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IL CONCETTO DI IMPRENDITORE - LA PROFESSIONALITA' DELL'IMPRENDITORE - IL REQUISITO DELL'ORGANIZZAZIONE

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CAPITOLO 1 - IL CONCETTO DI IMPRENDITORE

IL CONCETTO ECONOMICO DI IMPRENDITORE.

L'imprenditore è uno dei soggetti del sistema economico; altri sono i capitalisti (offrono il proprio capitale per ricevere come corrispettivo, una remunerazione fissa: interesse), i lavoratori (offrono le proprie esigenze di lavoro in cambio di una remunerazione fissa: salario), i consumatori (domandano determinati beni o servizi per soddisfare i proprio bisogni). L'imprenditore è l'attivatore del sistema economico, ha la funzione intermediatrice fra chi offre capitale e lavoro e chi domanda beni e servizi; trasforma, o cambia, i fattori della produzione (capitale e lavoro) in un prodotto idoneo a soddisfare i bisogni del consumatore; svolge una funzione creativa di ricchezza. Rischio economico: l'imprenditore deve corrispondere un compenso fisso a capitalisti e lavoratori però c'è il rischio che non riesca a coprire, con il ricavo dei beni o dei servizi prodotti, il costo dei fattori produttivi impiegati.

Il prodotto del lavoro è fatto proprio da chi ha comprato le energie lavorative: l'imprenditore. Il concetto di imprenditore appare in Say per la prima volta: egli distinse tra capitalista (proprietario del capitale) e imprenditore (colui che, acquistati i fattori produttivi, organizza e dirige la produzione).



IL CONCETTO GIURIDICO DI IMPRENDITORE.

La ura dell'imprenditore prende, nel sistema del diritto privato vigente, il poso che nel diritto anteriore aveva occupato la ura del commerciante. Erano commercianti anche gli imprenditori di fabbriche e costruzione e quelli di manifacturing. Il commerciante è quella ura di imprenditore la cui attività consiste nello scambio di beni. Il commerciante era il genere, l'imprenditore era la specie, ossia una delle possibili ure di commerciante.

Art. 2082: definizione di imprenditore: è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Il fine è quello della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Il commerciante era l'uomo d'affari (colui che compiva per professione operazioni speculative). L'imprenditore è colui che produce beni o servizi o si interpone nello scambio di beni: svolge un'attività creativa di ricchezza (vengono in considerazione anche le attività commerciali).

Lo speculatore di borsa era sicuramente commerciante per il vecchio diritto ma non è imprenditore per il vigente CC. Fa scommesse sull'andamento dei prezzi, non è imprenditore, non pone in essere attività di vera e propria intermediazione. L'art. 2082 esige il fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

Chi non produce beni o servizi o non scambia beni non è imprenditore. I redditi conseguiti mediante operazioni speculative sono considerati non redditi d'impresa ma redditi diversi.

IMPRENDITORE E PROFESSIONISTA INTELLETTUALE.

Lo svolgimento professionale di un'attività produttiva di ricchezza è condizione necessaria per l'assunzione della qualità di imprenditore (no imprenditori: i professionisti intellettuali e gli artisti). Il professionista intellettuale o l'artista diventa imprenditore solo se svolge un'ulteriore attività, diversa da quella intellettuale o artistica, definibile come attività d'impresa.

Da un punto di vista giuridico la prestazione dell'esercente una professione intellettuale non è un servizio, e ciò perché attività squisitamente intellettuale. Non è imprenditore chi offre le porpore prestazioni intellettuali mentre lo è chi offre le prestazioni intellettuali altrui. La natura del servizio offerto è ininfluente ai fini dell'attribuzione della qualità di imprenditore.

L'art. 2238 attribuisce al professionista intellettuale la qualità di imprenditore se l'esercizio della professione costituisce elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa (esempio: farmacista).

Art: 2229: ci sono professionisti intellettuali l'esercizio delle quali è subordinato all'iscrizione in appositi albi o elenchi (esempio: architetto, avvocato, dottore commercialista, ingegnere, medico). Presupposto indispensabile di questa protezione è il carattere personale della prestazione professionale: l'art. 2232 impone al professionista di eseguire personalmente l'incarico assunto). La prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il amento della retribuzione. Ci sono anche professioni intellettuali l'esercizio delle quali non è protetto (esempio: agenti di pubblicità).

LA PROFESSIONALITA' DELL'IMPRENDITORE.

Il concetto di professionalità designa solo la stabilità o non occasionalità dell'attività esercitata.

L'art. 2082 dà una definizione sia di imprenditore provato che di imprenditore pubblico, ad entrambi è riferito il concetto di professionalità.  (nozione di diritto comune: uguale per civile e amministrativo).

L'affare isolato è incompatibile con il concetto di professionalità. Non si attribuisce la qualità di imprenditore.

Lo scopo di lucro è il carattere per la qualificazione dell'attività economica come attività d'impresa. È imprenditore solo chi ha lo scopo di ricavare dalla sua attività un lucro o profitto personale.

Non acquista la qualità di imprenditore chi fa erogazione gratuita di beni o servizi prodotti. Non è attività professionalmente esercitata quella prestata gratuitamente.

Le imprese mutualistiche non mirano a realizzare un lucro ma agevolano i propri soci (art. 2511), sono soggette a fallimento.

L'impresa pubblica ha finalità molteplici: di interesse sociale e non di lucro. Stessa nozione dell'impresa privata per conferma dell'irrilevanza per il diritto vigente dell'antico requisito dello scopo di lucro. L'impresa pubblica agiste normalmente per la diretta realizzazione di un fine pubblico (scopo altruistico). In casi eccezionali (monopolio dei tabacchi) l'ente pubblico intraprende attività commerciali al fine di ricavare un lucro.

L'ECONOMICITA' DELL'ATTIVITA' DI IMPRENDITORE.

Attività economica: attività produttiva: attività creativa di ricchezza. Art. 2082: l'attività economica è organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

Lo svolgimento professionale di attività economica importa che chi la compie ritragga dalla cessione dei beni e dei servizi prodotti quanto occorre per compensare i fattori produttivi impiegati. Produrre con criteri di economicità significa produrre in condizioni di pareggio del bilancio: l'attività produttiva deve alimentarsi con i suoi stessi ricavi.

Ad integrare il requisito della professionalità nell'esercizio dell'impresa è sufficiente l'obiettiva economicità, intesa come metodo utilitario delle operazioni intraprese. L'attività produttiva è svolta dalla cooperativa con criteri che tendono a conservare immutato il capitale sociale: si alimenta con il corrispettivo dei beni o dei servizi prodotti. Non è necessario che l'attività permetta di ricavare un profitto, basta che riesca a rimborsare i fattori di produzione impiegati.

È imprenditore solo chi produce beni e servizi per il mercato. L'impresa per conto proprio è l'attività di chi produce per se e non per vendere o fornire ad latri i beni o i servizi prodotti. La destinazione per il mercato è di regola indispensabile perché l'attività produttiva assuma il carattere dell'attività d'impresa in quanto è possibile riconoscere nell'attività produttiva un'attività economica professionalmente esercitata che rimunera con i ricavi i costi dei fattori produttivi impiegati.

IL REQUISITO DELL'ORGANIZZAZIONE.

Art. 2082: attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. La funzione di tracciare il confine tre le attività produttive che assumono carattere di impresa e quelle non sono imprese per la mancanza di un'organizzazione.

L'organizzazione intermediatrice è lavoro di organizzazione e di creazione per determinare i modi di attuazione della produzione e della distribuzione dei beni: apporto tipico dell'imprenditore.

Gli artigiani sono piccoli imprenditori che svolgono un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Per essere piccolo imprenditore occorre la prevalenza del proprio lavoro su ogni altro fattore della produzione.

Art. 2555: l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. I lavoratori autonomi che esercitano un mestiere per il quale non sia necessaria la predisposizione di alcun apparato produttivo non sono considerati imprenditori. Art. 2083: il piccolo imprenditore esercita un'attività organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia artigiano: i beni e i servizi da lui prodotti sono frutto del suo lavoro personale (imprenditore artigiano è colui che esercita l'impresa svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro nel processo produttivo; l'impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione d'opera di personale dipendente).


CAPITOLO 2 - L'IMPRENDITORE COMMERCIALE, L'IMPRENDITORE AGRICOLO

L'IMPRENDITORE IN GENERE E LE SPECIE DELL'IMPRENDITORE AGRICOLO E DELL'IMPRENDITORE COMMERCIALE.

La coltivazione del fondo non era considerata attività d'impresa. Lo sfruttamento delle risorse della terra era concepito come attività di mero godimento, come un modo di esercitare il diritto di proprietà o altro diritto, reale o obbligatorio, che avesse ad oggetto la terra. Oggi l'agricoltura è considerata attività d'impresa. Art. 2135: l'imprenditore agricolo esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento di animali e attività connesse. Si è delimitata una specifica categoria degli imprenditori commerciali contrapposta alla categoria degli imprenditori agricoli e sottoposta a oneri come la tenuta delle scritture contabili e la soggezione a fallimento.

Lo statuto generale dell'imprenditore comprende ogni norma che il CC ricolleghi all'esercizio di un'impresa e le norme che regolano l'azienda e quelle che reprimono la concorrenza sleale.

L'imprenditore agricolo e l'imprenditore commerciale hanno una propria disciplina normativa ulteriore rispetto alla disciplina dell'imprenditore in generale. La disciplina di specie dell'imprenditore agricolo ha poche e scarne norme. La disciplina dell'imprenditore commerciale è più vasta, implica l'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese, la tenuta delle scritture contabili, la soggezione e al fallimento . L'art. 2135 precisa quali attività sono da considerare agricole. L'art. 2195 elenca cinque categorie di attività commerciali (attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi, attività intermediaria nella circolazione dei beni, attività di trasporto per terra per acqua o per aria, attività bancaria o assicurativa, altre attività ausiliarie delle precedenti.

L'impresa civile è una terza specie: impresa diversa dall'impresa agricola e dall'impresa commerciale, determinabile in base a criteri meramente negativi.

L'IMPRENDITORE COMMERCIALE: A) L'ESERCIZIO DI ATTIVITA' INDUSTRIALI

L'attività industriale è diretta alla produzione di beni o di servizi. L'attività industriale è ricompressa tra le attività commerciali. L'industriale utilizza beni preesistenti (le materie prime), che acquista sul mercato e trasforma in nuovi beni che destina alla vendita. Processi tecnici che determinano la modificazione o la trasformazione fisica o chimica, delle risorse naturali o di beni già prodotti da precedenti processi industriali. L'attività di trasporto (servizio che consiste nel trasferire persone o cose da un luogo a un altro) e l'attività assicurativa (servizio che consiste nel rilevare l'assicurato dal rischio cui è esposta la vita o il patrimonio) sono attività di produzione di servizi ma non attività industriali. Le attività di produzione di servizi che non sono definibili come attività industriali e né siamo espressamente contemplate dai numeri 3, 4 e 5 non possono essere considerate attività commerciali imprese civili. L'attività industriale identifica solo le attività produttive di beni o servizi che richiedono un procedimento di trasformazione della materia.

CONTINUA: B) L'ESERCIZIO DI ATTIVITA' INTERMEDIARIE NELLA CIRCOLAZIONE DEI BENI

Acquisto dei beni e successiva rivendita senza alcuna trasformazione della loro intrinseca sostanza.

Lo scambio è l'alienazione del bene contro il corrispettivo di un prezzo; l'intermediazione nella circolazione implica anche che l'alienazione sia preceduta dall'acquisto del bene.

L'attività bancaria è la raccolta del risparmio fra il pubblico e l'esercizio del credito. Si presenta come un'attività di intermediazione nella circolazione dei denaro e perciò si sarebbe potuta collocare nel n. 2 anziché nel n. 4 dell'art. 2195.

Attività di finanziamento: un soggetto o una società presta denaro a chi glielo richieda ma utilizza per effettuare prestiti il proprio patrimonio, non si interpone nella circolazione del denaro. È attività commerciale solo se vi è una contemporanea attività di raccolta del risparmio.

CONTINUA: C) L'ESERCIZIO DELLE ATTIVITA' AUSILIARIE

Sono ausiliarie le attività di mediazione, degli agenti di commercio, delle agenzie di pubblicità, delle agenzie di viaggi e tutte le attività esercitate da un imprenditore a vantaggio di altri imprenditori. Il n. 5 prende in considerazione solo le attività ausiliarie delle precedenti ma sono imprenditori commerciali anche gli ausiliari dell'imprenditore agricolo.

L'ESERCIZIO DIRETTO E L'ESERCIZIO INDIRETTO DI ATTIVITA' COMMERCIALE: LA SOCIETA' HOLDING E L'IMPRESA DI GRUPPO.

Una stessa impresa può articolarsi in diverse società. La holding gestisce le proprie partecipazioni di controllo in altre società che a loro volta hanno per oggetto attività di produzione o di scambio. La holding compone un unitario gruppo di società insieme alle società da essa controllate. Alla holding spetta la suprema direzione del gruppo, le società controllate traducono le direttive della holding in specifiche attività. L'una e le altre sono soggetti di diritto tra loro distinti (giuridicamente separati).

L'attività della holding consiste nel dirigere in forma organizzata una serie di società delle quali si ha il controllo azionario. L'interesse della società a favorire l'azionariato dei dipendenti è valutato come sussistente non solo quando si tratta di propri dipendenti, ma anche quando si tratta dei dipendenti di società controllante o di società controllata. Il carattere imprenditoriale della holding non deriva dal fatto che essa svolge un'attività di partecipazione e di coordinamento tecnico finanziario ma deriva dalla specifica attività di produzione o di scambio che forma oggetto delle società operanti.

LE ATTIVITA' ESSENZIALMENTE AGRICOLE E AGRICOLE PER CONNESSIONE

Art. 2135: l'imprenditore agricolo è tale solo se esercita coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Le prime tre sono essenzialmente agricole: attività dirette alla produzione di beni. Le attività connesse sono attività agricole solo se esercitate al tempo stesso da chi eserciti una delle attività essenzialmente agricole.

La coltivazione del fondo include fra i fattori della produzione la terra riproducendo con apposite tecniche un ciclo biologico di carattere vegetale o animale.

La silvicoltura è la coltivazione del bosco: attività agricola diretta a produrre legname (il bosco però deve anche essere coltivato).

Le colture artificiali sono prodotti corrispondenti a quelli tradizionalmente ricavati dal fondo che vengono ottenuti al riparo delle incontrollabili vicende dell'ambiente esterno o con accelerazione del naturale ciclo riproduttivo. Il fattore produttivo caratteristico dell'attività agricolo non è tanto la terra in sé quanto piuttosto la natura.

L'allevamento di animali comprende anche la bachicoltura, la apicoltura, gli allevamenti di animali da cortile, oltre che i bovini, gli equini, i suini, gli ovini e i caprini. La cura e lo sviluppo di un ciclo biologico animale può utilizzare anche le acque dolci, salmastre o marine.

Possono essere connesse all'agricoltura le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, valorizzazione dei prodotti agricoli. L'attività deve essere esercitata dal medesimo imprenditore che esercita una delle attività essenzialmente agricole.

Ad esempio: il produttore agricolo organizza la vendita al pubblico dei propri prodotti, istituendo negozi di vendita.

Fra le attività connesse vi è l'agriturismo che è una vera e propria attività alberghiera o di ristorazione: esso da luogo ad impresa agricolo se esercitato in connessione con un'attività essenzialmente agricola.

GLI ENTI PUBBLICI CHE ESERCITANO ATTIVITA' COMMERCIALI: L'ENTE PUBBLICO COME IMPRENDITORE E COME IMPRENDITORE COMMERCIALE.

L'art. 2221 dopo aver sancito la soggezione al fallimento e alle altre procedure concorsuali degli imprenditori che esercitano un'attività commerciale esclude l'applicazione della norma agli enti pubblici. Un imprenditore può essere considerato commerciale sono diverse per l'imprenditore individuale e per l'imprenditore collettivo

Nel caso degli enti pubblici l'esercizio dell'attività commerciale deve essere oggetto esclusivo e principale dell'ente. Sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese solo gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.

L'oggetto accessorio è l'oggetto secondario di attività commerciale. È il caso dello Stato e degli altri enti territoriali. Non deve iscriversi nel registro delle imprese.

Quanto alla soggezione in caso di insolvenza al fallimento e alle altre procedure concorsuali l'esenzione riguarda tutti gli enti pubblici anche quelli che abbiano per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.



CAPITOLO 3 - IL PICCOLO IMPRENDITORE

IL PICCOLO IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE.

Art. 2083: distinzione tra piccolo imprenditore e imprenditore non piccolo sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e della propria famiglia.

Applicazione delle norme formulate per l'imprenditore in genere ma è sottratto, come l'imprenditore agricolo, alle norme che riguardano l'imprenditore commerciale. Non è soggetto all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese (art. 2202); è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili (art. 2214); non è sottoposto al fallimento e alle altre procedure concorsuali (arti. 2221).

Per individuare il piccolo imprenditore occorre che egli presti nell'ambito dell'impresa il proprio lavoro manuale, eventualmente coadiuvato dai propri familiari e occorre che il lavoro dell'imprenditore e quello dei componenti la sua famiglia possa essere giudicato prevalente.

L'ARTIGIANO NELLA LEGGE SULLE IMPRESE ARTIGIANE.

L'impresa artigiana ha il fine di produrre beni, anche semilavorati o prestare servizi; può anche trattarsi di lavorazioni artistiche.

Occorre che l'artigiano eserciti l'impresa personalmente e svolga in misura prevalente il proprio lavoro nel processo produttivo.

È ammesso il ricorso alla prestazione d'opera di personale dipendente ma a condizione che sia sempre personalmente diretto dall'imprenditore artigiano e a condizione che il numero di dipendenti non sia superiore a 18, compresi i familiari, se l'impresa non lavori in serie; a 9, compresi i familiari, se l'impresa produca in serie; a 8, compresi i familiari, se l'impresa presti servizi di trasporto. La legge precisa in termini quantitativi quando il lavoro dell'imprenditore possa considerarsi prevalente sul lavoro dei dipendenti.

Il lavoro personale dell'imprenditore deve prevalere sul capitale investito nell'impresa. Un elevato numero di dipendenti è rilevatore di un elevato investimento di capitale. L'impresa sociale può essere qualificata come artigiana se la maggioranza dei soci svolge con prevalente lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e, nell'impresa, il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.

L'iscrizione all'albo delle imprese artigiane costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane: agevolazioni creditizie, contributi a fondo perduto, diverse forme di assistenza tecnica. La nuova legge attribuisce all'iscrizione dell'albo efficacia costitutiva della qualità di artigiano. Chi non vi è iscritto non potrebbe protestare la propria qualità di artigiano, neppure in sede di dichiarazione di fallimento.

IL PICCOLO IMPRENDITORE NELLA LEGGE FALLIMENTARE.

Art. 2221 CC e art. 1 legge fallimentare il piccolo imprenditore è sottratto in caso di insolvenza al fallimento. Il giudice fa diretta applicazione dell'art. 2083 per individuare i piccoli imprenditori. Giudizio di prevalenza del lavoro proprio dell'imprenditore rispetto agli altri fattori produttivi (lavoro altrui e capitale investito).



CAPITOLO 4 - L'AZIENDA

IMPRESA E AZIENDA: TITOLARITA' DELL'IMPRESA E PROPRIETA' DEI BENI AZIENDALI.

Art. 2082: l'impresa è l'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Art. 2555: l'azienda è un complesso di beni organizzati (strumenti, fattori della produzione) dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. L'imprenditore non è necessariamente proprietario dei mezzi di produzione (è sufficiente che egli disponga su ciascun bene di un titolo giuridico che gli permetta di utilizzarlo per l'esercizio dell'impresa); l'imprenditore è colui che utilizza, a proprio rischio, gli strumenti di produzione del processo produttivo. La qualificazione di un bene come bene aziendale dipende dalla destinazione data al bene dall'imprenditore. Il vincolo che unisce fra loro più beni è solo il fatto di inerire ad una medesima organizzazione imprenditoriale.

LA CIRCOLAIZONE DELL'AZIENDA.

L'azienda è presa in considerazione dal CC per le ipotesi in cui l'imprenditore ceda, affitti o dia in usufrutto ad altri la propria azienda. Art. 2556: per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto, salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto.

La forma scritta è richiesta per la prova del contratto e non per la validità ed è richiesta solo per le imprese soggette a registrazione. L'azienda non ha giuridicamente una propria legge di circolazione: essa circola secondo le forme di circolazione proprie dei singoli beni che la compongono. Trasferire un'azienda o concederla in godimento significa trasferire o concedere in godimento un complesso di beni.

Non occorre la specificazione dei singoli beni che la compongono. Occorre la menzione espressa dei beni che vengono esclusi dal trasferimento, se non l'intero complesso aziendale viene trasferito.

La possibilità di escludere dal trasferimento dell'azienda singoli beni azienda è ammessa ma con dei limiti: il complesso dei beni trasferiti deve essere, di per sé solo, idoneo ad un esercizio di impresa art. 2565: tanti beni quanti occorrono per porre in grado l'acquirente di esercitare un'impresa corrispondente a quella già esercitata dall'alienante. Perché la ditta possa essere trasferita occorre che sia trasferita anche l'azienda.

Il trasferimento dell'azienda comporta per l'acquirente la successione dell'impresa però non si può succedere nella qualità di imprenditore. Chi compera l'altrui azienda eserciterà un'impresa corrispondente a quella già esercitata dall'imprenditore alienante ma non potrà dirsi che egli continua la stessa impresa: egli acquisterà la qualità di imprenditore a titolo originario, non derivativo.

LA SUCCESSIONE NEI CONTRATTI RELATIVI ALL'AZIENDA CEDUTA.

L'azienda non si compone solo di  beni appartenenti all'imprenditore. Il trasferimento dell'azienda non comporta solo il trasferimento della proprietà dei beni aziendali ma importa anche la cessione dei contratti che assicuravano all'imprenditore alienante il godimento di quei beni aziendali dei quali egli non era proprietario. Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale (art. 2558). Il principio vale anche per l'usufrutto o per l'affitto dell'azienda per la durata dell'usufrutto o dell'affitto.

Art. 2112: applicazione specifica il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

I contratti aziendali hanno per oggetto il godimento da parte dell'imprenditore di beni non suoi. I contratti d'impresa sono stipulati per l'esercizio dell'azienda: contratti che attengono i rapporti tra l'imprenditore e i fornitori, contratti che riguardano i suoi rapporti con gli utenti dell'impresa, contratti che riguardano l'organizzazione dell'attività di impresa, contratti di locazione.

L'immobile si può porre come immediato strumento produttivo ed è quindi un bene aziendale oppure esso è solo l'involucro. Art. 2558: l'acquirente subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'impresa se non è pattuito diversamente: la successione è concepita come effetto naturale ma non necessario (contratti di impresa). Le parti possono escludere la successione nei contratti senza che ciò impedisca di parlare di trasferimento dell'azienda. Nei contratti aziendali la successione è parte integrante del trasferimento dell'azienda. Se il contratto del quale si sia esclusa la successione attiene al godimento di un bene aziendale essenziale si dovrà parlare di trasferimento di singoli beni aziendali e non di un'azienda art. 2565: esclusione di utilizzo della ditta dell'alienante per l'acquirente.

Nella cessione dei contratti ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive ma può solo se l'altra è consenziente. Però a norma dell'art. 2558 la successione nei contratti si attua indipendentemente dal consenso del terzo contraente che può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento ma sono con giusta causa. La Cassazione si era ribellata all'idea che il locatario potesse sostituire a sé un terzo nel godimento dell'immobile. È intervenuta la legge: il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se viene insieme ceduta o locata l'azienda. L'oggetto della protezione legislativa si sposta dalla proprietà all'impresa: prevale l'interesse privato dell'imprenditore (alienante).

Art. 2558: l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale. Questi contratti non passano all'acquirente in quanto ha la facoltà di scegliere liberamente ad esempio il professionista di fiducia.

Il terzo contraente è protetto dall'art. 2558: può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento se c'è giusta causa.

I CREDITI E I DEBITI RELATIVI ALL'AZIENDA CEDUTA.

Art. 2558 successione nei contratti riguarda contratti e prestazioni corrispettive che al trasferimento non siano stati interamente eseguiti.

Art. 2559: la cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta ha effetto nei confronti dei terzi dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (cessione automatica). È necessaria espressa pattuizione nel caso di usufrutto.

Art. 2560: accollo automatico dei debiti da parte dell'acquirente relativi all'azienda ceduta, debiti che risultino dai libri contabili.

L'AVVIAMENTO E IL DIVIETO DI CONCORRENZA.

Art. 2557: chi aliena l'azienda deve astenersi per 5 anni dall'iniziare una nuova impresa che è idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta. Questo assicura all'acquirente il godimento dell'avviamento. Nel caso di usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto vale per la loro durata.

L'avviamento è l'attitudine del complesso aziendale a produrre un reddito, la sua capacità di profitto. È avviamento oggettivo è quello conseguito automaticamente per il solo fatto di avere acquisito l'azienda. È soggettivo se dipende dalle doti personali dell'imprenditore. Giuridicamente l'avviamento è una qualità dell'azienda: attitudine a procurare profitti all'imprenditore.

Il divieto di concorrenza limita il diritto dell'alienante alla libera iniziativa economica: per cinque anni al massimo.

L'avviamento commerciale si riferisce ai contratti di locazione di immobili adibiti all'esercizio di un'attività industriale, commerciale o artigiana con rapporto diretti con il pubblico di utenti o di consumatori. Il locatore con l'atto di sfratto è come se distruggesse un bene del locatario stesso. In caso di cessazione della locazione il conduttore uscente ha diritto di essere compensato dal locatore per la perdita dell'avviamento che l'azienda subisce nella misura di 18 mensilità del canone di affitto che raddoppiano se l'immobile viene nuovamente adibito all'esercizio della medesima attività. Viene posta una remora allo sfratto.

AZIENDA COMMERCIALE E AZIENDA AGRICOLA.

Il concetto di azienda è riferibile ad ogni sorta di imprese, quali che ne siano le dimensioni, la natura del soggetto (pubblica o privata), l'oggetto dell'attività d'impresa. Alcune norme sono applicabili solo a determinate specie di impresa. L'art. 2556 che richiede la prova scritta del trasferimento dell'azienda si applica solo alle imprese soggette a registrazione. L'art. 2557 relativo al divieto di concorrenza dell'alienante non si applica alle imprese agricole se non per le attività connesse. Il concetto di azienda finisce con il perdere gran parte del proprio valore in rapporto all'impresa agricola. L'imprenditore agricolo può non essere proprietario del fondo che coltiva (art. 2137) ma in questo caso non può trasferire la propria azienda: è vietato cedere, subaffittare o sublocare fondi rustici se l'affitto del fondo non è cedibile risulta incedibile anche l'azienda dell'affittuario. L'imprenditore agricolo solo se proprietario può vendere, costituire un usufrutto o un affitto. Il concetto di azienda applicato all'impresa agricola muta profondamente il significato che assume per l'impresa commerciale. Nel settore dell'agricoltura il diritto di proprietà prevale sul diritto di impresa.



CAPITOLO 5 - L'IMPUTAZIONE DELL'ATTIVITA' D'IMPRESA

L'IMPRENDITORE E IL RISCHIO DI IMPRESA: L'IMPRENDITORE OCCULTO.

Art. 2082: l'impresa è un'attività economica professionalmente esercitata al fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi. È imprenditore colui che esercita questa attività. Egli sopporta il rischio dell'attività di impresa rischiando la propria ricchezza. Subire il rischio di impresa significa essere chiamati a rispondere dei debiti sorti nell'esercizio di impresa. L'imprenditore potrà essere chiamato a rispondere dei debiti relativi all'impresa con tutti i suoi beni presenti e futuri. L'astratto rischio si può tradurre in un'effettiva perdita o se insolvente, in una dichiarazione di fallimento dell'imprenditore. Art. 2086: capo dell'impresa è l'imprenditore, il soggetto che subisce il rischio di impresa. Secondo i giuristi è imprenditore il soggetto nel nome del quale l'impresa è esercitata.

L'attività imprenditoriale è esercitata sotto nome altrui quando un soggetto interpone fra se e i terzi un prestanome (la ditta è formata con il nome o la sigla di quest'ultimo). L'imprenditore occulto è un soggetto che si cela dietro il prestanome, i terzi ne ignorano l'identità. Viene fatto per diverse ragioni, è prevalente l'intento di sottrarsi ai rischi che l'esercizio di un'impresa comporta. Si sceglie come prestanome un nullatenente. Il rischio di impresa viene così trasferito sui creditori (fornitori e dipendenti). Dato che il loro debitore è insolvente, essi potranno chiedere la dichiarazione di fallimento, ma la chiederanno del prestanome che scopriranno nullatenente (non avrà niente da perdere con il fallimento). Il prestanome sarà il solo soggetto al quale può essere imputata l'attività di impresa (non l'imprenditore occulto). Art. 1705: è imprenditore agli effetti giuridici il soggetto nel nome del quale l'impresa è esercitata: occorre la spendita del nome.

Non fallisce l'imprenditore occulto ma fallisce invece il socio occulto. È previsto il fallimento dei soci l'esistenza dei quali è stata scoperta solo nel corso della procedura fallimentare. Fallisce anche se la dichiarazione del suo fallimento ledono le aspettative dei suoi creditori personali. Socio occulto di società palese: l'esistenza della società è nota ai terzi, occulta è l'esistenza di alcuni soci. Socio occulto di società occulta: la spendita del nome è requisito superfluo per imputare ad un soggetto un'attività di impresa e renderlo responsabile dei relativi debiti è irrilevante nelle società di persone la spendita del nome della società e dei soci.

L'IMPRENDITORE INCAPACE DI AGIRE.

Il tema dell'impresa tocca il tema della capacità, chi non ha la capacità di agire si trova nella giuridica impossibilità di esercitare un'impresa. In teoria i minori non possono acquistare la qualità di imprenditore, i genitori li rappresentano in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Il minore acquista la qualità di imprenditore in virtù dell'attività d'impresa svolta, con i suoi beni, dall'esercente la patria potestà.

L'esercizio di un'impresa commerciale non può essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale, su parere del giudice tutelare. La norma ammette la continuazione di un'impresa commerciale, ma non permette ai genitori di iniziare, con i beni del lio, l'esercizio dell'impresa. Si vuole evitare che l'azienda pervenuta al minore debba essere ceduta o data in affitto. Fenomeno risultante: dissociazione tra titolarità dell'impresa ed esercizio della stessa. L'impresa è esercitata dai genitori ma ogni atto di impresa è imputato al lio. Ai genitori spetta l'usufrutto legale dei beni del minore: faranno propri i frutti dei beni del lio (utili dell'azienda). È il lio che in caso di insolvenza sarà dichiarato fallito subendone a rigore tutte le conseguenze patrimoniali, gli effetti personali del fallimento saranno imputati al capo dell'impresa (i genitori). Per il minore sottoposto a tutela la differenza è che il tutore non ha usufrutto legale sui beni del minore, gli utili dell'impresa appartengono al minore.

Il minore emancipato può ottenere dal tribunale l'autorizzazione ad esercitare un'impresa commerciale e se ottenuta l'autorizzazione può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione. L'inabilitato può essere solo autorizzato a continuare l'esercizio di un'impresa commerciale. Egli è un infermo di mente, sia pure di grado minore, di cui si accerta, con la sentenza di inabilitazione, la ridotta idoneità ad amministrare in modo autonomo il proprio patrimonio.

Anche per l'interdetto vale il principio che limita la possibilità di autorizzazione alla sola continuazione dell'impresa, è come il minore emancipato l'interdetto resta titolare dell'esercizio nell'impresa. L'interdetto è solo centro di imputazione di un attività imprenditoriale da altri svolta nel suo interesse. Il tutore potrà, per i rischi cui ha esposto il patrimonio dell'interdetto, essere rimosso e chiamato a risarcire i danni cagionati all'interdetto oltre che essere chiamato a risarcire i danni cagionati ai terzi contraenti. Se poi sia lo stesso interdetto ad esercitare l'impresa, il tutore risponderà per il negligente esercizio dei suoi poteri verso l'incapace e verso i terzi. L'inabilitato che eserciti l'impresa senza autorizzazione del tribunale dovrà farsi assistere dal curatore e autorizzare dal giudice tutelare per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, pena l'invalidità degli atti compiuti.

Il CC tace riguardo alle imprese agricole su minori e incapaci. Al minore o all'infermo di mente che sia proprietario di un'attività agricola si applicheranno le norme comuni sulla potestà o sulla tutela o sulla curatela. L'impresa agricola verrà esercitata in nome dell'incapace, dall'esercente la potestà o dal tutore; ma costoro dovranno ottenere l'autorizzazione del giudice tutelare per ogni atto di straordinaria amministrazione.

La piccola impresa non tollera una dissociazione tra titolarità ed esercizio dell'impresa. Il tutore del piccolo imprenditore interdetto non potrà mai chiedere di essere autorizzato ad esercitare un'impresa artigiana nell'interesse dell'interdetto. Il titolare dell'impresa dovrà essere cancellato dall'albo delle imprese artigiane essendo venuti meno i requisiti per l'iscrizione (è interdetto). L'inabilitato può essere autorizzato a continuare la gestione personale dell'impresa: per gli atti di straordinaria amministrazione sarà richiesta assistenza dal curatore e dal giudice tutelare.

ALTRI CASI DI SOSTITUZIONE NELL'ESERCIZIO DELL'IMPRESA.

Altri casi sono il sequestro giudiziario di azienda, l'esercizio provvisorio da parte del curatore fallimentare dell'impresa del fallito, l'amministratore giudiziario di società di capitali nominato in caso di gravi irregolarità da parte di amministratori e sindaci, il commissario governativo nominato nelle cooperative o nei consorzi. Un'azienda può essere sequestrata quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla sua gestione temporanea: impresa esercitata da custode nominato dal giudice ma l'attività di impresa sarà imputata al titolare dell'azienda. Il curatore fallimentare si troverà nella condizione di chi esercita l'altrui impresa quando il tribunale abbia disposto la continuazione dell'impresa del fallito: le attività e le passività dell'impresa gestita dal curatore saranno attività o passività del fallito. Imprenditore rimane sempre il sostituito: a costui vengono imputati non solo gli effetti dei singoli atti compiuti dal sostituto ma anche l'attività nel suo insieme. Art. 2203: l'imprenditore prepone un institore all'esercizio della sua impresa: la preposizione all'esercizio dell'impresa è volta dall'imprenditore. L'institore è un lavoratore subordinato dell'imprenditore, tenuto ad osservare le direttive. Art. 2205: l'institore è tenuto, insieme con l'imprenditore, all'osservanza delle disposizioni sull'iscrizione nel registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili. Secondo lo schema della preposizione institoria, l'imprenditore conserva le prerogative del capo d'impresa: rende partecipe l'institore di un potere che tuttavia rimane nelle sue mani.  In pratica si verifica il caso dell'imprenditore che rinunci per contratto ad ogni potere direttivo sulla sua impresa e lo trasferisca ad un diverso soggetto. Accade così che l'impresa sia diretta di soggetti che non subiscono il rischio di impresa. L'esercente la potestà o il tutore agiscono sotto il controllo del tribunale e del giudice tutelare; il curatore fallimentare agisce sotto il controllo del giudice delegato e del comitato dei creditori; gli amministratori giudiziari e i commissari governativi sono sottoposti a controllo giudiziario. Solo chi dirige la propria impresa non è sottoposto ad alcun controllo esterno. Il soggetto a favore del quale l'imprenditore si sia privato, per contratto, del potere di dirigere l'impresa agisce oltre che senza alcun rischio personale al di fuori di ogni controllo esterno.

L'INIZIO E LA FINE DELL'IMPRESA.

Art. 2082: acquista la qualità di imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica, la semplice intenzione non basta, occorre l'effettivo esercizio di un attività imprenditoriale. Basta anche solo il compimento di un solo atto di impresa purché accomnato da circostanze che non lascino dubbi sul fatto che esso sia il primo di una lunga serie di atti.

È necessario predisporre l'organizzazione necessaria per esercitare l'impresa a rendere l'imprenditore già assoggettabile al fallimento.

Per primo atto di impresa si è inteso un primo atto di gestione; si è detto che la professionalità di chi compie questo primo atto è rivelata dal fatto che egli ha predisposto un'organizzazione per l'esercizio di un'impresa. Ma non è sufficiente. Gli atti di organizzazione però possono essere insufficienti a fare assumere la qualità di imprenditore. Gli atti dell'organizzazione sono i soli idonei a questo effetto. Sono atti di impresa tutti gli atti preordinati al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi: idonei a fare acquistare la qualità di imprenditore. Ciò che conta è che possa dirsi certo l'intento di esercitare professionalmente una data attività di produzione o di scambio.

La cessazione dell'impresa è normalmente seguita dalla liquidazione. L'imprenditore vende le rimanenze di magazzino, gli impianti, le attrezzature e tutti gli elementi che componevano la sua azienda. L'impresa può dirsi cessata solo quando sia avvenuta la disgregazione del complesso aziendale. L'imprenditore che ha cessato l'esercizio di impresa può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa. L'attività di impresa perdura anche in fase di liquidazione, fino a quando l'imprenditore compie operazioni economiche. Il fatto che sopravvivano crediti o debiti non comporta persistenza dell'impresa. 



CAPITOLO 6 - L'IMPRESA FAMILIARE

RAGIONI DELLA FAMIGLIA E RAGIONI DELL'ECONOMIA.

Art. 230 bis: l'impresa familiare è un'impresa nella quale prestano continuativa attività di lavoro il coniuge dell'imprenditore o suoi parenti entro il terzo grado o suoi affidi entro il secondo. Non è detto che il lavoro dei familiari prevalga su quello degli estranei alla famiglia. Non è detto che sia necessariamente una piccola impresa. Accade spesso che familiari di un imprenditore svolgano senza un contratto di lavoro una continuativa attività di lavoro nell'impresa e la svolgano in un'impresa che resta impresa individuale del loro coniuge o parente o affine. La riforma del diritto di famiglia a valorizzato il rapporto familiare rendendo i familiari partecipi dei profitti dell'impresa e della sua direzione.

Al familiare che lavora spettano una serie di diritti: diritto di partecipazione all'impresa familiare (contenuto economico e amministrativo). La fonte di questi diritti e delle correlative obbligazioni è il fatto giuridico della prestazione continuativa di attività lavorativa da parte di essi. Diritti economici: diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia; diritto di partecipazione agli utili dell'impresa in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato; diritto su una quota di beni acquistati con gli utili in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato; diritto, sempre nella stessa proporzione, su una quota degli incrementi dell'azienda compreso in essi il maggior valore di avviamento.

TITOLARITA' DELL'IMPRESA FAMILIARE.

L'impresa familiare non si trasforma in impresa collettiva, rimane impresa individuale. I familiari che lavorano nell'impresa concorrono con l'imprenditore nella ripartizione degli utili, partecipano al rischio dell'impresa perché se l'impresa è in perdita essi lavorano senza remunerazione e perché se l'azienda è aggredita dai creditori essi perdono anche il diritto già conseguito sui beni aziendali. Solo il titolare dell'impresa risponde con tutto il suo patrimonio nei confronti dei creditori, lui solo fallisce in caso di insolvenza. La gestione ordinaria spetta al titolare dell'impresa e gli spetta anche il potere direttivo sui dipendenti, compresi i familiari. Tutti i familiari partecipanti all'impresa deliberano a maggioranza sull'impiego degli utili e degli incrementi, sulla gestione straordinaria e sugli indirizzi produttivi di impresa, sulla cessazione dell'impresa.

Il lavoro della moglie o della parente casalinga dell'imprenditore libera energie lavorative a favore dell'impresa e concorre indirettamente al lavoro nell'impresa: attribuzione degli utili anche ai collaboratori che non prestano la propria attività nell'impresa ma nell'ambito della famiglia del titolare dell'impresa.



CAPITOLO 7 - LO "STATUTO" DELL'IMPRENDITORE COMMERCIALE

L'ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE.

Le norme destinate agli imprenditori commerciali sono nello statuto dell'imprenditore commerciale (V libro, capo III, titolo II CC) in cui viene descritto l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, la rappresentanza, le scritture contabili e le conseguenza dell'insolvenza. L'iscrizione nel registro delle imprese è un sistema di pubblicità legale da attuarsi presso il registro delle imprese (art. 2185): ogni imprenditore che esercita un'attività commerciale deve chiedere entro 30 giorni dall'inizio dell'impresa la propria iscrizione in questo registro indicando il cognome, il nome, la ditta, l'oggetto dell'impresa, la sede, le generalità degli eventuali institori e procuratori. Art. 2169: successivamente egli deve chiedere l'iscrizione delle modificazioni e della cessazione dell'impresa. Il registro delle imprese è stato istituito con l'art. 8 della l. 29 dicembre 1993, n. 580: è tenuto dalla camera di commercio, sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale del capoluogo di provincia. Sono previsti albi speciali per l'iscrizione degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori con la funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia (piccoli imprenditori esercenti attività commerciale o artigiana) e funzione di pubblicità dichiarativa (imprenditori agricoli, coltivatori diretti, società semplici esercenti attività agricola). I soggetti tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese sono gli imprenditori commerciali (art. 2195), le società (art. 2200)NDITORI COMMERCIALI SONO NELLO STATUTO DELL', i consorzi e le società consortili, i gruppi europei di interesse economico, gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'attività commerciale, le società che sono soggette alla legge italiana ma costituite all'estero, gli imprenditori agricoli (art. 2135), i piccoli imprenditori (art. 2083), le società semplici (art. 2251). Art. 2189: l'iscrizione ha luogo su domanda ma può avvenire d'ufficio per ordine del giudice del registro se l'imprenditore non vi procede spontaneamente. Fra gli atti soggetti a iscrizione è particolarmente importante il trasferimento dell'azienda commerciale: dà la possibilità di risolvere il conflitto che si determina in caso di doppia alienazione dell'azienda prevale chi per primo ha iscritto l'acquisto.

LA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI

Agli imprenditori commerciali è imposto di documentare in modo continuativo la propria attività mediante la tenuta di apposite scritture contabili, attività di documentazione che deve svolgersi contemporaneamente all'attività d'impresa con la funzione di precostituire uno strumento di controllo sulla loro attività. Gli interessi protetti sono quelli dei singoli creditori permettendo così di trarre la prova delle proprie pretese verso l'imprenditore. La documentazione dell'attività di impresa è affidata all'imprenditore al di fuori di ogni controllo esterno. L'effettivo adempimento dell'obbligo sono garantiti dalla previsione legislativa di alcune sanzioni destinate però ad operare solo se l'imprenditore è dichiarato fallito: se risulta non aver tenuto le scritture contabili nei 3 anni anteriori al fallimento o averle tenute irregolarmente è punito per il reato di bancarotta semplice; se risulta avere distrutto o falsificato per procurare a se o ad altrui un ingiusto profitto o per recare pregiudizio ai creditori le scritture contabili o se le ha tenute in modo da non rendere possibile la ricostruzione del suo patrimonio o del movimento dei suoi affari è punito per il reato di bancarotta fraudolenta; se non ha tenuto una regolare contabilità non può essere ammesso alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata. Manca ogni forma di controllo esterno nel corso dell'attività d'impresa, salva la revisione contabile a cui sono sottoposte le società quotate in borsa. Art. 2214: le scritture contabili sono il libro giornale e il libro degli inventari. È necessario tenere anche altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa(libro mastro nel quale le singole operazioni vengono registrate n relazione a determinati nomi o conti, il libro cassa da cui risultano le entrate e le uscite in danaro, il libro magazzino) ; bisogna conservare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute e le copie di lettere, telegrammi e fatture spedite. Le scritture devono essere conservate per 10 anni dalla data dell'ultima registrazione.

Art. 2216: il libro giornale deve indicare, giorno per giorno, le operazioni relative all'esercizio dell'impresa.

Art. 2217: il libro degli inventari deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa e le passività e le attività dell'imprenditore estranee all'impresa (perché l'imprenditore risponde delle obbligazioni assunte nell'esercizio dell'impresa con tutto il suo patrimonio); deve essere redatto all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno; si deve chiudere con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite.

Le scritture contabili devono essere tenute secondo determinate prescrizioni dalla cui osservanza dipende la loro regolarità. È necessario che i libri contabili prima di essere messi in uso siano numerati progressivamente in ogni ina, il libro giornale e il libro degli inventari non sono soggetti a bollatura ne a vidimazione, i libri per cui sia prevista la bollatura siano bollati in ogni foglio dall'ufficio del registro delle imprese o da un notaio che nell'ultima ina devono dichiarare il numero dei fogli, l'inventario sia sottoscritto dall'imprenditore entrò 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Art. 2219: tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine.

LE SCRITTURE CONTABILI COME MEZZI DI PROVA.

L'imprenditore commerciale deve tenere sistematicamente una documentazione contabile della propria impresa ma non gli è imposto di renderla pubblica. Un obbligo in tal senso vige solo per le società di capitali e per le società cooperative altrimenti prevale l'interesse dell'imprenditore alla segretezza.

Art. 2709: i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l'imprenditore. I terzi acquistano il diritto di conoscere i fatti interni all'impresa solo nel corso di un giudizio civile instaurato fra essi e l'imprenditore e solo se le scritture contabili si presentano quali mezzi di prova di una specifica pretesa o di una specifica eccezione del terzo nei confronti dell'imprenditore.

La prova a favore dell'imprenditore si ha solo nei rapporti tra imprenditori, cioè soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. L'imprenditore, nei confronti del quale sono state prodotti le altrui scritture contabili, può controbattere l'altrui pretesa sulla base delle proprie scritture contabili deve però trattarsi di libri bollati o vidimati nelle forme di legge e tenuti regolarmente (art. 2710). Il valore di prova è limitato allo specifico effetto di ottenere un'ingiunzione di amento.

LA RAPPRESENTANZA DELL'IMPRENDITORE COMMERCIALE: A) L'INSTITORE.

ART. 2094: collaboratori dell'imprenditore, prestatori di lavoro occupati nella sua impresa ve ne sono alcuni per le mansioni cui sono adibiti che entrano sistematicamente in rapporto con i terzi e trattano affari in nome e per conto dell'imprenditore (lavoro gestorio). Non basta un mandato, occorre che al prestatore di lavoro di lavoro gestorio sia stato conferito il potere di agire in nome del datore di lavoro. Occorre la procura che sola vale ad investirlo di fronte ai terzi del potere di agire anche in nome dell'interessato. Può accadere che il terzo contraente creda di trattare con persona munita di poteri di rappresentanza per poi sentirsi opporre dall'interessato ad affare concluso che era persona priva di poteri di rappresentanza o che aveva ecceduto i limiti delle facoltà conferitele. Il contratto con falsus procurator non vincola il rappresentato anche se il terzo confida senza colpa nell'esistenza di poteri rappresentativi. Determinati ausiliari dell'imprenditore commerciale sono investiti di potere di rappresentanza attribuito loro commisurato alle mansioni loro affidate 3 posizioni: institore, procuratore, commesso. All'imprenditore è concesso di limitare la rappresentanza.

Art. 2203: l'institore è colui che è preposto dal titolare all'esercizio di un impresa commerciale o all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell'impresa. È quel dirigente che l'imprenditore colloca al vertice della gerarchia dei suoi dipendenti, subordinato all'imprenditore. Ha vasti poteri di rappresentanza attribuitigli dall'art. 2204: può compiere atti pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto, escluse l'alienazione dei beni immobili del preponente e la costituzione di ipoteche su di essi; può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è preposto. Art. 2204: il preponente può limitare i poteri di rappresentanza dell'institore ma la procura deve essere depositata per l'iscrizione presso il competente ufficio di registro delle imprese e in mancanza la rappresentanza si reputa generale e le limitazioni non sono opponibili ai terzi. Possono essere più di uno (art. 2203) e possono agire disgiuntamente, salvo che dalla procura sia diversamente disposto. Art. 2208: l'institore deve far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente altrimenti personalmente obbligato nei confronti del terzo spendita del nome del rappresentato. Il terzo contraente può agire nei confronti dell'institore o nei confronti del preponente.

CONTINUA: B) I PROCURATORI E I COMMESSI.

Art. 2209: i procuratori sono coloro che in base ad un rapporto continuativo hanno il potere di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa pur non essendo preposti ad essa; hanno il potere di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa. In mancanza di iscrizione la rappresentanza si reputa generale. I procuratori sono soggetti che sono legati all'imprenditore da un rapporto continuativo e sono adibiti a mansioni che li pongono a contatto con i terzi, ma differiscono dall'institore per il fatto che non sono preposti all'impresa. Dispongono anche dei correlativi poteri di rappresentanza salvo che l'imprenditore non li abbia espressamente limitati.

Art. 2210-l3: i commessi sono dipendenti dell'imprenditore privi di funzioni direttive adibiti a mansioni che li pongono a contatto con l'ordinaria clientela dell'impresa. Possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati. I poteri di rappresentanza dei commessi possono essere ridotti dall'imprenditore. Ai commessi i clienti dell'impresa potranno rivolgere le dichiarazioni riguardanti l'esecuzione del contratto o i reclami relativi alle inadempienze contrattuali, i commessi potranno chiedere provvedimenti cautelari nell'interesse dell'imprenditore. Hanno anche una limitata rappresentanza processuale.

I principi esposti non valgono fuori dal campo delle imprese commerciali. È stabilito dall'art. 2138 che i poteri dei dirigenti preposti all'esercizio dell'impresa agricola e quelli dei fattori di camna, se non sono determinati per iscritto, sono regolati dagli usi.




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