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Le fonti comunitarie

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Le fonti comunitarie

Si dicono "fonti comunitarie" gli atti normativi adottati dagli organi delle Comunità europee in virtù di una serie di trattati internazionali stipulati negli anni cinquanta (e inseguito più volte modificati), il più importante dei quali è il trattato istitutivo della Comunità Economica (CE). I trattati in questione hanno dato vita ad un ordinamento giuridico sopranazionale, distinto dagli ordinamenti dei singoli Stati membri della Comunità: un ordinamento dotato di proprie autorità normative e di proprie fonti del diritto, come pure di propri organi dell'applicazione (il più importante dei quali è la Corte di giustizia, che ha il compito di assicurare "il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione" dei trattati: art. 220, Trattato CE). Le fonti comunitarie includono diversi tipi di atti; i più importanti tra essi sono: i regolamenti e le direttive.

Regolamenti. I regolamenti comunitari, pur non essendo fonti del diritto italiano, creano immediatamente obblighi e diritti in capo ai cittadini degli Stati membri della Comunità, e sono direttamente applicabili dai giudici nazionali, senza che occorrano leggi o altri atti normativi interni che li recepiscano o che diano loro esecuzione (art. 249, comma 2, Trattato CE). Secondo giurisprudenza ormai costante della Corte costituzionale e della Corte di giustizia comunitaria, i regolamenti comunitari prevalgono sulle leggi nazionali: nel senso che, di fronte a un regolamento comunitario che sia in contrasto con una legge (antecedente o successiva ad esso), i giudici hanno l'obbligo di accantonare la legge,e di dare applicazione al regolamento. Si parla di "primato" del diritto comunitario sul diritto interno. I regolamenti comunitari possono derogare persino a norme costituzionali, con la sola eccezione dei cosiddetti "principi supremi" della costituzione (cfr. Corte cost. 117/1994).



Direttive. Le direttive comunitarie, a differenza dei regolamenti, contengono norme rivolte agli Stati membri, non ai loro cittadini (art. 189, comma 3, Trattato CE). Le norme in questione sono norme "di scopo": ossia prescrivono agli Stati membri di perseguire certi fini, salva restando per gli Stati la scelta dei mezzi idonei a perseguire il fine prescritto. Le direttive, pertanto, non sono immediatamente efficaci all'interno dei singoli Stati: per acquistare efficacia nei confronti dei cittadini (e dei giudici) degli Stati membri, esse richiedono l'intervento di leggi o di altri atti interni statali che diano loro attuazione.





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