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Regioni ed enti locali



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Regioni ed enti locali

Il regionalismo e l'amministrazione locale nella costituzione del 1948

L'ordinamento regionale e locale sta profondamente cambiando in conseguenza di tre leggi costituzionali (1/1999, 2 e 3/2001), che hanno nel loro complesso modificato il titolo V della seconda parte della costituzione (risultano mutati o abrogati ben 18 dei venti articoli che lo componevano). Nel testo costituzionale del 1948, le disposizioni costituzionali più espressive del mutamento intervenuto rispetto ai modelli precedenti di amministrazione locale possono essere individuati negli articoli 5 (principio dell'unità e indivisibilità della Repubblica, autonomia locale e decentramento amministrativo) e 114 (la Repubblica si riparte in regioni, province comuni). La creazione delle regioni, come enti le cui competenze sono costituzionalmente garantite, era concepita non in chiave concorrenziale con gli enti locali, ma, anzi, in vista di un loro auspicato rafforzamento. Infatti, gli enti locali mantenevano intatto il loro ruolo amministrativo, pur all'interno della materia di competenza delle regioni, e anzi queste ultime venivano esplicitamente impegnate dalle fonti costituzionali a delegare agli enti locali altre funzioni amministrative fra quelle che ad esse spettavano.



Le maggiori innovazioni intervenute per attuare la disciplina costituzionale e le linee di fondo delle recenti modificazioni costituzionali

Il lungo ritardo nell'elezione dei consigli delle regioni ad autonomia ordinaria ha provocato che le regioni ad autonomia particolare hanno finito per apparire enti del tutto atipici e quindi le loro funzioni, pur definite negli statuti speciali in modo particolarmente ampio, vennero non poco ridimensionate dall'azione degli organi dello Stato centrale. Con la legge 1084/1970 in parte si abrogano ed in parte si dichiarano solo momentaneamente vigenti tutte quelle disposizioni, contenute nella legge 62/1953, che mirava ma condizionare le scelte statutarie delle regioni. La formazione, per la prima volta, nel sistema politico italiano, di uno schieramento di amministratori regionali e locali sufficientemente forte e unito nel rivendicare il ruolo non secondario delle regioni contribuisce a due importanti vicende istituzionali. In primo luogo, l'approvazione parlamentare degli statuti delle regioni ordinarie, adottati dei consigli regionali con contenuti in certa misura imprevisti e non poco innovativi. In secondo luogo la delega legislativa al governo per l'adozione degli atti necessari per il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative. I molti problemi irrisolti hanno determinato, nel clima degli anni '90 di ripensamento del complessivo modello costituzionale, una spinta a verificare se in materia regionale non fosse necessario introdurre modifiche alle disposizioni costituzionali. Alcune importanti novità sono state introdotte da tre importanti leggi ordinarie (59/1997, 127/1997, 191/1998), in parte di riforma e in parte di delega. Le modifiche al titolo V della costituzione avvennero con la legge 1/1999, relativa alle regioni ad autonomia ordinaria, e con la legge 2/2001, relativa alle regioni ad autonomia speciale. Si è proceduto a introdurre l'elezione diretta dei presidenti regionali e l'elezione dei consiglieri regionali mediante un sistema elettorale di tipo proporzionale corretto da un significativo premio di maggioranza. La legge costituzionale 3/2001 è entrata in vigore nel novembre di quell'anno dopo lo svolgimento a esito favorevole del referendum popolare. Il nuovo articolo 114 stabilisce che 'La Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e stato'. Il nuovo articolo 117, che stabilisce le materie di competenza regionale, afferma che lo Stato mantiene una competenza esclusiva in diciassette materie o gruppi di materie, mentre in altre 19 materie o gruppi di materie si ha una legislazione concorrente fra Stato e regioni, nel senso che lo Stato mantiene il potere di determinazione di principi fondamentali; in tutte le residue materie spetta alle regioni la potestà legislativa. Nel nuovo titolo V vengono abrogate le precedenti disposizioni costituzionali che disciplinavano i controlli amministrativi sugli atti delle regioni e sugli atti degli enti locali, nonché quella che prevedeva l'istituzione del commissario di governo.

Gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale

Il regime giuridico fondamentale delle quindici ragioni ad autonomia ordinaria è contenuto nelle disposizioni del titolo V della seconda parte della costituzione; l'articolo 116 della costituzione riserva ad apposite leggi costituzionali l'adozione di statuti speciali che garantiscano forme e condizioni particolari di autonomia alla Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, denominate ragioni ad autonomia particolare, per rispecchiare i caratteri peculiari di ciascuna. Le disposizioni statutarie prevalgono su quelle costituzionali, salvo che vengano in gioco principi assolutamente fondamentali del patto costituzionale. Sono comuni a tutte le regioni le forme principali di partecipazione all'esercizio di funzioni statali: ciascun consiglio regionale dispone dell'iniziativa legislativa, delegati nominati dai consigli regionali partecipano all'elezione del presidente della Repubblica, cinque regioni possono chiedere che si svolgano i referendum di cui agli articoli 75 e 138 della costituzione, le regioni e le province autonome possono ricorrere alla corte costituzionale a tutela delle proprie competenze. Ogni regione potrà adottare una speciale legge regionale, da provare a maggioranza assoluta, per determinare la forma di governo regionale, in analogia con quanto si prevede per gli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria dalla legge 1/1999. Tutti gli statuti speciali prevedono che le rispettive norme di attuazione siano poste in essere dal governo mediante speciali decreti legislativi. Ci si trova dinanzi all'unico, e alquanto discutibile, caso di vera e propria attribuzione in via esclusiva al governo di un potere normativo primario, per di più in un settore di grande importanza e senza nemmeno una precisa determinazione delle possibili materie disciplinabili.



Gli statuti e l'ordinamento interno delle Regioni ad autonomia ordinaria

Il testo originario dell'articolo 123 della costituzione prevedeva che le regioni dovessero dotarsi di uno statuto per disciplinare 'le norme relative all'organizzazione interna' mediante un atto normativo deliberato a maggioranza assoluta dal consiglio regionale e poi approvato dal parlamento con legge. Particolarmente innovative sono state le scelte in tema di attività e organizzazione amministrativa: diffusa prescrizione di alcuni requisiti per l'attività amministrativa regionale (motivazione, contraddittorio, pubblicità) e previsione di numerosi istituti di partecipazione dei singoli e dei gruppi ai procedimenti amministrativi; articolazione organizzativa e strutture facilmente adeguabili al mutamento delle politiche regionali e affermazione di metodi di lavoro collegiali e intersettoriali; creazione di ruoli unici del personale regionale, con previsione di forme di mobilità interna; introduzione dell'istituto del difensore civico come organo indipendente, incaricato di controllare, su istanza degli interessati, il sollecito e regolare svolgimento dell'attività amministrativa regionale. Agli enti locali sono riconosciuti alcuni significativi poteri incidenti sull'esercizio di funzioni regionali, come il potere di iniziativa legislativa, ma anche il potere di richiedere referendum e di rivolgere interrogazioni. La legge costituzionale 1/1999 muta notevolmente la fonte statutaria delle regioni ad autonomia ordinaria, conurandolo con un tipo particolare di legge regionale caratterizzato da un procedimento speciale di approvazione e di controllo: dev'esser approvato a maggioranza assoluta dal consiglio regionale per due volte entro il termine due mesi e il governo può impugnare direttamente la delibera statutaria dinanzi alla corte costituzionale entro 30 giorni dalla pubblicazione. Viene confermato il primato della disciplina statutaria rispetto alla ordinaria attività regionale.

L'autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia speciale

La riforma del titolo V della costituzione precisa che le materie di competenza legislativa delle regioni ad autonomia ordinaria sono quelle non regolate dalla costituzione, mentre per le regioni ad autonomia speciale sono quelle loro attribuite dalla costituzione. Le regioni ad autonomia speciale dispongono in alcuni settori di un tipo di potestà legislativa che incontra limiti solo 'esterni' alle materie espressamente elencate dagli statuti speciali (la cosiddetta potestà legislativa primaria esclusiva); in altri settori, invece, dispongono della cosiddetta potestà legislativa ripartita o concorrente, la quale spetta anche le regioni ad autonomia ordinaria. La potestà legislativa facoltativa-integrativa può essere esercitata dalle regioni in materia di competenza statale, ma solo se nella misura in cui la legge dello Stato permette alle regioni la possibilità di adattarne il contenuto alle particolari esigenze locali. La potestà legislativa regionale primaria ha il divieto di disciplinare i rapporti di diritto privato, penale e processuale. Il limite dei principi delle grandi riforme risponde alla volontà di consentire, nelle materie di competenza regionale, che il legislatore nazionale possa procedere a profondi processi di riforma o di riordino. La potestà legislativa delle regioni non deve contraddire gli elementi di fondo caratterizzanti il complessivo sistema giuridico. Il limite degli obblighi internazionali dello Stato stabilisce che solo lo Stato può esprimere apprezzamenti di politica estera e stipulare accordi con soggetti di diritto internazionale. Per quanto riguarda le fonti normative comunitarie nelle materie di competenza regionale, la legge statale prevale sulla legge regionale. Il quinto comma dell'articolo 117 della costituzione garantisce al livello costituzionale che le regioni e le province autonome nelle materie di loro competenza provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionale e degli atti dell'Unione Europea nel rispetto delle norme di procedure stabilite dalla legge dello Stato.

L'autonomia legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria

Il secondo comma dell'articolo 117 elenca diciassette materie o gruppi di materie nelle quali lo Stato dispone di una competenza esclusiva; il terzo comma contiene un secondo elenco di materie o gruppi di materie (19) nelle quali spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato; infine, nel quarto comma, si stabilisce che spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Per quanto riguarda i limiti della potestà legislativa regionale, il primo comma dell'articolo 117 afferma che questa è esercitata 'nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e di obblighi internazionali'. Nelle materie in cui lo Stato deve esclusivamente dettare i principi generali, si dice che emani cosiddette 'leggi cornici', che fungeranno appunto da limite alle disposizioni regionali. Il nuovo articolo 127 cambia notevolmente il sistema di controllo sulle leggi regionali: si è eliminato il precedente sistema di controllo preventivo, e il governo può impugnare le leggi per motivi di presunta incostituzionalità entro sessanta giorni dalla pubblicazione della fonte normativa. Lo Stato può dolersi che una legge regionale ecceda la competenza della regione, mentre la regione può promuovere la questione di legittimità costituzionale quando ritenga che una fonte primaria statale o di un altra regione lega la sua sfera di competenza.

L'autonomia amministrativa delle Regioni ed i rapporti con gli enti locali

Nel precedente titolo V della costituzione la regione era titolare, in base al principio del parallelismo delle funzioni, dei poteri amministrativi nelle medesime materie di sua competenza legislativa (valevole ancora per gli statuti speciali). Tuttavia agli enti locali venivano riservate le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale delle materie di competenza regionale al fine di salvaguardare la loro funzione di enti direttamente rappresentativi delle popolazioni locali, anche perché altrimenti si sarebbero trovati senza un ruolo specifico, dal momento che operano quasi interamente nelle materie di competenze regionali. Il nuovo titolo V annulla il potere di indirizzo e coordinamento (delega alle amministrazioni locali di funzioni amministrative), l'attuazione dei trattati delle norme comunitarie nelle materie di competenza legislativa regionale viene affidata alle regioni, ssa dei controlli sui amministrativi regionali, introduzione di un tipo di controllo sostitutivo da parte del governo particolarmente ampio (in prima istanza con una sollecitazione a mutare l'atto, in secondo luogo adottando i provvedimenti necessari).

Il finanziamento delle Regioni

I comuni, le province, le città metropolitana e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, in armonia con la costituzione secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario. Il decreto legislativo 56/2000 prevede che il finanziamento delle regioni debba esser assicurato da un'ampia tecipazione regionale alle entrate dell'Iva, da una limitata addizionale regionale all'Irpef e da un'aliquota dell'imposta sulla benzina. A ciò è da aggiungere la permanenza di alcuni fondi settoriali, fra i quali emergono per la loro grande consistenza i fondi destinati al settore sanitario e al settore dei servizi sociali. Viene inoltre previsto un 'fondo perequativo nazionale' alimentato da una parte del gettito della tecipazione alle entrate dell'Iva e suddiviso fra le diverse regioni in base a complessi parametri perequativi.

Gli organi di raccordo fra Stato e Regioni

La riforma del titolo V ha eliminato alcune forme di relazione fra Stato e regioni che risentivano di una concezione di tipo gerarchico. La possibile integrazione della commissione bicamerale per le questioni regionali con rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali è stata sostanzialmente rifiutata dal sistema politico. Gli unici organi istituzionali che al momento attuale, seppure debolmente, fungono da raccordo tra Stato e regioni, sono le conferenze fra Stato, regioni ed enti locali che sono state create e disciplinate negli ultimi anni. È un organo consultivo composto dai presidenti delle giunte delle regioni e delle province autonome, presieduto dal presidente del Consiglio dei Ministri o da un ministro da lui delegato, titolare dei poteri di convocazione e determinazione dell'ordine del giorno.

Le trasformazioni dell'amministrazione locale

Il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 267/2000) definisce come enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane, le unioni di comuni, alcuni consorzi fra gli enti locali. Il limite minimo di popolazione per la costituzione di nuovi comuni è stato innalzato a 10.000 abitanti. La città metropolitana costituisce un tipo particolare di provincia, dotata di alcuni poteri maggiori rispetto alle province.

L'organizzazione politica e amministrativa degli enti locali

Il consiglio comunale o provinciale (che resta in carica cinque anni) è un organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo, ed è titolare esclusivo di un'ampia, ma pur sempre limitata, serie di atti fondamentali indicati dalla legge; la giunta compie gli atti di amministrazione che non siano di competenza di funzionari e che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadono nelle competenze, previste dalla legge dallo statuto, del sindaco e del presidente della provincia o degli organi di decentramento. Dal 1993 sindaco e presidente sono eletti direttamente dal corpo elettorale, cui spettano la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende e istituzioni. Il sindaco o il presidente possono nominare gli assessori scegliendoli anche fra cittadini estranei ai consigli ma eleggibili. Il difensore civico svolge un ruolo di garante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini; è una ura facoltativa.

Le funzioni degli enti locali ed il loro finanziamento

Secondo l'articolo 13 del decreto legislativo 267/2000 'spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione e il territorio comunale, in particolare nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto e utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze'. L'articolo 19 dello stesso decreto stabilisce, per quanto riguarda le funzioni delle province, che bisogna attendere le leggi statali e regionali che identificano concretamente le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale. Per quanto riguarda l'aspetto finanziario, agli enti locali spetterebbero le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza; il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali passerebbe ed un fondo ordinario in fondo speciale, finalizzato ad aree particolari.







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