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Le fonti del diritto internazionale secondo Kelsen e Morelli

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Le fonti del diritto internazionale secondo Kelsen e Morelli.



Le fonti del diritto internazionale sono state oggetto di varie interpretazioni da parte di diversi autori.

Kelsen ritiene che in ogni ordinamento ciascuna norma deriva la propria validità da quella precedente, fino ad arrivare alla cosiddetta "grundnorm" o norma base o fondamentale, che sta all'apice della piramide: secondo questa costruzione, in ogni ordinamento ciascuna norma deriva la propria giuridicità da un'altra che la contempla fino ad arrivare all'apice della piramide, vale a dire alla norma base la cui giuridicità non e posta ma presupposta ( assunta come postulato).

Nel diritto internazionale, la norma base è il principio della "Consuetudo est servanda" (la consuetudine deve essere rispettata), nel senso che la consuetudine rappresenta la fonte primaria del diritto internazionale, seguita dalla fonte di secondo grado, cioè l'accordo che comunque deriva dalla consuetudine.



La norma "Pacta sunt servanda", che ha una portata generale, è considerata una norma secondaria sulla produzione giuridica perché attribuisce giuridicità ad una fonte di norme giuridiche, qual è appunto l'accordo.

L'accordo potrebbe rinviare ad altre fonti di diritto (ciò che si verifica quando un accordo prevede una clausola che rimanda ad un altro accordo)ed in questo caso l'accordo successivo diventa fonte giuridica di terzo grado. Anche la norma che prevede una sentenza dispositiva di un giudice, si conura come una norma di produzione giuridica di terzo grado e la sentenza è fonte di terzo grado, in quanto rinnova il diritto internazionale creando nuovo diritto che produce effetti fra le parti della controversia.

Altra fonte di diritto è l'analogia, che si colloca al secondo grado, come l'accordo.

In sintesi FONTI del diritto internazionale , possono essere considerate, come ci suggeriscono anche il Kelsen ed il Morelli, sia la CONSUETUDINE, che rappresenta la norma base, cioè quella norma che, a differenza di tutte le altre, non fa derivare la propria giuridicità da un'altra norma che la contempla, bensì viene assunta come postulato, come dato indimostrabile ( consuetudo est servanda: la consuetudine deve essere osservata), sia dall'accordo che da essa deriva.

Nel sistema giuridico considerato, quindi:

1) la consuetudine è la fonte primaria dell'ordinamento internazionale;

2) l'accordo è una fonte di II grado ( perché riceve giuridicità dalla consuetudine).

Qualora l'accordo contenga una clausola che rinvia ad un altro accordo successivo, tale clausola diventerà fonte di III grado.

La consuetudine deve, però, essere accomnata da due elementi, uno materiale(oggettivo) e uno psicologico(soggettivo):l'usus deve essere accomnato dalla opinio iuris ac necessitatis.

Il primo elemento, la prima caratteristica che si deve individuare nel processo consuetudinario, è la partecipazione di coloro i quali sono membri della comunità nell'ambito della quale la consuetudine rappresenterà regole di condotta reciproca. Deve trattarsi di un comportamento uniforme e costante nel tempo. Relativamente all'elemento psicologico è cioè richiesto che gli Stati abbiano tenuto quel comportamento costante ed uniforme perché convinti che esso era il più idoneo a soddisfare gli interessi degli Stati membri della Comunità internazionale.

Quindi le norme consuetudinarie sono norme non scritte. Il contenuto normativo è il risultato di un esame storico dei comportamenti tenuti dagli stati. Ciò comporta che la consuetudine come fonte di norme giuridiche internazionali, deve porre in essere norme a carattere generale ( che in quanto tali sono di difficile interpretazione).

In tempi recenti gli Stati si sono resi conto , però, che le norme consuetudinarie non sono sempre di facile interpretazione. Da qui la necessità di tradurre in norme scritte le norme consuetudinarie. Ciò è reso possibile perché le norme consuetudinarie non sono norme rigide, cioè possono essere derogate dalla volontà degli stessi membri della comunità internazionale.

Gli Stati che non ritengono più idonea la norma consuetudinaria, possono creare una norma ad hoc che regoli lo stesso rapporto in modo diverso dalla norma consuetudinaria. E' per questo che l'accordo si presenta come la seconda fonte di norme giuridiche internazionali.

Una , infatti, delle attività previste dallo Statuto delle Nazioni Unite, è quella di codificare il Diritto Internazionale.


Kelsen e alcune altre teorie sulle fonti del diritto internazionale.


La teoria del Kelsen, e di Morelli, si ricollega al positivismo tedesco antitetico alla teoria del diritto naturtale. Il positivismo ( corrente di pensiero che cerca di individuare la giuridicità di una norma in un'altra norma che la contempli) individua la giuridicità delle norme attraverso un sistema per cui ogni norma trova il suo fondamento in una norma superiore. L'ordinamento giuridico si conura come una piramide composta di vari livelli collegati da un criterio gerarchico, fino ad arrivare alla norma fondamentale o norma base, che conferisce validità a tutte le altre e

la cui validità è presupposta e non posta (cioè derivante da una formale norma di produzione del diritto)[1].

PIRAMIDE KELSENIANA



NORMA BASE

1^ Fonte sulla Produzione  "Consuetudo est servanda"


CONSUETUDINE ( 1^ Fonte)


2^ Fonte sulla Produzione    "Pacta sunt serranda"


ACCORDO ( 2^ Fonte)


3^ Fonte sulla Produzione  CLAUSOLA (3^ Fonte)





Sulla stessa linea di Kelsen, e traslando questi concetti nell'ambito del diritto internazionale, il Morelli individua la norma base dell'ordinamento internazionale nel principio "Consuetudo est servanda", ossia bisogna osservare la consuetudine così chè l'accordo internazionale, che è fonte di diritto internazionale, deriva la sua giuridicità dalla consuetudine e questa a sua volta dalla consuetudo est serranda. Anche l'autrice si colloca sullo stesso filone del Kelsen e di altri autori positivisti nel senso che considerano valida una norma giuridica in quanto viene posta in essere dai soggetti o dai loro organi ai quali è stato conferito il relativo potere.

Diversa è l'opinione di Roberto Ago secondo cui le norme consuetudinarie avrebbero il carattere di norme spontanee, ossia nate nelle coscienze dei consociati e nelle manifestazioni che i consociati danno della loro coscienza.

Un'altra posizione è rappresentata da quegli autori, i quali, ponendosi anch'essi alla ricerca della norma base, hanno individuato tale norma nella norma "pacta sunt serranda" dalla quale discende la giuridicità delle norme contenute in tutti gli accordi e trattati : se i trattati non fossero stati ritenuti obbligatori si sarebbe registrata una situazione di caos e di conflitto quale ad es. quella affermata da Hobbes.

In contrasto con la tesi dei positivisti si pongono i giusnaturalisti  e cioè quei giuristi che hanno dato vita alle tesi di diritto internazionale naturale ( Grozio ,Pafendorf). Secondo queste tesi, il D.I. ossia il diritto delle genti è consono all'umanità stessa e le stesse regole poste dai trattati di pace e di alleanza si trovano alla base delle tesi del giusnaturalismo.

In epoca più recente, a fianco ai giusnaturalisti, si pongono gli spontaneisti, sulla base delle tesi sostenute dal Prof. Ago il quale ha introdotto il concetto di formazione spontanea di una parte del diritto internazionale nella quale rientrano, oltre le norme consuetudinarie, anche le norme di "jus cogens" (diritto inderogabile) che non può essere derogato se non da un'altra norma avente gli stessi caratteri e la stessa origine. La consuetudine è caratterizzata dalla "diuturnitas" ovvero dalla ripetizione costante di comportamenti nel tempo con il convincimento che essi rispondono ad un obbligo giuridico. Le norme di "jus cogens" possono assurgere al rango di diritto positivo se diventano oggetto di trattati.


Conseguenze delle varie teorie: la consuetudine come accordo tacito


Contrariamente a Kelsen e a Morelli, alcuni autori individuano nella norma "Pacta sunt servanda" la norma base dell'ordinamento internazionale e considerano la consuetudine come un accordo tacito, sicché gli Stati dovrebbero di volta in volta accordarsi per riconoscere l'esistenza di norme giuridiche internazionali. La critica a tale concezione è incentrata sull'esistenza di dati oggettivi che prescindono dalla volontà: la consuetudine è un fatto giuridico e produce effetti a prescindere dalla volontà dell'uomo, l'accordo resta un atto giuridico che comporta una volontà, espressa o tacita, rispetto ad un dato oggetto. La consuetudine ha anche la caratteristica di essere rivolta alla generalità e si rivolge a tutti i soggetti dell'ordinamento internazionale.


L'accordo.

Ciò che differenzia l'accordo dalla consuetudine, è l'espressione di volontà del soggetto che intende, tramite il testo scritto, regolare in tal maniera i rapporti con i contraenti.

La dottrina usava distinguere i trattati-contratto dai trattati-legge ed individuava solo nei secondi le fonti di diritto internazionale, dato il carattere generale degli stessi. I trattati-contratto, potrebbero essere paragonati ad accordi di natura privatistica, nel senso che avrebbero la capacità di determinare situazioni giuridiche nei soli confronti delle parti contraenti. Ciò conferma l'attuale tendenza a non considerare i trattati come fonte di diritto internazionale.

Mentre la norma consuetudinaria ha una efficacia generale, che riguarda, tutti gli Stati, l'accordo ha una efficacia limitata agli autori, alle parti contraenti dell'accordo stesso.

Nonostante l'accordo rappresenti una fonte di II grado, dobbiamo sottolineare che solo il 5% dei rapporti che intercorrono tra gli Stati è regolato dalle norme consuetudinarie; l'altro 95% è regolato dagli accordi che intercorrono tra gli Stati.

Oggi quando parliamo di Accordi o Trattati come fonte di norme internazionali , dobbiamo fare riferimento alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che ha codificato le norme generali e ha specificato in parte innovando e in parte integrando, le norme generali.

La Convenzione non precisa cosa è un Accordo. L'art. 1 dice che la presente convenzione si applica ai trattati tra gli stati. E' chiaro, quindi che si riferisce solo agli accordi tra gli stati e non tra le Organizzazioni internazionali o tra Stati e Organizzazioni.All'art. 2, precisa che questi trattati devono avere forma scritta . Anche se manca una definizione ufficiale possiamo serenamente dire che si ha un accordo quando due o più persone vogliono la stessa cosa. Quando due o più volontà coincidono e quindi un accordo internazionale lo possiamo definire come un accordo che interviene tra due o più Stati circa la formazione di norme di diritto internazionale.

In tutte le fasi della vita di un accordo, questo viene comunque e sempre regolato dalla volontà dei soggetti nel senso che il principio del consenso e determinante in ogni fase : nella fase iniziale delle trattative, delle consultazioni e delle negoziazioni.


Rapporti tra consuetudine ed accordo.


Nel diritto internazionale, l'accordo tra due o più parti deroga alla consuetudine solo nei confronti dei soggetti che vi hanno preso parte: la consuetudine continuerà ad esplicare la sua funzione nei confronti degli enti che non hanno sottoscritto l'accordo. Conseguenza contraria si sviluppa quando una norma consuetudinaria abroga un accordo: in questo caso la consuetudine obbliga tutti gli Stati, non solo quelli che hanno partecipato all'accordo.

Le considerazioni svolte non si applicano al caso della codificazione del diritto internazionale. La codificazione si ha quando una norma consuetudinaria è trasformata in diritto scritto: eccezione fanno le norme che nascono obbligatorie perché ritenute tali dalla coscienza comune di tutti i consociati. La convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, quella di Ginevra sul Diritto del mare, la Convenzione sulle relazioni diplomatiche consolari sono esempi di norme consuetudinarie trasformate in principi di diritto scritto, volto ad assicurare una certezza analoga a quella del diritto statale. Norme consuetudinarie codificate.




Nell'ambito dell'ordinamento italiano, una circolare deriva da un decreto ministeriale, un decreto ministeriale deriva da una legge, questa dalla Costituzione, fino ad arrivare ai fondamenti della Costituzione che possono individuarsi nell'esistenza di una Costituzione democratica e nella forma di Repubblica.




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