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L'ORDINAMENTO GIURIDICO - FATTI E ATTI GIURIDICI, LA PERSONA, LA FAMIGLIA, LE SUCCESSIONI EREDITARIE, I DIRITTI REALI E IL POSSESSO, LE OBBLIGAZIONI,



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L'ORDINAMENTO GIURIDICO

  • Introduzione È definito ordinamento giuridico il complesso organico di norme, tra loro intimamente connesse, che regola l'organizzazione dello Stato e i rapporti giuridici della comunità a cui esso si riferisce. Sul piano storico-politico e su quello propriamente giuridico l'ordinamento che riveste la posizione di preminenza è quello dello Stato, che costituisce il 'diritto' per antonomasia. Esso, però, non è l'unico: infatti, esiste anche un ordinamento internazionale che raccoglie vari Stati, e vi sono ordinamenti concorrenti, come, per es., quello comunitario.

Caratteristica dell'ordinamento giuridico è la sua obbligatorietà, la sua forza intrinseca. Le norme non devono essere in contrasto tra loro, e quando ciò accade è l'ordinamento stesso che deve predisporre adeguati meccanismi per risolvere ogni possibile antinomia, in modo da conferire all'ordinamento il carattere della coerenza. Altro connotato essenziale è quello della completezza, nel senso che l'insieme delle norme dev'essere in grado di risolvere ogni possibile caso e quindi non vi dovrebbero essere lacune o vuoti legislativi. Unità, coerenza e completezza più che caratteri intrinseci all'ordinamento devono essere considerati come una direttrice di politica legislativa, un obiettivo da realizzare, un compito spettante non solo al legislatore ma anche alla dottrina, alla giurisprudenza, a tutti gli operatori del diritto.



  • Le norme giuridiche È definita norma giuridica ogni regola che disciplina la vita organizzata di una società e rientra nel sistema di norme che costituiscono l'ordinamento giuridico.È definita norma giuridica ogni regola che disciplina la vita organizzata di una società e rientra nel sistema di norme che costituiscono l'ordinamento giuridico.

1. Caratteristiche. Caratteri essenziali della norma giuridica, che la distinguono dalle altre tipologie di regole (religiose, sociali, morali), sono: la generalità, l'astrattezza e l'imperatività. Dev'essere generale nel senso che non va dettata per singoli individui ma per la generalità dei consociati. Astrattezza significa non dettata per una situazione concreta bensì per ipotesi astratte (per es., qualora l'immagine di una persona sia pubblicata abusivamente, l'autorità giudiziaria può fare cessare l'abuso). Generalità e astrattezza sono caratteri necessari e hanno la funzione di garantire l'eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini che si trovano nella medesima situazione. Per imperatività si intende che gli interessati non possono sostituire le norme giuridiche con altre disposizioni. Esistono altresì norme che i destinatari non sono tenuti a osservare e che possono essere sostituite con altre disposizioni di legge: sono denominate derogabili. Altro elemento caratteristico, anche se non necessario, è la sanzione (penale, civile, amministrativa, secondo il ramo del diritto a cui appartiene la norma violata), cioè la conseguenza sfavorevole prevista dall'ordinamento nel caso di inosservanza.

  • Partizioni del diritto Secondo gli interessi tutelati le norme giuridiche dell'ordinamento giuridico interno vengono ripartite in norme di diritto privato e diritto pubblico.

1. Diritto privato. Il diritto privato è l'insieme delle norme che regolano i rapporti fra i privati, siano essi atti personali (come i rapporti di famiglia), o atti di commercio (come i rapporti di impresa).

2. Diritto pubblico. Il diritto pubblico è l'insieme delle norme che hanno per oggetto l'organizzazione dello Stato, di tutti i suoi organi, degli enti politici, e dei rapporti tra tali organi e i privati.

3. Ulteriori distinzioni. Ogni branca, in base alle materie regolate, si articola in ulteriori rami: il diritto privato si distingue in diritto civile, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto privato della navigazione; i principali rami del diritto pubblico sono: diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto penale, diritto processuale. Rispetto all'ambito di applicazione del diritto una ulteriore partizione distingue il diritto interno da quello esterno (insieme delle norme che regolano i rapporti tra gli Stati) che, a sua volta, si suddivide in diritto internazionale e diritto comunitario.

  • Le fonti del diritto Sono gli atti e i fatti dai quali traggono esistenza e validità le norme giuridiche.

Categorie e gerarchia delle fonti. In relazione alle diverse categorie le fonti hanno efficacia normativa differente: esse infatti sono disposte secondo una scala gerarchica. Tale rapporto di gerarchia implica che la norma di grado inferiore non possa mai modificare o abrogare la norma di grado superiore; quest'ultima invece può sempre modificare o abrogare la norma di grado inferiore. Le norme di pari grado possono modificarsi reciprocamente in base al criterio cronologico, per cui la norma successiva nel tempo può modificare o abrogare la norma anteriore di pari grado. In relazione all'autorità che le emana le fonti si distinguono in statali e non statali; tutte prendono il nome di fonti-atti, in quanto sono costituite da manifestazioni di volontà espresse da organi dello Stato e di regola sono formulate in un testo normativo scritto. Esistono però anche le fonti-fatti, che consistono in comportamenti oggettivi o in atti di produzione giuridica esterni all'ordinamento dello Stato. Esse sono: la consuetudine, o uso; le norme di diritto internazionale; gli accordi internazionali.

Fonti del diritto statali. Possono essere classificate nel modo seguente:

a) Costituzione e leggi costituzionali: la prima è la legge fondamentale dello Stato; contiene le norme e i principi generali relativi all'ordinamento della Repubblica e al funzionamento degli organi dello Stato, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini. La preminenza formale delle norme costituzionali si traduce in un limite posto alle leggi ordinarie, le quali devono rispettarne i principi. Tale limite è garantito attraverso il controllo della Corte costituzionale, la quale ha il compito di giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi, cioè sulla loro conformità ai principi della Costituzione. Per quanto riguarda le leggi costituzionali è da rilevare che la nostra Costituzione è caratterizzata dal criterio della rigidità, per cui le modifiche alle norme in essa contenute possono verificarsi solamente per mezzo di leggi di revisione della Costituzione, per le quali è previsto un particolare procedimento legislativo, cosiddetto aggravato, al fine di consentire una maggiore riflessione sulle scelte da effettuarsi, da parte dei membri del Parlamento

b) leggi ordinarie: sono approvate secondo le procedure previste dalla Costituzione. Le leggi rappresentano l'espressione della funzione legislativa che la Costituzione attribuisce collettivamente alle due Camere

c) decreti legge del governo: la Costituzione prevede che, in casi straordinari di necessità e urgenza, il governo possa adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, ma il giorno stesso deve presentarli per la conversione alle Camere, che anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni. I decreti legge hanno valore e forza di legge per 60 giorni. Decadono e perdono efficacia sin dall'inizio se il Parlamento non li converte in legge entro tale termine

d) decreti legislativi (o leggi delegate): vengono emanati dal governo sulla base di una apposita legge delle Camere, denominata legge delegata (o legge-delega). Generalmente il Parlamento ricorre alla delega dell'esercizio del potere legislativo nei casi in cui la materia oggetto della decretazione si presenti molto complessa o richieda un lungo procedimento di formazione della legge, per cui il governo, che si può avvalere dell'ausilio di organi consultivi tecnici, appare come l'organo più idoneo a legiferare. ½ sono inoltre i decreti legislativi di attuazione degli Statuti ad autonomia speciale: si tratta di decreti delegati al governo dalle leggi costituzionali dello Stato, con cui sono stati adottati gli statuti delle Regioni speciali

e) referendum abrogativo: è la richiesta fatta al corpo elettorale (cioè a tutti i cittadini aventi diritto di voto) di pronunciarsi sull'abrogazione di una norma contenuta in una legge dello Stato;

f) regolamenti governativi: sono atti formalmente amministrativi, aventi forza normativa. Vengono emanati dal presidente della Repubblica, con proprio decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, udito il Consiglio di Stato;

g) regolamenti ministeriali e prefettizi: sono atti formalmente amministrativi e aventi forza normativa, emanati rispettivamente dai ministri e dai prefetti.

Fonti del diritto non statali. Promanano dalle Regioni, dalle Province o dai Comuni e possono così distinguersi:

a) statuti regionali ordinari: sono deliberati dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti e sono approvati con legge della Repubblica;

b) leggi regionali: sono l'espressione della competenza legislativa autonoma che la Costituzione riconosce alle Regioni ordinarie, nelle materie tassativamente indicate dalla Costituzione;

c) referendum abrogativo delle leggi regionali: è il ricorso all'elettorato previsto dalla Costituzione, applicato dai singoli statuti regionali;

d) regolamenti regionali: sono atti formalmente amministrativi e aventi forza normativa. La potestà regolamentare spetta alle Regioni nelle stesse materie nelle quali esse godono della potestà legislativa (ad es., in materia di fiere e mercati, caccia, agricoltura e foreste);

e) leggi delle Province di Trento e Bolzano: sono espressione della potestà legislativa che è stata riconosciuta alle due Province;

f) regolamenti provinciali: sono atti formalmente amministrativi, aventi forza normativa che vengono emanati dalle Province;

g) regolamenti comunali: sono atti formalmente amministrativi, aventi forza normativa, emanati dai Comuni nelle materie tassativamente indicate dalla legge (ad es., igiene e sanità, edilizia e polizia locale);

h) consuetudini.

FONTI DEL DIRITTO

statali

non statali

Fonti costituzionali:

Fonti primarie:

­ Costituzione e leggi costituzionali ­ statuti regionali

- statuti regionali


­ leggi regionali


­ leggi provinciali di Trento e Bolzano

Fonti primarie:

­ referendum

­ leggi ordinarie

Fonti secondarie:

­ decreti legge

­ regolamenti regionali

­ decreti legislativi

­ regolamenti provinciali

­ referendum

­ regolamenti comunali

Fonti secondarie:

­ consuetudini

­ regolamenti del potere esecutivo


criteri di efficacia normativa delle fonti

Criterio gerarchico:

1. la norma di grado superiore modifica o abroga quella di grado inferiore


2. la norma di grado inferiore non può modificare o abrogare quella di grado superiore


3. due norme di pari grado possono modificarsi in base al criterio cronologico


Criterio cronologico: la norma più recente modifica o abroga quella precedente di pari grad




  • Efficacia della legge Si riferisce alla capacità della legge di produrre effetti giuridici nel tempo e nello spazio.

Irretroattività della legge. prel 11 È il principio in base al quale «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Tale norma comporta l'assoggettamento della disciplina di ciascun fatto alla normativa del tempo in cui esso si verifica (tempus regit actum): costituisce un principio generale dell'ordinamento e viene espressamente sancito a livello costituzionale per le norme penali cost 25. La Costituzione, infatti, prevede che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».

1. Derogabilità del principio. Nelle altre materie tale principio può essere derogato dal legislatore, come, ad es., avviene nell'ipotesi di interpretazione autentica di norme precedentemente emanate oppure di leggi tributarie in cui il legislatore può attribuire efficacia retroattiva alla norma. In ogni caso il principio ha carattere eccezionale e dev'essere espressamente sancito dalla nuova legge. Esso risponde all'elementare esigenza della certezza del diritto.

Conflitto di norme nello spazio. L'attività giuridica di un soggetto può svolgersi non solo entro i confini territoriali dello Stato di appartenenza, ma anche all'estero. In quest'ultimo caso occorre stabilire quale norma si debba applicare. I principali criteri sono previsti dalla legge 31 maggio 1995, n.218



RISERVA DI LEGGE

«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge»

«Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza» (dalla Costituzione)




  • Interpretazione della legge È l'attività che determina il significato della norma giuridica al fine della sua applicazione. 

1. Tipi di interpretazione a seconda degli interpreti. In relazione ai soggetti che la compiono può essere:

a) autentica: quando proviene dallo stesso legislatore per chiarire il significato di norme preesistenti; la legge interpretativa, successiva nel tempo alla legge interpretata, ha efficacia retroattiva ed è vincolante per tutti i destinatari;

b) giudiziale: quando è compiuta dai giudici nell'esercizio della funzione giurisdizionale, ed è vincolante soltanto per le parti del giudizio;

c) dottrinale: quando proviene dagli studiosi del diritto; non ha carattere vincolante.

2. Criteri dell'interpretazione. L'interpretazione è un atto disciplinato dalla legge, che detta i criteri mediante i quali essa deve essere compiuta. I criteri sono due: letterale e logico. È letterale quando si attribuisce alla legge il senso palesato dal significato proprio delle parole che formano la norma, non isolatamente considerate, bensì secondo la loro connessione; è logica quando si tende a stabilire l'intenzione del legislatore. Per determinare il significato della norma l'interprete deve anche fare riferimento alla legge nel suo complesso, ossia alla disciplina in cui si inserisce la norma da interpretare (criterio sistematico) e ai precedenti storici che regolavano la stessa fattispecie, per poter valutare le ragioni per cui la nuova norma è stata introdotta (criterio storico). Infine, per applicare la legge è necessario stabilire il suo scopo, in modo tale che la sua applicazione sia conforme alle finalità per cui essa è stata emanata (criterio teleologico).

3. Interpretazione riferita al risultato ottenuto. In relazione ai risultati, si ha un'interpretazione dichiarativa quando i risultati dell'interpretazione letterale coincidono con quelli dell'interpretazione logica; si ha un'interpretazione estensiva quando il significato della norma si arricchisca, ovvero un'interpretazione restrittiva quando il significato si restringa.

4. Interpretazione analogica. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (interpretazione analogica); se il caso rimane dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato: tale procedimento, mediante il quale il giudice sopperisce alle lacune legislative, prende il nome di procedimento analogico. Esso presuppone che per il caso in questione non sia prevista alcuna norma giuridica e che vi sia somiglianza con la fattispecie prevista dalla legge. La somiglianza è data dal fatto che, pur trattandosi di fattispecie diverse, vi è corrispondenza di quegli elementi sostanziali che sono rilevanti per la regola giuridica. Il procedimento analogico non è ammesso per le leggi penali sfavorevoli al reo.
























FATTI E ATTI GIURIDICI

  • Introduzione Nel diritto privato, è definito fatto giuridico ogni accadimento naturale e umano, al verificarsi del quale l'ordinamento ricolleghi la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto giuridico. Il singolo fatto o la pluralità di fatti da cui la norma di legge fa derivare un effetto giuridico è detto fattispecie. Nell'ambito dei fatti giuridici è necessario distinguere i fatti naturali (nascita, morte, alluvione ecc.) dagliatti giuridici, che sono tutti i comportamenti posti in essere da un soggetto, che rivestono rilevanza giuridica. Si distinguono in due grandi categorie: gli atti leciti, cioè consentiti dal nostro ordinamento; gli atti illeciti, cioè contrari a una norma giuridica, e in quanto tali sanzionati dalla legge.

Fra gli atti leciti si distinguono:

a) le operazioni, dette anche atti materiali o comportamenti, che consistono in mere modificazioni della realtà, come ad es., l'apprensione di un bene;
b) le dichiarazioni, che sono atti diretti a comunicare ad altri soggetti il proprio pensiero o la volontà.

La categoria che ha maggiore rilevanza fra le dichiarazioni è costituita dai negozi giuridici. Riguardo al loro contenuto gli atti giuridici possono consistere in un atteggiamento positivo, cioè in un fare; o in un atteggiamento negativo, un non fare (e in questo caso si parlerà di omissioni); o nel tollerare l'attività di un altro soggetto (ad es., il passaggio del vicino sul proprio terreno dando luogo a una servitù di passaggio).

Gli atti giuridici prendono il nome di 'atti dovuti' quando il soggetto non è libero di compierli o meno, ma ha il dovere di adempierli. Tale dovere può essere previsto dalla legge, come nel caso del codice penale, o da un rapporto negoziale con l'altro soggetto (ad es., il dovere derivante dal matrimonio di mantenere il coniuge), o da una precedente attività pericolosa (ad es., l'obbligo di recintare una escavazione), o anche da un provvedimento emesso dalla pubblica autorità (ad es., ottemperare a una sentenza del giudice).

  • Il negozio giuridico

ATTI GIURIDICI

leciti

operazioni (atti materiali o comportamenti)




dichiarazioni di volontà (ad es., contratto, matrimonio)



illeciti

atti contrari alle norme giuridiche



positivi

fare qualcosa



negativi

non fare (omissioni)



passivi

tollerare l'attività di un altro



dovuti

per legge




per contratto o rapporto negoziale




per precedente attività pericolosa




per un provvedimento




È la dichiarazione (o scambio di dichiarazioni) cui l'ordinamento attribuisce l'effetto di creare, modificare o estinguere rapporti giuridici. Elementi essenziali del negozio giuridico sono: la manifestazione di volontà, la causa, l'oggetto, la forma, quando è prescritta dalla legge sotto pena di nullità. Elementi accidentali (o accessori) del negozio sono la condizione, il termine e il modo. È invalido il negozio effettuato senza rispettare le prescrizioni imposte ai privati cittadini dalla legge e dall'ordinamento. Se il mancato rispetto delle prescrizioni è grave, l'invalidità è detta nullità. Se il negozio presenta difetti di minor importanza, l'invalidità assume la forma dell'annullabilità. Il negozio giuridico è una ura non contemplata nel codice civile, ma che è stata elaborata dai giuristi tedeschi del XIX secolo per classificare, all'interno di un'unica categoria concettuale, tutti quegli atti giuridici che si manifestano come dichiarazioni di volontà aventi effetti giuridici (il contratto, il testamento, il matrimonio, la procura). Gli studiosi italiani, in passato, hanno dato grande importanza alla categoria del negozio giuridico, anche se il nostro codice civile lo regola fondamentalmente nella disciplina del contratto.

La rappresentanza. cc 1388 Sistema giuridico tramite il quale un soggetto (rappresentante) esprime la volontà contrattuale e conclude il contratto, i cui effetti però si producono in capo ad un altro soggetto (il rappresentato; se, quindi, il rappresentante acquista un oggetto 'in nome e per conto' di questo, avvalendosi cioè del potere rappresentativo, il rappresentato diviene proprietario di quanto acquistato).

1. L'atto di procura. Naturalmente, perché il rappresentante possa agire in nome del rappresentato è necessario che questi gli conferisca tale speciale potere con uno speciale atto, detto procura

a) Forma. La procura può essere anche orale (deve però rivestire la stessa forma prevista per la conclusione del contratto cui si riferisce: una procura ad acquistare un immobile dev'essere scritta; una procura a donare deve essere redatta per atto pubblico).

b) Procura generale e procura speciale. La procura può essere generale, e allora autorizza alla conclusione di tutti i contratti riguardanti il rappresentato, oppure speciale, cioè relativa alla conclusione di affari determinati.

2. Atti esclusi dalla procura. La rappresentanza può essere conferita per la conclusione di qualsiasi negozio giuridico patrimoniale: è esclusa la procura solo per la conclusione dei negozi familiari (matrimonio, riconoscimento del lio naturale ecc.) e per il testamento: si tratta di atti che per la loro natura squisitamente personale mal si conciliano con l'intervento del rappresentante.

3. La rappresentanza volontaria. Se conferita con procura la rappresentanza è detta volontaria: il rappresentato può concludere affari per mezzo del rappresentante, e dunque ampliare le proprie relazioni commerciali. I rapporti tra i due sono regolati dal rapporto di base che intercorre tra costoro: può essere un contratto di mandato, un contratto di lavoro subordinato. Il rapporto di base rimane però distinto dalla procura; il primo è l'effetto di un contratto (per la cui conclusione è necessario l'incontro delle volontà dei contraenti), la seconda un atto unilaterale, d'iniziativa del solo rappresentato, che, quindi, può ugualmente di sua iniziativa revocarla, mentre non può con altrettanta facilità recedere dal contratto relativo al rapporto sottostante.

4. Tutela del terzo contraente. Il terzo che conclude un contratto con il rappresentante può

5. Estinzione o modifica della procura. Se la procura si estingue (per revoca da parte del rappresentato, rinuncia del rappresentante, estinzione del rapporto di base, interdizione, inabilitazione o morte di rappresentante o rappresentato, fallimento del rappresentato) o viene modificata (ad es., ristretta, riducendo i poteri del rappresentante), e di tale estinzione o modifica non venga data notizia ai terzi, i contratti stipulati da costoro con il rappresentante sono validi e impegnano comunque il rappresentato, a meno che questi non provi che i terzi conoscevano la modifica o l'estinzione del potere rappresentativo

6. Gli interessi propri nel contratto. Se il rappresentante realizza interessi propri o diversi da quelli del rappresentato, questi può chiedere l'annullamento del contratto

7. La rappresentanza legale. ½ sono casi in cui la particolare situazione di un soggetto impone il conferimento della rappresentanza a prescindere dalla procura: i genitori sono di diritto rappresentanti dei loro li minori d'età (il tutore lo è nei confronti del minore o dell'interdetto); anche il curatore fallimentare rappresenta per legge il fallito.


  • Rapporto giuridico: diritti e doveri
    In un rapporto giuridico, la relazione fra i due soggetti crea situazioni soggettive attive e passive. Le situazioni soggettive attive, che attribuiscono al soggetto un potere, sono: il diritto soggettivo, l'aspettativa, la potestà , la facoltà , l'interesse legittimo, il diritto potestativo. Le situazioni soggettive passive, che attribuiscono al soggetto un dovere giuridico, sono: il dovere generico, l'obbligo (o dovere specifico), lo stato di soggezione e l'onere. L'insieme dei diritti e doveri che qualificano la posizione giuridica del soggetto è definito status (ad es., lo status del cittadino, del coniuge ecc.). Il diritto soggettivo comprende il diritto assoluto, che assicura al proprio titolare un potere che può far valere nei confronti di tutti, e il diritto relativo, che gli garantisce un potere nei confronti di una o più persone determinate. Un'ulteriore classificazione distingue i diritti soggettivi patrimoniali (che hanno un contenuto economico, ad es., diritti reali e di credito) da quelli non patrimoniali (ad es., diritti della personalità). Alla situazione soggettiva attiva del diritto si contrappone la situazione soggettiva passiva del dovere, che consiste nel dovere di astensione (dovere generico) che incombe su tutti i consociati (per i diritti reali) o dell'obbligo (dovere specifico) di tenere un determinato comportamento per il soggetto passivo nei rapporti nascenti da un diritto di credito. A tutela del diritto soggettivo l'ordinamento prevede il diritto di azione.


LA PERSONA

  • Introduzione

Il termine persona designa ogni soggetto di diritto, anche se composto di più individui (persona giuridica). Sono soggetti del diritto le persone fisiche e le persone giuridiche. La Costituzione tutela l'individuo sotto più punti di vista. A garanzia della persona fisica è intervenuto anche illegislatore ordinario, sancendo diritti denominati personalissimi,in quanto caratterizzano la persona nella sua individualità. Sono il diritto al nome, il diritto all'immagine, il diritto all'integrità psicofisica, garantito sia nei confronti dello Stato sia di altri soggetti. Alla persona fisica è attribuita sia la capacità giuridica, ossia l'attitudine alla titolarità di diritti e di obblighi giuridici, sia la capacità di agire, che invece si sostanzia nella capacità di disporre concretamente dei propri diritti, cioè di stipulare contratti e altri negozi giuridici.

Le persone giuridiche sono enti cui la legge attribuisce la titolarità di rapporti giuridici in quanto voltial raggiungimento di scopi riconosciuti meritevoli di tutela. Sono generalmente designate come persone giuridiche solo quegli enti ai quali è stato attribuito il riconoscimento; qualora questo manchi si parla di enti di fatto o non riconosciuti. Le persone giuridiche si distinguonoin associazioni riconosciute, fondazioni, società di capitalie possono essere pubbliche o private: sono pubbliche lo Stato,le Regioni, le Province, i Comuni e gli enti pubblici riconosciuti.


  • Le persone fisiche: capacità giuridica e capacità di agire Alla persona fisica l'ordinamento giuridico riconosce l'idoneità ad essere titolare di diritti e di obblighi giuridici: tale idoneità è definita capacità giuridica.
    Essa spetta a ogni individuo, in ossequio al principio di eguaglianza sancito nella Costituzione, cost 3 secondo il quale «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
    La legge cc 1 stabilisce che la capacità giuridica si acquista al momento della nascita, cioè con la separazione dall'alveo materno e con l'inizio, anche se per pochi attimi, della respirazione polmonare. Tuttavia, alcune disposizioni di legge in tema di donazioni e successioni cc 462 784 consentono attribuzioni a favore del nascituro, sia esso concepito o meno, anche se non si può affermare che esista in capo a questo una capacità giuridica, giacché egli acquisterà tali diritti solo al momento della nascita. La capacità giuridica si perde solo con la morte.

1. La capacità di agire. Dalla capacità giuridica va distinta la capacità di agire cc 2 che consiste nella capacità di esercitare personalmente i propri diritti e di assumere obblighi giuridici. Si traduce in concreto nella idoneità a stipulare contratti e a stare in giudizio. Si acquista normalmente con la maggiore età, cioè al compimento del diciottesimo anno. Tuttavia, per taluni atti specifici la legge richiede un'età diversa.
 

a) Capacità speciale di lavoro: per il proprio lavoro è sufficiente aver compiuto 15 anni. È richiesta L 977 17/10/1967 l'età di 16 anni per lavori pesanti o pericolosi. Per quanto riguarda la retribuzione, il minore può percepirla personalmente, ma non può usufruirne direttamente. 

b) Capacità di contrarre matrimonio, legittimare e riconoscere i li: è sufficiente l'età di 16 anni, con l'autorizzazione del tribunale e l'assenso da parte di coloro che esercitano la potestà.

La capacità di agire perdura fino alla morte.

2. L'incapacità di agire. L'incapacità di agire può essere assoluta, nel caso di minore o di persona interdetta, oppure relativa, per il minore emancipato o l'inabilitato; in tal caso al soggetto è consentito compiere da solo esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, essendo necessaria l'assistenza di un curatore per quelli di straordinaria amministrazione. Il negozio posto in essere dall'incapace è sempre annullabile, bastando dimostrare l'appartenenza del soggetto a una delle categorie di persone incapaci sopraindicate.

L'incapacità di intendere e di volere. Chi abbia raggiunto la maggiore età, e abbia perciò la capacità di agire, può disporre liberamente dei propri diritti e obblighi con atti negoziali, purché sia in grado di valutare seriamente i propri atti e di volerli coscientemente; vi sono infatti dei casi in cui detta capacità risulta menomata. La volontà di un soggetto legalmente capace può essere alterata da una causa anche transitoria (ad es., ubriachezza, stato di ipnosi, assunzione di stupefacenti ecc.), per cui il soggetto stesso risulta incapace di intendere e di volere relativamente all'atto posto in essere in tale condizione. Perché si possa parlare di incapacità non è necessario che le facoltà psichiche del soggetto siano completamente soppresse: è sufficiente anche un loro semplice perturbamento; in questo caso l'accertamento dell'incapacità è un'indagine posteriore, affidata al giudice. È necessario, a tal fine, che l'incapacità venga rigorosamente provata, con qualsiasi mezzo, da chiunque chieda l'annullamento dell'atto stesso. Se si richiede l'annullamento di un contratto stipulato dall'incapace naturale occorre cc 428 provare che la controparte era in malafede: si deve cioè dimostrare che costui era a conoscenza dell'incapacità e abbia inteso approfittarne.

Diritti della personalità. Ogni individuo è titolare di diritti, che tutelano la sua persona nei valori essenziali; essi comprendono: il diritto alla vita, all'integrità psicofisica; le libertà civili costituzionalmente garantite che si distinguono in libertà personali (cioè fisica, di circolazione, di soggiorno, di domicilio), libertà di religione, di manifestazione e comunicazione del pensiero (libertà di stampa e di informazione); diritto all'intimità privata (diritto al segreto, alla riservatezza, all'immagine); diritto all'identità personale (diritto al nome e all'identità sessuale); diritto alla paternità morale per le opere dell'ingegno e le invenzioni. Tali diritti si dicono assoluti in quanto garantiscono al titolare un potere che egli può far valere nei confronti di tutti, concernono attributi essenziali della personalità e sono necessari in quanto ogni essere umano ne è titolare. Sono indisponibili, nel senso che il titolare non può rinunziarvi e non può cederli. I diritti personali si acquistano con la nascita e si estinguono con la morte: non si possono quindi trasmettere agli eredi. Non hanno valore di scambio, poiché sono reputati non commerciabili, salvo il diritto al risarcimento in caso di violazione, in quanto tutelano interessi morali, distinguendosi così dai diritti patrimoniali, che invece tutelano gli interessi economici. Gli stessi diritti inviolabili spettano anche allo straniero.

  • Le persone giuridiche

­Gli elementi costitutivi delle persone giuridiche sono:

 una pluralità di persone;

­ un patrimonio;

­ uno scopo;

­ il riconoscimento da parte dello Stato.

Lo scopo della persona giuridica, che ne giustifica la nascita e l'attività, dev'essere lecito, ossia non contrario a norme imperative, al buon costume e all'ordine pubblico, nonché possibile.

1. Il riconoscimento e i suoi effetti. Il riconoscimento attribuisce all'ente (società, associazioni, fondazioni, e altre istituzioni di carattere privato) la qualità di persona giuridica (ne fa cioè un soggetto di diritto) conferendogli una generale capacità di agire. Esso ha la forma cc 12 del decreto del presidente della Repubblica, o, per gli enti che esercitano la loro attività nell'ambito regionale, del decreto del presidente della giunta regionale. In vista del riconoscimento la legge richiede per la costituzione dell'ente una speciale forma scritta, che è l'atto pubblico. Il riconoscimento, attribuendo all'ente la qualità di persona giuridica, ne fa un centro autonomo di diritti e interessi, distinti da quelli dei singoli partecipanti. L'autonomia della persona giuridica è patrimoniale e di volontà: con ciò si intende che il suo patrimonio è distinto da quello dei singoli partecipanti e risponde delle obbligazioni contratte dall'ente in modo esclusivo. L'autonomia della volontà si esplica invece con le scelte e l'attività posta in essere dall'ente (sia pure per mezzo dei suoi organi, composti da persone fisiche) in quanto vero e proprio soggetto di diritto; così si potranno creare dei rapporti giuridici tra una persona giuridica e un'altra, o tra essa e una persona fisica (si pensi, ad es., a un contratto stipulato dall'associazione e uno dei suoi partecipanti). 
 

2. Costituzione e pubblicità. L'atto costitutivo è quello con cui i singoli partecipanti esprimono la loro volontà di dare vita all'ente; si distingue cc 16 dallo statuto che contiene le norme organizzative dell'ente. Entrambi devono indicare la denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull'ordinamento e l'amministrazione. L'atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere norme relative all'estinzione dell'ente e alla devoluzione del suo patrimonio. Una volta riconosciuta, la persona giuridica dev'essere registrata cc 33 in un apposito registro istituito presso ogni Provincia. Questo regime di pubblicità ha la funzione di rendere conoscibile ai terzi tutto ciò che è inerente all'esistenza e all'organizzazione dell'ente.

3. Capacità della persona giuridica. Le persone giuridiche hanno piena capacità di agire, esplicata soprattutto nell'ambito di un'attività di contenuto patrimoniale.

4. Da chi è rappresentata. La persona giuridica svolge la propria attività per mezzo dei suoi organi, composti da persone fisiche, che ne attuano la volontà secondo i principi propri della rappresentanza. Essi quindi agiscono in nome e per conto dell'ente e nel suo interesse: gli effetti dell'attività si riflettono perciò direttamente sull'ente, che sarà l'esclusivo titolare dei diritti e degli obblighi che ne derivano. Spetta all'atto costitutivo o allo statuto designare coloro che, tra gli amministratori, hanno anche la rappresentanza e fissare i limiti per l'esercizio di tale potere cc 19. Qualora gli atti posti in essere dagli organi rappresentativi li eccedano, non vincolano l'ente, a condizione però che le limitazioni risultino iscritte nel registro delle persone giuridiche: l'iscrizione è infatti necessaria per opporle ai terzi, a meno che non si provi che questi ne erano comunque a conoscenza.

5. Estinzione cc 27. Generalmente l'atto costitutivo o lo statuto prevedono le cause che danno luogo all'estinzione della persona giuridica (ad es., le clausole di durata che fissano il termine dell'esistenza dell'ente). Altre cause sono: il raggiungimento dello scopo o la sua sopravvenuta impossibilità e per le associazioni la mancanza totale (per morte, recesso, esclusione) degli associati, nonché la deliberazione assembleare di scioglimento; l'estinzione è dichiarata dall'autorità governativa su istanza di qualunque interessato o anche d'ufficio. Le persone giuridiche private sono regolate esclusivamente da norme di diritto privato; si dividono in:

a) società cc 2247, che hanno come scopo lo svolgimento di attività economiche, specificamente regolate dal codice civile;

b) enti che non hanno come scopo lo svolgimento di attività economiche e che si distinguono in: associazioni (dette anche corporazioni) e fondazioni, caratterizzate ciascuna dalla diversa importanza che nella loro organizzazione assumono gli elementi costitutivi.

Le associazioni riconosciute. Le associazioni riconosciute comprendono quelle persone giuridiche composte da una pluralità di persone, che, apportando ciascuna una determinata quota di beni, intendono conseguire uno scopo comune, non necessariamente immutabile nel tempo e rivolto a loro vantaggio. L'elemento personale, costituito da un'organizzazione di individui, assume un'importanza preminente nelle associazioni, che necessitano peraltro, per poter conseguire le loro finalità, anche di un seppur minimo patrimonio.

1. L'assemblea degli associati. Un organo di fondamentale importanza è l'assemblea degli associati. Essa ha la funzione di decidere cc 21 su tutte le questioni di maggiore importanza riguardanti la vita dell'ente e il suo operato: può modificare lo statuto e l'atto costitutivo, deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del suo patrimonio, approva il bilancio, nomina e revoca gli amministratori ed esercita l'azione di responsabilità nei loro confronti, può escludere gli associati ed esercitare tutti gli altri compiti che le siano affidati dall'atto costitutivo. Si riunisce almeno una volta all'anno per l'approvazione del bilancio cc 20, tutte le volte che ve ne sia la necessità o quando ne sia fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati; adotta le sue decisioni a maggioranza dei voti, in presenza di almeno la metà degli associati nella prima convocazione, mentre la seconda deliberazione cc 21 è valida quale che sia il numero degli intervenuti; nelle deliberazioni che approvano il bilancio e in quelle relative alla loro responsabilità, gli amministratori non possono votare. Altre maggioranze sono previste dalla legge per deliberazioni specifiche (ad es., per modificare l'atto costitutivo o lo statuto).

2. Gli amministratori. Altro organo delle associazioni è costituito dagli amministratori (che spesso cumulano in sé anche i poteri rappresentativi), ai quali spetta decidere sull'ordinaria gestione degli affari e dare esecuzione alle delibere assembleari: essi sono responsabili verso l'ente per il proprio operato secondo le norme sul mandato cc 18.

Le fondazioni. Sono enti dotati di personalità giuridica generale, che dispongono di un proprio patrimonio per il conseguimento di uno scopo non lucrativo. Presupposto necessario della fondazione è l'atto costitutivo, sotto condizione del suo riconoscimento da parte dell'autorità amministrativa. L'atto deve essere stipulato in forma pubblica, sotto pena di nullità del negozio; può anche essere incluso in un testamento e può avere effetto solo dopo la morte del testatore.

1. Elementi costitutivi. Gli elementi costitutivi della fondazione sono:

a) il patrimonio: esso è costituito dai mezzi finanziari occorrenti all'attività dell'ente. Alla costituzione del patrimonio provvedono i fondatori, separando alcuni beni dal proprio patrimonio e destinandoli allo scopo per il quale è costituita la fondazione. È un atto di liberalità e avviene mediante una donazione o con il testamento;

b) lo scopo: consiste nella causa giustificativa della fondazione; viene stabilito dai fondatori e non può essere trasformato, totalmente o parzialmente, dalla pubblica autorità. Tale causa giustificativa deve avere carattere non lucrativo, nel senso che non è ammessa un'attività finalizzata a un mero profitto economico dei beneficiari, bensì a interessi ideali o a bisogni fondamentali dei destinatari (ad es., borse di studio, cura di beni aventi interesse storico o archeologico ecc.).

2. Forme di controllo. L'attività della fondazione è sottoposta a un ampio potere di controllo e di vigilanza dell'autorità governativa che provvede ad annullare le delibere contrarie allo statuto o, più in generale, alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. Altre forme di controllo sono costituite dall'autorizzazione ad acquistare beni immobili, ad accettare donazioni o lasciti ereditari.

3. Amministratori. Sono nominati secondo le modalità previste nell'atto di fondazione o, nell'eventualità in cui queste non possano attuarsi, dall'autorità governativa. Gli amministratori devono provvedere all'attuazione dello scopo contemplato nell'atto di fondazione, il rispetto del quale costituisce il solo vincolo che, nella gestione del patrimonio della fondazione, gli amministratori sono tenuti a rispettare. Il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni viene esercitato dall'autorità governativa cc 25

4. Estinzione. La fondazione ha ragione di esistere finché persegue il suo scopo. Se lo scopo è interamente realizzato o diviene impossibile, o in caso di insufficienza del patrimonio, essa si estingue.





  • Le organizzazioni collettive senza personalità giuridica
    Comprendono le società di persone, le associazioni non riconosciute, i comitati.

Associazioni non riconosciute. Sono gruppi di persone organizzati per il raggiungimento di uno scopo comune non lucrativo, che non hanno richiesto (o ottenuto) il riconoscimento come persone giuridiche. Gli accordi interni tra gli associati regolano i loro rapporti, anche per quanto riguarda l'amministrazione dei beni comuni, che costituiscono il fondo comune dell'associazione, costituito dai contributi degli associati (e dai beni acquistati con tali contributi).

1. Responsabilità patrimoniale. Il fondo comune risulta di comproprietà degli associati e serve a soddisfare le pretese dei creditori dell'associazione: ma per le obbligazioni dell'associazione rispondono anche, personalmente e solidalmente, coloro che hanno agito in suo nome e per suo conto (in pratica, gli amministratori, ovvero le persone designate dall'atto costitutivo).

2. Principali associazioni non riconosciute. Nell'intenzione del codice civile, l'associazione non riconosciuta avrebbe dovuto dar veste giuridica a realtà minori e di scarsa importanza sociale (circoli sportivi, ricreativi ecc.), mentre, al contrario, essa rappresenta la più usuale forma di presenza, nel nostro ordinamento, dei maggiori gruppi organizzati per fini non lucrativi: i partiti politici e i sindacati, infatti, sono semplici associazioni non riconosciute, non avendo richiesto il riconoscimento all'autorità a ciò preposta.

Comitati. Sono gruppi ristretti di persone che si propongono di raccogliere fondi per uno scopo di interesse generale (ad es., allo scopo di arrecare soccorsi in occasione di pubbliche calamità, o di fare beneficenza, o per promuovere la costruzione di opere pubbliche o manifestazioni di interesse collettivo, quali mostre, festeggiamenti, esposizioni).

1. Responsabilità. Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili verso gli oblatori e gli eventuali destinatari delle offerte, personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunciato.

2. Organi. Gli organi che compongono il comitato sono: l'assemblea, cioè il gruppo dei componenti al quale spettano tutte le decisioni sull'attività, sulla gestione e l'erogazione dei fondi, e sull'esistenza stessa dell'ente; gli amministratori; il presidente.

3. Estinzione. L'estinzione avviene per le cause previste nello statuto, o quando vengono a mancare tutti i componenti, o per delibera dell'assemblea. Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia più attuabile, o raggiunto lo scopo si abbia un residuo di fondi, l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione.





LA FAMIGLIA

  • Introduzione Per il nostro ordinamento, la famiglia è un istituto di pubblica rilevanza, tutelato dalla Costituzione cost 29 per la sua natura di nucleo fondamentale della società. Nel nostro ordinamento la famiglia non possiede personalità giuridica, ma ciò non impedisce che, potendo essere titolare di interessi diversi non solo da quelli di terzi, ma anche da quelli dei singoli individui che la compongono, abbia una autonoma individualità. Il matrimonio monogamico è il fondamento della famiglia. Anche se il codice civile e la Costituzione non considerano 'famiglia' la semplice convivenza fra due persone di sesso diverso, convivenza e famiglia sono, in molti casi, equiparate. La principale differenza riguarda i li nati durante una convivenza, che vengono considerati li naturali. Inoltre una coppia convivente non può adottare minori, perché occorre un vincolo matrimoniale di almeno tre anni. I rapporti familiari disciplinati dall'ordinamento giuridico sono: coniugio, parentela, affinità e adozione. L'istituto della famiglia è regolato dai principi costituzionali, dal codice civile e da leggi speciali, in particolare dalla legge 151/75 che ha riformato profondamente il diritto di famiglia.

  • Il matrimonio È un negozio giuridico bilaterale, di natura non patrimoniale, fra due persone di sesso diverso. Hanno effetti civili quattro forme di matrimonio: il matrimonio civile, il matrimonio concordatario, il matrimonio dei valdesi, il matrimonio di altri culti.

1. Matrimonio civile. cc 84 s Condizioni richieste sono: la maggiore età, la capacità di agire, la libertà di stato (cioè non essere già sposato o aver sciolto il precedente matrimonio), assenza di vincoli di parentela (divieto di nozze tra ascendenti e discendenti, tra fratelli e sorelle, tra zii e nipoti), di affinità, di adozione, assenza di impedimento da delitto (divieto di nozze per chi ha tentato o commesso un omicidio nei confronti del coniuge della persona che vuole sposare). Il matrimonio deve avvenire entro 180 giorni dalle pubblicazioni; si svolge in una sala comunale alla presenza di due testimoni (anche parenti) e di un ufficiale dello stato civile (consigliere comunale o sindaco), che dà lettura cc 143 144 147 degli articoli del codice relativi ai diritti e ai doveri dei coniugi. Egli raccoglie la dichiarazione di volontà degli sposi, riportata sull'atto di matrimonio, che dev'essere sottoscritto dagli sposi, dai testimoni e dall'ufficiale dello stato civile. Il certificato di matrimonio sarà in seguito richiedibile all'ufficio dell'anagrafe del Comune di residenza. Il matrimonio civile può essere non valido per vizi di forma o di consenso o per mancato rispetto delle condizioni previste per essere celebrato.

2. Matrimonio concordatario. Il Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica nel 1929 ha introdotto nel nostro ordinamento un tipo di matrimonio il quale, pur celebrato con rito religioso, è idoneo a produrre, a certe condizioni, effetti sul piano civilistico. Le norme concordatarie sono state sottoposte a revisione con gli accordi del 18.II.1984, che integrano la legge matrimoniale del 1929. Il matrimonio canonico può produrre effetti civili esclusivamente nel caso in cui siano state seguite tutte le formalità richieste dalla legge statale per i matrimoni celebrati secondo il rito civile.

a) La trascrizione. Ai fini della trascrizione nei registri dello stato civile, subito dopo la celebrazione, il parroco deve dare lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi, spiegando agli sposi gli effetti civili del matrimonio appena celebrato; successivamente, sempre a cura del parroco, viene redatto, in doppio originale, l'atto di matrimonio. Il ministro di culto che compie gli atti relativi alla trascrizione riveste a tutti gli effetti la qualifica di pubblico ufficiale. La regolarità dell'atto di matrimonio è subordinata alla sua trasmissione, in originale, agli uffici dello stato civile. Il parroco del luogo in cui il matrimonio è stato celebrato richiede la trascrizione all'ufficiale dello stato civile trasmettendo l'atto di matrimonio entro 5 giorni dalla celebrazione. La trascrizione è l'atto fondamentale che consente al matrimonio di produrre effetti civili: se manca, il matrimonio concordatario rimane un atto semplicemente religioso e irrilevante per l'ordinamento statale.



Rapporti personali tra i coniugi. cc 143 Con tale termine si intende quell'insieme di diritti e doveri reciproci, di natura non patrimoniale, derivanti dal matrimonio, quali la fedeltà, l'assistenza morale, la collaborazione nell'interesse della famiglia e la coabitazione, nel quadro di una riconosciuta parità giuridica. Tale principio è sancito anche nella Costituzione cost 29. Con la riforma del diritto di famiglia è stata abolita la ura del padre quale capo della famiglia e con essa ogni disparità giuridica tra i coniugi. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo familiare concordato: con quest'ultima espressione si intendono tutte le scelte che determinano il modo in cui dovrà svolgersi la vita familiare (ad es., come dovranno distribuirsi i compiti relativi all'organizzazione del nucleo familiare, in relazione al lavoro domestico e professionale, e quale sarà il tenore economico). In caso di disaccordo sulla determinazione dell'indirizzo familiare o sulla fissazione della residenza, la legge consente ai coniugi di rivolgersi al giudice senza alcuna formalità.



MATRIMONIO CIVILE: CAUSE DI INVALIDITÀ

vizio di forma

mancanza della dichiarazione che intendono essere marito e moglie, che deve essere espressa dagli sposi davanti all'ufficiale dello stato civile

impedimenti (senza la richiesta della autorizzazione a superarli)

mancanza della maggiore età (gli sposi devono comunque avere 16 anni per ottenere l'autorizzazione); parentela fra zii e nipoti; affinità; mancato rispetto dei 300 giorni fra un matrimonio e l'altro

vizi del consenso

matrimonio simulato; matrimonio contratto in seguito a dolo, errore o violenza; matrimonio contratto con un incapace di intendere e di volere



  • Il regime patrimoniale della famiglia
    Prima della riforma del diritto di famiglia, del 1975, spettava al marito somministrare alla moglie tutto ciò che era necessario ai bisogni della vita, in proporzione alle sue sostanze. La moglie doveva a sua volta contribuire al mantenimento del marito, solo se quest'ultimo non possedeva mezzi sufficienti. L'introduzione dell'eguaglianza giuridica tra i coniugi ha imposto l'obbligo per entrambi di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione delle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo. Gli sposi regolano i propri rapporti patrimoniali scegliendo un regime patrimoniale. La riforma ha innovato profondamente anche questo settore. Infatti, prima del 1975, il regime consisteva nella separazione dei beni ed era ammissibile la comunione solo mediante la stipulazione di convenzioni matrimoniali: attualmente, invece, la legge disciplina i seguenti regimi patrimoniali:

a) comunione dei beni cc 159: è il regime legale ordinario, che opera sempre, qualora le parti non abbiano stabilito diversamente; è dunque derogabile e riguarda esclusivamente i beni acquistati durante il matrimonio;

b) separazione dei beni: può essere scelta dai coniugi tramite dichiarazione nell'atto di celebrazione del matrimonio, o attraverso una convenzione; con la separazione ogni parte conserva la proprietà di tutti i beni e l'esclusiva amministrazione di essi;

c) fondo patrimoniale cc da 167 a 171: viene attuato tramite una convenzione matrimoniale o per testamento, e consiste nel vincolare un patrimonio separato ai bisogni della famiglia;

d) comunione convenzionale: viene attuata per mezzo di una convenzione e consente di modificare determinati aspetti della comunione legale dei beni.


  • La separazione dei coniugi
    Non comporta la cessazione del vincolo matrimoniale ma solo la modificazione di taluni diritti e doveri conseguenti al matrimonio: infatti, le parti non perdono lo stato di coniugi, che perdura fino alla morte di uno di essi o fino alla pronuncia di divorzio. La separazione personale dei coniugi può assumere la forma di separazione giudiziale e separazione consensuale.

1. La separazione giudiziale. Viene pronunciata dal tribunale su richiesta di uno dei coniugi. La separazione può essere richiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare pregiudizio all'educazione della prole.

a) Organo competente. La competenza L 898 2 in materia è affidata al tribunale del luogo in cui risiede il convenuto (cioè la parte che viene citata in giudizio). La fase iniziale si svolge dinnanzi al presidente del tribunale che tenterà di conciliare i coniugi.

b) Effetti della separazione. A seguito della separazione i coniugi decadono dal dovere di coabitazione. La legge disciplina le conseguenze della separazione prevalentemente in relazione alla prole e all'aspetto patrimoniale. Qualora vi siano li minorenni cc 155, il giudice deve emettere tutti i provvedimenti necessari nei loro confronti con esclusivo riferimento al loro interesse morale e materiale. Innanzitutto, nel pronunziare la separazione, egli dovrà dichiarare a quale dei coniugi essi saranno affidati. Inoltre, stabilirà la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei li, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi: ciò significa che dovrà quantificare l'assegno di mantenimento a favore del coniuge affidatario e le modalità del diritto di visita riguardanti il non affidatario. Per quanto concerne l'abitazione nella casa familiare, essa spetta di preferenza al coniuge cui vengono affidati i li, anche se la casa non è di sua proprietà. L'obbligo di contribuzione al mantenimento dell'altro coniuge sussiste cc 156 solo se la separazione non sia in alcun modo addebitabile al richiedente e a condizione che quest'ultimo non possegga adeguati redditi propri. A seguito della riconciliazione cessano gli effetti della sentenza di separazione.

2. La separazione consensuale. Si svolge con un procedimento più rapido e permette ai coniugi di non sottoporre le proprie questioni private dinnanzi al giudice e di procedere con maggior economia. Requisiti essenziali sono il consenso tra le parti e l'omologazione del giudice. L'accordo deve vertere su tutti i punti richiesti perché possa attuarsi lo stato di separazione: dunque i coniugi devono determinare a chi saranno affidati i li, le modalità di contribuzione al mantenimento degli stessi e del coniuge legittimato, la disponibilità della casa familiare. Raggiunto l'accordo è necessario ricorrere al giudice affinché pronunci l'omologazione; il ricorso cpc 711 dev'essere presentato da entrambi i coniugi o da uno solo; il presidente del tribunale cpc 706 deve ascoltarli e cercare di conciliarli: qualora la riconciliazione non riesca si dà atto nel processo verbale del consenso alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi e i li.


  • Il divorzio
    Il legislatore ha accolto nel 1970 l'istituto del divorzio, benché la legge non faccia riferimento a questo termine e parli invece di scioglimento del matrimonio per i matrimoni civili e di cessazione degli effetti civili per i matrimoni concordatari. Affinché il giudice possa pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio è necessario che:

- abbia accertato che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita;

­- ricorra almeno uno dei fatti specifici previsti dalla legge: separazione personale dei coniugi ininterrotta per almeno 3 anni; condanna definitiva di un coniuge a pene detentive gravi (ergastolo o detenzione superiore a 15 anni ecc.); scioglimento del matrimonio ottenuto all'estero da un coniuge cittadino straniero o nuovo matrimonio all'estero di un cittadino straniero; mancata consumazione del matrimonio; cambiamento di sesso di un coniuge.

1. Il procedimento. Il procedimento di divorzio si apre con ricorso presentato da uno dei coniugi presso il tribunale del luogo ove il coniuge convenuto ha la sua residenza o domicilio. Il presidente tenta la conciliazione dei coniugi; se il tentativo fallisce il processo prosegue secondo le modalità ordinarie: in contraddittorio delle parti e con l'intervento del pubblico ministero. Il tribunale, accertata l'esistenza di una delle cause di divorzio previste dalla legge, pronuncia con sentenza lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ordinando all'ufficiale di stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere all'annotazione della sentenza.

2. Domanda congiunta di divorzio. Accanto al procedimento sopra esposto se ne è recentemente aggiunto un altro: la legge L 74/1987 prevede infatti per i coniugi la possibilità di proporre una domanda congiunta di divorzio, sempre con ricorso. La particolarità di questa domanda è che in essa non ci si limita a chiedere il divorzio, ma è necessario anche indicare compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici: occorre dunque che i coniugi abbiano già concordato quali saranno i loro rapporti economici e le condizioni inerenti ai li, susseguenti allo scioglimento del matrimonio.

3. La sentenza di divorzio. Lo scioglimento del matrimonio civile e il venire meno degli effetti civili del matrimonio canonico hanno l'effetto di far riacquistare ai coniugi la libertà di stato, permettendo quindi loro di risposarsi. Cessano inoltre cc 143 i diritti e i doveri matrimoniali, ma restano da sistemare i rapporti economici tra gli ex coniugi e i doveri verso i li: di tutto ciò si occupa appunto la sentenza di divorzio. La legge prevede che con la sentenza di divorzio, il giudice possa fare nascere in capo a un coniuge l'obbligo di somministrare periodicamente all'altro un assegno, a condizione che questi non abbia mezzi adeguati o non possa comunque procurarseli per ragioni oggettive. In seguito al divorzio sorge il problema a quale dei coniugi affidare i li nati o adottati durante il matrimonio: la decisione, così come ogni altro provvedimento relativo alla prole, spetta al tribunale, che dovrà tenere esclusivamente conto dell'interesse morale e materiale dei li. La legge prevede la possibilità di disporre l'affidamento congiunto (il lio è affidato contemporaneamente a entrambi i genitori) o alternato (il lio è affidato ora all'uno ora all'altro per periodi stabiliti), sempre che lo ritenga utile, tenuto conto dell'interesse del minore.


  • La filiazione
    L'istituto indica il rapporto di discendenza tra genitori e li; l'ordinamento distingue la filiazione legittima e la filiazione naturale.

1. Filiazione legittima. Perché si possa parlare di legittimità della filiazione occorrono i seguenti requisiti:

-­ il matrimonio valido tra i due genitori;

-­ la maternità, ossia la nascita del lio dalla donna qualificata come sua madre;

-­ la paternità, ossia il concepimento del lio da parte dell'uomo che si qualifica come suo padre;

-­ il concepimento durante il matrimonio.

La legge presume che il padre sia il marito della donna che ha partorito il lio durante il matrimonio e contro questa presunzione può solo essere esperita l'azione di disconoscimento della paternità. Si presume concepito durante il matrimonio cc 232 il lio nato quando sono trascorsi 180 giorni (durata minima della gestazione) dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi 300 giorni dalla data dell'annullamento, o dello scioglimento, o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

2. Filiazione naturale. Sono naturali i li nati da genitori non coniugati. La legge di riforma del diritto di famiglia ha eliminato la vecchia dizione del codice, laddove si parlava di filiazione illegittima, sostituendovi quella di filiazione naturale.

a) Il riconoscimento. Il lio naturale cc 250 può essere riconosciuto dal padre o dalla madre, o da entrambi, anche se all'epoca del concepimento questi erano sposati con un'altra persona. Il riconoscimento può essere effettuato sia congiuntamente sia separatamente; nel caso in cui debba essere riconosciuto un lio ultrasedicenne è necessario anche il suo consenso; se il lio è minore di 16 anni occorre invece quello del genitore che lo ha già riconosciuto e che non può negarlo ove risponda all'interesse del lio. I genitori di età inferiore ai 16 anni non possono effettuare alcun riconoscimento cc 253.

b) Azione per il riconoscimento giudiziale. La legge cc 269 ammette il lio che non sia stato riconosciuto a promuovere un'azione volta a ottenere la dichiarazione giudiziale della maternità o della paternità, in tutti i casi in cui la legge consente il riconoscimento. La legge cc 251 impedisce il riconoscimento da parte dei genitori dei li incestuosi, cioè generati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale entro il secondo grado, oppure un vincolo di affinità in linea retta, a meno che i genitori al tempo del concepimento ignorassero il vincolo di parentela o di affinità esistente fra loro, oppure sia stato dichiarato nullo il matrimonio, da cui l'affinità deriva. Il lio incestuoso non riconoscibile non può agire per la dichiarazione giudiziale di maternità o paternità, ma potrà solo ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione, oppure in caso di bisogno e se maggiorenne, gli alimenti cc 279.

c) La legittimazione. I li naturali possono acquistare con la legittimazione per susseguente matrimonio dei genitori, o per provvedimento del giudice, una posizione giuridica analoga a quella dei li legittimi cc 280. I li naturali legittimati per susseguente matrimonio acquistano cc 283 i diritti dei li legittimi a decorrere dal giorno del matrimonio. È necessario il riconoscimento di entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente a esso. La legittimazione cc 284 è accordata dal giudice con provvedimento solo quando risponda agli interessi del lio, e in presenza di alcune condizioni indicate dalla legge.


  • L'adozione

L'adozione è un istituto che ha subito una radicale evoluzione nel corso del tempo: prevista originariamente per assicurare alle famiglie agiate senza discendenti di sangue la possibilità di trasmettere il cognome e il patrimonio, si è trasformata in istituto predisposto a tutela dei minori in stato di abbandono, al fine di inserirli in una nuova famiglia.

L'adozione dei minori. . L 184 4/5/1983 Con questa forma di adozione si mira a dare una famiglia ai minori abbandonati. Con l'adozione tutti i rapporti giuridici con la famiglia d'origine vengono a cessare e il minore diventa a tutti gli effetti lio legittimo della nuova famiglia.  

REQUISITI PER L'ADOZIONE





genitori





­ sposati da più di 3 anni




­ non separati




­ dichiarati idonei dal tribunale dei minori



minore





­ meno di 18 anni




­ in stato di abbandono




­ dichiarato adottabile dal tribunale dei minori




1. I requisiti. Possono fare domanda di adozione i coniugi uniti in matrimonio (sia religioso con effetti civili, sia civile) da almeno 3 anni. I coniugi non devono essere separati, né in tribunale né di fatto, e devono essere dichiarati idonei a educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. Controverso è il dibattito sulla eventualità di consentire al single di adottare un bambino.

2. La domanda. La domanda di adozione deve essere presentata al tribunale dei minori. La domanda scade dopo 2 anni e può essere ripresentata. Nella domanda i coniugi non possono chiedere l'adozione di un minore in particolare; devono invece specificare l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli.

3. Accertamento di idoneità dei coniugi. L'idoneità dei coniugi viene dichiarata dai giudici del tribunale dei minori, sentito il parere di assistenti sociali e psicologi, e dopo accurate indagini che hanno lo scopo di accertare l'attitudine a educare il minore, la salute, l'ambiente familiare, i motivi per cui i coniugi desiderano adottare.

4. Stato di abbandono del minore. Lo stato di abbandono è dichiarato dal tribunale quando i minori sono privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti. Si parla di abbandono anche quando il minore è ricoverato in istituto di assistenza o è in affidamento familiare.

5. Dichiarazione di adottabilità o di non adottabilità. La dichiarazione di adottabilità o di non adottabilità è rilasciata dal giudice con provvedimento motivato. Contro tale decisione possono ricorrere sia i genitori e i parenti, sia il pubblico ministero con una opposizione allo stesso tribunale. Al minore dichiarato adottabile viene assegnato un tutore.

6. Affidamento preadottivo. È la fase precedente e preparatoria dell'adozione vera e propria. Il tribunale decide sull'affidamento del minore dichiarato adottabile a una coppia di coniugi dichiarati idonei all'adozione. Tra il minore e i coniugi ci deve essere una determinata differenza di età: non meno di 18 anni e non più di 40 (un bambino di 6 anni può essere dato in affidamento a coniugi che abbiano almeno 24 anni e non più di 46). Se ci sono più fratelli con la dichiarazione di adottabilità, non può essere concesso l'affidamento preadottivo per uno solo di essi. La Corte costituzionale ha stabilito nel 1992 che l'adozione dei fratelli di un bambino già adottato può avvenire anche se tra uno di essi e i coniugi adottanti vi è una differenza di età superiore ai 40 anni.

7. Dichiarazione di adozione e suoi effetti. Trascorso un anno dall'affidamento preadottivo, il tribunale dichiara l'adozione con decreto motivato. Se i coniugi hanno li maggiori di anni 14, essi devono essere ascoltati, così come il minore adottando. Il minore prende il cognome dei genitori e acquisisce lo stato di lio legittimo; non acquista alcun vincolo di parentela con i parenti dei genitori. Perde ogni contatto con la famiglia originaria; ogni documento avrà solo il nuovo cognome: vige il divieto assoluto di dare indicazioni del cognome originario e dei genitori naturali. Ai fini ereditari il minore eredita dai genitori adottivi e dai fratelli, non dai parenti dei genitori.

L'adozione di persone maggiori di età. . L 184 4/5/1983 59 Questa forma di adozione permette alle persone che non hanno discendenti (pur avendo eredi fra i fratelli e le sorelle, i genitori, i cugini ecc.) di adottare una persona maggiorenne, allo scopo di tramandare il proprio cognome e il proprio patrimonio. L'adottante (cioè colui che adotta) può anche non essere sposato o essere stato sposato (quindi vedovo o separato), deve avere compiuto i 36 anni e avere almeno 18 anni più dell'adottando (colui che viene adottato) cc da 291 a 314. L'adottando conserva tutti i diritti e i doveri nei confronti della famiglia d'origine e nello stesso tempo diventa parente a tutti gli effetti dell'adottante. Infatti il cognome dell'adottante viene aggiunto davanti al cognome dell'adottato in tutti i documenti e, salvo revoche dell'adozione, diventa erede legittimo dell'adottante. Attraverso l'adozione sorgono i diritti successori dell'adottato sul patrimonio dell'adottante, ma mai viceversa (quindi l'adottante non potrà mai rivendicare diritti successori sul patrimonio dell'adottato). Prima di pronunciarsi sull'adozione, il tribunale controlla se tutte le condizioni della legge sono state soddisfatte e se l'adozione è conveniente all'adottando.

L'adozione internazionale. L 184 4/5/1983 In questo particolare caso di adozione valgono regole molto simili a quelle dell'adozione dei minori, con alcune differenze.

1. Il nullaosta. I coniugi, oltre alla dichiarazione di idoneità, devono anche chiedere il nullaosta al ministero degli esteri per l'entrata del minore in Italia. Il nullaosta è concesso quando l'autorità straniera del Paese d'origine del minore ha emanato un provvedimento di affidamento preadottivo o di adozione di quel minore ai coniugi. Tale provvedimento, per essere valido, deve essere dichiarato conforme alle norme dello Stato dove è stato emesso; la dichiarazione di conformità viene fatta dall'autorità consolare italiana presente in quello Stato. Questo doppio controllo (provvedimento dell'autorità straniera, dichiarazione del consolato) viene richiesto affinché l'adozione non sia fatta in contrasto con le norme di entrambi i Paesi per scopi di lucro, o comunque non nell'interesse del minore.

2. Dichiarazione di efficacia. Ottenuto il nullaosta, i coniugi devono chiedere che i provvedimenti di affidamento preadottivo o di adozione emessi nel Paese straniero abbiano efficacia in Italia. L'efficacia di tali provvedimenti è dichiarata dal tribunale. Il decreto di adozione del minore straniero produce gli stessi effetti di quello del minore italiano. Inoltre, il minore straniero adottato da cittadini italiani acquista la cittadinanza italiana.


  • L'affidamento familiare
    Il minore ha il diritto cost 30 di essere educato, mantenuto e istruito dalla sua famiglia, ma se è temporaneamente privo di un ambiente idoneo, può L 184 4/5/1983 2 essere collocato in un nucleo familiare diverso. Il provvedimento con il quale viene disposto tale affidamento deve essere temporaneo e contenere l'indicazione della durata presumibile. Durante l'affidamento il minore è soggetto all'autorità degli affidatari, i quali devono assicurargli l'assistenza morale e materiale, nonché agevolare i suoi rapporti con la famiglia d'origine per favorire il reinserimento in essa. Ciononostante, il potere di rappresentare il minore e di amministrare i suoi beni spetta solo alla famiglia naturale o al tutore. 

1. Soggetti affidatari. Soggetti affidatari sono i coniugi, possibilmente con li minori; una persona singola; una comunità di tipo familiare, cioè un gruppo di persone abitanti nel medesimo alloggio con caratteristiche e abitudini simili a quelle di una famiglia, pur non essendo tale.

2. Organi preposti e termine dell'affidamento. L'affidamento è disposto dai servizi sociali degli enti locali (Comuni, Province); quando manca il consenso dei genitori e del tutore, il procedimento si svolge dinanzi al tribunale per i minorenni, il quale provvede a disporre l'affidamento. L'affidamento termina quando cessa la situazione di temporanea difficoltà che lo ha reso necessario o quando il suo protrarsi arreca pregiudizio al minore.



LE SUCCESSIONI EREDITARIE

  • Introduzione Alla morte di una persona, i rapporti giuridici patrimoniali, sia attivi che passivi, di cui era titolare si trasferiscono a un altro soggetto, il successore. La successione cc 588 si dice a titolo universale quando il successore, che acquista la qualità di erede, subentra in tutto o in parte nei rapporti patrimoniali del defunto; se invece acquista la titolarità di singoli beni o diritti, la successione si dice a titolo particolare (legato). Chi acquista la qualità di erede subentra in tutti i rapporti giuridici, anche in quelli passivi, ed è tenuto, quindi, a rispondere degli eventuali debiti della persona alla quale succede. La successione si apre al momento della morte nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto. Nel nostro ordinamento cc 456 esistono tre tipi di successione: testamentaria, legittima e necessaria. Nel primo caso l'eredità si devolve secondo quanto disposto dal testatore stesso in un atto formale e solenne, il testamento. Ogniqualvolta il testamento manchi o preveda l'assegnazione di una parte soltanto del patrimonio ereditario, l'eredità viene devoluta secondo criteri e modalità stabiliti dalla legge cc 457 ai cosiddetti successori legittimi (successione legittima).

La successione necessaria, infine, è costituita dal complesso di norme che garantiscono a determinati soggetti indicati dalla legge (i successori necessari, o legittimari o riservatari) una quota dei beni ereditari anche contro la volontà del testatore. Oggetto di successione sono tutti quei diritti e obblighi facenti capo al de cuius al momento della sua morte e aventi natura patrimoniale che non si estinguono con la morte di una persona: non costituiscono oggetto di successione, ad es., i diritti inerenti alla persona e relativi a rapporti familiari la cui tutela è affidata, alla morte del titolare, ai congiunti di questo e non agli eredi. La qualità di erede si acquista solamente dopo l'accettazione di eredità da parte del chiamato. Qualora il soggetto designato come erede non voglia o non possa accettare, opera l'istituto della rappresentazione ereditaria. Se mancano i presupposti per la rappresentazione si applica l'istituto dell'accrescimento.


  • La successione testamentaria Un soggetto può validamente disporre delle proprie sostanze per il periodo in cui avrà cessato di vivere solo se in possesso della capacità di agire. Sono pertanto da considerare incapaci di disporre per testamento: i minori di età, gli interdetti per infermità di mente, coloro che sebbene non interdetti fossero, al momento in cui fecero testamento, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere. Per quanto riguarda la capacità di ricevere per testamento, sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione. Possono inoltre ricevere per testamento i li di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti cc 462. Sono esclusi dalla successione gli indegni (per es., chi ha volontariamente ucciso, o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta cc 463). Le persone giuridiche sono capaci di succedere cc 688 ss. Il testatore può sostituire all'erede designato un'altra persona nel caso in cui il primo non voglia o non possa succedere (sostituzione testamentaria). 

Il testamento. cc 587 È l'atto, revocabile, con cui una persona dispone delle proprie sostanze o di parte di esse per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Nel nostro ordinamento è l'unico atto che consente a un soggetto di disporre dei propri beni per causa di morte: la legge considera infatti nulle le disposizioni successorie contenute in un contratto e i patti successori. Le caratteristiche del testamento sono: revocabilità, personalità, unilateralità, solennità.

a) Revocabilità cc 679: il testamento può essere in qualsiasi momento modificato dal testatore. La revoca cc 680 si dice espressa se è contenuta in un nuovo testamento (o con atto redatto alla presenza di due testimoni) nel quale il testatore dichiara espressamente di revocare, in tutto o in parte, le disposizioni in precedenza dettate. La revoca può essere anche implicita cc 681: qualora, infatti, un testamento posteriore a un altro o ad altri non revochi in modo espresso le disposizioni precedentemente dettate, si devono considerare annullate cc 682 solo quelle che appaiano oggettivamente incompatibili con le disposizioni successive.

b) Personalità: il testamento dev'essere redatto personalmente dal testatore il quale non può delegare questo compito a un rappresentante né affidare a un terzo l'indicazione dell'erede o la determinazione delle quote.

c) Unilateralità: il testamento è un atto unilaterale, poiché esso è costituito dalla dichiarazione della volontà di una sola parte.

d) Solennità: il testamento può essere fatto solo nelle forme previste dalla legge. Il testamento cc 601 può essere redatto in due forme ordinarie: testamento olografo e testamento per atto di notaio, il quale si distingue in pubblico e segreto. 

1. Il testamento olografo. cc 602 È quello scritto per intero, datato e sottoscritto di proprio pugno dal testatore e per essere valido non deve contenere nessuna parte scritta con mezzi meccanici. La sottoscrizione dev'essere apposta alla fine delle disposizioni e viene considerata valida anche se non contiene per intero il nome e cognome del testatore, purché sia comunque individuabile con sicurezza. 

2. Il testamento per atto di notaio.
a) Il testamento pubblico. cc 603 È quello ricevuto dal notaio il quale in presenza di due testimoni redige per iscritto le dichiarazioni rese dal testatore; successivamente dà lettura delle disposizioni al testatore e ai due testimoni, insieme ai quali sottoscrive l'atto. Il testamento deve contenere l'indicazione del luogo e della data del ricevimento e l'ora della sottoscrizione; in caso di impossibilità o di grave difficoltà per il testatore di sottoscrivere, il notaio dovrà menzionare nell'atto le ragioni dell'impedimento: se il testatore è incapace anche di leggere, l'atto deve essere redatto in presenza di quattro testimoni.

b) Il testamento segreto. cc 604 Viene redatto dal testatore senza la presenza del notaio e dei testimoni e successivamente consegnato al notaio il quale attesta il ricevimento attribuendogli in questo modo valore di atto pubblico. Il testamento segreto si compone di due elementi: la scheda testamentaria, che ha natura giuridica di scrittura privata, e la consegna dell'atto al notaio il quale, al momento del ricevimento, redige un verbale avente natura di atto pubblico. Il testatore deve cc 605 consegnare personalmente la carta su cui è scritto il testamento al notaio il quale provvede a sigillare l'involucro, sul quale scrive l'atto di ricevimento, che va redatto dal testatore, dai testimoni e dal notaio; qualora manchi di taluno dei requisiti richiesti dalla legge cc 607 ha efficacia di testamento olografo se ne ha i requisiti.

3. Le cause di nullità e annullabilità. Sono cause di nullità tutti quei difetti di forma che escludono o rendono incerta l'autenticità della provenienza delle disposizioni dal testatore, la mancanza della redazione per iscritto da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore, quella della sottoscrizione nel testamento pubblico, quella dell'autografia o della sottoscrizione nel testamento olografo. Il testamento è invece semplicemente annullabile oltreché per i vizi di forma di minor rilevanza, per es., la mancanza della data nel testamento olografo, anche per l'incapacità di agire del testatore, per errore, dolo o violenza. Sia quello nullo sia quello annullabile possono essere impugnati da chiunque vi abbia interesse al fine di ottenere una pronuncia di annullamento da parte dell'autorità giudiziaria. Nel caso della nullità, l'azione può essere promossa in qualsiasi tempo, mentre nelle ipotesi di semplice annullabilità vige un termine di prescrizione di 5 anni.


  • La successione legittima

La legge cc 565 s considera successori legittimi il coniuge, i discendenti legittimi e naturali, gli ascendenti legittimi e gli altri parenti fino al sesto grado. Se tutti questi successori mancano l'eredità si devolve allo Stato; se mancano ascendenti, discendenti, fratelli e sorelle l'intero patrimonio è conseguito dal coniuge; se il coniuge concorre con un lio, l'eredità sarà divisa in parti uguali, mentre se concorre con più di un lio riceverà un terzo del patrimonio e se concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle, anche se unilaterali, ne riceverà due terzi. Queste disposizioni si applicano anche al coniuge separato, ma se la separazione è stata a lui addebitata avrà diritto solo a un assegno vitalizio il cui ammontare non potrà, in ogni caso, essere superiore agli alimenti già goduti (se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti). Per quanto riguarda i li, se concorrono da soli all'apertura della successione riceveranno l'intera eredità in parti uguali tra loro; i li naturali riconosciuti, i legittimati e gli adottivi succedono al pari di quelli legittimi. Se ci sono li, l'eredità sarà loro devoluta interamente e alla successione non potranno partecipare né gli ascendenti né i parenti ulteriori. 


  • La successione necessaria

Le norme in proposito costituiscono un limite alla libertà testamentaria e sono poste a tutela dei diritti di determinate categorie di successibili ai quali la legge riserva di diritto, cioè anche contro la volontà del defunto, una quota del patrimonio ereditario (la cosiddetta porzione legittima o quota di riserva). Questi soggetti (legittimari) sono: il coniuge, i li legittimi e naturali e gli ascendenti legittimi. Tutte le volte in cui il de cuius disponga, per atto tra vivi (ad es., donazione) o con il testamento, della quota o di una sua parte che la legge riserva ai legittimari si ha lesione di legittima. Il legittimario che si ritenga leso da disposizioni o atti che dispongano del patrimonio del defunto in misura eccedente rispetto a quella consentita per legge potrà esperire l'azione di riduzione. Per determinare l'ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione (riunione fittizia) e sull'asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre cc 556.


  • La comunione ereditaria

È il fenomeno che si verifica in conseguenza dell'acquisto dell'eredità da parte di più soggetti, detti coeredi. Nel caso in cui gli eredi siano più di uno, la comunione non si forma solo qualora il testatore abbia già diviso i beni del suo patrimonio con il testamento. Nei casi di comunione ereditaria ciascuno dei coeredi è titolare di una quota del patrimonio del defunto. Alla comunione ereditaria si applicano le norme del codice civile sulla comunione in generale (oltre, naturalmente, alla disciplina particolare per le successioni). In conformità ai principi generali, ciascun coerede può chiedere, in qualunque momento, la divisione delle quote, facendo così cessare lo stato di comunione determinatosi al momento dell'apertura della successione cc 713.

La divisione ereditaria. Nell'ambito della divisione ereditaria possiamo distinguere tra divisione decisa dal testatore e divisione fatta su richiesta di uno o più coeredi.

1. La divisione decisa dal testatore. Si verifica qualora sia il testatore stesso a provvedere, nel testamento, alla divisione dei beni del proprio patrimonio fra gli eredi, oppure a fissare criteri direttivi circa le modalità da seguire nella divisione, determinando, in particolare, la parte spettante a ciascuno dei coeredi. In quest'ultimo caso le condizioni poste dal testatore sono vincolanti per gli eredi, e i beni del patrimonio non cadono in comunione, ma vengono acquistati a titolo di proprietà dai singoli beneficiari dal momento in cui abbiano accettato l'eredità.

2. La divisione fatta su iniziativa dei coeredi. Può essere di due tipi: amichevole e giudiziale. La divisione amichevole non è soggetta a una disciplina particolare; se il patrimonio da dividere comprende beni immobili, va fatta per atto scritto e successivamente trascritta nei pubblici registri. Per la divisione giudiziale la legge prevede regole specifiche. Chi intende procedere alla divisione deve proporre la domanda nei confronti di tutti i coeredi e di tutti gli eventuali creditori del defunto. Se non sorgono contestazioni la divisione è disposta dal giudice istruttore con ordinanza; in caso contrario cpc 785 la causa viene inviata al collegio per la trattazione nelle forme ordinarie fino alla sentenza che dispone la divisione. 

La collazione ereditaria. È un istituto che opera in sede di divisione ereditaria nei casi in cui il defunto abbia fatto, nel corso della sua vita, delle donazioni ai li, al coniuge o ai discendenti. I beneficiari delle donazioni devono, al momento della divisione, conferire alla massa ereditaria i beni ricevuti cc 737. In questa ipotesi, infatti, la legge presume che il de cuius abbia voluto anticipare a questi soggetti una parte della loro quota, senza però voler alterare l'assegnazione fatta nel testamento o stabilita dalla legge. Qualora risulti in maniera inequivocabile l'intenzione del testatore di attribuire il bene a un certo soggetto in aggiunta alla quota ereditaria a lui spettante, la collazione non si applica, purché il valore complessivo dei beni attribuiti all'erede non superi la porzione disponibile. 

1. Modalità della collazione. Per quanto riguarda i beni soggetti a collazione, se oggetto della donazione è una cosa immobile, la collazione si può fare cc 746 o conferendo il bene in natura o imputando il valore del bene al tempo dell'apertura del testamento, alla propria porzione; se è una cosa mobile (o una cosa immobile che sia stata però già venduta) la collazione si fa per imputazione cc 750: invece di consegnare il bene, si darà la cifra in denaro corrispondente al valore della cosa al momento dell'apertura della successione. Nel caso in cui oggetto della donazione sia una somma di denaro la collazione si attua secondo tale modalità: l'importo della donazione viene contabilmente assegnato al donatario e, contemporaneamente, ogni discendente non donatario riceve materialmente una pari somma prelevata dal denaro esistente nell'eredità. Se il denaro contenuto nell'eredità (relictum) non è sufficiente e il donatario non vuole conferire direttamente la somma ricevuta in donazione, i discendenti non donatari effettuano prelevamenti di beni mobili o immobili esistenti nell'eredità cc 751; se oggetto della donazione sono titoli di stato o azioni quotate, la collazione si fa sulla base dei listini di borsa, sempre con riferimento al tempo dell'apertura della successione. Dalla collazione sono escluse: le spese di mantenimento e di educazione; quelle sostenute per malattia, abbigliamento, nozze; le liberalità fatte in occasione di servizi resi o in conformità agli usi; le spese per il convivio nuziale e per l'istruzione artistica o professionale, qualora non eccedano notevolmente la misura ordinaria.







I DIRITTI REALI E IL POSSESSO


  • Introduzione

I diritti reali (dal latino res = cosa) sono diritti sulle cose, che attribuiscono al loro titolare il potere di trarne utilità. Il potere sulla cosa che deriva dalla titolarità di un diritto reale può essere pieno ed esclusivo, come nel caso della proprietà, oppure limitato, come nel caso della servitù di passaggio (diritto di un proprietario di un fondo di passare su quello del vicino). I diritti reali sono detti assoluti, nel senso che essi possono essere fatti valere nei confronti di tutti (erga omnes),a differenza dei diritti di credito, che si fanno valere nei confronti di chiè debitore e che per questa ragione sono definiti diritti relativi. Oltreal diritto reale rappresentato dalla proprietà, vi sono due gruppi di diritti reali (detti diritti reali su cosa altrui), rispettivamente di godimento e di garanzia.

I primi consentono di trarre dalla cosa soltanto definitee limitate utilità, e sono: l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, la superficie,la servitù, l'enfitèusi. I diritti reali di garanzia attribuiscono al titolare il potere di soddisfarsi sulla cosa posta a garanzia del proprio credito, con preferenza rispetto agli altri creditori e sono: il pegno e l'ipoteca. A differenza dei diritti reali che sono situazioni di diritto, il possessoè il potere di fatto su di una cosa, che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o ad altro diritto reale cc 1140; è possibile possedere direttamente, ma anche per il tramite di un altro soggetto, che si qualifica come semplice detentore

  • I beni cc 810 In senso giuridico è definito bene qualunque cosa possa costituire oggetto di diritti. Per essere definiti tali i beni devono essere cose appropriabili che abbiano un valore di scambio o un mero valore morale. Le cose che non sono suscettibili di appropriazione esclusiva (come l'aria, l'acqua del mare, il calore solare) non sono oggetto di diritto e non rientrano, pertanto, nella definizione giuridica di beni. Oltre alle cose in senso fisico, oggetto di diritti possono essere le attività dell'uomo, le creazioni intellettuali, l'energia, gli aspetti della personalità. I beni si possono classificare in diverse categorie. La distinzione più comune divide i beni a seconda della loro natura o della loro titolarità. Secondo la loro natura essi si classificano in:

a) beni corporali e incorporali: i primi sono tutte le cose dotate di materialità, che si percepiscono con i sensi; i secondi sono i beni che possono essere percepiti con il pensiero come le opere dell'ingegno, le invenzioni industriali, le opere letterarie;

b) beni fungibili e infungibili: sono fungibili i beni che possono essere misurati, pesati, numerati e che, essendo cose generiche, possono essere scambiate con altre dello stesso tipo (ad es., il denaro); sono infungibili le cose individualizzate e diversificate, che non possono essere sostituite con altre;

c) beni consumabili e inconsumabili: i primi non sono suscettibili di uso continuativo o ripetuto (i commestibili, le bevande, il carbone). Rientra in questa categoria anche il denaro perché per utilizzarlo occorre spenderlo. Inconsumabili sono le cose che possono essere utilizzate ripetutamente anche se con l'uso si deteriorano. Le cose consumabili non possono essere oggetto di usufrutto che presuppone il godimento della cosa;

d) beni divisibili e indivisibili: sono divisibili tutte le cose che possono essere scomposte in parti omogenee non compromettendo l'uso a cui era destinata la cosa intera (un fondo, un edificio, il denaro); indivisibili tutte le altre. La volontà delle parti o la legge può considerare indivisibile un bene che in realtà non lo è (le parti comuni di un edificio in un condominio, i diritti di servitù, di pegno e di ipoteca);

e) beni mobili e immobili: sono immobili il suolo e tutte le cose a esso incorporate sia per coesione organica (alberi) sia per coesione inorganica (costruzioni); lo sono anche i mulini, i bagni e gli edifici galleggianti permanentemente uniti alla riva o all'alveo del fiume. Sono mobili tutti gli altri beni, cioè generalmente tutti quei beni che si possono trasportare da un luogo a un altro. I contratti che hanno per oggetto il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali su di essi richiedono la forma scritta e sono soggetti a trascrizione per essere opponibili ai terzi. La stessa disciplina si applica per beni mobili iscritti in pubblici registri (navi, aeromobili e altri veicoli). Per i beni mobili, soggetti a più frequenti e rapidi trasferimenti, è sufficiente essere possessori in buona fede, in virtù di un titolo idoneo a trasferire la proprietà, per poter opporre a chiunque l'avvenuto acquisto del bene. I beni sono inoltre classificabili in base alla titolarità: in questo senso si distingue tra beni privati e beni pubblici.




CLASSIFICAZIONE DEI BENI

in base alla natura





a. corporali/incorporali




b. fungibili/infungibili




c. consumabili/ inconsumabili




d. divisibili/indivisibili




e. mobili/immobili



in base alla titolarità





privati




pubblici demaniali




patrimoniali indisponibili






  • La proprietà

La disciplina della proprietà è contenuta nella Costituzione, nel codice civile e in numerose leggi speciali. La Costituzione cost 42 stabilisce che «la proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi prevedibili dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale». Il codice civile cc 832 afferma invece che la proprietà è il diritto di «godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico».

1. Permanenza ed estensione del diritto. Il proprietario può anche, per lungo tempo, non esercitare i diritti inerenti all'essere titolare di un bene, senza con ciò perderne la proprietà; l'omesso esercizio lo espone però al rischio che altri si impossessi del bene e ne acquisti la proprietà per usucapione. La proprietà fondiaria si estende, oltre che ai confini del fondo, anche al sottosuolo con tutto ciò che vi è contenuto (a eccezione delle acque pubbliche, miniere, giacimenti di gas naturale, beni archeologici e di interesse storico) consentendo al proprietario di realizzare qualsiasi escavazione che non danneggi il vicino; egli non può, inoltre, opporsi a quelle attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo e a tale altezza nello spazio che egli non abbia interesse a escluderle.

Modi di acquisto. Il codice cc 922 distingue due modi di acquisto della proprietà: a titolo originario e a titolo derivativo. Sono modi di acquisto a titolo originario (che non determinano il trasferimento del diritto dal proprietario ad un altro soggetto): l'occupazione, l'invenzione, l'accessione, la specificazione, l'unione e commistione, l'usucapione. A titolo derivativo la proprietà si acquista per effetto di contratti e per successione ereditaria; il proprietario che trasferisce il diritto è definito dante causa, l'acquirente del diritto è detto successore o avente causa.

1. Occupazione. cc 923 È un modo di acquisto a titolo originario della proprietà, operante esclusivamente per i beni mobili, che consiste nell'impossessarsi di una cosa che non sia mai stata di proprietà di nessuno oppure volutamente abbandonata dal proprietario, volontarietà essenziale per distinguere le cose abbandonate da quelle smarrite. Oggi,L 968 27/12/1977 la fauna selvatica fa parte del patrimonio indisponibile dello Stato, ma non essendo stata abolita la caccia alcune specie consentite sono ancora appropriabili da parte del cacciatore.

2. Invenzione. cc da 927 a 931 È un modo di acquisto a titolo originario della proprietà di un bene mobile che sia stato smarrito da un terzo. Chi lo rinviene è tenuto a restituirlo al proprietario nell'ipotesi che conosca la persona alla quale la cosa appartiene; diversamente deve consegnarla senza ritardo al sindaco del Comune dov'è avvenuto il ritrovamento. Se entro 1 anno non si presenta il proprietario, il ritrovatore acquista la proprietà della cosa smarrita. Nell'eventualità che il proprietario della cosa smarrita si presenti per la restituzione, questi è tenuto a are un premio al ritrovatore nella misura del 10% del valore della cosa rinvenuta.

3. Accessione. cc da 934 a 938 È un modo di acquisto a titolo originario della proprietà in forza del quale qualsiasi piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di quest'ultimo, salvo che la legge o l'accordo delle parti prevedano diversamente. Il codice civile prevede un'eccezione importante a tale principio, quella della cosiddetta accessione invertita, in cui non è il proprietario del suolo ad acquistare il manufatto, ma è il proprietario dell'opera che acquista la proprietà del suolo ove essa si trova. Perché l'accessione invertita abbia luogo occorre che: l'occupazione del fondo sia avvenuta in buona fede, senza che il proprietario del suolo abbia proposto opposizione. L'accessione di cosa immobile a cosa immobile si verifica nelle ipotesi di alluvione, abbandono dell'àlveo e avulsione.

4. Specificazione. cc 940 È un modo di acquisto a titolo originario della proprietà, che si ha quando un soggetto adopera una materia che non gli appartiene per formare una nuova cosa, che diviene di sua proprietà (ad es., quando uno scultore realizza una statua con marmo altrui ne diviene proprietario ma deve are il prezzo della materia al legittimo proprietario).

5. Unione e commistione. cc 939 Costituiscono un modo di acquisto a titolo originario della proprietà. Propriamente, il termine unione è utilizzato quando si tratta del congiungimento di due cose che non perdono la loro individualità pur risultando inseparabili (ad es., l'incastonamento di una gemma in un anello); commistione si riferisce invece alla mescolanza di solidi che diventano non più distinguibili tra loro (come succede quando in un unico contenitore vengono versati sacchi di grano appartenenti a distinti proprietari).

Limiti. Il godimento della cosa e la facoltà di disporne non sono assoluti, ma sottoposti a limiti che vengono, solitamente, distinti in limiti pubblici e privati.

1. Limiti pubblici. I limiti posti nell'interesse pubblico tendono a crescere anche in considerazione dell'accentuata necessità di proteggere meglio il territorio, le acque, i boschi; tra di essi sono da menzionare, oltre alle requisizioni e agli ammassi, le distanze legali da strade, autostrade, ferrovie e cimiteri, nonché le imposizioni sui fondi per assicurare certe utilità alla pubblica amministrazione, quali il passaggio di linee telefoniche ed elettriche, i vincoli forestali e idrogeologici. Ulteriori limiti sono costituiti dalle norme poste a tutela dei beni di interesse storico e artistico. Sempre nell'ambito della imposizione di limiti posti nell'interesse pubblico, lo Stato per attuare opere pubbliche o razionalizzare lo sfruttamento del suolo può talvolta ricorrere all'espropriazione, ossia al trasferimento obbligatorio dei beni in proprietà a privati a favore di enti pubblici quali, ad es., Regioni, Province, amministrazioni statali. L'espropriazione comporta per chi la subisce il diritto a un indennizzo.

2. Limiti privati. I limiti alla proprietà posti nell'interesse privato tendono essenzialmente a regolare i rapporti tra proprietà vicine: sono quelli relativi all'accesso al fondo da parte del vicino, alle distanze nelle costruzioni e piantagioni, alle luci e vedute, allo stillicidio. Particolare rilevanza hanno i limiti concernenti le immissioni e quelli che comportano il divieto degli atti di emulazione: il proprietario non può immettere sul fondo del vicino fumo, calore, rumori e gas che superino la normale tollerabilità, la quale viene valutata in considerazione dei luoghi e delle situazioni ove le immissioni hanno luogo. Il divieto degli atti di emulazione si sostanzia nell'impossibilità per il proprietario di porre in essere comportamenti unicamente finalizzati a nuocere e molestare terzi.

Tutela della proprietà: azioni petitorie. A difesa della proprietà, il codice civile disciplina le azioni petitorie, volte ad accertare chi sia l'effettivo titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale su di un bene.



1. Azione di rivendicazione. cc 948 È l'azione più importante e consente al proprietario di un bene che non sia in possesso del medesimo di chiederne la restituzione a colui che ne abbia la disponibilità. È necessario provare davanti all'autorità giudiziaria la titolarità del diritto di proprietà.

2. Azione negatoria. cc 949 Mediante tale azione il proprietario che subisce molestie o turbative da parte di terzi, che teme di subire un qualsiasi pregiudizio riguardante il suo diritto di proprietà, può chiedere all'autorità giudiziaria una sentenza che accerti l'inesistenza dei diritti che i terzi vantano sul suo bene e faccia cessare le eventuali turbative o molestie. Questa azione, a differenza di quella di rivendicazione, non è indirizzata a dimostrare l'esistenza del diritto di proprietà in capo a chi la propone, bensì ­ più limitatamente ­ ad accertare che il diritto di proprietà vantato è incondizionato, cioè libero da qualsiasi obbligo nei confronti dei terzi.

3. Azione di regolamento di confini. cc 950 Questa azione consente di stabilire, con l'intervento del giudice, il confine tra due fondi adiacenti quando vi sia incertezza sulla demarcazione tra i due immobili. Entrambe le parti confinanti hanno l'onere di provare la rispettiva estensione del loro diritto; tale prova può essere fornita con ogni mezzo.

4. Azione per apposizione di termini. cc 951 Si ricorre a questa azione quando il confine esistente tra due fondi sia certo e individuato, però manchino o siano divenuti irriconoscibili i termini, cioè quei segni di pietra o di altro materiale che vengono normalmente apposti sulla linea di confine per separare fisicamente i due immobili contigui.









  • La comunione

È la situazione in cui più soggetti sono titolari di un medesimo diritto reale sullo stesso bene. Qualora il diritto in questione sia quello di proprietà si parla di comproprietà e i titolari sono denominati condòmini; mentre nel caso di comunione di altri diritti reali i titolari sono definiti comunisti. La misura del diritto di ciascun comproprietario è quantificabile e rappresentata dalla quota (ad es., se il bene in comunione è costituito da un fondo che produce frutti e un soggetto è titolare di una quota pari a un terzo, a questi spetterà un terzo dei frutti prodotti).

1. Origini. La comunione sorge a seguito di contratto, di successione ereditaria e per legge in certi casi particolari, quali, ad es., la comunione delle parti comuni di un edificio (scale, tetto ecc.) o del muro su confine (comunione forzosa). Se l'atto in forza del quale è sorta la comunione non dispone diversamente, i partecipanti cc 1102 possono servirsi della cosa comune a condizione di non alterarne la destinazione, né impedire agli altri partecipanti alla comunione di farne un uso conforme al loro diritto.

2. Spese e amministrazione. Ciascuno partecipa alle spese in proporzione delle rispettive quote, che possono essere vendute o ipotecate. Per le decisioni relative all'amministrazione e alla conservazione del bene occorre la volontà favorevole della maggioranza dei partecipanti, calcolata non secondo criterio numerico, ma sulla base del valore delle quote cc 1105. L'alienazione del bene comune richiede il consenso di tutti i partecipanti. Le decisioni della maggioranza possono essere impugnate dinanzi al giudice dal comunista dissenziente.

3. Scioglimento. La comunione si scioglie con la divisione, che può essere domandata da qualunque tecipante cc 1111. La divisione può farsi sulla base dell'accordo degli interessati o, in mancanza di esso, dal giudice.

Il condominio. Tipo di comunione avente per oggetto un edificio. Ogni condòmino ha la proprietà esclusiva di uno o più appartamenti, mentre alcune parti dell'edificio, quali, ad es., il suolo su cui esso sorge, le fondazioni, le scale, i muri maestri, il tetto e il cortile appartengono in comunione ai diversi condòmini. Questi ultimi hanno sulle parti comuni un diritto di quota, proporzionale al valore delle loro proprietà ed espresso in millesimi cc 1117. Il diritto di quota è inseparabile dalla proprietà dell'appartamento e la comunione delle parti comuni non può essere sciolta su richiesta dei condòmini.

1. Uso e amministrazione delle parti comuni. Per quanto concerne l'uso e l'amministrazione delle parti comuni sono previsti due organi: l'assemblea e l'amministratore. Ogni condòmino cc 1102 può servirsi delle parti comuni se non ne altera la destinazione e non impedisce agli altri condòmini di farne lo stesso uso secondo il loro diritto. Può anche apportare a proprie spese delle modificazioni che migliorino il godimento del bene. Non può però estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri, se non per usucapione (20 anni di palese uso esclusivo). Altra norma basilare cc 1122 è quella che vieta al condòmino di eseguire nella sua proprietà opere che rechino danno alle parti comuni. In deroga alla regola secondo cui tutte le innovazioni della cosa comune devono essere adottate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio, la legge dispone che per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di riscaldamento l'assemblea di condominio decide a maggioranza. Più in generale, gli interventi di recupero relativi a un unico immobile composto da più unità immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condòmini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio.

a) Controversie fra condòmini. Devono essere discusse e risolte dall'assemblea del condominio, che vota le decisioni a maggioranza assoluta dei presenti, i quali devono rappresentare almeno la metà più uno dei millesimi totali. Se la delibera non viene accettata da uno o più dei condòmini in disaccordo la discussione deve essere portata davanti al giudice civile con l'ausilio di un avvocato

  • La multiproprietà

È un particolare investimento in beni durevoli, per lo più immobili, che consente di diventare proprietario dell'oggetto in questione per un periodo di tempo determinato ­ qualche mese o qualche settimana ­ che si ripete ogni anno. Attualmente la materia non è disciplinata da alcuna legge. Secondo alcuni, all'istituto della multiproprietà dovrebbe applicarsi la disciplina dettata per la comunione; ma le più recenti interpretazioni propendono per una diversa definizione: nel caso della multiproprietà non vi sarebbe comunione bensì una coesistenza di distinte proprietà su beni altrettanto distinti, che corrispondono nel loro numero alle frazioni temporali di godimento del bene attribuite a ciascun singolo multiproprietario. Ne consegue che i rapporti tra i diversi proprietari non possono essere regolati dalle norme dettate per la comunione, ma devono essere ricondotti alla disciplina del condominio e del buon vicinato



  • La superficie

(cc 952) Costituisce un diritto reale di godimento dal contenuto assai ampio. Esso consente, infatti, a colui che ne sia titolare (il superficiario) di erigere e mantenere al di sopra o al di sotto del suolo una costruzione di qualsiasi genere, a esclusione delle piantagioni; appartiene originariamente al proprietario del suolo, il quale può concederlo a terzi perché questi vi edifichino oppure, nel caso sia già esistente un fabbricato, può alienare la proprietà della costruzione riservandosi quella del suolo sul quale essa si alza. Il diritto di superficie può essere costituito dal proprietario in favore di un terzo, sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato: in quest'ultimo caso, allo scadere del termine, il diritto si estingue e le costruzioni che siano state nel frattempo edificate divengono di proprietà di colui al quale il suolo appartiene. Il diritto di edificare si estingue per prescrizione se il superficiario non ne fa uso per 20 anni, mentre se è la costruzione a perire ciò non comporta l'estinzione del diritto salvo che ciò fosse stato espressamente pattuito tra le parti.


  • L'enfitèusi

(cc 959 s )È un diritto reale che attribuisce alla persona, in favore della quale è costituito, lo stesso potere di godimento di un fondo spettante al proprietario. L'enfiteuta ha l'obbligo di are al proprietario concedente un canone periodico in denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali, e quello di provvedere al miglioramento del fondo. Il diritto di enfitèusi può essere perpetuo o temporaneo (cioè valido per un periodo limitato, in ogni caso non inferiore a 20 anni); nasce per contratto o per testamento. L'enfiteuta può acquisire la proprietà del fondo con l'affrancazione, che diviene efficace mediante il amento di una somma pari a 15 volte il canone annuo. Se il concedente si rifiuta di accogliere la dichiarazione di affrancazione, l'enfiteuta può rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza che la pronunci. Il diritto dell'enfiteuta si estingue per i motivi seguenti: per non uso protratto per 20 anni; quando è decorso il termine (se l'enfiteusi è temporanea); quando il fondo è perito; per inadempimento dell'enfiteuta dell'obbligo di non deteriorare il fondo o di migliorarlo; quando l'enfiteuta è moroso nel amento di almeno due annualità del canone. L'enfiteuta ha diritto a un'indennità per i miglioramenti apportati al fondo oggetto del suo diritto. Se il fondo è gravato da imposte, queste sono a carico dell'enfiteuta.


  • L'usufrutto

(cc 981) È un diritto reale di usare la cosa altrui e trarne i frutti rispettandone però la destinazione economica. Per destinazione economica si intende la particolare utilità che la cosa presenta al momento della costituzione dell'usufrutto avendo riguardo non alla funzione cui sarebbe idonea ma allo scopo al quale è, di fatto, destinata: se oggetto dell'usufrutto è, ad es., un vigneto, esso non può essere trasformato in un prato, né un frutteto può essere trasformato in seminativo. L'usufrutto cc 978 324 viene costituito contrattualmente o per atto di ultima volontà; esiste anche un caso di usufrutto legale, ovvero stabilito dalla legge, cioè quello spettante a entrambi i genitori sui beni dei li minori. Se la costituzione dell'usufrutto è volontaria e oggetto del diritto sono beni immobili, l'atto di costituzione deve essere stipulato per iscritto e quindi trascritto. Esso è temporaneo e non può in ogni caso eccedere la durata della vita dell'usufruttuario cc 979; quando è costituito a favore di persona giuridica non può superare la durata di 30 anni; la temporaneità è dovuta all'intenzione del legislatore di non svuotare di ogni utilità il diritto di proprietà e di non creare ostacoli alla circolazione dei beni.

1. Diritti dell'usufruttuario. Il diritto dell'usufruttuario comprende oltre al possesso della cosa anche quello di acquistare i frutti che derivano dalla cosa per tutta la durata dell'usufrutto. L'usufruttuario ha il diritto cc 2810 di cedere a terzi l'usufrutto e concedere ipoteca sullo stesso e a lui è dovuta cc 985 anche un'indennità per i miglioramenti apportati alla cosa e che sussistono al momento della sua restituzione al proprietario cc 986.

2. Obblighi dell'usufruttuario. L'usufruttuario è obbligato cc 1001, oltre che a restituire la cosa al termine dell'usufrutto, anche a godere della stessa secondo la «diligenza del buon padre di famiglia»; egli deve inoltre cc 1002 redigere l'inventario delle cose ricevute in usufrutto e sostenere le spese di amministrazione, manutenzione ordinaria e custodia, prestando altresì al proprietario idonea garanzia cc 1003

3. Estinzione dell'usufrutto. Il diritto in oggetto si estingue, cc 1014 oltre che allo scadere del termine pattuito o con la morte dell'usufruttuario, anche per effetto del non uso durato per 20 anni, quando nella stessa persona vengono a riunirsi usufrutto e nuda proprietà o quando la cosa perisca totalmente; può anche cessare per gli abusi commessi dall'usufruttuario il quale alieni i beni in usufrutto, li deteriori o li lasci perire per mancanza delle ordinarie riparazioni cc 1015.


  • Uso e abitazione
    (cc 1021) L'uso comporta per il suo titolare (usuario) la facoltà di usare e godere della cosa in modo diretto per il soddisfacimento di un proprio bisogno attuale e personale. Se il bene in uso è cosa fruttifera l'usuario può, a differenza dell'usufruttuario, raccogliere solo i frutti utili al consumo materiale diretto nei limiti dei bisogni personali e della propria famiglia, valutati secondo la sua condizione sociale cc 1023. Se il diritto d'uso ha per oggetto un fondo le spese di coltura nonché le riparazioni ordinarie sono a carico dell'usuario cc 1025. L'abitazione è il diritto reale di abitare una casa di proprietà altrui cc 1022. Tale diritto si estende, salvo patto contrario, anche agli accessori quali, ad es., il giardino, il garage, la cantina. Spetta cc 1023 al titolare e ai suoi familiari, ai genitori, ai fratelli e anche alle persone di servizio. Il titolare del diritto è tenuto al amento delle riparazioni ordinarie e non può né vendere né affittare ad altri la casa avuta in abitazione. In caso di decesso del coniuge cc 540, al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione della casa che era destinata a residenza familiare, anche se vi siano altri soggetti che ereditano i beni del defunto cc 155.

  • Le servitù prediali cc 1027 Diritti reali (dal latino praedium, fondo) che consistono in un peso gravante su un fondo a vantaggio di un fondo limitrofo o vicino appartenente a diverso proprietario. La servitù esiste in varie forme e può consistere nell'imposizione al proprietario del fondo servente di astenersi dal compiere una determinata attività (ad es., di non sopraelevare un edificio) oppure di sopportare l'attività del titolare del fondo dominante (per es., quando esista un diritto di attraversare a piedi o con veicoli il fondo altrui ogniqualvolta sia necessario). In nessun caso, però, può consistere nell'obbligo per il proprietario del fondo servente di compiere un'attività positiva in favore del titolare del fondo dominante.

SERVITU' PREDIALI

TIPO

CARATTERISTICHE



apparenti

l'esercizio si avvale di opere visibili e permanenti



non apparenti

l'esercizio non necessita di opere visibili



affermative

consentono di fare qualcosa sul fondo servente



negative

consentono di vietare di fare qualcosa al proprietario del fondo servente



coattive

decise dal legislatore per utilità privata o pubblica



1. Caratteristiche delle servitù. Le servitù si distinguono secondo i tipi riportati nello schema. Il modo di esercitare la servitù dev'essere stabilito dal titolo (sentenza o contratto che sia) ma, in ogni caso, va attuato in una forma tale da arrecare il minor danno possibile al titolare del fondo servente; le spese eventualmente necessarie per consentirne l'esercizio debbono essere sostenute dal titolare del fondo dominante. Questi non ha il diritto di compiere innovazioni che rendano più gravosa la servitù per il fondo servente, il cui proprietario non può compiere alcunché per limitare o rendere più difficile l'esercizio della servitù al fondo dominante.

2. Estinzione delle servitù. Le servitù si estinguono per confusione cc 1072, cioè quando il fondo servente e dominante divengano di proprietà di una sola persona, oppure per prescrizione cc 1073, quando la servitù non sia esercitata per 20 anni dal momento in cui, con sufficiente certezza, sia dimostrabile che è cessato l'esercizio o è successo un fatto che ha reso l'uso impossibile; qualora sia esercitata solo parzialmente, si conserva, tuttavia, per l'intero. 

Azione confessoria. Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative cc 1079. L'azione confessoria ha le stesse caratteristiche dell'azione di rivendicazione e si estende ai casi di usufrutto, uso e abitazione.

Servitù coattive e volontarie. cc 1032 Le coattive sono un numero limitato, corrispondente a quelle particolari situazioni nelle quali il legislatore ha riscontrato la necessità di imporre un peso su di un fondo a favore di un altro al fine di consentire la proficua utilizzazione di quest'ultimo. Consistono, ad es., nel diritto di passaggio che viene riconosciuto al proprietario di un fondo privo di qualsiasi accesso sulla pubblica via (detto passaggio coattivo) oppure nell'obbligo di consentire il passaggio sul proprio terreno di un acquedotto o l'installazione di opere indispensabili per condutture elettriche.

1. Costituzione delle servitù. A differenza delle servitù volontarie quelle coattive possono essere costituite anche in mancanza di accordo tra le parti: chi ne ha diritto può rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere una sentenza che faccia le veci del contratto che la controparte rifiuta di stipulare, mentre la pubblica amministrazione può costituirle direttamente con un proprio atto autoritativo. Anche in assenza di un contratto il titolare del fondo dominante deve corrispondere un'indennità in favore del fondo servente, determinata dal giudice con la sentenza costitutiva della servitù; prima del amento il titolare della servitù non ha diritto a esercitare il diritto che gli è stato riconosciuto. Le servitù volontarie, invece, oltre che per testamento, cc 1058 possono essere costituite unicamente con un contratto che dovrà, a pena di nullità, essere redatto per iscritto e trascritto nei pubblici registri immobiliari per renderlo opponibile ai terzi.




























  • Il possesso

La legge riconosce e disciplina il possesso tutelando colui che lo esercita dalle ingerenze altrui, presumendo che allo stato di fatto corrisponda anche l'esistenza di un diritto tale da legittimarlo.

1. Possesso e detenzione. Il possesso si distingue dalla detenzione, perché questa non è accomnata dall'intenzione di esercitare un diritto reale sulla cosa (ad es., proprietà, usufrutto ecc.); la distinzione è rilevante, perché il possesso è tutelato maggiormente della detenzione, essendo quest'ultima difesa soltanto con l'azione di spoglio e non con quella di manutenzione. Inoltre, solo il possesso consente, attraverso l'usucapione, di acquistare la proprietà o il diverso diritto reale che si esercita sulla cosa posseduta.

2. Acquisto ed esercizio del possesso. Per facilitare ulteriormente l'acquisto del diritto corrispondente allo stato di fatto, la legge cc 1142 stabilisce che il possesso si presume continuativo: chi possiede attualmente, e ha posseduto in un tempo anteriore, si presume che abbia posseduto anche nel periodo intermedio. Si presume anche cc 1141 che colui che esercita un potere di fatto su di una cosa sia possessore della stessa a meno che non venga fornita la prova che ha iniziato a esercitare tale potere come semplice detenzione. Il possesso di un bene mobile è, inoltre, determinante cc 1153 al fine dell'acquisto immediato della proprietà del medesimo purché sia accomnato dalla buona fede e dall'esistenza di un titolo idoneo a giustificare il trasferimento della proprietà del bene (regola del 'possesso vale titolo').

Azioni possessorie. cc da 1168 a 1170 Azioni previste dal legislatore allo scopo di accordare un'idonea protezione al possessore che sia disturbato nell'esercizio del proprio diritto di possesso di un bene.

1. Azione di spoglio. Questa azione, detta anche azione di reintegrazione, o pauliana, consente al possessore, di domandare ­ mediante un procedimento più semplice e più veloce rispetto a quello ordinario ­ di essere reintegrato nel possesso del bene nei confronti di colui che abbia violentemente o occultamente privato il possessore o il detentore del suo diritto. L'azione deve essere proposta al giudice entro 1 anno decorrente dal momento della spogliazione o, se lo spoglio è stato clandestino, dal giorno della scoperta dello spoglio. Lo spoglio si qualifica violento in presenza di un'attività ­ sia pur priva di azioni materialmente violente ­ manifestamente in contrasto con la volontà del possessore. Lo spoglio, invece, è clandestino se compiuto all'insaputa del possessore anche se realizzato con atti manifesti conosciuti da terzi. L'azione si rivolge contro l'autore dello spoglio, anche se quest'ultimo abbia cessato di possedere il bene.

2. Azione di manutenzione. cc 1170 Può essere utilizzata da colui che sia stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili, per ottenere dall'autorità giudiziaria un provvedimento che faccia cessare le molestie e che ripristini la situazione di fatto preesistente. L'azione deve essere esperita entro il termine di 1 anno dal verificarsi della turbativa, purché colui che la chiede vanti un possesso del bene continuo e non interrotto che duri da oltre 1 anno. Se il possessore molestato nel suo diritto avesse a sua volta acquistato il possesso violentemente o clandestinamente, perché abbia diritto a esperire l'azione di manutenzione deve essere trascorso almeno 1 anno dal momento in cui la sua violenza o clandestinità sono cessate. La molestia si differenzia dallo spoglio, perché quest'ultimo priva il possessore della disponibilità del bene, mentre la molestia si limita a impedire o ostacolare l'esercizio del possesso. Essa può consistere anche in una semplice minaccia, ma deve essere stata compiuta, in ogni caso, con la volontà o con la consapevolezza di turbare l'altrui diritto anche senza la specifica intenzione di danneggiare il possessore.

Usucapione. cc 1158 s È l'istituto giuridico in forza del quale è possibile acquistare, a titolo originario, la proprietà o un altro diritto reale di godimento su di un bene mobile oppure immobile in virtù del possesso del bene medesimo protratto nel tempo: a seconda che si tratti di immobile o mobile e che vi sia o no l'esistenza di un titolo idoneo all'acquisto del diritto reale, è necessario un periodo di tempo diverso per il perfezionarsi dell'usucapione. L'istituto risponde all'esigenza di rendere certa la proprietà dei beni e comporta il conformarsi del diritto allo stato di fatto esistente purché, s'intende, non sussista contestazione o opposizione da parte del proprietario originario del bene: proprio per questo motivo la legge richiede che il possesso non sia stato acquistato in modo violento o clandestino. Solo quando sia cessata la violenza, oppure il proprietario sia venuto a conoscenza dello spoglio, comincia a decorrere il tempo per usucapire un bene. Il decorso del tempo è interrotto se il possessore ha perduto il possesso del bene per più di 1 anno e non ha nel frattempo proposto azione giudiziaria diretta al suo recupero.





USUCAPIONE

beni

caratteristiche del possesso

anni per l'usucapione



beni mobili

iscritti in pubblici registri, acquistati in buone fede dal non proprietario con titolo idoneo a trasferire la proprietà





acquistati in buona fede, senza titolo idoneo a trasferire la proprietà





registrati, acquistati in buona fede, in mancanza di titolo idoneo a trasferire la proprietà o di trascrizione dell'acquisto sui pubblici registri





acquistati in mala fede




universalità di beni mobili

acquistata in buona fede con titolo idoneo a trasferire la proprietà





acquistata in buona fede, senza titolo idoneo




fondi rustici

acquistati in buona fede, con titolo idoneo a trasferire la proprietà





acquistati in buona fede senza titolo idoneo




beni immobili

acquistati in buona fede, a titolo idoneo a trasferire la proprietà





acquistati in buona fede, senza titolo idoneo







LE OBBLIGAZIONI

  • Introduzione

L'obbligazione è il vincolo giuridico patrimoniale in forza del quale una persona (creditore) ha diritto

di pretendere da un'altra (debitore) l'adempimento di una determinata prestazione: tale diritto si definisce diritto di credito.

Il termine indica anche la posizione passiva del rapporto obbligatorio che è comunemente definito come debito.

Riguardo alle obbligazioni in generale il codice detta alcune disposizioni preliminari. La prima individua le cosiddette

fonti delle obbligazioni,stabilendo cc 1173 che possono derivare da contratto, da fatto illecito o

da ogni atto o fatto idonei a produrle in conformità all'ordinamento giuridico.

La seconda  stabilisce cc 1174 che la prestazione oggetto dell'obbligazione dev'essere suscettibile di valutazione

economica e corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore; in altre parole, la prestazione del debitore
deve necessariamente essere quantificabile in termini economici e non può riguardare rapporti che esulano da tale campo,

come i rapporti di cortesia o di amicizia, mentre l'interesse del creditore può anche non essere economico, come nel caso di

assistere a uno spettacolo cinematografico per un interesse culturale o di svago. La terza impone cc 1175 al debitore e al

creditore l'obbligo di comportarsi secondo le regole della correttezza. Le obbligazioni si distinguono, a seconda del tipo di
prestazione cui è tenuto il debitore, in obbligazioni di dare, di fare o di non fare. Gran parte delle obbligazioni sono

obbligazioni perfette, che attribuiscono al creditore il diritto di agire in giudizio in caso
di inadempimento.Le obbligazioni non assistite
da azione giudiziaria sono definite imperfette: tra queste,le obbligazioni naturali.


  • Obbligazioni naturali

cc 2034 Sono obbligazioni imperfette, in quanto a esse l'ordinamento riconosce soltanto alcuni degli effetti propri delle obbligazioni civili; in particolare non si attribuisce al creditore azione giudiziaria per ottenere l'adempimento coattivo, per cui in caso di inadempimento il debitore non è soggetto a esecuzione forzata, ma è esclusa la ripetizione (cioè la possibilità di ottenere la restituzione) di quanto è stato spontaneamente ato. I casi di obbligazioni naturali possono essere espressamente indicati dalla legge o essere individuati dal giudice, quando riscontra un adempimento spontaneo di un obbligo morale o sociale. Esempi del primo tipo sono:

-­ l'adempimento spontaneo di un debito di gioco o di una scommessa;

­- il amento spontaneo di un debito già scaduto e prescritto.

Esempio del secondo tipo è la prestazione di alimenti a favore di parenti legittimi che non abbiano titolo giuridico per pretenderli.

  • Obbligazioni alternative

cc 1285 L'obbligazione è alternativa quando ha per oggetto due o più prestazioni previste alternativamente, di modo che il debitore è liberato con l'esecuzione di una sola di esse. Classico esempio è quello di un abbonamento teatrale che dà diritto ad assistere alla rappresentazione di un certo numero di spettacoli, scelti dall'abbonato nell'ambito di quelli in programma. La facoltà di scelta spetta al debitore, se non è stata attribuita al creditore o a un terzo. Il debitore non può però costringere il creditore a ricevere parte di una e parte dell'altra prestazione, per cui, effettuata la scelta, deve eseguire totalmente una delle prestazioni.









  • Obbligazioni generiche e specifiche

Le obbligazioni che hanno per oggetto una prestazione di dare o consegnare si dividono in obbligazioni generiche e obbligazioni specifiche. Le obbligazioni generiche cc 1178 hanno per oggetto una prestazione non specificatamente individuata. L'oggetto della prestazione non deve però essere troppo indefinito; ad es., non avrebbe rilevanza giuridica l'assunzione di un impegno a consegnare un animale o a fornire una certa quantità di frutta, senza ulteriori indicazioni. Il codice stabilisce che quando l'obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media, cioè che, anche se non ottime, non siano scadenti. La genericità dell'obbligazione è concepibile soltanto in una prima fase del rapporto obbligatorio, in quanto al momento dell'esecuzione la prestazione dev'essere necessariamente determinata; le parti possono liberamente scegliere che l'individuazione della prestazione avvenga in un momento anteriore all'esecuzione. Le obbligazioni specifiche sono, invece, quelle in cui l'oggetto della prestazione è ben determinato (ad es., l'obbligo a trasferire la proprietà di un quadro, di cui sia indicato l'autore e il titolo). In questi casi il debitore deve dare esattamente la cosa di cui si tratta, anche se di qualità scadente, e solo con la consegna di essa è liberato.


  • Obbligazioni di mezzi e di risultato

Le obbligazioni di fare possono dare luogo ad obbligazioni di mezzi oppure di risultato. Le obbligazioni di mezzi, dette anche di diligenza, consistono nell'impiego diligente dei mezzi a propria disposizione, quali le prestazioni oggetto dei contratti di lavoro e dei contratti d'opera. L'aspettativa del creditore non è data dal conseguimento di un determinato risultato, bensì dall'uso della diligenza da parte del debitore. Le obbligazioni di risultato consistono nel conseguimento di un determinato risultato, quali le prestazioni dell'appaltatore e del vettore.


  • Obbligazioni parziarie Nel caso di pluralità dei soggetti (debitori o creditori) si definisce l'obbligazione come parziaria quando ciascuno dei creditori di un medesimo debitore può esigere da questo solo la sua parte della prestazione (parziarietà attiva), o quando ciascuno dei debitori di un medesimo creditore può essere costretto a are solo la sua parte, in modo che il creditore per ottenere l'intero dovrà agire nei confronti di tutti i debitori (parziarietà passiva). L'obbligazione parziaria presenta necessariamente la caratteristica della divisibilità.

  • Obbligazioni solidali L'obbligazione è solidale, o 'in solido', cc 1292 quando, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l'intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri, e quando, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l'intera prestazione, e l'adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri creditori; nel primo caso si parla di solidarietà passiva, nel secondo caso di solidarietà attiva.

1. Rapporto tra concreditori e condebitori. Per quanto concerne il rapporto interno intercorrente tra i concreditori o i condebitori cc 1298, si assiste a una divisione dell'obbligazione in solido tra i diversi debitori o i diversi creditori, a meno che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di qualcuno di essi. Il condebitore che ha ato ha azione di regresso (rivalsa) nei confronti degli altri, così che deve rivolgersi a ciascuno dei restanti condebitori per ottenere il rimborso della sua parte; il concreditore che ha riscosso deve corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza. Salvo diversa pattuizione, le parti di ciascuno dei condebitori o di ciascuno dei concreditori si presumono uguali. La prestazione avente per oggetto una obbligazione indivisibile è necessariamente solidale.


  • Obbligazioni pecuniarie

Hanno per oggetto una prestazione di dare una somma di denaro, come, ad es., l'obbligazione del compratore di are il prezzo o del mutuatario di restituire la somma ricevuta in prestito; l'adempimento consiste nel versare al creditore la somma dovuta e ha effetto liberatorio per il debitore.

1. Il principio nominalistico. Il amento dell'obbligazione pecuniaria va fatto cc 1277 con moneta che abbia corso legale nello Stato al tempo dell'adempimento e per il suo valore nominale. Si tratta del cosiddetto principio nominalistico, in base al quale si deve aver riguardo al valore nominale che alla moneta è attribuito dallo Stato e non al valore effettivo di essa in base al potere di acquisto; in altre parole, il debitore si libera ando la somma originariamente determinata, anche se il suo potere di acquisto si è modificato nel tempo intercorso fra la nascita del debito e la sua scadenza. Il principio nominalistico può provocare degli inconvenienti a causa del mutare del potere di acquisto del denaro, in particolare in periodi di forte inflazione.

2. Clausole di garanzia. Per salvaguardare il creditore contro il rischio di svalutazione della moneta, o ipoteticamente il debitore in caso di rivalutazione, le parti possono stabilire che la somma dovuta sia variabile in relazione a determinati indici, di modo che essa conservi un potere di acquisto costante. Varie sono tali clausole di garanzia monetaria: la più diffusa è la cosiddetta clausola-oro, mediante la quale le parti stabiliscono che sia dovuta la somma di denaro equivalente al valore di una certa quantità di oro al momento del amento. Per gli stessi fini le parti possono anche riferirsi al corso di una valuta straniera sul mercato dei cambi, al prezzo di una certa merce o a un indice statistico del costo della vita.

3. Interessi compensativi. L'obbligazione di corrispondere una somma di denaro liquida è automaticamente accomnata, salvo che le parti l'abbiano espressamente esclusa, dall'obbligazione accessoria di corrispondere gli interessi, definiti compensativi, in misura del tasso legale cc 1284, a meno che le parti si siano accordate su un tasso d'interesse più elevato. In quest'ultimo caso, tuttavia, gli interessi debbono essere determinati per iscritto, per non dar luogo a fenomeni di usura; in mancanza di patto scritto, sono dovuti al tasso legale.



OBBLIGAZIONE

tipo

prestazione

di dare

il debitore deve consegnare un bene o una somma di denaro

di fare

il debitore deve compiere una determinata azione o attività

di non fare

il debitore è impegnato a non (obbligazione compiere una determinata negativa) attività o azione



  • L'adempimento

Realizzazione della prestazione alla quale è tenuto il debitore in ogni rapporto derivante da obbligazione. Nei contratti tale termine indica la esatta realizzazione delle prestazioni cui le parti si sono obbligate: ad es., nella compravendita il venditore deve far acquistare la proprietà al compratore, che deve a sua volta are il prezzo del bene acquistato; l'attuazione di tali reciproche prestazioni costituisce l'adempimento delle prestazioni spettanti alle parti nel contratto. Il legislatore pone in termini generali il principio secondo il quale il debitore nell'adempiere la propria obbligazione «deve usare la diligenza del buon padre di famiglia» cc 1176. Il debitore deve eseguire la prestazione per intero: il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se l'obbligazione è divisibile cc 1181. L'adempimento è un atto dovuto: al debitore non è richiesto il possesso della capacità di agire al momento dell'adempimento; il creditore che riceve l'adempimento deve, invece, essere capace di agire.

1. Il tempo dell'adempimento. La prestazione deve essere effettuata dal debitore a richiesta del creditore o, se è stato fissato un termine, alla scadenza di questo. Nella prima ipotesi il creditore può esigere la prestazione in qualunque momento cc 1183. Nel secondo caso, il termine fissato si presume a favore del debitore, salvo diversa pattuizione: il creditore pertanto non può esigere la prestazione prima della scadenza del termine cc 1185.

2. Il luogo dell'adempimento. Per quanto riguarda il luogo dell'adempimento, si osservano le seguenti norme cc 1182:

-­ l'obbligazione di consegnare una cosa determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava quando l'obbligazione è sorta;

­- l'obbligazione avente per oggetto una somma di denaro va adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza;

­- ogni altra obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza.


  • Altri modi di estinzione delle obbligazioni L'adempimento costituisce la causa tipica di estinzione dell'obbligazione: l'ordinamento disciplina tuttavia modi di estinzione delle obbligazioni diversi quali la compensazione, la confusione, la novazione, la remissione del debito, la impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore.

La compensazione. cc da 1241 a 1252 È totale o parziale a seconda che le obbligazioni reciproche abbiano o meno lo stesso ammontare. È basata su un criterio di economia e praticità, giacché è inutile che una persona, contemporaneamente creditrice e debitrice di un'altra, hi per riavere indietro quanto ha dato. Si distinguono tre tipi di compensazione: legale, giudiziale, volontaria.

1. La compensazione legale. Opera allorché i debiti reciproci abbiano per oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere, siano liquidi, cioè esistenti e determinati nel loro ammontare, ed esigibili; essa si verifica nel momento in cui i debiti abbiano tali requisiti, deve essere eccepita dal debitore, e non può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

2. La compensazione giudiziale. Si verifica quando il debito opposto in compensazione non è liquido, ma è di facile pronta liquidazione; il giudice procederà a liquidare il debito, e a pronunciare la compensazione, che quindi opera dal momento della sentenza.

3. La compensazione volontaria. Deriva da un contratto appositamente stipulato fra le parti, per estinguere debiti e crediti reciproci, anche ove non vi siano le condizioni richieste per la compensazione legale o giudiziale.

La confusione. cc 1253 Riunione nella stessa persona delle qualità di creditore e di debitore, per cui l'obbligazione si estingue. Tale riunione può aver luogo in due ipotesi:

a) per atto tra vivi (ad es., nel caso di fusione di due società tra cui intercorra un rapporto di credito, la nuova società nata dalla fusione diviene titolare di entrambe le situazioni soggettive relative a tale rapporto);

b) mortis causa (per causa di morte), cioè in via di successione ereditaria, quando il creditore diventa erede del debitore o viceversa.

La novazione. cc da 1230 a 1235 Estingue un'obbligazione preesistente sostituendola con una nuova; può essere soggettiva oppure oggettiva. È soggettiva quando la differenza tra le due obbligazioni riguarda esclusivamente i soggetti del rapporto, restando inalterati gli elementi oggettivi dello stesso; è ulteriormente distinta in attiva, se muta il soggetto attivo nel rapporto e cioè il creditore, e passiva, se è invece la persona del debitore a cambiare. Si parla di novazione oggettiva quando la differenza tra la precedente e la nuova obbligazione riguarda l'oggetto, sia nella sua identità sia nella sua quantità, o il titolo dell'obbligazione. Esempio di variazione oggettiva può essere la sostituzione dell'immobile nel rapporto di locazione; del secondo tipo, la sostituzione della fonte dell'obbligazione, originariamente una promessa unilaterale poi sostituita da un contratto.

1. Elementi necessari per l'esistenza di una novazione oggettiva. Elementi indispensabili perché possa essere realizzata una novazione oggettiva sono: l'esistenza dell'obbligazione originaria da 'novare', una modifica non accessoria degli elementi oggettivi (è necessario che vi sia una vera e propria trasformazione dell'obbligazione originaria nell'oggetto e nel titolo) e l'intenzione delle parti di estinguere l'obbligazione precedente, sostituendola con una nuova. La novazione si realizza mediante un contratto stipulato tra le parti del rapporto obbligatorio originario; del contratto possiede quindi tutti i requisiti generali di validità.

La remissione del debito. cc 1236 Modo di estinzione delle obbligazioni mediante il quale il creditore dichiara espressamente di rinunciare al suo credito.

L'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore. cc 1256 s Consiste in un avvenimento inevitabile e imprevedibile da parte del debitore che ha provocato l'impossibilità di portare a termine l'obbligazione (ad es., oggetto dell'impegno è la consegna di un immobile: se questo viene distrutto da un terremoto, il debitore non sarà più obbligato). L'impossibilità che estingue l'obbligazione deve impedire realmente il compimento dell'obbligazione non solo per quel particolare debitore, ma per ogni soggetto. Essa può essere fisica o giuridica, e dev'essersi presentata successivamente alla stipulazione dell'obbligazione. Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, o la cosa dovuta ha subito un deterioramento, il debitore si libera dall'obbligazione, eseguendo la prestazione nei limiti del possibile. Se l'impossibilità è soltanto temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'inadempimento; tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità continua fino al momento in cui il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione, o il creditore non ha più interesse a conseguirla.

  • L'inadempimento È il mancato adempimento di una prestazione da parte di chi vi è tenuto; il debitore è tenuto a eseguire la prestazione dovuta, e a eseguirla esattamente, cioè nel modo, tempo e luogo stabiliti; in caso negativo è inadempiente, e deve risarcire al creditore il danno cagionatogli dall'inadempimento cc 1218.

1. Inadempimento assoluto. Si parla di inadempimento assoluto, quando l'adempimento non può più avvenire perché la prestazione dovuta è diventata impossibile per causa imputabile al debitore, oppure perché è decorso il termine fissato per l'adempimento e il creditore non ha più interesse a conseguire la prestazione. Alla prestazione originariamente dovuta si sostituisce il risarcimento del danno causato dall'inadempimento.

2. Inadempimento relativo. Diverso è il caso della mora, o inadempimento relativo, che si verifica quando, pur essendo il debitore inadempiente, la prestazione può ancora essere eseguita: in questo caso il debitore continua a essere tenuto alla prestazione originariamente dovuta, ma a essa si aggiunge l'obbligo di risarcire il danno provocato dal ritardo.

a) Impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore. Il debitore può liberarsi dalla responsabilità conseguente all'inadempimento, e dall'obbligazione stessa, soltanto provando che l'inadempienza è dovuta all'impossibilità sopravvenuta della prestazione, derivata da causa a lui non imputabile. La norma posta dal legislatore risulta in un favore per il creditore, al quale è sufficiente, per pretendere dal debitore il risarcimento del danno per inadempimento, dimostrare che la prestazione dovuta non è stata eseguita, o non è stata eseguita esattamente.

b) Impossibilità oggettiva per cause imputabili al debitore. Quando l'inadempimento deriva da impossibilità oggettiva per cause imputabili al debitore, questi risponde per colpa; il debitore risponde invece per dolo quando il suo inadempimento è volontario, e risponde senza colpa nell'ipotesi di responsabilità oggettiva, ossia quando l'inadempimento deriva da impossibilità soggettiva o da impossibilità oggettiva, ma derivante da cause ignote. È nullo cc 1229 qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave, intendendosi come colpa grave la grave negligenza del debitore. Se l'inadempimento è dovuto anche a fatto colposo del creditore, il risarcimento è diminuito proporzionalmente alla gravità della colpa e all'entità delle conseguenze derivatene.

3. Responsabilità contrattuale. In materia di inadempimento sul debitore grava la responsabilità contrattuale che lo obbliga al risarcimento del danno; se non ha agito con dolo, risponde unicamente del danno che era possibile prevedere nel tempo in cui è sorta l'obbligazione: il legislatore tutela in questo modo il patrimonio del debitore, evitando che esso risulti esposto a conseguenze più gravi di quelle prevedibili al momento di assunzione dell'obbligazione. Perché il danno sia risarcibile cc 1223, deve sussistere un rapporto fra l'inadempimento del debitore e l'evento dannoso, visto come conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento. Determinata la consistenza del danno, occorre procedere alla liquidazione, ossia alla sua conversione in denaro. Spetta al creditore provare l'ammontare preciso del danno; se egli tuttavia non è in grado di provarlo esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa cc 1226.

Mora del debitore. Aspetto particolare dell'inadempimento consistente nel ritardo ingiustificato e imputabile al debitore. Non è dovuto risarcimento del danno provocato nel patrimonio del creditore se la prestazione è risultata impossibile per causa non imputabile al debitore, al quale spetta provarla insieme all'assenza di colpa.

1. La costituzione in mora. È necessario cc 1219 che il creditore costituisca formalmente in mora il debitore intimandogli o richiedendogli per iscritto di adempiere la prestazione. La formale costituzione in mora è superflua nelle seguenti ipotesi:

­- quando il debito deriva da fatto illecito extracontrattuale, in quanto la gravità della lesione causata al diritto altrui ingenera automaticamente l'esigenza di una pronta riparazione;

-­ quando il debitore dichiari per iscritto la propria intenzione di non adempiere;

-­ quando è scaduto il termine, qualora si tratti di prestazione da eseguirsi al domicilio del creditore, come normalmente accade nel caso di obbligazioni pecuniarie;

-­ quando si tratta di un'obbligazione di non fare cc 1222: ogni fatto compiuto in violazione di un'obbligazione negativa costituisce infatti di per se stesso inadempimento.

2. La mora aggrava il rischio del debitore. Tra gli effetti della mora vi è l'aggravamento del rischio del debitore. L'estinzione dell'obbligazione per impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore non si verifica, e quindi egli è tenuto al risarcimento del danno (se è in mora) a meno che provi che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore.

3. Il risarcimento del danno. La costituzione in mora determina anche, per il debitore, l'obbligazione di risarcire il danno che il creditore provi di aver subito a causa dell'inadempimento: il risarcimento cc 1223 deve coprire tanto la perdita subita dal creditore (danno emergente) quanto il suo mancato guadagno (lucro cessante), purché siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, e siano prevedibili come tali dal debitore. Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare cc 1226 è liquidato dal giudice con valutazione equitativa; quello non prevedibile, che sia conseguenza diretta e immediata dell'inadempimento, è risarcibile solo qualora dipenda da dolo del debitore. In caso di concorrenza, nel cagionare il danno, del fatto colposo del creditore, il risarcimento cc 1227 è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze derivatene; non è dovuto risarcimento per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.



4. Il debito in denaro. cc 1224 Le prestazioni che hanno per oggetto la consegna di una somma di denaro (obbligazioni pecuniarie) non diventano mai impossibili: il debitore moroso resta tenuto a eseguirle; dal giorno della mora sono dovuti gli interessi moratori nel tasso legale. Al creditore che dimostri di aver subito un danno superiore al risarcimento ottenibile con gli interessi moratori spetta un risarcimento ulteriore.

Mora del creditore. Il ritardo nell'adempimento del debitore può dipendere, oltre che dal suo comportamento, anche dal comportamento del creditore: il debitore non può, ad es., adempiere un'obbligazione di dare se il creditore non si presta a prendere in consegna la cosa. Il rifiuto, da parte del creditore, di ricevere la prestazione offerta dal debitore è giustificabile solo qualora l'offerta non sia valida, ad es. perché parziale o inesatta. Quando il rifiuto del creditore di ricevere la prestazione non trova giustificazione in un motivo legittimo, la sua mancata cooperazione determina la mora del creditore. Il debitore costituisce in mora il creditore con l'offerta dell'adempimento; tale offerta deve essere solenne, ossia avvenire nei modi e secondo i requisiti previsti tassativamente dal legislatore cc 1208 s.

1. Effetti della mora. Il primo effetto della costituzione in mora del creditore è quello di impedire l'imputazione al debitore del ritardo nell'adempimento, e quindi di liberarlo dalle conseguenze previste in caso di mora del debitore. Quando il creditore è stato costituito in mora, è a suo carico il rischio che la prestazione diventi impossibile per causa non imputabile al debitore. Inoltre non sono più dovuti dal debitore gli interessi e i frutti della cosa che il creditore non abbia percepito. Il creditore moroso, da parte sua, è tenuto a rimborsare le spese sostenute dal debitore per l'offerta, per la custodia e la conservazione della cosa oggetto dell'obbligazione, quando l'offerta venga successivamente accettata dal creditore o convalidata con sentenza, nonché a risarcire i danni provocati al debitore a causa della mora. La costituzione in mora del creditore non libera il debitore dalla sua obbligazione: egli resta tenuto ad adempiere la prestazione in qualunque momento il creditore moroso la richieda.

2. La liberazione del debitore. Il legislatore ha accordato al debitore la possibilità di liberarsi dall'obbligazione, indipendentemente dalla volontà del creditore. Se costituiscono oggetto dell'obbligazione cose mobili cc 1210 il debitore può liberarsi depositandole presso la Cassa depositi e prestiti o presso un istituto di credito se si tratta di somme di denaro o titoli di credito, e presso uno stabilimento di pubblico deposito se si tratta di altre cose mobili. Per le obbligazioni di fare il legislatore cc 1217 non prevede la possibilità per il debitore di liberarsi in caso di mora del creditore. Si ritiene tuttavia che la costituzione in mora implichi, in questo caso, la liberazione del debitore, fatto salvo a suo favore il risarcimento del mancato guadagno per non aver potuto effettuare la prestazione.



  • Le fonti delle obbligazioni Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni altro atto o fatto idonei a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico. Le prime due fonti, contratto e fatto illecito, sono specifiche e determinate, mentre il terzo è un elemento generico idoneo a comprendere tutte le situazioni che, in base ai principi del nostro ordinamento, possono essere considerate meritevoli di tutela e come tali in grado di dare origine a obbligazioni.

1. Le fonti contrattuali. Contratti produttivi di obbligazioni possono essere sia quelli disciplinati specificatamente dalla legge, i cosiddetti contratti tipici (ad es., la vendita), sia quelli che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Nel primo caso anche le obbligazioni derivanti dal contratto saranno determinate dalla legge (ad es., le obbligazioni principali del venditore), mentre nella seconda ipotesi le obbligazioni nascenti dal contratto saranno determinate dall'accordo tra le parti.

2. Fatti illeciti. I fatti illeciti sono produttivi di obbligazioni in quanto qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcirlo; la materia dei fatti illeciti è caratterizzata dal principio della atipicità, per cui non sono previsti in modo specifico i singoli atti o fatti illeciti, mentre è determinato esplicitamente il contenuto dell'obbligazione che da essi deriva, cioè l'obbligo di risarcire i danni

3. Altri atti o fatti. Degli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni si possono ricordare le principali ure disciplinate dal legislatore: le promesse unilaterali che producono effetti obbligatori solo nei casi ammessi e disciplinati dalla legge, e tra le quali debbono essere compresi anche i titoli di credito; la gestione di affari altrui; il amento dell'indebito; l'arricchimento senza causa. Esistono anche obbligazioni che derivano dalla legge, in forza di una disposizione specifica che le stabilisce, come l'obbligo agli alimenti, a cui sono tenuti reciprocamente gli appartenenti a un nucleo familiare quando uno di essi si trovi in condizioni di indigenza.



  • Il contratto È l'accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale, cioè un rapporto suscettibile di essere valutato in termini economici cc 1321 1174. Il contratto è lo strumento giuridico più diffuso per la regolamentazione dei rapporti e delle intese tra i privati.

1. Elementi essenziali. Il codice civile cc 1322 elenca gli elementi essenziali del contratto, siano o no previsti dalla legge:

a) l'accordo delle parti, cioè il loro consenso sui termini esatti dell'affare. Il contratto è quindi concluso quando chi ha fatto una certa proposta viene a conoscenza dell'accettazione dell'altra parte: prima di questo momento la proposta può essere revocata; anche l'accettazione può essere revocata, purché la notizia della revoca giunga al proponente prima dell'accettazione cc 1328

b) la causa, cioè la ragione principale del contratto. In una compravendita, ad es., la causa è lo scambio di una cosa contro un prezzo. La causa deve essere lecita, cioè non contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. I contratti previsti dal codice civile hanno tutti, in astratto, una causa lecita; gli altri la devono avere, in modo che siano giustificati e leciti tutti gli effetti del contratto. La mancanza o l'illiceità della causa provoca la nullità (e dunque l'inefficacia) del contratto;

c) l'oggetto, cioè il contenuto concreto dell'accordo. L'oggetto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile: la mancanza di queste caratteristiche dell'oggetto rende nullo il contratto. Sono quindi nulli, ad es., i contratti con cui ci si impegni ad andare su Marte (oggetto impossibile), o a vendere un rene (oggetto illecito per contrarietà all'ordine pubblico), a vendere 'qualcosa' (oggetto indeterminabile);

d) la forma, quando la legge la prevede come requisito di validità del contratto. Vige la regola della libertà delle forme contrattuali (un contratto si può concludere a voce, con una stretta di mano, con un cenno ecc.), ma per alcuni contratti è richiesta la forma scritta (ad es., per i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili, ovvero che costituiscono, modificano o estinguono diritti reali su beni immobili). La forma scritta e quella dell'atto pubblico sono imposte per i contratti che rivestono maggiore importanza economica. I contratti relativi a beni mobili sono invece a forma libera. La mancanza della forma prevista dalla legge provoca la nullità del contratto. In certi casi il contratto è valido anche se non stipulato con particolari formalità, ma può essere provato (cioè dimostrato) solo se scritto (è il caso della transazione: in mancanza della forma scritta, non è consentito provarne il contenuto mediante testimoni o altro, ma il contratto è valido).

2. Elementi accidentali. Nel contratto le parti possono inserire elementi accidentali per la realizzazione di particolari interessi. Tali elementi sono: la condizione, il termine, il modo.

3. Scioglimento del contratto. Dopo la conclusione, il contratto ha forza di legge tra le persone che lo hanno stipulato, perciò può essere sciolto o da un accordo in tal senso, o per ragioni espressamente ammesse dalla legge. Tali ragioni cc 1372 sono il recesso e la risoluzione. Il recesso può essere convenzionalmente stabilito dalle parti stesse, in previsione di futuri disaccordi. Le parti, quando si accordano perché a una di esse sia attribuita la facoltà di recedere, possono convenire che questa consegni all'altra una caparra penitenziale , che in caso di recesso funge da corrispettivo per la parte che lo subisce. 

Tipologia dei contratti. Tutti i contratti possono essere classificati in relazione a vari aspetti caratterizzanti.

1. In relazione alle prestazioni. Secondo le prestazioni che prevedono i contratti possono essere sinallagmatici (o a prestazioni corrispettive), unilaterali, associativi. Nei contratti sinallagmatici la prestazione che grava su una parte trova il proprio corrispettivo in quella che grava sull'altra (ad es., nella compravendita, la dazione di una cosa da parte del venditore trova la contropartita nella ricezione del prezzo); il contratto è invece unilaterale quando l'obbligazione grava solo su una parte (ad es., il deposito gratuito, per cui l'unico obbligato è il depositario, che deve restituire la cosa al depositante). Nei contratti associativi, infine, le parti conferiscono denaro, beni o servizi per il raggiungimento di uno scopo comune (ad es., il contratto di società).

2. In relazione al rischio. In base al rischio comportato si hanno contratti commutativi e aleatori. Nei contratti commutativi guadagno e sacrificio delle parti sono certi, e non vi è alcuna assunzione di rischio (come nella compravendita); mentre nei contratti aleatori la possibilità del guadagno deriva dal caso, come nel gioco, ma anche nel contratto di assicurazione.

3. In relazione alla reciprocità e alle modalità. Secondo la reciprocità dei guadagni un contratto è a titolo oneroso o a titolo gratuito. Nel primo caso al sacrificio patrimoniale di una parte (ad es., il compratore che a il prezzo) fa sempre riscontro un corrispondente guadagno (il compratore acquista la proprietà di quanto acquistato); nei contratti a titolo gratuito, invece, manca questa corrispondenza (sono a titolo gratuito, ad es., la donazione e il comodato). In relazione alle modalità di conclusione i contratti sono consensuali, formali o reali. I contratti consensuali si concludono tramite il semplice consenso, non importa come manifestato (ad es., la compravendita mobiliare); i contratti formali sono così chiamati perché necessitano di formalità particolari (il contratto di società per azioni deve essere stipulato per atto pubblico; la compravendita immobiliare deve essere stipulata per iscritto); i contratti reali si concludono mediante la consegna della cosa (ad es., il mutuo o il deposito).

4. In relazione agli effetti e alla durata. I contratti possono essere a effetti reali e a effetti obbligatori. Nel primo caso producono l'effetto di creare, trasferire o modificare un diritto reale: nella compravendita, ad es., la proprietà della cosa venduta si trasferisce quando le parti esprimono il loro consenso cc 1376, eccettuati i casi di compravendita a effetti obbligatori. I contratti a effetti obbligatori creano semplicemente obbligazioni tra le parti (ad es., il contratto di lavoro subordinato). In relazione alla durata dell'esecuzione, oltre agli ordinari contratti a esecuzione istantanea, ve ne sono alcuni la cui esecuzione necessita di un certo lasso di tempo, corrispondente alle esigenze del creditore (a esecuzione prolungata). Nel contratto di lavoro subordinato, ad es., il lavoratore dà esecuzione al contratto per tutto il tempo nel quale lavora per il datore; così pure, nella società l'esecuzione del contratto richiede il continuativo attivarsi dei soci per raggiungere lo scopo comune.

L'invalidità. È invalido il contratto stipulato senza rispettare le prescrizioni imposte ai privati cittadini dalla legge e dall'ordinamento. Se il mancato rispetto delle prescrizioni è grave, l'invalidità è detta nullità. È nullo il contratto contrario a norme imperative (si pensi al contratto di sfruttamento della prostituta); è nullo il contratto mancante di uno degli elementi essenziali elencati dal codice cc 1325. Il contratto nullo non può essere convalidato o sanato (tranne in casi eccezionali), ma può essere convertito in un contratto valido, se possiede i requisiti di sostanza e di forma di quest'ultimo cc 1424. La nullità cc 1421 può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice; l'azione diretta a far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione.

1. L'annullabilità. Se il contratto presenta irregolarità di minor importanza di quelle che ne comportano la nullità, l'invalidità assume la forma dell'annullabilità. In generale, è annullabile il contratto stipulato in violazione di regole volte alla protezione di una delle due parti: o perché incapace di contrattare (per minore età, o per incapacità di intendere o di volere) o perché il suo consenso è stato dato per errore, ovvero estorto con violenza o dolo. L'azione di annullamento spetta solo alla parte nel cui interesse è prevista (l'incapace, la persona in errore ecc.) ed è soggetta a prescrizione, in genere di 5 anni. L'annullabilità non può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Il contratto annullabile può essere convalidato (cioè l'annullabilità può essere sanata) mediante una dichiarazione scritta della parte cui spetterebbe l'annullamento, contenente la menzione del contratto e del motivo dell'annullabilità, e la dichiarazione che si vuole convalidarlo.

La risoluzione. cc 1453 s È lo scioglimento del contratto dovuto a inadempimento di una delle parti, alla sopravvenuta impossibilità della prestazione o alla sopravvenuta eccessiva onerosità della stessa.

1. La risoluzione per inadempimento. Nei contratti a prestazioni corrispettive: se una parte non adempie le sue obbligazioni l'altra può, a scelta, agire in giudizio per ottenere l'adempimento o risolvere il contratto per inadempimento (è salvo, in entrambi i casi, il suo diritto al risarcimento del danno): una volta domandata la risoluzione, però, non si può chiedere l'adempimento. Il contraente inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione. Il giudice davanti al quale l'azione è proposta dichiara lo scioglimento del contratto se accerta che effettivamente la parte si è resa responsabile di un inadempimento di una certa rilevanza nei confronti dell'altra: il contratto quindi non vincola più le parti e le prestazioni eventualmente già effettuate devono essere restituite.

a) Risoluzione di diritto. In tre casi non è necessaria una sentenza dell'autorità giudiziaria per dichiarare risolto un contratto (che si risolve quindi di diritto): se le parti cc 1456 hanno previsto una specifica clausola contrattuale, secondo la quale se una determinata obbligazione non viene adempiuta il contratto dovrà intendersi automaticamente risolto (clausola risolutiva espressa); ovvero cc 1454 se una parte invia all'altra una diffida ad adempiere la propria obbligazione entro un certo termine (non inferiore, di regola, ai 15 giorni), trascorso il quale il contratto dovrà intendersi risolto; il terzo caso cc 1457 è quello in cui il contratto presenta un termine essenziale, cioè trascorso il quale la prestazione diventa inutile per la controparte, la quale può comunque, entro 3 giorni dallo spirare del termine, dichiarare che pretende ancora l'adempimento: in mancanza di tale dichiarazione, trascorso il termine essenziale, il contratto si risolve.

2. La risoluzione per impossibilità sopravvenuta. cc 1463 Nei contratti a prestazioni corrispettive, se una prestazione diviene impossibile per causa non imputabile al contraente questi è liberato dall'obbligo di eseguirla, ma non può naturalmente richiedere la controprestazione: deve restituire quella eventualmente già ricevuta e il contratto si risolve (si pensi al caso in cui un'abitazione, oggetto di un contratto di locazione, venga distrutta da un incendio provocato da un fulmine: il proprietario non potrà più immettere nel possesso il conduttore, e quest'ultimo è liberato dall'obbligo di are i canoni di locazione). Se, invece, cc 1464 la prestazione diviene solo in parte impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente diminuzione della controprestazione cui è tenuta.

3. La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, quelli cioè nei quali intercorre necessariamente un certo tempo tra la stipulazione e l'esecuzione, può accadere che la prestazione di una delle parti divenga eccessivamente onerosa, per il verificarsi di eventi straordinari e imprevedibili; è possibile cc 1467 per tale ragione richiedere la risoluzione del contratto.



TIPOLOGIA DEI CONTRATTI

classificazione

tipo di contratto caratteristiche

caratteristiche

in relazione alle prestazioni

sinallagmatico (o a prestazioni corrispettive)

prestazioni e compenso si bilanciano


unilaterale

una sola parte si obbliga


associativo

tutte le parti si obbligano, con intenti in comune

in relazione al rischio

commutativo

guadagno e sacrificio per le due parti


aleatorio

sacrificio certo, guadagno incerto

in relazione alla reciprocità dei guadagni

a titolo oneroso

al costo risponde un guadagno


a titolo gratuito

al costo non risponde un guadagno

in relazione alla conclusione

consensuale

si conclude con il consenso


formale

necessità di formalità


reale

si conclude con la consegna del bene

in relazione agli effetti

a effetti reali

trasferisce o modifica un diritto reale


a effetti obbligatori

crea un'obbligazione tra le parti

in relazione alla durata

a esecuzione istantanea



a esecuzione prolungata



  • Il fatto illecito e la responsabilità extracontrattuale Il fatto illecito è qualunque comportamento doloso o colposo (tenuto cioè con intenzione di nuocere o con disattenzione, imprudenza, imperizia) che cagiona ad altri un danno ingiusto, e obbliga cc 2043 il suo autore al risarcimento del danno causato. L'autore dell'atto illecito, cioè della lesione di un diritto soggettivo altrui, è quindi responsabile (responsabilità extracontrattuale) del danno patrimoniale provocato (e, in certi casi, anche del danno non patrimoniale, quando, ad es., il comportamento dannoso sia anche un reato). Obbliga al risarcimento la lesione di un diritto soggettivo sia reale che di credito.

1. Il nesso di causalità. Affinché l'agente risulti obbligato a risarcire il danno, occorre che tra il fatto compiuto e il danno arrecato sussista un nesso di causalità, cioè un rapporto causa-effetto tale che il danno possa dirsi provocato dal fatto in questione.

2. Risarcimento e concorso di colpa. Non è dovuto risarcimento per i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare ricorrendo alla cosiddetta ordinaria diligenza. Se il danneggiato cc 1227 ha colposamente concorso a causare il danno, il risarcimento è diminuito in misura dipendente dalla gravità della colpa e dall'entità delle conseguenze. Il danneggiante cc 2043 è tenuto al risarcimento soltanto se il danno arrecato è ingiusto, in quanto lede un interesse che l'ordinamento giuridico riconosce meritevole di tutela. Non è rilevante ai fini del risarcimento la prevedibilità del danno. L'azione per il risarcimento del danno derivante da fatto illecito è soggetta cc 2947 a una prescrizione particolare, generalmente quinquennale.

3. Il danno ingiusto. L'illecito civile è atipico: il legislatore non ha voluto, nel campo della responsabilità civile, individuare specificamente tutti i casi in cui il danno è da ritenersi ingiusto; infatti qualunque pregiudizio, a seconda delle circostanze, può risultare ingiusto ed essere quindi risarcibile. Spetta quindi al giudice stabilire l'eventuale ingiustizia del danno in questione. Spetta al danneggiato provare, oltre il fatto che l'agente gli ha causato un danno, e che tra il fatto dell'agente e l'evento dannoso intercorre un nesso di causalità, anche la colpa o il dolo del danneggiante.

Responsabilità indiretta. Viene così definita la responsabilità civile che dipende dal fatto altrui oltre che dal fatto proprio. Nell'ipotesi di responsabilità indiretta, non risponde del danno solo chi ha commesso il fatto dannoso, ma anche un'altra persona, tenuta al risarcimento nei confronti del danneggiato.

1. Illecito compiuto da incapace e dal minore non emancipato. In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, e perciò non imputabile, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, a meno che questi provi di non aver potuto impedire il fatto. I genitori o il tutore rispondono cc 2048 del danno provocato dal fatto illecito compiuto dai li minori non emancipati, o dalle persone che abitano con essi e soggette alla tutela.

2. Responsabilità per il fatto dei dipendenti. Se il danno è provocato da un dipendente, nell'esercizio delle incombenze a cui è adibito, è considerato responsabile, assieme al dipendente stesso, anche il padrone o committente cc 2049. La responsabilità di quest'ultimo è giustificata dall'esigenza di tutelare il danneggiato, consentendogli di ottenere risarcimento dal soggetto che fruisce dei risultati dell'attività lavorativa.

3. Responsabilità del conducente. Se il danno è provocato dal conducente di un veicolo non circolante su rotaie, e se il conducente è persona diversa dal proprietario, accanto al conducente è responsabile anche il proprietario, a meno che provi di non aver acconsentito alla circolazione del veicolo e di aver adottato tutte le precauzioni necessarie per impedire che altri si impadronisse del veicolo e lo facesse circolare cc 2054.

Responsabilità oggettiva. Al fine di tutelare maggiormente il danneggiato, il legislatore ha previsto vari casi di cosiddetta responsabilità oggettiva, per cui si risponde del fatto che ha determinato un danno, anche se commesso senza dolo o colpa, purché esista un nesso di causalità tra il fatto e l'evento dannoso, di modo che il danno risulti conseguenza immediata e diretta del fatto stesso. Le principali ipotesi di responsabilità oggettiva sono:

a) esercizio di attività pericolose cc 2050: chi causa danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa per sua natura, o per la natura dei mezzi impiegati, è tenuto al risarcimento, indipendentemente dalla sua colpa, a meno che provi di aver adottato, nello svolgere l'attività, tutte le misure consentite dalla tecnica idonee a evitare ogni pregiudizio a terzi, salvo quelli inevitabili;

b) danno cagionato da cose o da animali in custodia cc 2051: ciascuno risponde del danno cagionato da cose o animali che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito;

c) rovina di edificio cc 2053: il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni causati dalla loro rovina, compresi quelli dovuti al distacco di parti accessorie o ornamentali dall'edificio; egli può tuttavia liberarsi da tale responsabilità, se prova che l'evento pregiudizievole non deriva da un difetto di manutenzione o da un vizio di costruzione;




I PRINCIPALI CONTRATTI TIPICI

  • Introduzione
    I contratti si dicono tipici (o nominati) se sono previsti dal codice civile o da altre leggi: ad es., la compravendita, la locazione, il mutuo. Per realizzare i propri interessi i privati possono scegliere liberamente frai contratti tipici quello più idoneo, applicando le norme dettate dal codice civile. In base al principio dell'autonomia contrattuale cc 1322, le parti possono però anche stipulare contratti diversi da quelli previsti dalla legge, in genere combinando tra loro elementi caratteristici di ure contrattuali tipiche. Sono contratti atipici o innominati, ad es., il leasing, e il factoring. Nell'ambito dei contratti disciplinati dal codice assumono particolare rilevanza i contratti stipulati dagli imprenditori per lo svolgimento dell'attività economica (contratti d'impresa).

  • La compravendita cc 1470 È il contratto tramite il quale si trasferiscono la proprietà di una cosa o un diritto, verso il corrispettivo di un prezzo. La compravendita è il contratto più comune nella società contemporanea, e non richiede formalità particolari, essendo in genere sufficiente per la sua conclusione l'accordo verbale. Invece, per la validità della vendita che ha come oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari è necessario che il contratto risulti da un atto scritto cc 1350. La vendita di beni immobili e di beni registrati (ad es., automobili, imbarcazioni ecc.) è comunque soggetta a trascrizione nei pubblici registri cc 2643. Il trasferimento della proprietà del bene compravenduto avviene al momento della manifestazione del consenso dei due contraenti, cioè quando venditore e compratore si accordano sulle esatte caratteristiche del bene e sul prezzo di vendita, e dunque prima della consegna del bene al compratore. La consegna costituisce un obbligo per il venditore; sul compratore gravano invece le obbligazioni di are il prezzo e, salvo diverso accordo, le spese della vendita cc 1498 1475.

La vendita obbligatoria. In alcuni casi l'acquisto della proprietà del bene compravenduto è differito a un momento successivo rispetto alla conclusione del contratto; in tali casi il venditore è obbligato a procurare all'acquirente la proprietà della cosa venduta. Sono esempi di vendita obbligatoria:

a) la vendita di cose determinate solo nel genere cc 1378: la proprietà si trasferisce all'acquirente quando il venditore effettua l'individuazione della cosa oggetto della vendita;

b) la vendita di cose future cc 1472: il trasferimento della proprietà della cosa avviene al momento, successivo alla conclusione del contratto, nel quale la cosa viene a esistere (ad es., la vendita di una partita di pulcini prima della schiusa delle uova);

c) la vendita a rate con riserva della proprietà : venditore e compratore stabiliscono che la proprietà della cosa venduta e immediatamente consegnata si trasferisca al compratore al momento del amento dell'ultima rata; il mancato amento di una rata non dà diritto al venditore di richiedere la risoluzione del contratto se non supera un ottavo del prezzo di vendita cc 1525; se l'inadempimento del compratore lo supera, il venditore può cc 1526 richiedere la restituzione della cosa, restituendo a sua volta al compratore le rate già riscosse e detraendone una certa somma per l'uso che il compratore ne ha fatto; il venditore deve comunque essere risarcito dei danni.

Garanzia della vendita. Se il venditore, dopo la conclusione del contratto, non consegna il bene oggetto della vendita, l'acquirente rivolgendosi all'autorità giudiziaria può chiedere la consegna (cioè l'adempimento del contratto) oppure la risoluzione del contratto.

1. Garanzia per evizione. Se la cosa venduta viene rivendicata da un terzo (che ritiene di esserne il vero proprietario), entra in gioco la garanzia per evizione dovuta dal venditore al compratore anche in assenza di specifiche pattuizioni. In caso di evizione totale cc 1483 (cioè quando una terza persona ha chiamato in giudizio il compratore per reclamare la proprietà della cosa venduta e, all'esito della causa, il compratore è condannato alla restituzione della cosa al terzo), il venditore deve restituire al compratore il prezzo di vendita e le spese successive; deve anche risarcirgli il danno subito dall'evizione, se il compratore non era al corrente della proprietà altrui della cosa. In caso di evizione parziale cc 1484 (cioè quando risulta che la cosa è parzialmente altrui), il compratore ha diritto a una riduzione del prezzo; o può anche sciogliere il contratto, qualora si possa ritenere che non lo avrebbe concluso se avesse conosciuto i termini reali della situazione. In ogni caso, il compratore deve essere risarcito dei danni, se ignorava che la cosa era parzialmente altrui.

2. Garanzia per vizi. Se la cosa venduta presenta difetti di una certa gravità, al compratore spetta la garanzia per i vizi cc 1490. In particolare, la cosa può presentare vizi che la rendono inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore; o può non avere le qualità specificamente garantite dal venditore: in tal caso il compratore deve denunciare i vizi o la mancanza di qualità al venditore, entro 8 giorni dalla consegna se si tratta di vizi apparenti, oppure entro 8 giorni dalla loro scoperta se si tratta di vizi occulti. Dopodiché il compratore, a sua scelta, può richiedere la risoluzione del contratto con restituzione della cosa e del prezzo, o la riduzione del prezzo. In ogni caso gli spetta il risarcimento dei danni, se il venditore non dà prova di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa; l'azione del compratore deve però essere esercitata entro 1 anno dalla consegna.



  • La locazione
    cc 1571 È il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (locatario o conduttore) una cosa mobile o immobile, per un certo tempo (massimo 30 anni) e un corrispettivo determinato; se oggetto del contratto è una cosa produttiva, si parla di affitto. Il contratto di locazione ha forma libera, tranne che si riferisca a un bene immobile e preveda una durata superiore ai 9 anni, nel qual caso per la validità è necessaria la forma scritta.

1. Obblighi del locatore e del conduttore. Il locatore deve consegnare la cosa in buono stato, provvedere alla sua manutenzione e garantire che il conduttore non sia molestato nel possesso da terzi cc 1585. Il conduttore, da parte sua, deve cc 1587 prendere in consegna la cosa e servirsene con diligenza, ando regolarmente il corrispettivo. Le spese per la riparazione della cosa cc 1577 sono a carico del locatore, tranne che si tratti di piccola manutenzione. Se la cosa data in locazione presenta dei vizi che ne diminuiscono l'idoneità all'uso, il conduttore può pretendere la riduzione del corrispettivo o la risoluzione del contratto; se viene distrutta o perduta cc 1588, risponde dei danni se non prova che la distruzione o la perdita sono avvenute per causa a lui non imputabile. Il locatore può cc 1599 alienare a terzi la cosa, ma l'acquirente deve rispettare il contratto di locazione precedentemente stipulato dall'alienante.

2. Regime dei contratti. La legge ha profondamente modificato il regime dei contratti di locazione degli immobili urbani adibiti a uso abitativo. Con la legge 359/92 si è aperta la strada alla libera determinazione dei canoni di locazione, in deroga alla disciplina contenuta nella legge (legge 392, 27.VII.1978) detta dell'equo canone che, in un'ottica di tutela della parte debole del rapporto, il conduttore, fissava i limiti massimi di tali canoni. Ora, l'affitto a equo canone si applica rispetto ad abitazioni costruite prima dell'11.VII.1992 e in relazione a contratti stipulati prima del 14.VIII.1992 o rinnovati entro tale termine. Per i contratti stipulati o rinnovati dopo tale data, invece, il canone di locazione è liberamente determinabile dalle parti, ma la validità dell'accordo è subordinata a una serie di adempimenti (patti in deroga).

3. Equo canone. La locazione di un immobile, in base alla legge dell'equo canone, non può essere stabilita per un periodo inferiore a 4 anni, ulteriormente rinnovabili per un uguale periodo se una parte non dà disdetta all'altra 6 mesi prima della scadenza del contratto. Il conduttore può recedere in ogni momento, dando il preavviso 6 mesi prima, se così è stabilito nel contratto; in ogni caso, anche in mancanza di qualsiasi previsione in proposito, può recedere in caso di grave necessità da parte sua (e salvo sempre il preavviso di 6 mesi); il locatore, invece, non può recedere prima della scadenza.

4. Patti in deroga. La legge istitutiva dei patti in deroga prevede, invece, una durata minima di 8 anni (4 anni con rinnovo quadriennale obbligatorio alla prima scadenza). La disdetta dev'essere data entro 6 mesi dalla scadenza naturale del contratto oppure entro 12 mesi dalla scadenza del primo quadriennio, se il proprietario chiede la casa per sé o per i suoi congiunti o la deve ristrutturare. Il contratto può però essere sciolto per inadempimento del conduttore se questi ritarda il amento del canone oltre 20 giorni dalla scadenza prevista. In caso di morte del conduttore, il locatore è tenuto a rispettare il contratto, che prosegue in capo al coniuge e agli eredi conviventi. I patti in deroga devono essere stipulati con la partecipazione dei sindacati di categoria.

a) Immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo. Se il contratto riguarda immobili urbani adibiti a uso diverso da quello abitativo (cioè commerciale, produttivo, artigianale, professionale), la legge non stabilisce il canone massimo di locazione, che può quindi essere liberamente pattuito dalle parti, ma deve rimanere stabile nei primi 3 anni del contratto, e successivamente aumentare solo del 75 per cento della variazione in aumento del costo della vita. Il contratto non può avere durata inferiore ai 6 anni (9 se nell'immobile viene esercitata l'attività alberghiera), e questo per garantire una certa stabilità al conduttore che eserciti un'attività produttiva; il conduttore può recedere dal contratto, per gravi motivi, dando il preavviso 6 mesi prima, mentre il locatore lo può solo se intende adibire l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o di un parente in linea retta entro il secondo grado (li e nipoti), ovvero all'esercizio di una propria attività, ovvero distruggerlo per ricostruirlo o ristrutturarlo completamente. In caso di morte del conduttore, il contratto continua con coloro che ne continuano l'attività; in caso di cessione dell'azienda del conduttore, questi può cedere anche il contratto di locazione, salva l'iniziativa del locatore, che può opporsi alla cessione solo per gravi motivi.




  • Il mandato
    cc 1703 s È il contratto col quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra (mandante). È un mandato generale se riguarda tutti gli affari del mandante, speciale se riguarda un unico atto giuridico. Il contratto di mandato può essere stipulato anche verbalmente: è necessaria la forma scritta solo se ha a oggetto l'acquisto di beni immobili. Il contratto cessa con la morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario. Il mandante può revocare il mandato, tuttavia se era stata pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa. Il mandato gratuito o stipulato a tempo indeterminato è sempre irrevocabile da entrambe le parti. È irrevocabile da parte del mandante il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca.

1. Mandato con e senza rappresentanza. Il mandato può essere congiunto al potere di rappresentanza, nel qual caso il mandatario-rappresentante agisce in nome del mandante-rappresentato, e gli effetti giuridici degli atti compiuti ricadono direttamente su quest'ultimo. Se il mandato è stato conferito senza rappresentanza, invece, il mandatario cc 1705 agisce in proprio nome, e acquista personalmente i diritti e gli obblighi nascenti dai contratti stipulati per conto del mandante, anche se i terzi hanno avuto conoscenza del mandato; in esecuzione del contratto, egli è obbligato a ritrasferire al mandante ciò che ha acquistato e le somme riscosse.

2. Obblighi del mandante e del mandatario. Il mandante deve naturalmente rimborsare al mandatario le spese sostenute e fornirgli i mezzi per far fronte alle obbligazioni assunte per suo conto. Il mandatario cc 1710 deve eseguire il mandato secondo le regole della correttezza, e il mandante deve argli il compenso (se il mandato non è a titolo gratuito: il contratto si presume oneroso in assenza di specifiche pattuizioni sul punto) e rimborsargli le spese.

  • Il mutuo cc 1813 È il contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all'altra (mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire, a una certa scadenza, altrettante cose della stessa specie e qualità. Si tratta di un contratto reale, che quindi si perfeziona con la consegna delle cose o del denaro nelle mani del mutuatario, che ne acquista la proprietà. Il mutuo si presume oneroso, cioè con interessi cc 1815, nel senso che il mutuatario deve riconsegnare la somma ricevuta, maggiorata degli interessi (nella misura legale, ovvero al tasso convenuto; è però nulla la clausola che impone gli interessi a un tasso usurario); può però essere stipulato un mutuo gratuito, nel quale il mutuatario restituisce semplicemente quanto ricevuto. Se le parti hanno convenuto la restituzione rateale della somma o delle cose date a mutuo, il mancato amento anche di una sola rata legittima il mutuante a chiedere l'immediata restituzione dell'intera somma, e lo stesso vale nel caso in cui il mutuatario non adempie all'obbligazione di are gli interessi. Il mutuo è il più comune contratto di finanziamento: molto diffuso è il mutuo bancario, dove il mutuante è una banca.



  • Il contratto d'opera
    cc 2222 Contratto di lavoro autonomo, mediante il quale una persona (in genere un artigiano) si obbliga verso un'altra, dietro un certo corrispettivo e senza vincoli di subordinazione, a compiere una certa opera (es. un mobile, un vestito) o a prestare un certo servizio (il restauro di un quadro, la verniciatura di un'automobile ecc.).

1. Distinzione tra contratto d'opera e appalto. Il contratto d'opera si distingue dall'appalto perché in quest'ultimo l'appaltatore è un imprenditore, che corre tutti i rischi patrimoniali connessi con l'esercizio di un'impresa; l'artigiano prestatore d'opera, invece, svolto il suo servizio o realizzata l'opera oggetto del contratto riceve il proprio compenso, senza correre rischi di natura imprenditoriale.

2. Disciplina giuridica. L'opera o il servizio devono essere realizzati a regola d'arte. Il committente, una volta accettata l'opera, non può poi lamentarne i vizi o la difformità rispetto a quanto concordato, salvo che vizi o difformità fossero difficilmente riconoscibili o dolosamente nascosti: in questo caso egli dovrà denunciare al prestatore d'opera l'esistenza di vizi entro 8 giorni dalla scoperta. Il committente può in ogni momento recedere dal contratto, purché indennizzi il prestatore d'opera delle spese sopportate, del mancato guadagno, e gli dia il compenso per il lavoro già effettuato. Se la realizzazione dell'opera o la prestazione del servizio divengono impossibili, il prestatore d'opera ha diritto al compenso per il lavoro eventualmente già compiuto.

Il contratto d'opera intellettuale. È il contratto che ha per oggetto la prestazione di un'opera intellettuale (ad es., la progettazione di una villa, una consulenza legale o una visita medica) in cambio di un compenso. L'oggetto del contratto cc 2229 è una prestazione fornita da un professionista che deve essere iscritto all'apposito albo o elenco professionale, se si tratta di attività per la quale l'iscrizione è necessaria. La prestazione d'opera intellettuale svolta in mancanza della necessaria iscrizione all'albo non dà diritto al prestatore di andare in giudizio per ottenere il compenso cc 2231. Il prestatore d'opera intellettuale deve svolgere personalmente l'incarico assunto, e si può servire, sotto la propria responsabilità, di ausiliari. Il cliente può sempre recedere dal contratto, tenendo indenne il prestatore d'opera dalle spese eventualmente sostenute e andogli il compenso per il lavoro già svolto. Il professionista può recedere dal contratto solo per giusta causa: in ogni caso egli ha diritto al rimborso delle spese sostenute e al compenso per il lavoro svolto, nei limiti in cui questo sia utile al cliente cc 2237.


  • La donazione cc 769 s È il contratto con il quale un soggetto (donante), per spirito di liberalità (cioè sapendo di non esservi giuridicamente tenuto), arricchisce un altro soggetto (donatario), disponendo a favore di questo un suo diritto, o assumendo un'obbligazione nei suoi confronti.

1. Forme e tipi di donazione. La donazione deve rivestire la forma dell'atto pubblico (rogito notarile), redatto in presenza di due testimoni, e deve essere accettata dal donatario. È nulla la donazione di beni futuri; è invece valida la donazione di tutti i beni del donante. È detta remuneratoria la donazione fatta per ricompensare il donatario di speciali meriti nei confronti del donante. Alcuni negozi giuridici, definibili donazioni indirette, realizzano il risultato economico della donazione, pur senza rivestirne il carattere formale: è, ad es., il caso della costituzione di una rendita vitalizia a favore del terzo, secondo lo schema del contratto a favore del terzo. La donazione non cessa di essere tale se al donatario viene imposto un onere, cioè se nel contratto di donazione il donante dispone una limitazione dell'arricchimento del donatario, stabilendo che egli debba in qualche modo compiere una certa attività, una volta ricevuta l'entità economica oggetto della donazione; ad es., a chi ha ricevuto una forte somma di denaro, può essere imposto l'onere di costruire un centro assistenziale, o una fondazione di studio (donazione modale). Il minore di età, l'interdetto, l'inabilitato non possono fare donazioni.

2. Come si fa il contratto. Il donante deve stipulare il contratto di donazione personalmente: può farsi rappresentare, mediante procura redatta con le forme dell'atto pubblico, solo indicando la persona del donatario e l'oggetto della donazione, in modo che il rappresentante non abbia facoltà di scelta in ordine all'una o all'altro. Anche le persone giuridiche possono fare e ricevere donazioni,. Il donante che non adempie gli obblighi impostigli dal contratto di donazione può essere tenuto dal donatario all'adempimento o al risarcimento del danno solo in caso di dolo o colpa grave da parte sua, e ciò in considerazione della natura gratuita della donazione.

3. In quali casi si può revocare. La donazione può essere revocata se il donatario si rende responsabile di gravi atti (omicidio, tentato omicidio ecc.) nei confronti del donante (revocazione per ingratitudine) ovvero se il donante ignorava, al momento dell'atto, di avere li (o altri li: revocazione per sopravvenienza di li).




LA TUTELA DEI DIRITTI

  • Introduzione Il libro VI del codice civile disciplina una serie di istituti giuridici per l'esercizio, la garanzia e la difesa dei diritti soggettivi. I diritti di credito sono tutelati mediante il principio della responsabilità patrimoniale del debitore, le cause legittime di prelazione (pegno, ipoteca, privilegi) e le garanzie personali (fideiussione, avallo).

I fatti giuridici, che hanno per oggetto beni immobili e beni mobili registrati, devono essere resi conoscibili ai terzi attraverso un regime di pubblicità (trascrizione). L'esercizio dei diritti soggettivi è sottoposto, nei limiti previsti dalla legge, ai termini di prescrizione e decadenza.


  • Garanzia nelle obbligazioni
    Si definisce garanzia ogni strumento posto dalla legge per assicurare l'adempimento di un'obbligazione o il godimento di un diritto. Nella maggior parte dei casi il rapporto obbligatorio si conclude con l'adempimento spontaneo di colui che è obbligato. La legge ha però previsto alcuni strumenti giuridici che garantiscano al creditore l'adempimento del debitore.

1. Garanzia generica. Esiste innanzitutto una garanzia generica, composta da tutto il patrimonio del debitore: infatti, se il debitore non a, il creditore può chiedere al giudice l'espropriazione e la conseguente vendita dei beni del debitore, in conseguenza del principio generale vigente nel nostro ordinamento cc 2740 secondo cui il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (la cosiddetta responsabilità patrimoniale del debitore). Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica sono l'azione surrogatoria e l'azione revocatoria.

2. Garanzie specifiche. Accanto alla garanzia generica costituita dal patrimonio del debitore, la legge prevede forme di garanzia specifiche, le garanzie reali (il pegno e l'ipoteca) così chiamate in quanto riguardano un singolo bene e una specifica obbligazione. Coloro che hanno un credito con una garanzia reale vengono ati prima degli altri creditori con il ricavato della vendita del bene oggetto di pegno o di ipoteca. Il codice civile ha previsto altre forme di garanzie; sono queste le garanzie personali: la fideiussione e l'avallo. Si parla di garanzia anche con riferimento ai mezzi previsti dall'ordinamento per assicurare il godimento di un diritto. È il caso della garanzia per evizione dovuta dal venditore al compratore.

L'ipoteca. È un diritto reale di garanzia costituito su beni iscritti nei pubblici registri (immobili, autoveicoli, navi ecc.); per l'esistenza dell'ipoteca è necessaria la sua iscrizione nei pubblici registri del luogo ove è sito il bene. L'ipoteca cc 2808 consente al creditore, se il debitore non adempie spontaneamente al proprio obbligo, di soddisfare il credito espropriando il bene ipotecato e vendendolo, anche se esso è stato alienato dal debitore a terzi.

1. Iscrizione nei pubblici registri. Per iscrivere l'ipoteca nei pubblici registri occorre possedere un valido titolo, rappresentato da un provvedimento dell'autorità giudiziaria (ipoteca giudiziale), da una situazione espressamente prevista dal codice civile (ipoteca legale) o dal consenso del proprietario del bene da ipotecare (ipoteca volontaria). L'ipoteca giudiziale può essere iscritta sulla base di una sentenza di condanna al amento di una somma, al risarcimento di danni o all'adempimento di altra obbligazione; quella legale può esserlo sui beni del debitore (anche contro la volontà di quest'ultimo) dal venditore di un immobile a garanzia del relativo prezzo e dal condividente per il amento dei conguagli a lui dovuti a seguito della divisione di un bene in comunione; quella volontaria può esserlo in forza di contratto che la preveda espressamente o di dichiarazione unilaterale di chi la concede.

2. Grado. Sullo stesso bene possono essere iscritte più ipoteche. In questo caso ognuna di esse è contraddistinta da un numero d'ordine che determina il grado della stessa e che esprime l'ordine temporale di iscrizione. Il grado assume rilevanza nel caso della vendita del bene ipotecato: il ricavato soddisferà, innanzitutto, il credito garantito dall'ipoteca di primo grado, l'eventuale residuo, il credito garantito dall'ipoteca di secondo grado.

3. Durata. L'ipoteca cc 2847 conserva il suo effetto per 20 anni; per evitare che se ne verifichi l'estinzione occorre provvedere alla sua rinnovazione prima che sia decorso il termine di 20 anni. Il creditore può iscriverla nuovamente trascorso questo termine, ma la nuova ipoteca decorre dalla nuova iscrizione.

4. Realizzazione ed estinzione. Quando il bene ipotecato viene venduto a terzi, questi possono subirne l'espropriazione: per evitarla cc 2858, gli acquirenti possono are i crediti per i quali è stata iscritta ipoteca, oppure rilasciare il bene acquistato in modo che l'espropriazione avvenga nei confronti dell'amministratore nominato dal tribunale o mediante speciale procedimento (purgazione delle ipoteche) nel quale viene offerto al creditore il prezzo stipulato per l'acquisto. L'ipoteca cc 2882 viene estinta con la cancellazione, che ricorre quando il credito è estinto o quando il creditore vi rinuncia.

Il pegno. cc 2784 s È un diritto reale concesso al creditore dal debitore o da un terzo su un bene mobile a garanzia di un credito; il bene viene così destinato al soddisfacimento del creditore qualora il debitore non adempia ai propri obblighi. Il creditore può farsi assegnare dal giudice la cosa in amento del credito sino alla concorrenza dell'ammontare del debito oppure può soddisfarsi sul ricavato della vendita della cosa oggetto di pegno anche se essa è stata venduta ad altri; possono essere oggetto di pegno, oltre ai beni mobili, le universalità di mobili, i crediti e altri diritti aventi a oggetto beni mobili. Caratteristica del pegno è la sua indivisibilità ossia il fatto che anche quando è stata ata una parte del debito il pegno permane sull'intera cosa.

1. Costituzione. Per costituire il pegno occorre la consegna del bene e che quest'ultima risulti da una scrittura con data certa indicante sia il credito che la cosa data in pegno, se il creditore intende farsi are con prelazione.

2. Obblighi del creditore. Dopo la sua costituzione, il pegno comporta, per il creditore che ha ricevuto la cosa, l'obbligo di custodirla sino a quando, in caso di inadempimento, ne chiederà l'assegnazione in amento o la vendita; durante la custodia non può usare la cosa e se ne perde il possesso può chiederne la restituzione con l'azione di spoglio. Se la cosa produce dei frutti, il creditore può farli suoi imputandoli prima alle spese e agli interessi, quindi al capitale.

I privilegi. Sono cause legittime di prelazione che consentono ai creditori che ne sono provvisti di essere soddisfatti con preferenza rispetto ai restanti creditori. Caratterizzati dall'essere iscritti sui beni del debitore, essi assolvono una funzione analoga a quella del pegno e dell'ipoteca ma, a differenza di questi, non sono diritti reali di garanzia e nascono esclusivamente per legge cc 2745, e non volontariamente: è infatti la legge che concede il privilegio a determinate categorie di crediti in considerazione della loro causa che li fa ritenere particolarmente meritevoli di tutela e che per questo motivo provvede anche a ordinare minuziosamente i privilegi secondo una graduatoria che determina l'ordine di preferenza tra due crediti assistiti da privilegio: in questo caso l'ordine non dipende infatti dal tempo dell'iscrizione, ma esclusivamente dalla natura del credito.

1. Privilegi generali e privilegi speciali. I privilegi cc 2746 possono essere generali o speciali. I primi si esercitano su tutti i beni mobili del debitore, quelli speciali invece si esercitano soltanto su determinati beni mobili o immobili del debitore: se esercitati su beni immobili prevalgono in linea di principio sull'ipoteca, se su beni mobili non prevalgono in linea di principio sul pegno cc 2748. ½ sono però eccezioni a tali regole cc 2777: ad es., i crediti per spese di giustizia sono preferiti a ogni altro credito anche pignoratizio o ipotecario, i crediti dello Stato per tributi indiretti non possono venir soddisfatti con preferenza rispetto ai crediti ipotecari ecc. L'importanza dell'ordine dei privilegi è dunque notevole e per questo la legge lo disciplina dettagliatamente, in particolare in materia di fallimento: l'attivo viene infatti ripartito secondo l'ordine dei privilegi, con la conseguenza che i restanti creditori possono soddisfarsi soltanto se rimangono beni.

La fideiussione. cc 1936 s È il contratto con il quale un soggetto (fideiussore) garantisce personalmente, nei confronti del creditore, l'adempimento di un'obbligazione altrui: debitore e fideiussore divengono così obbligati in solido, e il creditore può richiedere l'adempimento dell'obbligazione all'uno o all'altro, indifferentemente (se però adempie il fideiussore, egli è sostituito nei diritti del creditore verso il debitore, cioè potrà rivalersi su di lui negli esatti termini dell'obbligazione originaria). Nel contratto di fideiussione può però essere deciso che il creditore si rivolga per l'adempimento prima al debitore, e solo in caso di mancata soddisfazione, al fideiussore. La volontà di prestare fideiussione deve risultare da una espressa e chiara manifestazione di volontà. In genere, la prestazione di una fideiussione è fatta dal fideiussore d'accordo con il debitore, ma tale accordo non è necessario: la fideiussione è un contratto tra il fideiussore e il creditore, al quale non partecipa il debitore principale (infatti la fideiussione è valida anche se il debitore non ne è a conoscenza: basta che esista la sua obbligazione). Il fideiussore può garantire anche solo una parte del credito.

  • Prescrizione e decadenza
    Sono modi di estinzione dei diritti per scadenza temporale

Prescrizione estintiva.  cc 2934 Produce l'estinzione del diritto soggettivo se per effetto dell'inerzia o del non uso del medesimo da parte del suo titolare esso non viene esercitato per un periodo di tempo stabilito dalla legge. Non tutti i diritti sono soggetti a prescrizione: il codice prevede infatti espressamente che non lo siano i diritti indisponibili (ad es., i diritti della personalità) e gli altri diritti indicati dalla legge (ad es., il diritto di proprietà). Le norme sulla prescrizione non sono derogabili con patti. La prescrizione cc 2938 è irrilevabile d'ufficio da parte del giudice: può infatti essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse quando non sia fatta valere dalla parte a favore della quale si è compiuta; può essere opposta dagli interessati anche quando la parte vi ha rinunciato. Se nonostante il compimento la parte a comunque il suo debito, non sarà ammessa la restituzione della somma qualora la parte volesse successivamente far valere la compiuta prescrizione cc 2940.

1. Decorrenza e termini. La prescrizione cc 2935 inizia a decorrere dal momento in cui un diritto, pur potendolo, non viene esercitato e si realizza cc 2946 s in 10 anni se ordinaria e in un periodo minore (5 o 3 anni) se breve. I termini delle prescrizioni brevi devono essere espressamente previsti per legge. La legge prevede anche termini più lunghi (ad es., i dirritti reali su cose altrui si prescrivono in 20 anni).

2. Sospensione. La prescrizione può essere sospesa quando l'inerzia del titolare del diritto appare giustificata da particolari situazioni tassativamente previste dalla legge. La sospensione fa sì che il periodo in cui sussiste la causa che la giustifica non venga calcolato ai fini del compimento del periodo prescrizionale; cessata la causa la prescrizione ricomincerà a decorrere sommandosi il nuovo periodo con quello maturato prima del fatto che ha determinato la sospensione.

3. Interruzione. L'interruzione cc 2943 si ha invece quando il titolare del diritto compie un atto di esercizio del medesimo (ad es., messa in mora del debitore) o quando il soggetto passivo del rapporto compie un atto di riconoscimento del diritto stesso (ad es., amento parziale del debito). Nel caso di interruzione il periodo di prescrizione che già si era compiuto in precedenza perde ogni valore e, cessata la causa di interruzione, è necessaria, perché si compia la prescrizione, la decorrenza per intero di un nuovo periodo prescrizionale.

Decadenza. Produce l'estinzione del diritto per il decorso del tempo previsto dalla legge o dalla volontà delle parti senza che sia stato esercitato; può essere legale o convenzionale. È legale quando è prevista dalla legge: tra gli esempi può ricordarsi il termine di 8 giorni dalla scoperta dei vizi della cosa acquistata, assegnato al compratore per far valere il diritto alla garanzia per i vizi della cosa venduta in materia di compravendita. È invece convenzionale quando viene stabilita convenzionalmente dalle parti: può essere prevista esclusivamente per l'esercizio di diritti disponibili e a condizione che il termine stabilito non renda eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto stesso; anche la decadenza cc 2969 non può di massima essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Prescrizione presuntiva. cc 2954 Va distinta sia dalla decadenza sia dalla prescrizione pura e semplice (detta anche estintiva), in quanto ha una diversa funzione e natura. Si ha nel caso di debiti non ati quando la legge dichiara che, se entro il termine di 6 mesi (ad es., debito d'albergo), 1 anno (ad es., debito nei confronti d'insegnanti per lezioni private) o 3 anni (ad es., debito dei professionisti) il creditore non ha chiesto il amento, il debito si presume ato. Questa è solo una presunzione, spetta cc 2960 al creditore dimostrare il contrario: l'unico modo è quello di deferire all'altra parte il giuramento (cioè farla giurare davanti al giudice) per accertare che effettivamente il debito sia stato ato.

  • La trascrizione
    cc 2643 s È la forma di pubblicità prevista per gli atti di trasferimento, acquisto e modifica del diritto di proprietà e dei diritti di godimento relativi a beni immobili e a beni mobili registrati.

1. Modalità. Viene effettuata a cura del conservatore dei registri immobiliari mediante deposito di apposita nota in duplice esemplare e di copia del titolo presso la conservatoria dei registri immobiliari, allo scopo di rendere opponibile nei confronti dei terzi l'atto trascritto. È la legge stessa a indicare in modo tassativo quali atti vi sono soggetti. La trascrizione può effettuarsi soltanto in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata autenticata da notaio o accertata in giudizio e l'obbligo incombe al notaio o ad altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto; la trascrizione delle domande giudiziali, sentenze e decreti che vi sono soggetti è compito del cancelliere, analogamente a quella degli atti da lui ricevuti.

2. Termine. La trascrizione dev'essere effettuata nel termine di 30 giorni dalla redazione degli atti o dalla pronunzia dei decreti o dalla pubblicazione delle sentenze presso la conservatoria dei registri immobiliari nella cui circoscrizione si trovano i beni oggetto dell'atto.







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