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FINE DELLE FASE TRANSITORIA E PRIMO TENTATIVO DI REVISIONE DELLA MATERIA: LA LEGGE 608/1996



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FINE DELLE FASE TRANSITORIA E PRIMO TENTATIVO DI REVISIONE DELLA MATERIA: LA LEGGE 608/1996


La lunga serie di decreti legge succedutisi all'emanazione della legge n.451/1994 che, in un primo tempo, ha rideterminato l'assetto complessivo dell'istituto dei lavori socialmente utili, viene recepita dalla legge 28 novembre 1996 n.608, di conversione del decreto legge 1 ottobre 1996 n.510. Questa lunga decretazione testimonia la tormentata evoluzione normativa dell'istituto dei lavori socialmente utili, che ha subìto numerose modifiche che hanno, comunque, consentito al legislatore di sfruttare la polifunzionalità dell'istituto adattandolo alle esigenze del momento. Da un lato, infatti, esso viene utilizzato con l'obiettivo di razionalizzare la spesa pubblica assistenziale, sfruttando la sua funzione di workfare, ossia la percezione del sussidio vincolata alla prestazione di attività lavorative a favore della collettività da parte del beneficiario. Dall'altro lato, però, tale istituto viene sfruttato come ammortizzatore sociale poiché viene effettivamente utilizzato in chiave erogatoria ed assistenziale per far fronte ad emergenze occupazionali attraverso la corresponsione di sussidi economici non altrimenti reperibili: si fa riferimento a quella categoria di lavoratori privi di trattamento previdenziale, prevista dall'art. 25, quinto comma, della legge n.223/1991 e ricompresi tra i soggetti utilizzabili in progetti di lavori socialmente utili dalla legge n.451/1994; oppure esso viene utilizzato come giustificazione sociale per garantire la prosecuzione dei trattamenti previdenziali oltre la loro naturale scadenza: si fa riferimento, in questo caso, a quella categoria di lavoratori introdotta dal decreto legge n.31/1995, ossia ai lavoratori in uscita dai trattamenti di mobilità o Cassa integrazione guadagni straordinaria, per i quali è previsto un sussidio speciale, introdotto dall'art. 1, sesto comma, della legge n.608/1996[1].



La legge n.608/1996 viene emanata in un confuso panorama normativo ed ha la funzione di riordinare la materia dal punto di vista legislativo a partire dai provvedimenti emanati nel 1981 e dalle successive modifiche apportate dalla legge n.451/1994, nonché sulla base delle parti  introdotte dall'ultima serie di decreti fino al decreto legge n.510/1996.

Quindi, si può dire che la legge n.608/1996 non nasce tanto dall'esigenza di introdurre una riforma compiuta in materia, quanto dalla necessità di ottemperare alla sentenza emanata dalla Corte Costituzionale n.360 del 17 ottobre del 1996, che sancisce l'illegittimità costituzionale della reiterazione dei decreti legge senza modifiche e in assenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza[2].

Con questa legge l'impianto normativo apprestato dalla legge n.451/1994 viene scardinato, ma l'intenzione non è quella di abrogare tale legge, bensì di sospenderne gli effetti in attesa della revisione dell'intera disciplina da attuarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n.510/1996 e cioè entro il 30 novembre 1997.  L'impegno politico alla revisione della materia, già contenuto nel Patto sul lavoro tra Governo e parti sociali del 24 settembre 1996, può essere considerato come l'elemento di maggior rilievo della legge n.608/1996, poiché, per il resto, essa si limita a riprodurre la disciplina contenuta nel decreto legge convertito (n.510/1996). Questa legge, avendo provveduto a disattivare l'impianto normativo contenuto nella legge n.451/1994, contenente la disciplina generale in materia di lavori socialmente utili, da un lato recupera la disciplina ad essa previgente e, dall'altro, conferma la sua

parziale validità: l'art. 1, primo comma, della legge n.608/1996 prevede che, in attesa di una revisione della materia, si applicano le disposizioni contenute nell'art. 14 del decreto legge n.299/1994, convertito con modificazioni, dalla legge n.451/1994, integrata, a sua volta, a norma dell'art. 1, secondo comma, della legge n.608/1996.

Quest'ultima norma prevede, inoltre, che le disposizioni contenute nel primo comma della stessa legge siano integrate da quelle contenute nell'art. 14 della legge n.451/1994, ossia da quelle disposizioni relative ai soggetti promotori e gestori dei progetti di lavori socialmente utili e da quelle relative ai soggetti utilizzabili nei progetti.

Le modifiche apportate dalla legge n.608/1996 riguardano il decentramento locale dei poteri relativi alle operazioni di approvazione e di finanziamento dei progetti, alla verifica dei risultati raggiunti; viene eliminato il concetto di straordinarietà richiesto ai soggetti promotori quale presupposto per la presentazione dei progetti di lavori socialmente utili.

In particolare si fa riferimento all'art. 1, ventunesimo comma, che modifica le percentuali relative al personale impiegabile nelle società miste previste nel decreto legge n.404/1996: la legge n.608/1996 stabilisce la percentuale del 40% per entrambe le categorie di lavoratori impiegati come personale dipendente delle suddette società. Poco più tardi, queste percentuali vengono riportate ai loro valori originari dal decreto legge n.67/1997, ma già la legge 23 maggio 1997 n.135, di conversione di questo decreto, recupera le percentuali previste dalla legge n.608/1996.

La disposizione contenuta nell'art. 1, ventesimo comma, della legge n.608/1996 snellisce la procedura burocratica relativa all'ipotesi di progetti autofinanziati dalle Regioni e dagli altri Enti pubblici proponenti, in quanto prevede che l'erogazione del sussidio <<può essere effettuata dall'Inps>>, nel senso che, secondo anche quanto specificato al punto 2 dalla Circolare ministeriale del 13 marzo 1997 n.37, le Amministrazioni proponenti, relativamente ai progetti autofinanziati, possono provvedere al amento del sussidio anche direttamente e non tramite l'Inps.



Si ritiene decaduto l'obbligo previsto per gli Enti proponenti dalla Circolare ministeriale n.128/1996, punto 3 capoverso IV, di versare le somme sul c/c infruttifero intestato all'Inps.

Il ventitreesimo comma dell'art. 1 sancisce l'obbligo per il Ministro del lavoro e della Previdenza sociale di riferire semestralmente alle competenti Commissioni parlamentari sull'utilizzo dei lavoratori impegnati in lavori socialmente utili.

In ogni caso, il Ministro del lavoro, anche sulla base degli elementi forniti dalle Commissioni regionali per l'impiego e dall'Inps, deve fare una distinzione fra i lavoratori che usufruiscono del trattamento di integrazione salariale, dell'indennità di mobilità e del sussidio previsto dal terzo comma dello stesso articolo, ripartiti per età, sesso, professionalità ed anzianità contributiva e suddivisi per Regione.

L'obiettivo di riforma contenuto nella legge 608/1996 viene bloccato da un nuovo intervento in materia, contenuto nel decreto legge 25 marzo 1997 n.67, convertito con modifiche dalla legge 23 maggio 1997 n.135, con cui vengono disposte misure urgenti per fronteggiare l'urgenza e la drammaticità della crisi occupazionale[3].

Questo provvedimento prevede una serie di misure dirette a favorire la crescita dell'occupazione e, in riferimento ai lavori socialmente utili, contiene disposizioni relative alle società miste, contenute nell'art. 3, quarto comma, che viene a sostituire il ventunesimo comma dell'art. 1 della legge 608/1996. Le innovazioni introdotte mirano a favorire l'avvio e il successo di queste società, poiché in esse viene vista una possibilità di sbocco per i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili una volta terminata l'esperienza nei progetti.

E' proprio da questa disposizione che si è prospettata la possibilità di trasformare l'istituto dei lavori socialmente utili da ammortizzatore sociale, quale esso effettivamente è stato nelle applicazioni pratiche, in misura di politica attiva del lavoro in grado di creare nuovi posti di lavoro e favorire la nascita di nuove imprenditorialità, superando la temporaneità dei progetti. In effetti l'art. 3, quarto comma, del decreto legge n.67/1997 stabilisce che lo scopo delle società miste è quello di creare per i lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili le <<necessarie ed urgenti opportunità occupazionali>> e, i settori nei quali vengono individuate le maggiori potenzialità di sviluppo per queste società, sono i servizi alla persona e i lavori di cura. Inoltre, per favorire ed incentivare la creazione di società miste, viene estesa da 36 a 60 mesi la durata di convenzioni e contratti, che <<anche in deroga a norme di legge e di statuto>> gli enti promotori possono stipulare con queste società.

La legge n.135/997, di conversione del decreto legge n.67/1997, prevede una norma a favore dei lavoratori coinvolti in progetti di lavori socialmente utili per quanto riguarda le assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Viene attribuito, infatti, ai lavoratori impegnati per un periodo superiore ai tre anni in lavori socialmente utili un titolo di preferenza, a parità di punteggio, nei concorsi pubblici banditi fino al 31 dicembre 1998 dalle Amministrazioni presso cui prestano servizio e negli avviamenti e selezione, in cui viene chiesta la stessa professionalità.

A questo diritto viene ad aggiungersi il diritto spettante in precedenza agli stessi lavoratori nelle assunzioni presso le Amministrazioni pubbliche utilizzatrici nei limiti della riserva del 50% prevista dall'art. 1, settimo comma, della legge n.407/1990 e successive modifiche , per le assunzioni presso le Amministrazioni Pubbliche delle c.d. basse qualifiche previste dall'art. 16, primo comma, della legge n.56/1987.



Sono disposizioni che fanno emergere il rischio della stabilizzazione del rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione, per evitare il quale non sembra sufficiente escludere la natura di rapporto subordinato dei lavori socialmente utili.

Da quanto appena esposto risulta chiaramente che la legge n.608/1996 non contiene novità particolarmente rilevanti, poiché la disciplina dei lavori socialmente utili, così come essa risulta dai decreti legge emanati tra il 1995 e il 1996, risulta sostanzialmente invariata. L'aspetto più rilevante di questa legge è la previsione normativa della promessa, enunciata nel Patto sul lavoro del settembre 1996, di una legge di revisione della normativa in materia di lavori socialmente utili.

Legge che viene emanata sulla base di una delega al Governo per riordinare l'intera materia, contenuta nel c.d. Pacchetto Treu, predisposto appositamente per l'attuazione del Piano del lavoro 1996.

In realtà non sembra affatto facile procedere all'emanazione di una legge di revisione della materia, proprio per la polifunzionalità e la polivalenza dell'istituto dei lavori socialmente utili. Infatti da un lato essi assolvono una funzione assistenziale, in quanto vengono utilizzati come strumento di risposta alla crisi occupazionale, dall'altro una funzione sperimentale ed innovativa, in quanto volti alla creazione di nuove occupazioni attraverso cooperative sociali e società miste.

Dalle applicazioni pratiche risulta che essi sono stati utilizzati prevalentemente come ammortizzatori sociali, anche se le finalità occupazionali sono indicate come prospettive di sviluppo dell'istituto.

Il problema fondamentale, ad avviso di chi scrive, è quello di capire se effettivamente i lavori socialmente utili forniscono servizi necessari alla collettività e se favoriscono una valorizzazione o rinnovo delle professionalità di soggetti esclusi dal mercato del lavoro in vista di un loro futuro inserimento.




F. LISO, 'La galassia normativa dopo la legge n. 223/1991', in Giorn. Dir. Lav Rel. Ind., 1997, 57

Corte Costituzionale 17 ottobre 1997, (nota di) RIVERSO 'Corte Costituzionale e implicito divieto di reiterazione dei decreti legge', in Lav. Giur., 1996, n.12, 1014

B. CHIARI, 'I lavori socialmente utili dopo la legge 28 novembre 1996, n.608 e successivi interventi normativi', in Lav. Giur., 1997, 625






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