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DISPENSE DI SCIENZA DELLE FINANZE - La politica fiscale nel modello keynesiano reddito-spesa



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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE

Facoltà di Giurisprudenza



Anno  accademico 2001-2002









Bruno Bises




DISPENSE

DI

SCIENZA DELLE FINANZE





Parte C


La politica fiscale

nel modello keynesiano reddito-spesa





1. LA POLITICA FISCALE PER LA STABILITA' ECONOMICA


1.1. Il modello keynesiano reddito-spesa


1.1.1. Caratteristiche del modello


Il modello macro-economico reddito-spesa - basato sull'analisi compiuta da J. M. Keynes nella Teoria generale dell'occupazione, interesse e moneta (1936) - permette l'analisi degli effetti sul reddito nazionale dei diversi strumenti di politica fiscale (spesa pubblica con caratteristiche produttive o redistributive, prelievo fiscale) diretti ad influire sulla domanda aggregata, a fini di stabilizzazione del reddito nazionale, riducendo le dimensioni delle fluttuazioni cicliche della prodotto nazionale e dell'occupazione.

Il modello qui esposto rappresenta in maniera molto semplificata alcune delle relazioni macro-economiche fondamentali di un sistema economico. Esso si qualifica per le seguenti caratteristiche principali:

1) comprende il solo settore reale del sistema economico, cioè il mercato dei beni e servizi, ed è diretto a determinare l'equilibrio tra domanda aggregata e offerta aggregata (il prodotto nazionale);

2) prescinde, però, per semplicità (dato che in questa sede l'interesse è concentrato sugli effetti degli strumenti fiscali), dalle relazioni economiche con il resto del mondo (importazioni ed esportazioni): il sistema rappresentato è quindi un'economia chiusa;

3) gli operatori le cui decisioni rilevano nel modello sono perciò: le famiglie (da cui proviene la domanda di beni di consumo), le imprese (da cui proviene la domanda di beni di investimento e che decidono il volume della produzione sulla base della domanda aggregata), lo Stato (da cui proviene la domanda di beni sia di consumo che di investimento);

4) non vengono inclusi né il settore finanziario né il mercato del lavoro: non trovano, di conseguenza, spiegazione nel modello né le decisioni di investimento delle imprese private né quelle delle famiglie sull'impiego del risparmio, e risultano esogeni al modello i tassi di remunerazione sia del capitale che del lavoro;

5) le variabili considerate sono solo quelle di flusso (mentre non rilevano quelle di stock: il patrimonio delle famiglie e lo stock di capitale delle imprese);

6) le variazioni nella domanda aggregata non modificano il livello dei prezzi (i prezzi sono fissi): le variabili considerate sono quindi variabili reali;

7) l'analisi è di statica ata: si confrontano quindi gli equilibri prima e dopo l'intervento pubblico.


1.1.2. Il modello


Le equazioni del modello sono:


Y = C + I + G


che esprime il prodotto nazionale Y come funzione delle tre componenti della domanda aggregata; la funzione del consumo


C = C0 + c (Y - T + TR)


e la funzione del prelievo fiscale


T = T0 + t Y


dove i simboli rappresentano le variabili macro-economiche, distinte in base alla loro qualificazione come variabili endogene (cioè spiegate dal modello), esogene (che rappresentano un dato, in quanto non spiegate nel modello) e strumentali (costituite dagli strumenti utilizzabili dalle autorità di governo, i cui effetti sulle variabili endogene si intendono analizzare):

a) variabili endogene:

Y = reddito nazionale;

Yd (= Y - T + TR) = reddito disponibile delle famiglie (pari al reddito prodotto al netto delle imposte ate e dei trasferimenti ricevuti);

C = consumi privati (cioè, domanda per beni di consumo da parte delle famiglie);

T = prelievo tributario complessivo;

b) variabili esogene:

1) I = investimenti privati (cioè, domanda per beni di investimenti da parte delle imprese);

2) C0 = consumi privati incomprimibili (cioè, domanda per beni di consumo da parte delle famiglie indipendente dal reddito);

3) c (= DC/DY) = propensione marginale al consumo;

c) variabili strumentali:

G = spesa pubblica produttiva (cioè per l'acquisto di beni e servizi, sia di consumo che di investimento);

TR = spesa pubblica redistributiva (cioè per trasferimenti, quali pensioni, sussidi, contributi, assegni familiari, ecc.)

T0 = gettito di imposte indipendenti dal reddito nazionale (quali imposte a base patrimoniale, imposte sulle società di capitali)

t DT/DY) = propensione marginale tributaria (cioè: variazioni di gettito tributario indotte da variazioni nel reddito nazionale, e quindi dovute a imposte il cui gettito è funzione del reddito nazionale, quali l'imposta personale sul reddito, l'iva).


Sostituendo T dalla (3) nella (2) e C dalla (2) nella (1), e sciogliendo la parentesi nella (2), si ottiene


Y = C0 + c Y - c T0 - c t Y + c TR + I + G


che rappresenta il reddito nazionale come funzione delle variabili esogene e strumentali.



1.2. Effetti dei diversi strumenti di politica fiscale


Per analizzare gli effetti dei diversi strumenti fiscali è necessario individuare - utilizzando la (4) - le variazioni nel reddito nazionale (DY) derivanti da variazioni discrezionali in ciascuna delle variabili G, T0, TR, t.

Si ipotizza, per semplicità, che non vi siano variazioni nel consumo incomprimibile e negli investimenti privati (perciò: DC0 = DI = 0) e che, inoltre, la propensione marginale al consumo sia stabile.



1.3. Gli effetti degli strumenti fiscali in assenza di flessibilità automatica del gettito


1.3.1. Senza flessibilità automatica del prelievo tributario


In assenza di imposte funzione del reddito non vi sarà flessibilità automatica del prelievo (cioè: sensibilità del prelievo alle variazioni del reddito nazionale). Perciò, nella (4), t = 0.

Riscriviamo quindi la (4) nella forma delle variazioni nel reddito e nelle altre variabili, omettendo evidentemente le variabili i cui valori si è assunto che non mutino:


DY = c DY - c DT0 + c DTR + DG


da cui, sottraendo c DY da ambo i lati del segno di uguaglianza, si ottiene:


DY - c DY = - c DT0 + c DTR + DG


e poi, mettendo a fattor comune DY


DY (1 - c) = - c DT0 + c DTR + DG


ed infine, dividendo tutti i termini per (1 - c):



DY = -------- [ - c DT0 + c DTR + DG

1 - c  



1.3.2. L'effetto moltiplicativo della spesa pubblica


Come si giunge al risultato espresso dalla (5'")? Consideriamo, ad esempio, una spesa pubblica aggiuntiva (DG) per la costruzione di un'opera pubblica (un ponte, un'autostrada, una diga, ..). La realizzazione di quest'opera (progettazione ed esecuzione) richiederà l'impiego di lavoratori (ingegneri, tecnici, operai, ecc.), di macchinari (apparecchiature informatiche, camion, macchine movimento terra, gru, ecc.), materiali (cemento, acciaio, ecc.). La corresponsione delle retribuzioni ai suddetti lavoratori implica un aumento del reddito nazionale, ma anche l'acquisto sul mercato di macchine e materiali, dato che il prezzo per essi ato va a remunerare i fattori che tali beni hanno prodotto (lavoro, capitale, ..), costituisce un incremento nel reddito nazionale. Quanto detto è rappresentato dal primo termine (DG) alla destra del segno di uguaglianza nella successiva equazione (6).

Tali redditi (pari quindi a DG) verranno impiegati dai rispettivi percettori per una parte (pari alla propensione marginale al consumo) per l'acquisto di beni di consumo. L'incremento nella domanda di beni di consumo sarà quindi pari a c DG. A fronte di questa domanda aggiuntiva vi sarà un incremento nella produzione della stessa entità, e quindi un pari incremento nei redditi dei fattori che hanno prodotto quei beni (e perciò nel reddito nazionale) - come espresso dal secondo termine (c DG) alla destra del segno di uguaglianza nell'equazione (6).

Se si prosegue il ragionamento, il terzo incremento di reddito sarà pari ad una frazione c di c DG, e via via per tutto il tempo in cui si verificheranno incrementi nella domanda a seguito di incrementi nei redditi.

L'intero processo qui sinteticamente descritto è rappresentato dall'equazione (6):


DY DG + c DG + c (c DG) + c [c (c DG)] + .




La (6) può essere riscritta come la (6')


(6') DY c0DG + c1DG + c2DG + c3DG + . + cnDG


dato che c0 =1, c1=c, c2=cc ecc.. La (6') è una progressione geometrica, che, purché 0 < c < 1, e ipotizzando il completo esplicarsi dei successivi round di incrementi nel reddito e di incrementi nella domanda di consumi (e quindi nel caso di n ), si riduce, dopo alcuni passaggi matematici, a:



DY = -------- DG

1 - c



1.3.3. I moltiplicatori degli strumenti fiscali


Dalla (5'") ricaviamo:

DY 1

(8a) -------- = -------- (moltiplicatore della spesa pubblica produttiva)

DG 1 - c

DY c

(8b) -------- = -------- (moltiplicatore della spesa pubblica redistributiva)

DTR 1 - c


DY c

(8c) -------- = - -------- (moltiplicatore delle imposte autonome)

DT0 1 - c



L'effetto moltiplicativo della spesa pubblica redistributiva è minore di quello della spesa produttiva in quanto dell'aumento dei trasferimenti ricevuto le famiglie destineranno a consumi solo la quota corrispondente alla propensione marginale al consumo. L'incremento iniziale nel reddito nazionale non sarà perciò pari all'entità della spesa di trasferimento ma solo a c DTR

Il medesimo ragionamento (salvo il cambio di segno) vale per le variazioni nel gettito fiscale. Un incremento nel prelievo tributario autonomo riduce della stessa entità il reddito disponibile delle famiglie: non si traduce perciò in una corrispondente diminuzione della domanda, ma questa sarà pari alla parte di quel reddito che sarebbe stata destinata ai consumi, e quindi a c DT0


1.3.4. Il moltiplicatore del bilancio in pareggio


Il finanziamento della spesa pubblica in disavanzo avrà effetti sia sul reddito di equilibrio - che in questa sede non vengono esaminati, dati i limiti del modello utilizzato (cfr. il par. 1.1.1.) - sia sul bilancio pubblico e sul debito pubblico (su cui si veda il par. 2).

Il finanziamento della spesa pubblica con un incremento nel prelievo tributario autonomo di ugual ammontare - analizzato dall'economista norvegese Haavelmo (1945) - ha portato alla formulazione del moltiplicatore del bilancio in pareggio, che risulta dalla combinazione dei due moltiplicatori della spesa produttiva e dell'imposizione autonoma:


c

DY = -------- DG - -------- DT0

1 - c   1 - c


Considerando che DT0 DG, e mettendo a fattor comune DG, si ottiene:   


1 - c

DY = -------- DG  = DG

1 - c  


e pertanto il moltiplicatore del bilancio in pareggio è DY DG = 1. Perciò gli effetti positivi sul reddito nazionale degli aumenti della domanda di beni di consumo dovuti agli impatti successivi al primo dell'aumento della spesa pubblica e gli effetti negativi del prelievo tributario si compensano: come incremento netto del reddito nazionale rimane il valore dell'opera compiuta.

Ad esempio, ipotizzando: c = 0,80; DG DT0 = 1000; si avrà:

DY


1.3.5. Il moltiplicatore della redistribuzione


Se il finanziamento attraverso un maggior prelievo riguarda una spesa redistributiva, dato l'ugual valore dei due moltiplicatori, l'effetto sul reddito nazionale sarà positivo, nullo o negativo a seconda che la propensione marginale al consumo di chi riceve il trasferimento (ad esempio cB) risulterà maggiore, uguale o minore di quella di chi subisce il prelievo (cA). Infatti, considerando DTR DT0


cB cA

DY = -------- DTR - -------- DT0

1 - c   1 - c


cB - cA

DY = ----------- DTR

1 - c



Ad esempio, se: c = 0,80; cA = 0,70; cB = 0,90; DTR DT0 = 1000, si avrà:

DY = (0,9 / 0,2) 1000 - (0,7 / 0,2) 1000 = [(0,9 - 0,7) / 0,2] 1000 = 1000


1.3.6. Conclusioni


Dall'analisi svolta possiamo trarre alcune conclusioni:

I) le variazioni nelle diverse componenti del bilancio pubblico hanno effetti diversi sul reddito nazionale;

II) una manovra sui due lati del bilancio pubblico che mantenga il bilancio in pareggio ha un effetto non neutrale sul reddito nazionale;

III) l'entità del disavanzo di bilancio può non costituire un indicatore appropriato degli effetti del bilancio pubblico sul sistema economico;

IV) una manovra redistributiva può avere effetti sul volume del reddito nazionale.



1.4. Gli effetti degli strumenti fiscali in presenza di flessibilità automatica del prelievo fiscale


1.4.1. Flessibilità automatica del prelievo e struttura del sistema tributario


La flessibilità automatica del prelievo è data dalla presenza nel sistema tributario di imposte il cui gettito varia automaticamente - senza cioè interventi discrezionali di modifica dei parametri fiscali da parte delle autorità di governo - al variare del reddito nazionale, in quanto la base imponibile di tali imposte è costituita dal reddito nazionale stesso, o da sue componenti o da variabili ad esso funzionalmente legate. In presenza di flessibilità automatica del prelievo la propensione marginale tributaria assume valore positivo (in particolare: 0 < t < 1).

La variazione del reddito nazionale in presenza di flessibilità automatica delle imposte è data dall'equazione (11) - anziché dalla (5) - sempre partendo dalla (4), dove però ora t non è più pari a zero:




DY = cDY - c DT0 + c DTR + DG - c Dt Y - c Dt DY - c t DY

eff. discrezionali eff.aut.


Possiamo distinguere gli effetti sul reddito nazionale di variazioni nel termine ctY dell'equazione (4) in effetti automatici - dovuti al solo variare dei redditi con una struttura delle imposte invariata (il termine c t DY) - ed effetti discrezionali - dovuti a variazioni nei parametri fiscali da parte delle autorità di governo che determinano una modificazione del valore della propensione marginale tributaria, il cui impatto si fa sentire non solo su Y (termine c Dt Y) ma anche sulle variazioni di Y indotte dalla manovra fiscale (termine c Dt DY


1.4.2. Effetti della flessibilità automatica del gettito tributario


Dalla (11), con Dt = 0 (e quindi escludendo gli effetti di variazioni discrezionali dei parametri delle imposte), e sottraendo da ambo i lati del segno di uguaglianza i due termini del lato destro contenenti DY, si ottiene:


DY - c DY + c t DY = - c DT0 + c DTR + DG


da cui, mettendo a fattor comune DY, e poi c, si ricava:


DY [1- c (1 - t) ] = - c DT0 + c DTR + DG


ed infine, dividendo tutti i termini per [1- c (1 - t) ], si ottiene:



DY = ----- ----- ------- [ - c DT0 + c DTR + DG

1 - c (1 - t)    


Dalla (12") ricaviamo:

DY 1

(13a)    -------- = ----- ----- ------ (moltiplicatore della spesa pubblica produttiva)

DG 1 - c (1 - t)

DY c

(13b)   -------- = ----- ----- ------ (moltiplicatore della spesa pubblica redistributiva)

DTR 1 - c (1 - t)


DY c

(13c)    -------- = - ----- ----- ----- (moltiplicatore delle imposte autonome)

DT0 1 - c (1 - t)



Dal confronto fra la (12") e la (5'") e fra le (8) e le (13) risulta che se si tiene conto della flessibilità automatica delle imposte i moltiplicatori assumono tutti un valore più basso, e quindi le variazioni del reddito nazionale dovute a manovre fiscali sono inferiori a quelle che si avrebbero in assenza di flessibilità automatica.

Anche il moltiplicatore del bilancio in pareggio (in cui quindi DG DT0), ottenuto dalla combinazione della (13a) con la (13c) ne risulta influenzato, rivelando un valore tuttora positivo ma inferiore all'unità:


DY 1 - c

-------- = ----- ----- ------ < 1

DG 1 - c (1 - t)



1.4.3. Effetti di una manovra discrezionale dei parametri fiscali


Ipotizziamo, infine, una modifica dei parametri delle imposte da parte delle autorità di governo che implichi una variazione della propensione marginale tributaria. Dall'equazione (11), nella quale quindi Dt 0, dopo aver sottratto da ambo i lati dell'uguaglianza i tre termini del lato destro che contengono DY, si ottiene:


DY - c DY + c t DY + c Dt DY = - c DT0 + c DTR + DG - c Dt Y


da cui, mettendo a fattor comune DY, ed anche c, si ricava:


DY = - c DT0 + c DTR + DG - c Dt Y


ed infine, dividendo tutti i termini per , si ottiene il moltiplicatore della propensione marginale tributaria:


DY c

(13d)   -------- = - ----- ----- --------------- Y

Dt 1 - c [1 - (t + Dt




che esprime l'entità della variazione del reddito nazionale al variare dei parametri fiscali delle imposte funzione del reddito che determinino una variazione nella propensione marginale tributaria.



1.5. Gli stabilizzatori automatici

1.5.1. Significato


Un sistema tributario dotato di flessibilità automatica - come pure altre forme di entrate e spese pubbliche (quali i contributi obbligatori per le assicurazioni contro la disoccupazione e le relative indennità versate ai disoccupati) - produce un effetto di stabilizzazione automatica del reddito nazionale, cioè di riduzione automatica delle fluttuazioni cicliche del reddito.

Infatti, in periodi di crescita economica, quando il reddito nazionale cresce e si avvicina o raggiunge il livello di piena occupazione delle risorse, e ulteriori incrementi nella domanda aggregata - se questa eccede l'offerta - possono indurre una crescita nel livello generale dei prezzi ("pressioni inflazionistiche"), la crescita del reddito determina un incremento automatico del prelievo fiscale e quindi un aumento di minori dimensioni nel reddito disponibile e perciò nella domanda delle famiglie, frenando, di conseguenza, le spinte inflazionistiche.

D'altro canto, in periodi di depressione economica, la diminuzione del reddito nazionale - dovuta ai bassi livelli della domanda - determina una riduzione automatica nel prelievo fiscale, e quindi una minore riduzione del reddito disponibile: la domanda di consumi delle famiglie si riduce perciò in misura minore, frenando la riduzione del reddito nazionale.


1.5.2. Una misura della stabilizzazione automatica


Una misura dell'effetto di stabilizzazione automatica del prelievo fiscale è stata elaborata da Musgrave e Miller (1958).

Con a misuriamo il grado di stabilizzazione automatica (cioè la quota della variazione spontanea del reddito nazionale che risulta impedita dagli stabilizzatori automatici), che può perciò essere definita come:


DYsp - DYFA DYFA

(14) a = ----- ----- ----------- = 1 - -----------

DYsp DYsp


dove DYsp è la variazione spontanea del reddito nazionale e DYFA la variazione nel reddito in presenza di flessibilità automatica del prelievo.

Avremo due casi estremi: a = 0 (se DYFA DYsp e quindi non vi è stabilizzazione automatica) e a = 1 (se DYFA = 0 e quindi la stabilizzazione automatica è integrale: le variazioni automatiche nel prelievo hanno evitato qualunque variazione del reddito nazionale). I casi intermedi sono caratterizzati da: 0 < a < 1 (se, evidentemente, 0 < DYFA < DYsp) da cui risulta un effetto positivo di stabilizzazione automatica.

Consideriamo le variazioni spontanee del reddito nazionale come il risultato di variazioni nelle componenti autonome della domanda (DA DC0, DI, DG) in assenza di flessibilità automatica, e perciò pari al valore del moltiplicatore di cui all'equazione (5'"):



DYsp = -------- DA

1 - c


e le variazioni del reddito nazionale in presenza di flessibilità automatica pari al valore del moltiplicatore di cui all'equazione (12"):



DYFA = ----- ----- ------ DA

1 - c (1 - t)


Sostituendo la (15) e la (16) nella (14) si ottiene:


DA / [1 - c (1 - t)] (1 - c)

(14') a = 1 - ----- ----- ---------------- = 1 - ----- ----- --------

DA / (1 - c) [1 - c (1 - t)]


[1 - c (1 - t)] - (1- c) 1 - c + ct - 1 + c

= ----- ----- --------- ----- ---- = ----- ----- -------------

[1 - c (1 - t)] 1 - c (1 - t)


c t

= ----- ----- --------

1 - c (1 - t)


Ad esempio, se c = 0,80 e t = 0,30, allora: a = 0,24/0,44 = 0,55, cioè la variazione del reddito nazionale risulta meno della metà di quella che si sarebbe verificata in assenza di flessibilità automatica del prelievo tributario.

Il grado di stabilizzazione automatica è perciò tanto maggiore quanto più elevata è la propensione marginale tributaria.



2. DISAVANZO E DEBITO PUBBLICO


2.1. La relazione fra disavanzo e debito pubblico


Il disavanzo totale del bilancio pubblico (o indebitamento netto) è dato dalla differenza fra totale delle spese e totale delle entrate (con esclusione delle partite finanziarie, quali concessioni e riscossioni di crediti, in quanto non influiscono sui saldi economici ). Esso pertanto indica l'entità delle spese non coperte da entrate che quindi lo Stato è costretto a finanziare indebitandosi.

Il disavanzo primario è, invece, la differenza fra le spese, al netto dei amenti per interessi che lo Stato deve corrispondere ai sottoscrittori dei titoli del debito pubblico, e le entrate: esso indica perciò il disavanzo che si avrebbe se il debito pubblico fosse azzerato e non ci fossero quindi interessi da are sul debito pubblico.

Nell'esempio che segue si individuano per ciascun anno (esercizio finanziario): le entrate (T), le spese al netto degli interessi (G), i amenti per interessi (Int), i disavanzi primario (Disav.P.) e totale - cioè l'indebitamento netto (Ind.N.) - e il volume del debito pubblico (DP).



anni  T G Int Disav.P. Ind.N. DP


1000 1000 0 0 0 0

1000 1100 0 100 100 100

1000 1100 10 100 110 210

1000 1100 21 100 121 331

1000 1000 33,1 0 33,1 364,1

1000 1000 36,4 0 36,4 400,5

1000 960 40 - 40 0 400,5



Si ipotizza che nell'anno 1 il bilancio sia in pareggio e non vi siano debiti pregressi, che nell'anno 2 vi sia un incremento delle spese per 100 coperto non con maggiori entrate ma con l'emissione di titoli del debito pubblico, il che determina un indebitamento netto di 100 e un debito pubblico iniziale di 100.

Si suppone che la maggiore spesa di 100 non coperta da maggiori entrate si mantenga anche negli anni 3 e 4, dando luogo ad un disavanzo primario di 100. Nell'anno 3 cominciano a dover essere ati anche gli interessi sui titoli del debito pubblico emessi in precedenza (ad esempio ad un tasso di interesse del 10%). Perciò il disavanzo totale (Ind.N.) sarà pari alla somma del disavanzo primario e della spesa per interessi, e di tale entità sarà l'incremento nel debito pubblico (+110), portando il debito pubblico complessivo a 210 - dal quale deriverà una crescita della spesa per interessi (+21 nell'anno 4 e +33,1 nell'anno 5).

Anche nell'ipotesi che nell'anno 5 (e poi nel 6) il disavanzo primario si riduca a zero per il rientro di G al livello iniziale di 1000, rimarrà un disavanzo totale dovuto alla spesa per gli interessi: la crescita del debito pubblico determinerà infatti, comunque, una crescita del disavanzo totale. Per azzerare il disavanzo totale sarà necessario ridurre le spese (e/o aumentare le entrate) così da garantire con le entrate anche il amento degli interessi (anno 7).

L'azzeramento del debito pubblico richiederà invece interventi straordinari o graduali ulteriori riduzioni delle spese e/o incrementi delle entrate (automatici per effetto della crescita del reddito nazionale o discrezionali).


2.2. Le giustificazioni di un bilancio pubblico in disavanzo


Due sono le fondamentali giustificazioni economiche per un bilancio pubblico in disavanzo. La prima è il sostegno alla domanda aggregata (attraverso + DG DTR, oppure - DT0 Dt) a fini di stabilizzazione del reddito e dell'occupazione nelle fasi depressive del ciclo economico. Questo obiettivo giustifica pertanto disavanzi di bilancio temporanei: ad essi, infatti, mutando le condizioni cicliche del sistema economico, dovranno seguire avanzi di bilancio.

Disavanzi di bilancio sono anche giustificati se le maggiori spese sono dirette al compimento di investimenti pubblici o al sostegno degli investimenti privati, e quindi a sostenere lo sviluppo economico.




Ipotizziamo per semplicità che il sistema tributario abbia una struttura complessivamente proporzionale, e quindi che l'elasticità della propensione marginale tributaria al reddito sia pari a zero (cioè: et,Y Dt/t)/(DY/Y)

La differenza fra totale delle spese finali e totale delle entrate finali (includendo quindi anche le citate partite finanziarie) è il fabbisogno (il "saldo netto da finanziare").






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