si potesse ricoprire la pretura senza aver ricoperto la questura. Che non si potesse accedere al consolato senza aver ricoperto la pretura; fra l' una e l' altra carica doveva esserci un intervallo di due anni; e per accedere ad una magistratura era necessario aver fatto decem stipendia, cioè dieci anni di servizio nell' exercitus, il che portava ad un minimo di 27 anni per ricoprire la questura. Solo più tardi furono fissati i minimi d' età per gerire le diverse magistrature, portando a 37 anni il minimo per la questura. Tra la questura e la pretura soleva inserirsi l' edilità curule o il tribunato della plebe.; per la censura e la dittatura si affermò la consuetudine che venissero rivestite da persone che avessero ricoperto il consolato.





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