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La motivazione dell'atto amministrativo

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La motivazione dell'atto amministrativo

La motivazione è lo strumento che rende conoscibili le ragioni che hanno indotto l'amministrazione ad

emanare un dato provvedimento.

Ne deriva che essa dovrà essere sufficientemente completa e coerente rispetto alle acquisizioni

procedimentali precedenti, con un grado di analiticità variabile a seconda del tipo di provvedimento.

Ne deriva, per altro verso, che, come sottolinea la giurisprudenza (che non trova sempre concorde la

dottrina), non sarà possibile integrare la stessa con argomenti addotti dopo che l'atto amministrativo è stato

impugnato.

Tuttavia, con riferimento all'attività vincolata non si può considerare integrazione ex post della motivazione lo

svolgimento di argomenti che esplicitano i presupposti dell'agire non indicati nel provvedimento, ma

facilmente identificabili in base alla norma che disciplina l'esercizio del potere.

Il contenuto della motivazione si articola in:

1. giustificazione: esposizione dei presupposti di fatto e di diritto;

2. motivazione in senso stretto: esposizione delle ragioni che stanno alla base della determinazione

assunta.

Secondo la dottrina maggioritaria, la motivazione, così articolata, assolve ad almeno tre funzioni:

1. agevolare l'interpretazione dell'atto amministrativo;

2. garantire la trasparenza dell'azione amministrativa;

3. facilitare e potenziare il controllo sociale e quindi giurisdizionale sull'azione amministrativa.

Per tali ragioni particolarmente rilevante è stata la generalizzazione dell'obbligo di motivare gli atti

amministrativi operata dall'art. 3 l.n. 241/90.

La giurisprudenza, prima dell'emanazione della legge sul procedimento amministrativo, aveva sottolineato



che la motivazione era obbligatoria, oltre che nei casi in cui espressa disposizione di legge la imponeva, in

tutti i casi di esercizio di attività discrezionale da parte della p.a..

E così, la dottrina, dopo l'entrata in vigore del menzionato articolo, ha ritenuto che l'obbligo di motivare gli atti

amministrativi non incontrasse più alcun limite e che, quindi, ogni atto dovesse esser provvisto di

motivazione.

La giurisprudenza, tuttavia, non ha abbandonato le sue posizioni. E così:

1. esclude dall'obbligo di motivazione:

gli atti vincolati;

1. gli atti espressione della c.d. discrezionalità negativa = atti con cui l'amministrazione si limita ad

accertare l'assenza di fatti ostativi, poiché l'interesse pubblico primario è omogeneo a quello

dell'interessato (es. abilitazione al trasporto in autobus).

2. ritiene necessaria la motivazione per gli atti generali, che sono idonei ad incidere direttamente sulle sfere

giuridiche individuali (es. piano regolatore generale che sacrifichi posizioni consolidate), nonostante la

norma li esoneri.

L'art. 3 della legge sul procedimento amministrativo dispone che la motivazione possa risultare anche da

fonte diversa dal testo dell'atto amministrativo cui si riferisce. Cioè a dire da altri atti che hanno preceduto

l'adozione dell'atto medesimo e che, di norma, fanno parte dello stesso procedimento amministrativo che ha

portato all'adozione di questo.

Legittima, cioè, gli istituti della

Motivazione per/ob relationem: la motivazione risulta da un altro atto della serie procedimentale

ed è espressamente richiamata dall'atto amministrativo;

Motivazione implicita: la motivazione risulta da altro atto della serie procedimentale, ma l'atto

amministrativo che 'ne è privo' non la richiama espressamente.





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