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L'OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO - Immobile - beni fungibili e beni infungibili

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L'OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO


IL BENE


Non ogni cosa è un bene; tale è solo una cosa che possa essere fonte di utilità e oggetto di appropriazione.

È a questo concetto di bene che si riferisce l'art. 810 precisando, correttamente, che "sono beni soltanto le cose che possono formare oggetto di diritti", cioè suscettibili di appropriazione e di utilizzo e che, perciò, possono avere un valore.

I beni oggetto dei diritti reali si caratterizzano per la loro corporeità, oltre che per la loro suscettibilità di valutazione economica. Il legislatore ricomprende tra i beni mobili pure le energie naturali purché anch'esse abbiano "valore economico"(art. 814).

Molto più delicata è l'analisi relativa alla ammissibilità di beni immateriali. Tali vanno innanzitutto considerati gli stessi diritti quando possano formare oggetto di negoziazione. Si discute poi della conurabilità di beni immateriali con riguardo alle opere dell'ingegno. Di bene, in senso economico, può parlarsi soltanto quando l'opera arrivi a formare oggetto di scambio o di sfruttamento, altrimenti all'autore spetta soltanto un diritto morale al riconoscimento della paternità.




Fondamentale è la distinzione tra bene mobile ed immobile:

Immobile è il suolo e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo (art. 812). Il secondo comma dell'art. 812 considera immobili, in base ad un criterio tradizionale, anche beni che non sono incorporati al suolo: i mulini, i bagni e gli edifici galleggianti, uniti saldamente per destinazione permanente alla riva;

Tutti gli altri beni sono mobili (art. 812).

Le due categorie di beni sono sottoposte ad un regime giuridico sotto vari aspetti diverso. La circolazione dei beni mobili è più semplice: gli atti di trasferimento della proprietà non sono soggetti a forma vincolata, mentre è richiesto l'atto scritto (atto pubblico o scrittura privata) per la cessione di qualsiasi diritto reale su un immobile.

Riesce agevole per gl'immobili annotare i trasferimenti e, in genere, le loro vicende giuridiche in pubblici registri, in guisa da porre i terzi in condizione di conoscerli (pubblicità immobiliare: trascrizione, iscrizione). Questo regime di pubblicità si è potuto istituire anche per alcuni mobili (nave, automobile, aeromobile), detti mobili registrati.


Altre distinzioni tra i beni si rapportano a valutazioni economico-sociali, spesso contrastanti con i criteri delle scienze fisiche o naturali. Si presenta all'attenzione la distinzione tra beni fungibili e beni infungibili.

Beni fungibili o di genere: è il bene che può essere sostituito indifferentemente con un altro, in quanto non interessa avere proprio quel bene ma una data quantità di beni che costituiscono quel genere. La fungibilità dipende anzitutto dalla natura dei beni; la fungibilità può, peraltro, derivare anche dalla volontà delle parti, le quali possono attribuire carattere infungibile ad un oggetto che, secondo la comune valutazione, dovrebbe essere considerato fungibile.

I beni si distinguono anche in consumabili e inconsumabili: consumabili sono, perciò, quei beni che non possono prestare utilità all'uomo senza perdere la loro individualità o senza che il soggetto se ne privi. Gli altri beni sono inconsumabili, ancorché si deteriorino con l'uso. È opportuno ricordare che i beni consumabili, siccome capaci di una sola utilizzazione, sono anche detti beni di utilità semplice o a fecondità semplice; i beni inconsumabili, in quanto suscettibili di una serie di utilizzazioni,sono detti beni di utilità permanente o a fecondità ripetuta o beni strumentali.


Altra distinzione è quella tra beni divisibili e beni indivisibili. Divisibili sono le cose suscettibili di essere ridotte in parti omogenee senza che se ne alteri la destinazione economica. È perciò, di regola, divisibile un fondo, un edificio, un animale morto; è indivisibile, invece, un animale vivo, un appartamento. L'indivisibilità può dipendere pure dalla volontà delle parti, che possono considerare non suscettibile di divisione anche un bene che, secondo il comune modo di vedere, è ritenuto divisibile.


Altra distinzione notevole è quella tra i beni presenti e beni futuri. Presenti sono i beni già esistenti in natura; solo questi possono formare oggetto di proprietà o di diritti reali. I beni futuri possono, peraltro, formare oggetto di rapporti obbligatori, salvo i casi in cui ciò sia vietato dalla legge. La ragione per cui non è concepibile un rapporto di natura reale su un bene futuro è ovvia: non si può esercitare un potere immediato su una cosa che non esiste. Viceversa si comprende come ci si possa impegnare fin da ora a trasferire la cosa allorché verrà ad esistenza. S'intende che la proprietà o il diritto reale non si acquisteranno se non quando la cosa verrà ad esistenza (art. 1472).


I frutti si distinguono in due categorie: frutti naturali e frutti civili:

I frutti naturali provengono direttamente da altro bene, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, le parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere (art. 820). Perché si possa parlare di frutti, occorre che la produzione abbia carattere periodico e non incida sulla sostanza e sulla destinazione economica della cosa madre. È stato, perciò, deciso che anche il taglio (periodico) di alberi di un bosco di alto fusto, destinato alla produzione di legna, costituisce frutto dell'immobile. Finché non avviene la separazione dal bene che li produce i frutti naturali si dicono pendenti: essi formano parte della cosa madre, non hanno ancora esistenza autonoma. Sono considerati come beni futuri e possono, quindi, formare oggetto di rapporti obbligatori (art. 8202).

I frutti civili sono i redditi che si conseguono da un bene, come corrispettivo del godimento che ne venga concesso ad altri; sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia (art. 8203). Tali sono gli interessi dei capitali, i dividendi azionari, le rendite vitalizie, il corrispettivo delle locazioni.

I beni possono essere impiegati dall'uomo o separatamente o, come più spesso avviene, insieme o collegati in guisa da accrescerne l'utilità. Di qui una serie di distinzioni. Anzitutto, quella tra cosa semplice e cosa composta.



Cosa semplice è quella i cui elementi sono talmente compenetrati tra di loro che non possono staccarsi senza distruggere o alterare la fisionomia del tutto (es.: un animale, una pianta);

Cosa composta è invece quella risultante dalla connessione, materiale o fisica, di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tutto ed avere autonoma rilevanza giuridica ed economica (un edificio).

Nell'ipotesi che i singoli elementi appartengono a persone diverse dal proprietario del tutto, bisogna distinguere: se il tutto è una cosa mobile, il proprietario di un singolo elemento può rivendicarlo, se esso può separarsi senza notevole deterioramento (art. 939); se il tutto è un immobile, gioca il principio dell'accessione: i singoli elementi diventano di proprietà del proprietario dell'immobile, salvo indennizzo o risarcimento (art. 935).


Nella cosa composta gli elementi che la costituiscono diventano parti di un tutto, il quale non può sussistere senza di essi. Se un cosa è posta a servizio o ad ornamento di un'altra, senza costituirne parte integrante e senza rappresentarne elemento indispensabile per la sua esistenza, ma in guisa da accrescerne l'utilità o il pregio, si ha la ura della pertinenza (art. 817). Per la costituzione del rapporto di pertinenza occorrono sia l'elemento oggettivo (rapporto di servizio o ornamento tra cosa e cosa) sia l'elemento soggettivo (volontà di effettuare la destinazione dell'una cosa a servizio od ornamento dell'altra).

Pertinenza d'immobile ad immobile: il box o il garage destinati al servizio di una casa d'abitazione; un pozzo per l'irrigazione di un fondo.

Pertinenza di mobile ad immobile: la cucina a gas o lo scaldabagno; le scorte morte (strumenti, utensili); le scorte vive di un fondo (bestiame da lavoro).

Pertinenza di mobile a mobile: le scialuppe di una nave, gli attrezzi, gli strumenti, gli arredi, il paracadute dell'aereo.

La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento dell'altra fa si che l'una cosa abbia carattere accessorio rispetto all'altra, che assume posizione principale. Se manca il vincolo di accessorietà, non v'è ura della pertinenza. Il vincolo che sussiste tra le due cose deve essere durevole, ossia non occasionale, e deve essere posto in essere da chi è proprietario della cosa principale ovvero ha un diritto reale su di essa (art. 817).

Le pertinenze seguono, di regola, lo stesso destino della cosa principale, a meno che non sia diversamente disposto (art. 818). Peraltro ovviamente, sono perfettamente ammissibili contratti che riguardino in via autonoma la sola pertinenza. Non occorre che la cosa accessoria appartenga al proprietario della cosa principale. Il vincolo che il proprietario della cosa principale crea tra le due cose non pregiudica, peraltro, i diritti che i terzi abbiano sulla cosa destinata alla funzione pertinenziale, questi possono rivendicare la propria cosa, ancorché sia stata posta al servizio di un'altra.


L'art. 816 definisce universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria (i libri di una biblioteca, i quadri di una pinacoteca). L'universalità di mobili si distingue dalla cosa composta perché non v'è coesione fisica tra le varie cose; si distingue dal complesso pertinenziale in quanto le cose non si trovano l'una rispetto all'altra in rapporto di subordinazione: l'una non è posta a servizio o ad ornamento dell'altra, ma tutte insieme costituiscono una entità nuova dal punto di vista economico-sociale. I beni che formano l'universalità possono essere considerati a volte separatamente a volte come tutt'uno. Ciò dipende dalla volontà delle parti.  Il codice non conosce che la ura generica dell'universalità di mobili; la dottrina distingue, peraltro, tra universalità di fatto e universalità di diritto. Secondo la concezione tradizionale, l'universitas facti è costituita da più beni ed in essa l'unificazione è opera del proprietario; l'universitas iuris è costituta da più rapporti giuridici: in essa la riduzione ad unità è opera della legge che considera e regola unitariamente i vari rapporti.


Un posto particolare tra le combinazioni di cose spetta all'azienda, che il codice definisce come il complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (art. 2555). Se noi prendiamo in considerazione un'azienda, vediamo che essa è costituita da un'insieme di beni vari, tutti, peraltro, organizzati, ossia collegati tra loro da un nesso di dipendenza reciproca, in guisa da servire al fine produttivo comune: danaro, crediti, bottega, merci.

Disputata è la natura giuridica dell'azienda: l'opinione tradizionale la considera come universalità di fatto; ma come si è visto il concetto di universalità esige che le cose appartengano allo stesso proprietario, mentre non è richiesto nell'azienda.





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