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TUTELA COGNITIVA



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TUTELA COGNITIVA


Mira a conseguire la certezza in ordine alla esistenza o alla inesistenza di un determinato diritto ed eventualmente ad individuare l'obbligazione cui è tenuto un determinato soggetto, la prestazione, o a produrre una determinata modificazione di una situazione giuridica: la costituzione o la modificazione di uno status.

Quanto affermato trova un suo corrispondente nel distinguo tra: SENTENZE DI MERO ACCERTAMENTO, DI CONDANNA E COSTITUTIVE.

Perché il bisogno primario che io ho sempre è di ottenere un accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza del mio diritto ma non sempre questo è sufficiente per ottenere una tutela piena ed effettiva. Dipende dal tipo di violazione in senso lato che venga in rilievo.

Esempio: io subisco una mera contestazione del mio diritto di proprietà. Altri pur non privandomi del possesso, della detenzione, contesta che io sia proprietario. Crea una situazione di incertezza nell'ordinamento. Io ho bisogno di poter adire un giudice che statuisca in ordine all'esistenza o alla inesistenza del mio diritto e che elimini questa incertezza dal mondo giuridico. Non ho bisogno di altro. Nel momento in cui si verifica una violazione in senso proprio degli esempi fatti in precedenza non è più sufficiente il mero accertamento del diritto. Se io ho diritto al amento di una somma di danaro, non mi basta che il giudice accerti l'esistenza o l'inesistenza del diritto a are la somma di danaro. È la premessa fondamentale, ma il giudice deve anche condannare la controparte a are quella determinata somma di danaro.



O ancora, se io voglio verificare il mio stato di persona sposata ho bisogno di una pronuncia del giudice che modifichi questo mio status pronunciando il divorzio (procedimento di separazione o divorzio).

E quindi propongo per il tramite di una tutela cognitiva in senso lato che passi per l'accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza del diritto, io posso ottenere una sentenza di mero accertamento, che si limita ad accertare l'esistenza o l'inesistenza del diritto, o una sentenza di condanna che non si limita ad accertare l'esistenza o l'inesistenza del diritto ma condanna anche il convenuto ad un fare, ad un disfare, ad un dare. Ho diritto alla consegna di una cosa mobile, lo condanno a consegnarmi la cosa mobile. Ho diritto al amento di una somma di danaro che è stato accertato, lo condanno al amento della somma di danaro. O ancora accertando una determinata situazione modifica o costituisce un determinato status.

Ma com'è che l'ordinamento riesce a conseguire questo obiettivo. Com'è che la tutela cognitiva riesce a conseguire questo obiettivo. Sicuramente un giudice che accerta l'esistenza o l'inesistenza del mio diritto è un dato decisivo, ma ci vuole qualcosa di più perché io effettivamente riesca ad ottenere una tutela effettiva. È necessario la stabilità dei risultati, la stabilità di questa pronuncia del giudice. A me poco mi serve che il giudice accerti l'esistenza o l'inesistenza del mio diritto se poi quella situazione può sempre essere rimessa in discussione.

Quindi l'elemento fondamentale a mezzo del quale questa tutela cognitiva riesce a conseguire il suo obiettivo è il cd. GIUDICATO. Il giudicato trova la sua disciplina nell'art. 2909 c.c., in forza del quale si dice che: "L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa".

Va ad indicare l'alto grado di stabilità che ha raggiunto la sentenza.

Ad esempio quando studieremo le impugnazioni vedremo che l'ordinamento deve fare una scelta: per un verso deve consentire un controllo sull'attività svolta dal primo giudice, perché il primo giudice che pronuncia la sentenza potrebbe sbagliare. Quindi l'ordinamento sente l'esigenza di far controllare ad un altro giudice l'operato del primo. Ma poi arriva un momento che quella discussione di quella determinata situazione giuridica non deve potersi più discutere nell'ordinamento. Si dice che non sono più esperibili i mezzi di impugnazione ordinaria, passa in giudicato. E si dice passato tra le parti, gli eredi e gli aventi causa. E come se si avesse una fotografia di quel determinato rapporto, di un determinato momento storico che copre il dedotto e il deducibile. Cioè che copre non solo ciò che le parti hanno dedotto in quel processo ma anche ciò che avrebbero potuto dedurre. L'ordinamento appresta un procedimento con determinate regole procedimentali entro le quali le parti devono allegare determinati fatti, svolgere determinate deduzioni. Se non le svolgono, se non deducono determinati fatti peggio per loro. Tutto ciò che poteva essere dedotto nel primo giudizio rimane coperto nel giudicato.

Quindi il fondamentale strumento a mezzo del quale la tutela cognitiva riesce a conseguire il suo obiettivo, sia con la tutela di mero accertamento, sia con la tutela di condanna o con la tutela costitutiva, è il giudicato. Perché la parte per avere una tutela effettiva, e dunque per il diritto processuale una tutela effettiva al diritto sostanziale, non è sufficiente che appresti dei mezzi processuali idonei ad accertare l'esistenza del diritto. È necessario anche che assicuri la stabilità dei risultati del processo e ciò lo fa per il tramite del giudicato.

Quindi la tutela cognitiva può dar luogo a delle sentenze di accertamento, di condanna e costitutive. Nell'ambito della tutela cognitiva il legislatore processuale utilizza una sola forma di cognizione o diverse forme di cognizione?

Qui il fondamentale distinguo è quello tra cognizione ordinaria, o cognizione piena ed esauriente, e cognizione sommaria.

COGNIZIONE ORDINARIA o cognizione piena ed esauriente perché è l'optimum sul piano delle garanzie della cognizione. Cioè è la forma di cognizione di quella determinata situazione giuridica sostanziale, sul piano processuale, maggiormente garantista per le parti. Maggiormente garantista perché sono predeterminate le regole del procedimento e i termini da parte del legislatore, perché il contraddittorio è sempre pieno rispetto alla pronuncia della sentenza e perché dunque il giudice va a realizzare una cognizione piena, un'istruttoria al massimo livello, con la predisposizione di tutta una serie di garanzie non ultima la possibilità per il convenuto di essere sempre sentito prima che sia pronunciata la sentenza. Quindi dovrebbe essere quella forma di cognizione che ci dà maggiori garanzie sul piano dell'affidabilità del risultato. È logico che quel vantaggio che abbiamo sul piano della maggiore affidabilità lo hiamo sul piano dei tempi processuali. Perché la cognizione sommaria non ci dà tutte queste garanzie sul piano dell'affidabilità forse, ma ci dà un risultato più rapido. 

La ragione fondamentale per cui si ricorre tendenzialmente alla cognizione sommaria sono le ccdd. esigenze di economia processuale.

La cognizione piena ed esauriente viene ad essere realizzata con il tramite innanzitutto del processo di cognizione ordinaria di cui agli artt. 163 ss. c.p.c.

Il processo di cognizione ordinaria è il modello fondamentale di processo civile a mezzo del quale io posso far valere qualsivoglia diritto. Quindi nell'assenza di processi speciali, dedicati a determinati diritti, ad esempio il processo del lavoro per i diritti del lavoratore, il processo societario per determinati diritti in materia societaria, io posso sempre ricorrere al processo di cognizione ordinaria, che si realizza a cognizione piena. Quindi predeterminazione delle modalità di svolgimento e dei termini da parte del legislatore, contraddittorio sempre preventivo rispetto alla pronuncia della sentenza, massima affidabilità sul piano dei risultati.



Non c'è però una piena identificabilità tra cognizione piena ed esauriente e processo di cui agli artt. 163 ss. c.p.c. perché sono processi a cognizione piena anche il processo del lavoro, anche il processo societario. Cioè ove siano rispettate quelle fondamentali caratteristiche della cognizione piena, cioè predeterminazione dei termini e delle modalità di svolgimento del procedimento, contraddittorio preventivo, istruttoria piena e quindi il procedimento in questi casi non è mai rimesso alla discrezionalità del giudice. Le regole sono chiare e sono predeterminate dal legislatore. Ove ricorrano queste caratteristiche della cognizione piena siamo di fronte a processi a cognizione piena, sia pur diversamente strutturati sul piano del procedimento.

Questa cognizione piena può trovare un suo sbocco nelle sentenze o nelle azioni. Azioni di mero accertamento o sentenze di mero accertamento sono la stessa cosa. Le diverse tipologie di azioni sono: mero accertamento, condanna e costitutive.

Io che subisco la violazione di un diritto, in assenza di uno specifico procedimento nell'ambito dell'ordinamento, ricorro al processo di cognizione piena di cui agli artt. 163 ss. c.p.c.

A seconda che ho subito una mera contestazione o un determinato tipo di violazione chiederò ciò di cui ho bisogno. Se io ho bisogno solo di una sentenza di mero accertamento chiederò una sentenza di mero accertamento (ad esempio è stato contestato il mio diritto di proprietà); se ho bisogno di una sentenza di condanna chiederò una sentenza di condanna; se ho bisogno di una sentenza costitutiva chiederò una sentenza costitutiva.

COGNIZIONE SOMMARIA: si deroga a qualcosa rispetto alla cognizione piena. A che cosa si deroga? A taluna di queste garanzie fondamentali previste nella cognizione piena. Ad esempio si può derogare al contraddittorio preventivo rispetto alla pronuncia della sentenza, o si può derogare alla predeterminazione delle modalità del procedimento. Tant'è vero che si suole distinguere tra cognizione sommaria in quanto parziale e cognizione sommaria in quanto superficiale.

Cognizione sommaria in quanto parziale: quando si derogano solo ai profili rispetto alla cognizione piena: al preventivo contraddittorio rispetto alla pronuncia della sentenza. Perché in questo caso il giudice si pronuncia sostanzialmente sulla base delle indicazioni dell'attore. Evidentemente il convenuto poi verrà tutelato. Quindi la cognizione piena è solo posticipata e rimessa all'iniziativa del convenuto.

Una struttura di questo tipo è il procedimento di ingiunzione: io faccio ricorso al giudice per ottenere un decreto ingiuntivo e ottengo, quindi, subito un provvedimento nei confronti del convenuto che lo condanna a fare qualche cosa. Ma il convenuto potrà fare opposizione al decreto ingiuntivo e quindi attivare un processo a cognizione piena diretto a verificare se esiste o non esiste effettivamente questo diritto. Quindi qui la sommarietà della cognizione, e quindi la riduzione dei tempi processuali, io la vado a realizzare facendo pronunciare al giudice una decisione solo sulla base delle indicazioni ricevute dall'attore. Ecco perché cognizione sommaria in quanto parziale.

Cognizione sommaria in quanto superficiale: quando io vado a derogare a quella ulteriore fondamentale caratteristica della cognizione piena che è la predeterminazione dei termini e delle modalità processuali ad opera del legislatore. La cognizione superficiale sono invece dirette alla discrezionalità del giudice per cui io non ho una predeterminazioni delle modalità secondo cui si svolgerà il procedimento. E quindi è logico che il procedimento mi dà minori garanzie. Io non ho una certezza, perché lo prevede una norma, che potrò avere dei termini per il deposito di determinate memorie, o ci saranno determinate udienze dove potrò svolgere determinate attività processuali. Questo è rimesso in qualche modo ad una decisione, ad una determinazione discrezionale da parte del giudice. È logico che anche qui potrò avere un risparmio sul piano dei tempi processuali perché il giudice potrà utilizzare delle modalità di svolgimento del procedimento molto più snelle e potrà arrivare alla pronuncia della sentenza con tempi molto rapidi.

Ecco il motivo per il quale si dice che tendenzialmente si ricorre alla cognizione sommaria rispetto alla cognizione piena per motivi di economia processuale.

Nell'ambito della cognizione sommaria vi è un ulteriore distinguo: cognizione sommaria cautelare e cognizione sommaria non cautelare.

Anche la tutela cautelare non è altro che una cognizione sommaria. Bisogna distinguere nell'ambito della cognizione sommaria quella che è cautelare da quella che non è cautelare.

Come la facciamo a diversificare? Innanzitutto guardando alla funzione che svolge questa tutela. Si dice che la tutela cautelare ha una funzione strumentale rispetto al processo a cognizione piena. Che significa strumentale rispetto al processo a cognizione piena? Significa che la tutela cautelare, quanto meno nella sua impostazione originaria prima delle recenti riforme, viene a strutturare la fruttuosità del provvedimento finale di cui è il processo a cognizione piena. Significa che durante un processo a cognizione piena che può durare 5 anni, 6 anni io posso subire un danno per effetto della mera durata del processo o perché nel corso del processo sopravvengono delle circostanze che potrebbero rendere totalmente inutile la sentenza definitiva. Ecco dunque perché il legislatore si deve preoccupare di apprestare delle misure, per l'appunto, cautelari in modo da garantire il risultato di quella sentenza che sarà emessa all'esito del processo a cognizione piena.

Esempio: immaginiamo che io agisca per ottenere il amento di una rilevantissima somma di danaro. Evidentemente agendo con il processo a cognizione piena di cui agli artt. 163 ss. c.p.c. avrò tutte le garanzie del mondo ma avrò anche un processo che se va bene durerà 5 anni, visti i tempi dei processi in Italia. Il convenuto che si vede ricevere un atto di citazione con il quale gli si chiede di are euro 500.000,00 penserà bene, soprattutto nel caso in cui è convinto di perderla questa causa, di iniziare a spogliarsi dei beni di cui è titolare, in modo che all'esito del processo a cognizione piena, tra 5 anni, non sarà titolare di nulla. Quindi io se ottengo una sentenza di condanna al amento di euro 500.000,00 ma poi non ho nessun bene del debitore su cui soddisfarmi, quella sentenza non serve a nulla. Quindi significa che l'ordinamento deve apprestare degli strumenti cautelari onde assicurare la fruttuosità della sentenza resa all'esito del processo a cognizione piena. Nella specie una tutela cautelare conservativa, perché è sufficiente mantenere lo status quo per evitare che io subisca un danno. Ad esempio, nella specie, il legislatore prevede il cd. sequestro conservativo: io sequestro determinati beni immobili di proprietà del debitore in attesa che sia pronunciata la sentenza all'esito del processo a cognizione piena, in modo che se avrò ragione ci saranno dei beni su cui mi posso soddisfare e quindi sarà stata assicurata la fruttuosità di quella sentenza di condanna.

A cosa sono subordinati normalmente questi processi, questa tutela cautelare? A due requisiti fondamentali: il cd. fumus boni iuris e il periculum in mora.

Il fumus boni iuris è la presumibile fondatezza di quel determinato diritto. Proprio perché decido con urgenza e decido in vista dell'esito del processo a cognizione piena mi accontento della presumibile fondatezza del diritto. Se esiste concedo la misura cautelare. Poi sarà il giudice all'esito del processo a cognizione piena a dirmi se esiste o non esiste quel diritto. È chiaro che la misura cautelare a questo punto essendo collegata alla sentenza finale ne subirà, in qualche modo, le sorti.

Qual è questa misura cautelare? Una funzione conservativa o anticipatoria legato ai differenti possibili pericula in mora che vengono in rilievo.

Il periculum in mora è la situazione di pericolo in cui si trova quel determinato diritto e deve essere effettivamente minacciato. Ci deve necessariamente essere un'esigenza di provvedere con urgenza perché altrimenti il diritto può rimanere in uno stato di insoddisfazione durante tutto il corso della durata del processo a cognizione piena.

Se esiste il periculum, se esiste il fumus si concede la misura cautelare.

La misura cautelare oltre che conservativa è anche anticipatoria perché dipende dall'esigenza, dal bisogno di tutela che emerge. Non sempre il mio bisogno di tutela può essere soddisfatto da misure cautelari conservative che mantengano lo status quo durante tutta la durata del processo.

Se io ho una lesione del mio diritto della personalità, che sono state pubblicate su tutti i giornali determinate foto, e io voglio che quelle foto siano eliminate, voglio evitare che si ripetano determinate violazioni, io in questo caso non me ne faccio niente di una tutela conservativa. Io ho bisogno di un provvedimento cautelare che anticipi in qualche modo i possibili effetti della sentenza finale. Ed ecco per quale motivo l'ordinamento appresta una tutela anche con funzione anche anticipatoria, i ccdd. provvedimenti d'urgenza di cui all'art. 700 c.p.c. che mi consentano ai medesimi requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, di avere un provvedimento provvisorio che provvisoriamente mi anticipi gli effetti della sentenza finale. Il giudice dirà: presumibilmente il tuo diritto esiste, nel corso della durata del processo io ti accolgo questo provvedimento anticipatorio, poi staremo a vedere con la sentenza finale se in qualche modo la mia valutazione provvisoria sarà confermata dalla sentenza all'esito del processo a cognizione piena o meno.

Però inevitabilmente va effettuata una valutazione di verosimiglianza per stabilire durante la durata del processo se devo privilegiare in qualche modo l'esigenza dell'una o dell'altra parte. Perché si dice che in linea di massima la durata del processo non dovrebbe mai andare a danno dell'attore che ha ragione.   

Io dovrei potere avere piena soddisfazione del diritto come se la sentenza, in qualche modo, venisse pronunciata nel momento in cui io richiedo la tutela. Quindi si dovrebbe cercare di azzerare al massimo la durata dei tempi processuali o comunque evitare che questa durata non venga subita dal soggetto che ha subito una determinata lesione.

Quindi la strumentalità è un carattere fondamentale per la tutela sommaria cautelare e non cautelare. Strumentalità di cui è pervasa la tutela sommaria cautelare e di cui non è pervasa la tutela sommaria non cautelare, la quale essendo prevista per esigenze di economia processuale normalmente è totalmente sganciata dal processo a cognizione piena e ne rappresenta una possibile alternativa più veloce.

Alcune volte il legislatore ritiene che determinati diritti, che richiedano un determinato tipo di tutela, presuppone delle forme processuali più rapide dotate di minori garanzie e che possono dar luogo a dei risultati accettabili. Vedremo se equiparabili o meno alla sentenza ma anche stabili. Quindi sono un'alternativa rispetto alla cognizione piena e alla cognizione sommaria. Non dotata di questa strumentalità. Anche sul piano del contenuto si sembra accogliere una differenza con la tutela sommaria cautelare e non cautelare perché si dice che la tutela sommaria cautelare può avere il contenuto più vago proprio perché deve assicurare la fruttuosità della sentenza finale. Nella tutela sommaria non cautelare tendenzialmente il contenuto del provvedimento sarà il contenuto della sentenza finale perché non si fa altro sostanzialmente che assicurare al soggetto un medesimo risultato con diverse forme processuali. Minori garanzie ma più rapide.

La differenza tra la tutela sommaria cautelare e non cautelare riguarda anche la stabilità del provvedimento perché per i provvedimenti cautelari, salvo recentissime modifiche, non dovrebbe mai esserci una stabilità perché dovrebbero sempre mirare ad assicurare la fruttuosità della sentenza avente all'esito del processo a cognizione piena. Mentre invece la cognizione sommaria non cautelare ben può dare luogo a dei risultati stabili, alternativi rispetto a quelli di una sentenza.

Immaginiamo che il legislatore anziché predisporre il processo a cognizione piena predispone un processo a cognizione sommaria, quindi con minori garanzie procedimentali che si svolge in modo più rapido ma che dà luogo comunque ad un risultato stabile.  

TUTELA ESECUTIVA: per capire cos'è la tutela esecutiva, ancora una volta, la chiave di volta è avere presente quali possono essere i diversi bisogni che emergono sul piano del diritto sostanziale.

Esempio: sinistro automobilistico; io mi sento di avere il diritto al risarcimento dei danni avendo subito un danno ex art. 2043 c.c..Agisco in giudizio, ottengo il risarcimento dei danni, ottengo una sentenza di condanna che condanna il convenuto a darmi euro 500.000,00. Cosa succede se il convenuto non a? L'ordinamento mi deve assicurare degli strumenti che mi consentono di ottenere una piena tutela in via esecutiva, per l'appunto, del mio diritto anche nel caso in cui la mancata collaborazione del soggetto obbligato si protragga, se del caso, di fronte ad una sentenza di condanna. Cioè il fatto che io abbia ottenuto un accertamento giurisdizionale del mio diritto, non significa che ho avuto piena soddisfazione. Se si tratta di una sentenza di mero accertamento si, perché l'altrui contestazione ha creato una situazione di incertezza. Interviene il giudice con una sentenza passata in giudicato che elimina quella situazione di incertezza nell'ambito dell'ordinamento giuridico, perché quella sentenza nessuno potrà metterla in discussione e quella sentenza dice con chiarezza che io sono il proprietario di quell'immobile, che non se ne può più discutere. Ma se io al contrario ho ottenuto una condanna al amento di una somma di danaro, io quella somma di danaro me la devo far ridare. Se io ho diritto ad ottenere la consegna di un bene mobile o immobile, questo bene me lo devo fare consegnare; quindi l'ordinamento si deve preoccupare di apprestare dei rimedi che mi assicurino la tutela anche per l'ipotesi in cui il soggetto tenuto ad una determinata prestazione non lo vuole fare volontariamente. Per l'appunto il legislatore prevede una tutela esecutiva in queste ipotesi. Cioè la possibilità di ottenere in via coattiva, tramite l'attuazione forzata, l'effettiva soddisfazione del mio diritto.

Come lo fa? Anzitutto sulla base di un titolo esecutivo. I titoli esecutivi sono quei titoli cui l'ordinamento attribuisce il potere di poter attivare un processo di esecuzione forzata. Normalmente, le ipotesi più facili da intuire sono le sentenze di condanna perché c'è un accertamento giurisdizionale, c'è un giudice che ha stabilito che sono tenuto a are. Ma ci sono anche altre ipotesi in cui l'ordinamento si accontenta di una certezza minore. Ad esempio si accontenta nel caso dei titoli esecutivi stragiudiziali dell'atto pubblico redatto da un notaio che comunque ci consente di attivare un processo di esecuzione forzata in talune ipotesi.

Cioè ci sono degli atti cui l'ordinamento riconosce una certa certezza in ordine alla azione di cui sono rappresentativi, il diritto di cui sono rappresentativi e consente dunque di attivare questo processo di esecuzione forzata. Che potrà essere, a seconda del tipo di obbligo, di diritto che viene in rilievo, un processo di espropriazione forzata o di esecuzione specifica. Perché se io ho diritto al amento di una somma di danaro si ha l'espropriazione forzata; se io ho diritto alla consegna di un bene mobile o di un bene immobile, al rilascio di un bene immobile o alla prestazione di fare o non fare si ha esecuzione in forma specifica. Perché nell'espropriazione forzata io ho diritto al amento di una somma di danaro, il soggetto convenuto risponde con tutto il suo patrimonio, quindi il legislatore deve sostanzialmente trovare un terzo che si sostituisca al debitore e che mi consente di dare attuazione al mio diritto.

Come lo fa in questo caso?

Ci pensa l'ordinamento. Io aggredisco determinati beni del debitore che attraverso il processo di esecuzione vengono trasformati in una somma di danaro. Rivende all'asta il bene immobile che si trasforma in somma di danaro ed io mi posso soddisfare su quella somma di danaro.

Quindi è un terzo che subentra che si sostituisce al debitore e consente la realizzazione del mio diritto.

Nell'esecuzione specifica cosa cambia? Che c'è una prestazione specifica: c'è il consegnare o il fare. Anche in questo caso però io non è che posso coattivamente, non posso né farmi giustizia da me (in forza del divieto ci cui agli artt. 392 - 393 c.p.) né posso in qualche modo realizzarlo autonomamente. Deve intervenire l'ordinamento che per il tramite di un terzo che si sostituisce al debitore assicura l'attuazione della prestazione.

Esempio: il mio vicino ha realizzato illegittimamente una costruzione sul mio fondo, io ho ottenuto una sentenza di condanna per farla distruggere. Il convenuto non la vuole distruggere. Io attivo un procedimento di esecuzione specifica con cui il giudice nomina un terzo che procederà alla distruzione di quella determinata opera e delle spese ne avrà carico il convenuto.

Quindi per l'esecuzione c'è sempre un terzo che si surroga alla posizione del soggetto che sarebbe obbligato che mi consente comunque di attuare per il tramite sempre dell'attività giurisdizionale l'attuazione piena di un mio diritto.

Quindi evidentemente la fonte fondamentale e il c.p.c. all'interno del quale esiste una piena rispondenza con quanto detto nel senso che se guardiamo alla sistematica del codice c'è un libro primo destinato alle disposizioni generali, il che significa che ho una serie di disposizioni generali che mi valgono per tutti i vari possibili modelli di processo che il legislatore processuale può immaginare. C'è un libro secondo che si occupa del processo di cognizione, ossia di quel processo a cognizione piena di cui agli artt. 163 ss. c.p.c. che mi consente di attivare una tutela a fronte di qualsivoglia diritto, ci sono dei procedimenti specifici. Un libro terzo che si occupa del processo esecutivo, cioè della tutela esecutiva e un libro quarto che si occupa dei procedimenti speciali cioè che prevede tutta una serie di procedimenti speciali che mirano in ragione delle loro peculiarità a dare un'adeguata risposta rispetto ai bisogni di tutela che possono emergere sul piano del diritto sostanziale.  







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