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Le fonti e la costituzione



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Le fonti e la costituzione

La teoria e la dogmatica delle fonti del diritto sono di competenza di discipline quali la teoria generale del diritto e il diritto costituzionale. Tuttavia, per il peso che l'argomento riveste in qualsiasi settore dell'ordinamento giuridico, è opportuno approfondire il discorso, proprio con riguardo alla disciplina positiva delle fonti nel sistema giuridico italiano.

A tal fine è nècessario prendere le mosse dell'art. 1 Prel., secondo il quale sono fonti del diritto: "1) leggi; 2) i regolamenti; 3) le norme corporative; 4) gli usi". Questa norma, oltre ad essere causa di difficoltà sul piano di un corretto inquadramento della nozione di "fonti del diritto", deve anche considerarsi largamente superata dal punto di vista storico: essa, infatti, entrata in vigore insieme con il codice civile del 1942 , rispecchia in modo abbastanza fedele l'ordine costituzionale del periodo fascista al quale succederà la nuova democrazia repubblicana che trova la sua espressione giuridica più compiuta nella Costituzione del 1948.



Proprio l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica ha determinato un totale stravolgimento del sistema delle fonti.

Il fatto davvero cruciale per il nuovo assetto del sistema delle fonti è rappresentato dalla Costituzione, e ciò per ragioni sia di ordine formale sia di ordine sostanziale.

Dal punto di vista sostanziale, la Costituzione italiana del 1948 - al costituzione pari di quasi tutte le sectiune costituzionali del '900, a cominciare da quel la della Repubblica di Weimar approvata nel 1919 - ha un contenuto molto più ampio di quello delle classiche costituzioni ottocentesche, le quali, sostanzialmente, si limitavano a dettare la disciplina dei rapporti tra i poteri dello stato e a individuare diritti dei cittadini posti al riparo da possibili abusi e arbìtri da parte dell'autorità pubblica (libertà nelle sue varie articolazioni, proprietà).

Le costituzioni dell'800 - compreso lo Statuto albertino del 1848 - sono l'espressione più pura di una cultura (quella borghese-liberale)dominata dall'esigenza della certezza del diritto e della conservazione dell'ordine socio-economico. La borghesia, infatti, da un lato era fortemente interessata ad uno stato forte che la difendesse dalle proteste e dalle rivendicazioni dei non abbienti, dall'altro temeva uno stato troppo forte. Da qui, appunto, l'architettura delle costituzioni. liberali, che promuovono una organizzazione istituzionale caratterizzata da una netta e chiara divisione di compiti tra i diversi organi dello stato (parlamento, governo, magistratura) e dalla individuazione di limiti ben precisi al legittimo esercizio della potestà pubblica.

Le costituzioni del '900, viceversa, sono espressione di società molto più complesse ed eterogenee di quella protoborghese che aveva dominato pressoché incontrastata per buona parte del secolo precedente. In esse si riflette l'esigenza, per un verso, di individuare alcuni principi e valori condivisi da tutti e, dall'altro, di prospettare una trasformazione graduale dell'ordine socioeconomico da realizzarsi attraverso l'iniziativa del legislatore nel segno di una maggiore giustizia e di una maggiore eguaglianza tra le varie classi sociali.

Costituzioni di questo tipo, dunque, non si limitano a definire l'architettura dei rapporti tra i poteri dello stato ovvero a porre limiti al l'esercizio della potestà pubblica: esse contengono anche una tavola di valori (dignità della persona umana, libertà, eguaglianza, giustizia, ecc.) che vincola tutti i soggetti, pubblici o privati, presenti nell'ordinamento giuridico.

Sotto il profilo formale, la Costituzione italiana del 1948 - ancora una volta al pari di molte costituzioni contemporanee e a differenza dello Statuto albertino, la Carta costituzionale concessa da Carlo Alberto nel 1848 e formalmente rimasta in vigore fino a tutto il ventennio fascista - si caratterizza a causa della sua rigidità. Ciò significa che le disposizioni costituzionali non possono essere abrogate o modificate se non da norme dotate di una eguale forza normativa.

la rigidità della Costituzione implica il ricorso a due distinte tecniche di preservazione del primato della Costituzione stessa.

La prima di queste tecniche è rappresentata dalla previsione di un procedimento complesso (procedimento aggravato) per "le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali"

Ciò significa che ove le forze politiche presenti in parlamento decidano di modificare una norma costituzionale (ipotesi di "legge di revisione costituzionale": ad es., introdurre un sistema di elezione diretta del Primo Ministro in luogo di quello attualmente vigente per il quale il Presidente del Consiglio è nominato dal Presidente della Repubblica e investito della fiducia delle due Camere), oppure dare attuazione ad una norma costituzionale per la quale la stessa Costituzione richieda una legge costituzionale (ipotesi di "legge costituzionale" in senso stretto:ad es., creare una nuova Regione), non sarà sufficiente l'ordinaria procedura di formazione delle leggi descritta dagli art. 70 s. Cost., per la quale le leggi sono approvate a maggioranza assoluta dei Componenti di ciascuna Camera. Piuttosto, sarà necessario ricorrere alla procedura aggravata descritta dall'art. 138 Cost. per la quale la legge di revisione costituzionale o la legge costituzionale in senso stretto debbono essere approvate da ciascuna delle Camere per due volte a intervallo non minore di tre mesi e, in più sono suscettibili di referendum ove non siano state approvate da ciascuna delle due Camere a maggioranza di due terzi dei loro componenti.



E' bene ricordare, però, che vi sono alcune norme costituzionali che non sono suscettibili di essere modificate o abrogate neppure attraverso il procedimento aggravato dell'art. 138 Cost. In particolare non può essere oggetto di revisione costituzionale la forma repubblicana dello Stato: ciò significa che, anche se si formasse una larghissima maggioranza parlamentare a favore della restaurazione della monarchia, questo risultato non potrebbe comunque essere raggiunto attraverso l'art. 138 Cost.

Bisogna poi aggiungere che la Corte costituzionale, in via interpretativa, ha allargato la famiglia delle norme costituzionali immodificabili ex art. 138 Cost. fino a ricomprendervi tutte quelle disposizioni che proclamano i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico (sostan zialmente quelle di cui agli artt. 1-l2 Cost.). L'immodificabilità ex art. 138 Cost. si estende, inoltre, a tutte le ipotesi di conflitto con norme di rango sostanzialmente costituzionale: ad es., le norme di fonte comunitaria, a cui oggi la nostra Corte costituzionale dopo un lungo travaglio ha, per l'appunto, riconosciuto dignità di norme costituzionali, non potrebbero mai porsi in contrasto e prevalere su, o abrogare, una norma corrispondente ad uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento.

La seconda tecnica alla quale, in genere, si affida la salvaguardia del primato della Costituzione consiste nella previsione di un apposito organo costituzionale il qual secondo modalità che variano da ordinamento a ordinamento, viene investito del compito di decidere se una data norma giuridica, promanante da una fonte diversa dalla Costituzione, sia conforme o meno alla Costituzione stessa: ove la norma in questione non risulti conforme alla Costituzione, essa verrà di chiarata incostituzionale e cancellata dal sistema giuridico.

In Italia, l'organo costituzionale investito del controllo di costituzionalità è la Corte costituzionale la quale giudica della legittimità costituzionale delle norme di rango inferiore alla Costituzione sulla base di un incidente di costituzionalità sollevato da un giudice nell'ambito di una controversia.se un giudice, nel trattare una certa causa, si accorge che è necessario applicare una normaa di cui sospetta la non conformità a Costituzione, allora egli dovrà sospendere lo svolgimento del processo e rimettere la questione di costituzionalità alla Corte la quale, poi, deciderà.

La tipologia delle decisioni che la Corte costituzionale adotta è ormai molto ampia: sentenze di accoglimento, di rigetto, interpretative di rigetto, manipolative, ecc., ma il punto sul quale è opportuno richiamare l'attenzione è un altro. Come abbiamo già detto, la nostra Costituzione non contiene soltanto norme che regolano i rapporti tra i poteri dello Stato e le forme di esercizio di questi poteri, ma anche nonne che enunciano principi e valori vincolanti per tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico.

Ne consegue che una norma infracostituzionale - di rango inferiore alla Costituzione - potrà essere dichiarata costituzionalmente illegittima perché in contrasto con una nonna costituzionale.attraverso il controllo di costituzionalità la Corte costituzionale ha svolto una importantissima funzione di ammodernamento del nostro ordinamento giuridico, dichiarando incostituzionali numerose norme incompatibili con i principi costituzionali e aprendo la strada a più di una riforma legislativa.

In conclusine è opportuno segnalare la peculiare efficacia della sentenza di illegittimità costituzionale la quale espul dall'ordinamento la norma non conforme a Costituzione con effetto retroattivo. E ciò in quanto si ritiene che la radicale divergenza tra la norma impugnata e quella costituzionale impedisca alla prima di radicarsi nell'ordinamento ab initio.









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