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La geografia per la localizzazione delle attività produttive - Elementi biogeografici

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A.A. 1999/2000




Appunti delle lezioni del Prof. Doccioli, a cura di Luca Scalise



CONSIDERAZIONI PRELIMINARI:


La prima parte del corso riguarderà il modo di lettura dell'organizzazione del territorio in senso storico.



Si tratta di un approccio normativo che ci dirà che cosa sono i modelli e come li dobbiamo leggere.


La geografia per la localizzazione delle attività produttive pone l'attenzione sull'impresa nelle sue manifestazioni nell'ambiente esterno.


Partiamo, però, dalla definizione di geografia:


E' una scienza dei luoghi e delle relazioni fra i soggetti (imprese, consumatori individuali e collettivi produttori di beni e di servizi) che operano in questi luoghi.


E' una scienza dialogica che entra in collegamento con altre scienze e che sottintende interazioni con altre discipline. Questo vuol dire che ci troveremo a parlare anche in termini economici o aziendalistici o altro anche se in maniera elementare.


E' una scienza evolutiva.

Le scienze in generale si possono dividere in 2 branche:


- Le scienze nomotetiche: tendono a spiegare la natura dei fenomeni utilizzando spesso delle leggi Es. L'economia politica

- Le scienze evolutive: tendono a interpretare e non a spiegare quindi non hanno leggi che mi dicono quello che sarà il risultato.


L'evoluzione teorica delle discipline economico territoriali come la geografia non può essere separata da quella delle altre scienze cioè non si parla di un'evoluzione in vitro solo della geografia ma anche di molte altre discipline.


Uno dei soggetti protagonisti dei luoghi è l'impresa vista come sistema organizzato; è vista da noi come un fenomeno complesso, ben lontana dal modello Weberiano, e che ha attraversato numerose fasi evolutive ( o involutive ?).

La grande impresa fordista, per esempio, di grandi dimensioni, fondata sulla gerarchia, esprime una natura finalistica cioè ordinata ad un fine di profitto e si trova tendenzialmente, inerzialmente condannata alla crescita della produzione perché si basa sulle economie di scala (aumentando la produzione riesco a ridurre l'incidenza dei costi fissi).


In seguito, epoca post-fordista, si verifica la "scoperta" che i percorsi di sviluppo regionale di cui sono protagoniste le imprese possono dipendere non solo da modelli Top-down come quello fordista in cui ad es. esiste il fenomeno del filtering down (perversività del sistema) in cui la grande impresa fa l'innovazione e questa attraverso l'indotto scende agli altri livelli inferiori.

Possono dipendere altresì dalle dinamiche interne alla regione stessa e il modello mi diventa anche Bottom-up fondato sulla valorizzazione delle risorse locali.

Nel modello top-down non si considerano le specificità locali che influenzano invece i cambiamenti nel sistema Botton-up.


C'è un passaggio dal modello Top-down al modello Botton-up; oggi la dialettica è tra globale e locale: il locale è determinato dal globale ? se si, quanto?


Nello studio della geografia economica ci occupiamo in sostanza del rapporto uomo-ambiente.

Non ci interessa il comportamento del singolo ma del gruppo, della collettività che necessita di un'organizzazione.

Il rapporto uomo-ambiente implica una organizzazione territoriale, come la collettività si colloca nell'ambiente che nei suoi vari aspetti è studiata diversamente dalle varie discipline geografiche.


A proposito si può vedere lo schema genetico di un sistema locale; esso ha dato un imprinting forte per arrivare al moderno modo di ragionare e si chiama genetico in quanto vi è un rapporto tra i vari elementi dello schema in quanto ognuno influisce e interagisce con gli altri sia in senso discendente che ascendente.

Si deve iniziare dal porsi la domanda: dove si trova ?


Posizione: è legata alle coordinate geografiche, si prendono i confini amministrativi (enti territoriali) anche se spesso sono storici e non reali: questi mi danno la posizione assoluta cioè che è unica a livello mondiale (meridiani e paralleli).

Più interessante è la posizione relativa perché ci dice che la nostra area d'indagine per esempio è vicina agli assi delle direttrici principali di comunicazione (assi di mobilità) non solo riguardando ai trasporti ma a tutte le costruzioni (infrastrutture) che stanno tra la struttura.

La posizione assoluta, quindi, resta immutata nel tempo mentre quella relativa cambia nel tempo; vedi ad esempio la Calabria che nella Magna Grecia aveva una posizione centrale che oggigiorno ha perso.


Morfologia: essa comprende ad esempio le forme del rilievo, che possono creare dei vincoli importanti. Si dovrà considerare anche la composizione geologica (esempio terreni franosi).


Clima: dipende sia dalla posizione (es. Area temperata, polo area tropicale) che dalla morfologia ed anche in questo caso si avranno vincoli ed opportunità.

Dipende dalla morfologia perché la temperatura dipende dalla vicinanza dal mare a dall'altitudine ma anche perché essa può influire perché ad esempio le montagne creano degli sbarramenti come avviene in Versilia.


Idrografia: l'acqua è fondamentale, è alla base dell'organizzazione poiché è necessaria come materia prima, fonte di energia ecc., infatti, le aree desertiche sono state colonizzate tardi e raramente.

Essa è legata al clima, infatti, se si ha un clima piovoso si avranno dei fiumi permanenti e viceversa.


Elementi biogeografici: riguardano la distribuzione delle specie (flora e fauna) nello spazio.


T  Tutti questi elementi formano la geografia fisica (facoltà di scienze naturali) che ha un campo d'indagine che divide con altre scienze (scienza dialogica) e che entrerà solo indirettamente nella geografia economica.


Popolazione: si considerano sia caratteri quantitativi che qualitativi come ad esempio:


Numerosità: è importante perché permette di valutare la mano d'opera, il mercato.

Età: essere un paese vecchio o giovane fa la sua differenza in quanto mutano i bisogni, i consumi, la capacità di potere d'acquisto, le attitudini (gli anziani ad esempio sono conservatori), i servizi richiesti.

Sesso: per la forza lavoro, la composizione della domanda; anche se ora c'è una quasi totale uguaglianza tra i due sessi e, quindi, questa variabile ha perso importanza anche se comunque c'è sempre una certa differenza di orientamento.

Etnia: molti paesi sono multietnici e questo porta a specializzazioni, conflitti, attitudini, divisione del lavoro.

Religione.


Sedi: dal piccolo villaggio alla megalopoli dove la popolazione lavora, risiede, opera.


T  Geografia umana (facoltà di lettere o scienze della formazione).


Attività economica: C. Clark divise l'attività economica in tre settori:

primario: legato alla terra

secondario: attività di trasformazione

terziario: tutto il resto.


In questa tripartizione c'è una sorta di scansione temporale: in un primo tempo il sistema è rurale, col passare del tempo inizia ad industrializzarsi e a crescere, nel frattempo aumenta la domanda di servizi fino a che il terziario diventa il settore che crea più posti di lavoro.


Comportamento politico: associazioni di categoria, rappresentanze sociali che hanno un agire politico che diventa territoriale perché influisce sul territorio.


T  Geografia economica.


Questo schema è un fossile perchè si ragiona per elementi cioè è un modo logico di ragionare.

E' difficile spiegare molti di questi fenomeni, è più facile interpretarli anche perché molti non si sanno spiegare come ad esempio i venti.


Ieri il discorso si era fermato sulle coordinate che considero nel momento che studio l'organizzazione territoriale e cioè:

spazio;

tempo.


Negli ultimi 20 anni, nel "nuovo" stile di conoscenza ad esse si è aggiunta la soggettività.


In passato: il tempo era uniforme, continuo, deterministico: sulla base del passato, quindi, si prevedeva ragionevolmente il futuro.

Lo spazio in questo contesto è banale cioè non esistono problemi, vincoli, facilmente trasformabile perché connotato da processi omologanti.

Allora la realtà, in questo contesto, si può spiegare solo con leggi oggettive cioè certe: si negava la soggettività della conoscenza.


Ora: il tempo è soggetto a discontinuità, rotture, è segmentato non perché non vi sia continuità misurabile.

Lo spazio è la risultante dell'azione storica dei soggetti, per cui le leggi economiche interagiscono con una molteplicità di forze.

Conseguenza diretta di tutto questo è la soggettività perché se ho una continuità del fenomeno posso ipotizzare che da un punto A posso intercellare il fenomeno al punto B, se non ho continuità arrivo a B con rotture che io non posso prevedere.

Importante è indagare i punti di rottura e non i punti di congiunzione che non esistono.


Sono ottiche contrastanti, la seconda è più moderna perché si è visto che nel medio lungo termine è difficile fare previsioni ed anche la constatazione empirica è piena di imprevisti e previsioni errate.

Dunque ho:

uno spazio differenziato;

un tempo interrotto

una soggettività necessaria per interpretarli.



ALTRE CONSIDERAZIONI SULLE COORDINATE

SPAZIO-TEMPO ED APPROCCI AD ESSE


Le costruzioni teoriche sui sistemi territoriali locali e sul loro rapporto col sistema globale, conducono a considerare del tutto superata l'idea di spazio oggettivo (geometrico, euclideo, della posizione assoluta) e postulano la relativizzazione dello spazio e del tempo; non più spazio assoluto ma relativo o meglio relazionato.


Con lo spazio relativo ci si avvicina molto a posizioni post-moderniste, secondo le quali la società moderna pose l'accento sulla variabile tempo e nella versione capitalistica aveva cercato di annullare lo spazio attraverso il tempo (facilitando le comunicazioni o gli scambi commerciali in modo da ridurre il tempo).


La visione della realtà era imperniata sulla diade "successione-diacronia" mentre nella società post-moderna emerge il dittico "simultaneità-sincronia".

Quindi, da un lato, l'evoluzione della società è stata considerata come una sequenza di compressioni spazio-tempo, dall'altro la condizione contemporanea ha affiancato all'idea di spazio quella di iperspazio, luogo non percepito nelle sue coordinate geografiche (alterazione virtuale) che impedisce, quindi, di capire in quale punto della rete ci troviamo o dove siamo stati "catturati".

Se prima c'è una linearità nell'iperspazio c'è la complessità, mi trovo di fronte a biforcazioni che determinano la variabilità dei comportamenti (non è detto che torno indietro per la stessa biforcazione).


Approcci di lettura:

Ci sono vari approcci per poter leggere queste situazioni soprattutto in relazione alla triade spazio-tempo-soggettività:


Approccio regolazionista: i fenomeni osservati sono riconducibili alla sostituzione di un sistema di regole con un altro.

Si dice che vi è una discontinuità nello sviluppo e, quindi, nei sistemi di regolazione ed infine si sostiene l'esistenza di modelli alternativi e contrapposti (esistono entrambe).


Approccio transazionale: ispirato dalle tesi del precedente. I costi di transazione fanno parte di un filone di studi che ha come massimo esponente Wiliamson ma si fonda in realtà su un lavoro di un altro studioso Coase (1937) in "the nature of the firm".

Più modernamente ci sono due studiosi californiani A. Scott e Starger (anni'80-'90) che dicono che il meccanismo dei costi di transazione detta il confine tra l'organizzazione interna e quella esterna delle transazioni.

Il meccanismo dei costi di transazione porterebbe le imprese ad appoggiarsi sulle economie esterne, quindi, a dar vita ad una varietà di forme organizzative diverse dall'organizzazione gerarchica.

In realtà non si tratta di puri meccanismi di costo ma di meccanismi complessi e molteplici; l'impresa sceglie continuamente in base al costo non solo monetario, ma anche di opportunità, se internalizzare o esternalizzare.


Esempio: la scelta può dipendere dal fatto che trovo maggiore efficienza nel rivolgermi a società specializzate; dall'incertezza e instabilità del mercato; da mutamenti rapidi delle strategie; da efficienze produttive raggiunte con intense relazioni con altre imprese.


E' una logica antinomica alle economie di scala.


Ora guardiamo anche allo spazio: ogni spazio segue logiche di trasformazione diverse, oltre quelle temporali, perché diverse sono le condizioni storico-culturali e sociali. La spiegazione potrebbe stare nelle condizioni ambientali, socio-istituzionali e non nell'efficienza (come succede nei primi due approcci).


Approccio Marshalliano: ad esempio quello che pone forte enfasi sociologica per spiegare il successo dei sistemi di piccola e media impresa.

Vi fanno parte nuovi stili di analisi di economisti "non ortodossi".

Gli attori istituzionali (governance), coloro che comunque governano il sistema locale; si usano categorie deboli come atmosfera industriale, la coesione, la condivisione del sistema di valori, il radicamento d'impresa.

Sono modelli di sviluppo autocentrico.


Approccio cognitivo: oggi è strategico e decisivo produrre la conoscenza.

C'è un processo di conversione delle conoscenze che una volta prodotte devono essere comunicate attraverso l'informazione: da qui la necessità di sviluppare i canali d'informazione (soprattutto quelli in cui c'è partecipazione da parte degli utenti).

E' rilevante l'effetto apertura-chiusura di un sistema verso l'esterno: se è chiuso non ha informazioni ma se è aperto corre il rischio di essere plagiato.

Il sistema deve essere aperto però deve filtrare la conoscenza cioè deve interpretare le informazioni e prendere solo ciò che gli "appartiene".


Secondo un autore giapponese Nomaka esistono due tipi di conoscenza:

la conoscenza "vera" o tacita: non facilmente trasferibile, espressione del sistema locale;

la conoscenza "codificata" o esplicita: trasferibile ad esempio un manuale d'uso.


Si entra nel concetto dei circuiti cognitivi dove la produzione di conoscenza è un processo di relazione tra luoghi diversi.




Conoscenza

tacita

Conoscenza esplicita


reti

socializzazione

esternalizzazione

reti

locali

internalizzazione

combinazione

globali


Approccio reticolare: è un ispessimento del concetto marshalliano dove la coesione prende la forma di reti di relazioni fra soggetti; non solo reti materiali ma anche culturali, contrattuali, istituzionali.

Si sta attenti alla coevoluzione di soggetti e ambiente poiché si tratta di relazioni che necessitano spesso di vicinanza geografica.


Percorso ideale: grafico della complessità tempo-spazio.


Modello Centro-Periferia: es. L'Africa è periferia. Le vie di comunicazione, in special modo la ferrovia, collegano i luoghi di produzione agricola, silvicoltura o mineraria con lo sbocco al mare, piuttosto che città e regioni tra di loro. Questa impostazione comunicativa è stata imposta ovviamente alla periferia dal centro che la sfruttava economicamente.

Anche i confini degli stati africani, tirati a tavolino, senza prendere in considerazione la localizzazione di alcune etnie ad es. quelle nomadi (es Tutzi in Ruanda Burundi) è una ulteriore dimostrazione di questa impostazione.

Questo modello è in crisi perché non riesce in molti casi a spiegare più l'ordinamento mondiale; oggi la periferia riesce ad avere una sua influenza su alcune decisioni.


DEFINIZIONI TERMINOLOGICHE:


Spazio: concetto complesso considerato da molte scienze, filosofia, matematica, fisica, scienze sociali, unito al tempo.

Nel tempo si è avuto uno spostamento di ottica da spazio fisico a spazio sociale e, allo stesso tempo, da spazio assoluto (Newton, Kant: ogni punto è immediatamente definibile. Esso è un contenitore di oggetti) a spazio relativo.


In termini geografici se si parla di spazio assoluto ogni punto ha sue coordinate che lo rendono unico. Lo stesso spazio cartografico è basato sullo spazio euclideo.

Lo spazio relativo, invece, definisce i fenomeni oltre che per la loro posizione anche per le loro proprietà intrinseche; considera ad es. l'evoluzione del fenomeno nello spazio, i suoi rapporti con altri fenomeni (si parla infatti anche di spazio relazionale).

Questo tipo di spazio deriva dagli studi di Eistein, in cui lo spazio è una superficie curva in cui tutti gli elementi sono in relazione tra di loro.

Nello spazio relazionale si lavora su flussi: lo spazio ne è percorso. Essi possono essere rappresentati come vettori che rappresentano i flussi informativi di persone, cose ecc.

Nei modelli lo spazio è di solito isotropo, isomorfo e i soggetti che agiscono al suo interno lo fanno in modo razionale. (In più quando si ha a che fare con ragionamenti di tipo economico si ipotizzano mercati perfetti).


Parlando di spazio sociale non si può omettere l'approccio di Durkheim, che ha distinto alcune forme di comportamento nello spazio sociale:


Forme comunicative: forme del vivere sociale es. espressioni idiomatiche, espressioni del volto.


Forme simboliche: lo spazio urbanistico è tutto uno spazio simbolico in quanto trasmette una ideologia, un'immagine che l'urbanista ha del mondo, trasposta su base territoriale. Es. Immagine turistica di Firenze nel mondo; percezione individuale del mondo in cui si risiede. Es. Etnocentrismo, il sentirsi al centro (sectiune geografiche giapponesi) nazionalismi, localismi.


Forme sensitive: riguardano la sfera individuale: libertà, identità, intimità personale ecc. Molte volte le strutture socio spaziali apparentemente oggettive, sono legate a forme sensitive.


Territorio: voce largamente usata, che si ricollega ad un concetto latino, quello di territorium.

Il territorium era l'area sulla quale la città poteva estendere il proprio dominio.

Si tratta di una definizione molto pragmatica, che è rimasta nella concezione di enti territoriali, comuni provincie ecc. Hanno sovranità su un determinato territorio.

Quando manca il territorio non c'è lo stato.


In realtà per territorio bisogna intendere la somma di società ed ambiente. Si devono quindi considerare le caratteristiche della società unitariamente a quelle dell'ambiente. Oggi il territorio ha un significato storico-sociale, non ha più senso di "supporto fisico". In quest'ultimo caso si parla si suolo.


TERRITORIO = SOCIETA' + AMBIENTE


Il territorio si può anche definire come un insieme organico di oggetti e di relazioni organizzati e di soggetti organizzatori.

In questo contesto si possono osservare scelte, usi, costumi, vincoli, opportunità, relazioni di potere, di cooperazione, di conflitto ecc.

Il territorio non è mai isotropo, né isomorfo: i soggetti possono non essere razionali. Sono inoltre presenti vincoli (es scarsa propensione all'innovazione).

C'è dunque la piena considerazione della società nell'ambito della nozione di territorio.

Lo strumento che la società ha per influire sul territorio è il piano.

Si distingue tra:


piano territoriale

programmazione.


Nota bene fino agli anni '50 nei documenti istituzionali italiani non si è mai parlato di piano, bensì di schema, nota ecc. perché si riteneva che il termine "piano" rimandasse troppo immediatamente ad esperienze pianificatrici socialiste.


Oggi si parla di "marketing territoriale" ovvero della promozione di tutto un ambito territoriale che favorisce come indotto anche il marketing delle imprese che vi operano es. Languedoc-Roussillon.


Il territorio nell'ambito della teoria fordista era considerato come un puro supporto. Era al più CFS (capitale fisso sociale) ovvero scuole, infrastrutture, imprese del luogo.

Si riteneva che la natura fosse approssimativa, che non sempre seguisse le esigenze produttive e che quindi bisognasse portarla a soddisfare le norme produttive stesse.

L'urbanismo del periodo detto urbanismo funzionalista riduce il territorio a spazio che si vuole organizzare in modo funzionale ed efficiente attraverso indici di ottimizzazione quali ad es. I metri quadri di verde per abitante, medici per abitanti ecc.


Con la crisi della fabbrica territoriale fordista (che accentua tutti i fattori es. Fiat) in cui il territorio era messo al lavoro, il territorio cessa di essere un pavimento. In questa epoca di transazione (intorno anni '60) ci si accorge che il territorio produce valore aggiunto territoriale. Ci si accorge che non è possibile plasmarlo completamente, che esso ha proprie caratteristiche e diversità (es. Esistono sistemi che sono di per sé territoriali: sistemi di piccole imprese).

Fabbrica diffusa, molecolare, addirittura alcune volte virtuale es l'impannatore pratese che mette insieme tutti i vari fattori e tutte le fasi di produzione senza riunirli mai fisicamente.

Lo sviluppo locale si fonda su risorse locali che mutano continuamente e non su categorie generali unificate.


Modello bottom-up es. Patti territoriali, contratti d'area, intese di programma cioè forme di pianificazione territoriale dal basso: si cerca di coinvolgere su programmi economici condivisi diverse forze sociali ed economiche (istituzioni, imprenditori ecc.).

Sono situazioni che si manifestano attualmente nel nostro paese, dove il modello top-down non può essere attuato vista la bassa durata media dei governi. Questo li rende infatti incapaci di introdurre e di gestire il cambiamento. Per fare questo vi è la necessità di un'ottica temporale più ampia che consenta di sopportare i costi iniziali e di godere dei relativi benefici.


I patti territoriali sono uno strumento di programmazione negoziale di solito proposti dagli enti locali che devono essere finanziati in modo misto ovvero in parte pubblicamente e in parte privatamente.

I contratti d'opera si propongono di instaurare un sistema cooperativo fra le varie classi nelle aree di crisi.


Ritorniamo alle definizioni terminologiche:


Ultimamente si parla del territorio unitamente ad altri problemi di natura sociale. In questo caso il termine assume una pregnanza di significato di natura politica.

Il concetto di territorio esalta in un certo senso la presenza dell'uomo in alcuni suoi aspetti (es. Territorio-criminalità, territorio-disoccupazione).


Il suolo invece e "terrestrità", nel senso di base dell'attività umana: è il pavimento di quest'ultima.


Nell'impostazione post-fordista il territorio assume una connotazione superiore.

I sistemi che si basano sulla fabbrica molecolare si appoggiano su un territorio storico: lo sviluppo locale mette in moto nuovi meccanismi che si fondano sulle peculiarità territoriali e non su categorie produttive assolute. Il territorio è dunque produttore di valore, di modelli di sviluppo differenti.

Lo sfruttamento del territorio nelle sue peculiarità crea però non solo benefici, ma anche costi che devono essere tenuti di conto.


Benessere non è sempre crescita economica e la società odierna si è accorta di questo. Benessere vuol dire una gamma di situazioni più quantitative che qualitative che ne determinano il livello; non è aumento del reddito se questo deve essere speso in cure mediche per motivi legati ad un sistema produttivo.


Il territorio si può dire che vive e muore infatti ad es. un terrazzamento abbandonato in pochi anni sparisce, per questo ci vuole una politica territoriale per mantenere il territorio, occorre pianificare cioè organizzare i fattori produttivi al fine di creare unità collettive (concetto moderno).

Poiché le risorse sono per definizione scarse, prima di tutto la pianificazione deve operare una graduatoria delle scelte economiche da effettuare. E' questa la difficoltà maggiore della pianificazione; del resto però se una collettività non sceglie lascia che le proprie scelte vengano compiute da altri e dopo le dovrà comunque "subire".

Gestire il territorio è quindi un fatto complesso e il successo di politiche come quelle di Reagan e della Tatcher non devono far pensare che una buona pianificazione territoriale non sia utile.


Ambiente: dal latino ambire cioè circondare. Ha caratteristiche similari.


Lo possiamo definire come "insieme di condizioni che circondano gli organismi sulla superficie terrestre".


Possiamo distinguere due tipi d'ambiente:


naturale;

antropico.


Un ambiente antropico è un ambiente in cui la componente più rilevante è quella economica.

L'ecologia è lo studio delle condizioni naturali in cui vivono gli organismi. Esiste quindi una ecologia dell'uomo e una delle piante.

L'ambiente antropico non può prescindere dal considerare l'ambiente naturale non solo per le influenze che produce ma anche come fonte degli stock di risorse.

Dal punto di vista strettamente economico queste sono considerate risorse extraeconomiche l'aria, l'acqua non hanno un valore per l'economia classica.


L'uomo si trova in entrambe i due ambienti, in quanto, è una componente dell'ambiente ed è sbagliato considerarlo estraneo ed, inoltre, anche l'ambiente naturale è antropico in quanto, comunque, viene corretto dall'intervento dell'uomo es. le bonifiche, le piante non endemiche.


E' una visione antropocentrica in cui gli uomini si situano dentro l'ecosistema però, bisogna pensare che lo stesso ambiente antropico non può prescindere dal considerare gli influssi naturali. Non è fatto solo di informazioni ma anche di prodotti tratti dall'ambiente naturale, inoltre, anche nell'ambiente antropico entrano fenomeni che l'uomo non sa regimare (es. venti) se non in microclimi.

Tutto questo fa si che le due componenti siano strettamente collegate.


Risorse: concetto legato all'evoluzione storica es. il petrolio è sempre esistito ma è diventato risorsa economica solo nella seconda metà del '700.

Quindi acquistano o perdono importanza nello spazio e nel tempo es. la guerra per le spezie.


Le risorse sono rinnovabili se hanno un ciclo cioè non sono consumate ma solo usate o non rinnovabili se sono stock che una volta utilizzati non ci sono più.

Le non rinnovabili sono soggette ad entropia ma anche le altre hanno punti di criticità cioè hanno un tetto di disponibilità insito nei cicli della terra: abbattuta la foresta ricresce qualcosa di più degenerato, alcune risorse hanno un tempo di rigenerazione, altre hanno una deteriorabilità che ne riduce la riproducibilità utile.

Bisogna inoltre considerare che anche i residui della loro utilizzazione richiedono spazio ed energia per poterli eliminare.

Ci sono due visioni:


una visione ottimistica in cui si dice che si consumano le risorse ma con il progresso tecnologico la loro utilizzazione sta diminuendo o si sono trovati dei surrogati come ad es. Le fibre sintetiche che soppiantano le fibre naturali.


Una visione pessimistica che si muove dall'osservazione del trend produzione-consumo e poggia sulla sfiducia del mercato come regolatore di risorse (argomentazioni ecologiche).


Concetto di sostenibilità: lo sviluppo sostenibile si trova la prima volta in forma generica in un rapporto di Bruntland relativo alla Commissione mondiale sull'ambiente e sviluppo (CUSED) del 1986.


E' definito come un "processo di trasformazione in cui lo sfruttamento delle risorse, l'indirizzo degli investimenti, le modalità di sviluppo tecnologico e l'evoluzione delle istituzioni (cambio di mentalità) sono coerenti con le necessità future non meno che di quelle presenti".


Che vuol dire sul piano operativo ?

E' stato assorbito dalle istituzioni; la regione Toscana in una legge (n° 5 del '95) incentra la propria filosofia di pianificazione territoriale sullo sviluppo sostenibile cosa non prova di conseguenze ad es. Per gli incentivi e i disincentivi.

Si parla di sostenibilità competitiva: ma cosa devo fare in realtà? Ecco che a livello microeconomico il modello inizia a traballare.


Per molti il concetto di sviluppo sostenibile è legato a forme di equilibrio statico che garantisca una qualità ambientale complessiva stabile cioè presuppone un equilibrio costante fra sfruttamento e ricostituzione delle risorse. Questo porta, poi, a posizioni fondamentaliste, a volte frutto di scelte politiche.

Altri invece interpretano lo sviluppo sostenibile come un'opportunità per superare le contraddizioni insite nei modelli consumistici e per rilanciare il ruolo della partecipazione "democratica".

Queste convinzioni sono ambiziose ma interessanti quando parlano di regimare il mercato.

Poi ci sono altri modelli intermedi.


Per le imprese si nota che ci sono vari elementi che conurano uno scenario in movimento.

La larga parte delle imprese è consapevole che l'ambiente non è solo un vincolo ma offre varie opportunità anzi si è consapevoli che questa attenzione all'ambiente sarà necessaria in futuro per ottenere nuovi vantaggi competitivi.

Sostenibilità e competitività tendono ad avvicinarsi ed a riunirsi, infatti ad es si vede che le tecnologie pulite tendono ad attirare sempre più imprese.

Questo processo si può schematizzare in 3 punti:


in passato, l'ambiente era visto come problema, vincolo, causa di incremento dei costi;

l'ambiente visto come possibilità; ci vuole una gestione che tenda all'ottimazione dei costi attraverso una gestione eco-responsabile es. Campo tessile;

alcune imprese vedono l'ambiente come "mission" quindi riguarda le imprese flessibili pronte a sfruttare le occasioni, le possibilità che si presentano es. Servizi turistici, fino ad arrivare a parlare di innovazioni eco-efficienti. Le imprese stanno scalando questo processo.


Le tecnologie pulite vanno distinte dalle tecnologie di abbattimento che ci sono sempre state mentre le prime propongono delle innovazione eco-efficienti. Le imprese sono generalmente restie, ci sono effetti frizionali.


Intanto non tutti i ti hanno gli stessi problemi, le imprese quindi in generale si impegnano in modo modesto perché inizialmente l'impiego di queste tecnologie aumenta i costi (poiché hanno una produttività inferiore) e in alcuni casi diminuiscono la qualità del prodotto.

Questo frena anche perché vi sono mutamenti nel rapporto prezzo qualità a sfavore di un vantaggio competitivo.


Poi ci sono problemi di informazione ed entrare in certi circuiti di informazione costa ma bisogna informare il consumatore per fargli sapere che il prodotto ha le qualità eco-efficienti; in tanti ti si crea una domanda comunicando le qualità del prodotto altrimenti è tutto inutile.


Inoltre le innovazioni legate alle tecnologie pulite richiedono innovazioni organizzative che sono forse più pesanti delle innovazioni di prodotto e di processo.


Tendono a:

realizzare prodotti con un minor impatto ambientale sia all'atto di utilizzo sia all'atto di smaltimento;

sostituire gli input (materiali, processo) in ogni fase intermedia o finale;

ridurre gli input del processo produttivo es, ilo bisogno energetico;

risparmio e recupero degli input soprattutto energetici attraverso tecnologie di recupero e riciclaggio che sono a valle;

processi e prodotti a basso impatto ambientale;

beni intermedi per altre imprese che modificano a valle i processi delle altre imprese per cui sono input.

Le imprese cosa hanno a disposizione?


Marchio ECOLABEL: marchio volontario di qualità "ecologica" istituito dall'UE con il regolamento 880/92 del '93 volto ad incentivare la presenza sul mercato di prodotti "puliti". C'è un comitato dell'UE che accredita i certificati.


EMAS (ecomanagement and audit schema): Certificato di qualità ambientale (!Non di qualità del bene) istituito con il regolamento 1836 del '93 dell'UE che riguarda l'adesione volontaria delle imprese ad un sistema di ecogestione e controllo.

La possibilità di certificazione è rivolta a tutti i sistemi produttivi dove si svolge una certa attività industriale.

In Italia la sta chiedendo ad es l'area di Sassuolo (ceramiche) nel suo insieme per tutto il sistema; una volta ottenuto dovrà informare i clienti.

La qualità ambientale è garantita dall'UE che delinea i requisiti che i sistemi di gestione ambientale devono avere cioè indicatori che devono essere rispettati. Esiste un registro europeo.


UNI EN ISO 14000: certificazione che fa parte dell'UNI: le norme UNI tendevano ad uniformare le caratteristiche. Esso consiste dunque in standards per valutare l'efficacia e la correttezza degli strumenti utilizzati, delle performance e delle scelte aziendali in materia ambientale.

Le norme ISO 14001 sono il fulcro di tutto il sistema in quanto descrivono i requisiti base di un sistema di gestione ambientale.


Tutto questo le imprese non lo fanno solo con lo scopo di tutelare l'ambiente ma per avere un vantaggio competitivo sul mercato.


I tre concetti, dunque, di spazio, territorio ed ambiente sono ben diversi e definiti.




IL RAPPORTO SOCIETA'-AMBIENTE O MEGLIO

UOMO-AMBIENTE


Esso non è passato sempre attraverso la stessa interpretazione; storicamente si possono evidenziare 3 correnti di pensiero (si tratta di correnti interdisciplinari che derivano da correnti filosofiche di pensiero):


determinista (fino alla prima metà XIX secolo);

possibilista(dalla metà XIX sec. agli anni '50);

volontarista (fase funzionalista da anni '50 agli anni '70; TGS teoria generale dei sistemi dagli anni '70).


Sono concezioni di pensiero geografico in base all'interpretazione del rapporto uomo-ambiente.


Perché la geografia è rimasta "per tutti" a livello descrittivo?

In parte perché i programmi didattici sono ancora quelli fatti nell'epoca possibilista.


Nell'evo antico possiamo individuare un filone fisico-matematico che studia la terra come astro, come corpo celeste ad esempio Eratostene, Tolomeo.


L'indirizzo corografico dà una descrizione della regione mettendo in evidenza soprattutto i caratteri storico-etnici ad esempio Strabone, Erodoto.

Da qui nascono i pericli (navigare intorno) che sono dei cataloghi delle rotte, dei porti, dei prodotti.

E tutto questo fa passare per molti secoli la geografia come scienza greca.


Nella fase determinista si ritiene che l'ambiente determina l'uomo; allora solo se l'ambiente è favorevole (clima, fertilità) la società potrà svilupparsi altrimenti rimarrà arretrata.


Es. Ippocrate di Coo scrive un trattato dove contrappone la civiltà ateniese a quella dei beoti in cui sostiene che gli ateniesi sono dominanti perché abitano in un ambiente in cui le brezze salutari stimolano l'ingegno. I beoti invece abitano in un ambiente dove l'aria è pesante rendendo così gli abitanti tardi.

Dunque si ha una correlazione biunivoca tra qualità ambientale e qualità dell'uomo.


Queste idee sono arrivate fino alla metà del XIX secolo perché hanno una loro verità, in quanto, l'uomo come soggetto fisico è influenzato dall'ambiente, e questo tanto più prima che la tecnologia lo aiutasse a vincere tutti i vari vincoli (es. l'uomo ha bisogno dell'aria per vivere, vi è un legame fisico).

Ambiente che, inoltre, condiziona l'attitudine sociale dell'uomo, le sue condizioni di vita e per alcuni si ritiene abbia un influsso anche sulla psiche umana, sul suo modo di pensare (geopsiche: opera di uno psicologo tedesco).

Da qui, però, a sostenere la tesi del determinismo c'è differenza.


Ad un certo punto c'è stata una rivitalizzazione di questo pensiero perché gioca un ruolo fondamentale sulle teorie di C. Darwin che con "l'origine della specie" incise sulle concezioni delle scienze dell'epoca (impatto in ambito scientifico-deterministico).

Su cosa incide la concezione di Darwin ?

Essa incide soprattutto su quello che vede il determinismo in un'ottica di un disegno superiore, divino (armonia di origine divina).

Quello di Darwin è un determinismo che agisce nello spazio (diverse specie) e nel tempo (evoluzione), infatti il motore dell'evoluzione è l'ambiente che seleziona le specie più adatte; si tratta dunque di un determinismo causale in cui l'evoluzione della specie dipende da due fattori: l'ereditarietà e la selezione.


Marx (1866) si dichiara convinto che la costituzione geologica del terreno è un elemento causale della coscienza nazionale o di classe della popolazione (es. minatori).



Nell'800 abbiamo due filoni:


fisico-naturalistico (A. Von Humboldt 1769-l850);

storico-umanistico (C. Ritter 1779-l850).


Col passare del tempo gli studiosi geografi si fanno più scientifici.

Entrambe i filoni forniscono risposte o lettura del rapporto uomo-ambiente ed ambiscono a fare da anello di congiunzione tra le scienze naturali e le scienze umane; entrambe applicano alla geografia il metodo sperimentale che si basa sul principio di causalità e permette alle scienze naturali di passare dalla descrizione alla spiegazione (causa-effetto con andamento unidirezionale).


Si ottiene che l'ambiente spiega i fenomeni fisici (es. pioggia, vegetazione), ma il problema sorgeva quando si andava a collegare ai fenomeni fisici i fenomeni sociali per comprendere i fenomeni economici: qui non si riesce a spiegare più niente.


Il filone storico-umanistico che vuole spiegare il rapporto uomo-ambiente tramite i fenomeni storico culturali, non riesce a distaccarsi dalla descrizione dei fenomeni che ha valore culturale ma non operativo e di spiegazione. Ecco che il filone storico-umanistico rimane lì ed ecco perché con il successo del filone fisico-naturalistico la geografia rimane a livello descrittivo.

Alla fine essi invece che fungere da anello di congiunzione tra le scienze riescono solo a spaccarle.


Rapporto uomo-ambiente: intorno al 1850 si ha il passaggio dal determinismo al possibilismo che rappresentano la geografia classica e in questa fase maturano anche "giustificazioni" per la colonizzazione.

Nell'ambito del determinismo, infatti, ad un ambiente favorevole si associano risultati favorevoli, e razze diverse si associano, dunque, ad ambienti diversi.

Il consolidarsi del filone fisico-naturalistico ha fatto sì che la geografia sia stata considerata soprattutto come una scienza fisico-naturalistica con chiari influssi anche sulla didattica.


Si può ritrovare il pensiero determinista anche in psicologia, si ricordi Compte; in economia il riferimento a tesi deterministe è ripreso da Stuart Mill; in filosofia si ricorda Spencer.

Ernest Heecked, un allievo di Darwin, è il fondatore dell'ecologia moderna.

Secondo l'impostazione determinista il motore dell'evoluzione è l'ambiente.


Federico Ratzel è considerato il caposcuola del determinismo ma espresse idee che non sembrano ricondursi in toto al determinismo.

Scrive "Antropogeografia"; egli introduce due elementi fondamentali dell'organizzazione dell'uomo nello spazio nel determinismo:

il tempo

la tecnologia.


A Ratzel si attribuisce anche il concetto di "spazio vitale" ovvero lo spazio a disposizione degli organismi, in questo caso dei gruppi sociali.

Egli sostiene che l'organismo vivente ovvero il gruppo sociale più evoluto, ha bisogno di uno spazio vitale più grande. Questa teoria fece molto comodo successivamente ai teorici del nazismo per giustificare l'espansione hitleriana (es. invasione della Polonia).

Ratzel è considerato, anche, il fondatore della geopolitica, egli ipotizza una federazione europea con la Germania "über alles".

All'interno del determinismo si sviluppano in seguito due correnti che lo porteranno (siamo nel 1800) ad un vicolo cieco:


L'ambientalismo: caposcuola di questa corrente è Elena Churcill Semple. E' una corrente fondamentalista che ritiene che l'uomo sia un prodotto della superficie della terra, che lo genera, lo nutre e ne ispira i pensieri. Le stesse manifestazioni spirituali dell'uomo derivano dall'ambiente.

Fa l'esempio del buddismo che nasce nell'anti Himalaya in un ambiente ostile e prospetta il nirvana, che prospetta la liberazione da tutti i mali. Far discendere anche le pulsioni spirituali dall'ambiente porta questa corrente ad arenarsi su queste nozioni estremistiche.


Teoria della sfida: Huntington è il promotore della teoria del "challenging", che vuole che non siano gli ambienti favorevoli a produrre le civiltà migliori ma che viceversa condizioni ambientali sfavorevoli stimolano l'uomo a creare società più evolute in grado di vincere la sfida posta dall'ambiente.

L'esempio che Huntington fa è quello di Venezia, che ha dominato il commercio ed è arrivata ovunque, sebbene sorga su isolotti sabbiosi ed inospitali.

Anche questa corrente si chiude però in se stessa e non riesce a procedere nella spiegazione del rapporto uomo-ambiente.


A questo punto iniziano a maturare le condizioni per la nascita di una nuova teoria che spieghi il rapporto uomo-ambiente; questo vuol dire cambiare il paradigma di spiegazione.


Kuhn (1962) scrive "Le rivoluzioni scientifiche", dove fa una serie di considerazioni nella convinzione che la scienza non procede per evoluzione ma per rivoluzione; in breve si cambia continuamente paradigma.


Paradigma: insieme delle intuizioni teoriche, dei convincimenti e valori che, innovando lo spettro tradizionale della ricerca scientifica, ne provocano una rivoluzione che conduce a nuove proiezioni.


Mentre la teoria formalizzata attraverso il modello è uno schema d'interpretazione della realtà, il paradigma si pone su un più elevato livello di generalizzazione ed ha per oggetto gli schemi di interpretazione della realtà più che la realtà stessa.




PARADIGMA

CONOSCENZA

TEORIA


MODELLO




Kuhn sostiene che non tutti i paradigmi sono innovativi. Per essere tali essi devono avere determinate caratteristiche:


deve essere in grado di risolvere alcuni dei problemi fondamentali che hanno condotto alla crisi del precedente paradigma;

deve essere appropriato e "semplice", in modo da dispiegare per intero la sua carica innovativa nei confronti dell'orientamento scientifico;

deve possedere un potenziale di espansione cioè la capacità di estendere il campo della ricerca scientifica.


Si passa da una visione positivista ad una visione idealista o neo-positivista.


Natura: nel mondo positivista essa è oggettiva e oggettivamente conoscibile mentre nel mondo idealista essa è invece "mediata" dall'uomo storico (consideriamo la variabile tempo) in termini economici, sociali ecc.


La reazione al determinismo prende il nome di possibilismo.

L'ambiente influisce sull'uomo ma l'uomo può reagire in una gamma di possibilità.

L'"uomo storico" spiega molte situazioni ad esempio di organizzazione territoriale che l'impostazione determinista non riusciva a spiegare e attenua la componente razzista.


Il caposcuola è Paul Vidal de la Blache, che scrive "Le tableau géographique de la France" che, oltre a dare notizie geografiche, cerca di spiegare l'organizzazione del territorio.

Suo allievo è Febure, uno storico, non un geografo come de la Blache, che conierà il termine possibilismo.

L'intensità delle risposte a disposizione dell'uomo rispetto all'ambiente dipende dal livello tecnologico.

La dottrina possibilista affida grande importanza all'analisi storica, che consente di operare azioni significative.

L'esempio che i possibilisti fanno nell'epoca della corsa verso l'ovest negli USA, è quello delle grandi praterie nord americane.

Essi sostengono che questo sia un ambiente rimasto immutato negli ultimi secoli fino a quando una società tecnologicamente più avanzata (ferrovie, coltivazione intensiva dei cereali) le ha occupate. Esse successivamente sono state in grado di ospitare una popolazione più che raddoppiata. L'ambiente non è mutato è l'uomo storico che è intervenuto su di esso modificandolo.


I possibilisti mettono in luce un paio di concetti interessanti:

Genere di vita: organizzazione funzionale di un gruppo sociale caratterizzato da una certa "cultura", che ruota attorno ad una attività esercitata da tutto il gruppo il quale da essa trae sostentamento es. minatori, agricoltori ecc.

Questo presuppone una società, delle comunità chiuse.

Oggi si parla piuttosto di "modi di vita", mentre le differenze di comportamento sociale sono prevalentemente omologate. Si è ormai creato un "villaggio globale". I possibilisti studiavano i generi di vita perché da essi ricavavano le risposte dell'uomo storico dall'ambiente.


Paesaggio: è l'oggetto centrale della ricerca dei possibilisti. Esso è un fatto visivo, sensoriale ad es. se si parla di "paesaggio marino" si pensa immediatamente alla sua visione, al suo odore e al suo rumore.

Il paesaggio è dinamico, muta nel tempo e a seconda delle forme di sfruttamento del suolo e del sistema sociale ad es. il paesaggio mezzadrile: bosco, campo, casa, vigna ecc. La casa rurale ad es. è stata a lungo studiata dai geografi: veniva costruita e strutturata nel modo più conveniente per l'attività agricola. Tutto era costruito funzionalmente ad essa, questo fotografa un paesaggio tipico.


I possibilisti trovano, quindi, tipi di paesaggio (es. paesaggio carsico, montano) e paesaggi tipici (es. Laguna veneziana, Gallura, Dolomiti).

Questo tipo di lettura fa si che i geografi si occupino di aspetti fisici e modificazioni dovute ad aspetti culturali, economici e sociali.

Il paesaggio diventa un oggetto di studio.


Il possibilismo ha, dunque, una radice francese.

Ricordiamo che F. Ratzel aveva individuato nel tempo e nella tecnologia le due componenti alla base dell'evoluzione della società ed aveva formulato la teoria dello spazio vitale.


Intorno alla metà del XX secolo il possibilismo cede come forma di interpretazione della realtà.

La corrente possibilista mette a punto i concetti di generi di vita e di paesaggio cioè dell'uomo storico (azione che l'uomo ha operato sull'ambiente con le variabili spazio-tempo).


Paesaggio: l'uomo opera nell'ambiente lo trasforma e lo utilizza determinando così il paesaggio che sarà il risultato della cultura locale. Dunque, il paesaggio muta non solo per motivi fisici ma anche a causa dell'incidenza dell'uomo.

L'identità dell'uomo e dei luoghi è una componente rilevante che non si è persa neppure oggi.


Raffestin ha parlato del caso di Erodoto, che è fra i primi eruditi, che cita gli Sciiti che giustiziavano coloro che venivano in contatto con i greci e ne assorbivano la cultura, soprattutto a livello religioso, in quanto perdevano l'identità do sciita.

Altro esempio è dato da Vidal de la Blache che sosteneva che la storia di un popolo è inseparabile dal luogo dove abita, e l'uomo è stato il discepolo a lungo fedele del suolo. Lo studio del suolo contribuirà, dunque, a far luce sul carattere, i costumi degli abitanti.

Raffestin dice, poi, che molte delle identità studiate da Vidal erano rurali; ora non esistono più e quindi vanno studiate in modo diverso.

Infine egli ha citato un capo indiano pellerossa che dice che l'identità culturale di ogni tribù si ritrova in una scodella avuta da Dio nella quale sono scalpellate le condizioni di vita, gli accadimenti. Ora questa scodella è stata rotta e le tribù indiane non hanno più una loro identità (tornano gli studi possibilisti in cui c'è un'identità da tutelare).


La geografia dei luoghi, comunque, resta descrittiva e si può dire che sia il determinismo che il possibilismo si trovano sul piano ideografico cioè descrivono gli avvenimenti.


In questa visione se, però, il soggetto politico come può essere lo stato: se succede questo, però, non si riesce a capire il senso del rapporto uomo-ambiente in quanto dipende, non solo, da fatti economici ma anche culturali in cui l'atteggiamento politico è preminente. Indagare sul paesaggio senza vedere perché il paesaggio è in quelle condizioni oggettive porta a trascurare una componente importante.


Altro esponente che si deve considerare è Elisé Reclus, che nasce nel 1830 ed è un teorico anarchico che fa la sua esperienza nella comune di Parigi dopo di che, esule, viaggerà in Europa e negli Stati Uniti.

Il suo maestro è Carl Ritter, fondatore dell'indirizzo storico-umanistico che comunque ha lanciato una serie di input.

Egli dice che l'uomo reagisce contro il pianeta che gli serve da dimora (visione sociologica), ma, avanzando nella via del progresso, aumenta il suo desiderio e capacità di cambiare il mondo e vede anche sorgere una crescente lotta di classe.


Quindi, i paesaggi sono l'incessante ricerca dell'equilibrio sociale (molto diverso da Vidal) che comprende un impegno non solo scientifico ma anche politico.


La geografia segue Vidal (punto di vista storico) facendo, quindi una lettura del paesaggio a prescindere dei fattori politici e lasciandola su un piano che si limita a descrivere i fenomeni piuttosto che spiegarli (ideografica non nomotetica).

Le due teorie portano a conclusioni molto diverse tra loro ad es. vedi interpretazione paesaggio toscano: per Vidal si trova un perfetto equilibrio mentre per Reclus no infatti ci sarà poi un forte esodo.

Ratzel e Ritter danno una spinta alla crescita di alcune scuole sempre a cavallo tra il determinismo e il possibilismo:


la geografia umana in Francia;

la geografia culturale in USA;

la geografia sociale in Germania.


Esse verificano una serie di situazioni che riguardavano le culture locali; ebbero un ruolo che rafforzò lo spessore delle ricerche geografiche senza farle, però, passare al piano nomotetico.


Dunque, si va avanti e questi filoni portano allo studio della regione che è determinata da caratteri di uniformità prevalenti.


Riassunto:

all'inizio del nostro secolo ci troviamo in una situazione di disagio della geografia classica dato:


dal dualismo tra indirizzo storico-umanistico e fisico-naturalistico;

gli eccessi di certe correnti deterministiche come l'ambientalismo;

la parziale riuscita della "rivoluzione" possibilista che cambiano paradigma (il filone di Fevre storico-descrittivo);

i francesi fanno studi monografici in cui, però, la parte preponderante (60-70%) è l'ambiente fisico più che l'uomo;

la limitatezza della concezione di paesaggio vista come fenomeno sensibile scartando la visione politica;

scarso mordente pratico della geografia culturale;

incapacità della geografia regionale di passare dalla fase ideografica alla fase nomotetica.


Il disagio deriva dal fatto che siamo in un periodo in cui la "governance" aveva bisogno di leggi per riorganizzare il territorio che le guerre ed i cambiamenti avevano squilibrato: si richiedono norme di comportamento ed i geografi, con le loro descrizioni, sono incapaci di rispondere.


I geografi si guardano intorno per trovare strumenti e nascono tre filoni, derivanti da scienze diverse, per sviluppare una visione volontaristica.

Si propugna un ribaltamento delle condizioni deterministica iniziale e si ha che l'uomo incide sull'ambiente che può l'organizzare.

Le tre scienze sono:


l'urbanistica;

la sociologia;

l'economia.


L'urbanistica: nasce quando l'architettura esce dalla città cioè cessa di essere solo la costruzione di edifici e diventa anche l'organizzazione del territorio.

Uno dei movimenti più rilevanti risale al 1902 in Inghilterra con a capo E. Howard ed è il "city garden movemet". Esso darà impulso al modello di città che deve avere una serie di requisiti come il verde più che le abitazioni od il numero di abitanti limite. Le città giardino realizzate in Inghilterra saranno solo due: Lechtworth e Welwin.


Questo movimento dà impulso alle "new town" che si proheranno in tutta l'Europa centro-settentrionale e non sono grandi città.

In Italia si deve ricordare il gruppo di urbanisti di Olivetti che sosteneva che una città non deve avere più di 30.000 abitanti, altrimenti si perdono i legami sociali, la socialità e diventa poco vivibile. Le new town realizzate in Italia risalgono al periodo fascista e sono Latina e Carbonia.


L'urbanistica è riuscita a dare una spinta alla geografia perché se si riesce a creare una città nuova (di per sé uno degli oggetti più artificiali creati dall'uomo), si dimostra che l'uomo "può" e "deve" intervenire razionalmente sull'ambiente che non può più essere un vincolo (il rischio sarà la ssa dell'ambiente nella visione economicistica).

E' una visione antropocentrica, non si deve cadere, però, nell'economicismo che finisce per banalizzare gli aspetti locali.


L'urbanistica si diffonde negli USA dove abbiamo un esempio eclatante di intervento nel 1933 nel caso del Tennessee Walley Authority (TWA).

Nel Tennessee prevalevano le "bad lands", quindi, si decise di intervenire con un piano territoriale (il piano New deal) che prevedeva il risanamento del bacino del fiume tramite l'impianto di bacini idrici pensati in modo funzionale alle attività economiche e turistiche.

Per la prima volta ci fu un intervento sui bacini di proprietà attraverso l'esproprio, con lotte tra i farm e lo stato, inoltre, la mano d'opera nera fu ata con lo stesso salario dei bianchi.

Questo è un esempio eclatante di intervento e gestione del territorio cioè di pianificazione moderna.


In Europa la pianificazione moderna è per la prima volta adottata nel 1920 dalla Confederazione dei comuni della Rhur, che volevano intervenire per risanare un'area totalmente sconvolta dall'industria mineraria (risanare l'inquinamento delle miniere di carbone all'aperto, "vuoti" sotto i paesi creati dalle miniere che entravano dentro il suolo).

Interventi massicci furono fatti ed ora la valle della Rhur non dà l'impressione di una regione industrializzata da oltre un secolo.


T  DUNQUE E' POSSIBILE UN'ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO.


Sociologia: (fine '800-inizio '900) Essa riguarda sia il comportamento dell'individuo sia quello della collettività di individui.

Esistono letture del comportamento collettivo di fronte a determinate tematiche: sociologia del lavoro, sociologia dell'imprenditore.

E' difficile in molti casi distinguere tra il comportamento sociale ed il comportamento economico in quanto essi si influenzano a vicenda.

Le letture sociologiche del territorio dimostrano, sia che il comportamento collettivo è diverso da quello individuale, sia che il comportamento collettivo incide sull'organizzazione del territorio.


Economia: Claude Ponsard sostiene che gli economisti si sono sempre mossi in un "mondo delle meraviglie senza dimensioni" e questo ha aiutato l'economia ad essere una scienza nomotetica.


Normalmente, quindi, l'economia non considera lo spazio anche se, però, nell'economia classica vi sono alcuni studiosi che lo prendono in considerazione come:


Richard Chantillon (1755) che scrive un trattato dove descrive la localizzazione dei villaggi in base alla vicinanza dai fiumi parlando in termini di costi di trasporto;

Adam Smith (1756) che considera il ruolo dei trasporti e la funzione della città in rapporto con i dintorni, quindi come centro d'agglomerazione economica;

Davide Ricardo (1817) che scrive i "principi di economia politica e delle imposte" in cui mette in luce il concetto di "rendita fondiaria" evidenziando l'organizzazione territoriale del mondo agricolo. La stessa distanza dal mercato conferisce la stessa utilità ai siti (luoghi topografici) mentre la diversa distanza conduce a una diversa utilità.

Quando la collettività cresce di numero, per reddito o per propensione di consumo, dovrà essere messa a coltura una fascia ulteriore di terreno che per definizione sarà sempre più lontana e più fertile.



Esiste, quindi, un differenziale di prezzo tra le produzioni del territorio A e del territorio B La chiave di volta è rappresentata dai costi di trasporto: la produzione dovrà essere trasportata dai territori B e quindi costerà di più e dovrà avere un prezzo maggiore.

Ricardo si spinge fino a dire che storicamente l'organizzazione del territorio si è modificata con l'espansione degli insediamenti dalle terre più fertili fino a quelle meno fertili e più lontane.


Carey critica questa teoria del popolamento dicendo che gli insediamenti si situavano nelle localizzazioni migliori dal punto di vista difensivo e di accesso alle vie di comunicazione.

In realtà il discorso di Ricardo è validissimo se si considera il secolo in cui lo scrive.


L'economia ragiona per modelli e si deve osservare che i modelli risentono degli input ("garbage in, garbage out") e della loro storia, ovvero sono dei prototipi. Inoltre semplificano la realtà togliendo elementi che si ritengono non rilevanti.

Il modello risente delle convinzioni del suo creatore cosiddetto "effetto Edipo" elaborato da due geografi.


Modello: rappresentazione semplificata e correlata della realtà attraverso sistemi di relazioni descrittive e/o equazioni logico-matematiche.


Dalla definizione emerge che i modelli non possono essere che astratti: ogni modello ha un certo grado di soggettività e di prevedibile approssimazione poiché si eliminano alcune delle componenti della realtà.


Il modello avrà quindi, entro i limiti di una sua applicabilità al mondo reale, un certo grado di:


generalità

astrattezza

suggestività (se usato per fini applicativi) cioè nella sua totalità il modello contiene più implicazioni di quanto la somma delle singole parti lascerebbe ritenere;

speculatività cioè deve riuscire a prevedere l'andamento di un fenomeno ovvero consente previsioni sull'evoluzione dei fatti del mondo reale considerati.





MODELLO ISOTTA FRASCHINI


Modello dello stato isolato:


Nel 1825 G.E. Von Thünen , proprietario terriero in un territorio pianeggiante ed economista, formula un modello normativo-analitico in cui elimina ogni vincolo ambientale del comportamento umano, ovvero elimina ogni causa non dipendente dalla volontà umana.


Le ipotesi su cui si fonda il modello sono:


l'ambiente è isotropo ed isomorfo;

gli attori sono produttori agricoli indipendenti che operano in economia di mercato cioè in concorrenza perfetta;

non consumano i prodotti ma li portano al mercato (produzione market oriented);

il prezzo dei prodotti si forma sul mercato dall'incontro della domanda e dell'offerta in regime di concorrenza;

ogni produttore ha come obiettivo il massimo profitto, quindi essi sono soggetti razionali;

il produttore minimizza i costi che sono di due tipi:


- costi di produzione

- costi di trasporto (carro).


I costi di produzione sono uguali a parità di coltura, quindi i produttori hanno tutti la stessa tecnologia, gli stessi saggi d'interesse per i capitali presi a prestito ecc., e la concorrenza è possibile solo tra prodotti diversi.




Il costo di trasporto, invece, varia in base alla distanza tra il luogo di produzione ed il mercato, dunque ogni sito ha una propria rendita di posizione (Rp).


Rp = R(p-c) - Rtd


Dove:

R: è il rendimento medio dell'unità di suolo occupato;

d: è la distanza;

c: è il costo unitario di produzione;

t: è il tempo;

p e c: sono dati;

td: è il costo di trasporto.


Se il costo di produzione è elevato gli operatori devono stare più vicini al mercato, come ad esempio succede ai produttori di ortaggi e fiori, se, invece, il costo di produzione è basso possono stare molto lontano dal mercato.


La rendita di posizione differisce dalla rendita ricardiana, in quanto, Ricardo prendeva in considerazione anche la fertilità del luogo.


Modello dello stato isolato (di E. Von Thünen):


C'è, anche, la condizione che questo stato mantiene le condizioni di isotropia poiché è isolato: non ha contatti con l'esterno e non ha sbocchi al mare. E' un modello normativo, che astrae dalle condizioni naturali per pervenire ad un'unica formula che ragiona in funzione dei costi di trasporto.


Rp = R(p-c) - Rtd


Dove:

Rp: rendita monetaria locazionale per unità di superficie;

R: è il rendimento medio fisico dell'unità di superficie;

d: è la distanza dal mercato;

c: è il costo unitario di produzione;

t: è il costo di trasporto unitario;

p: prezzo di mercato.


Questa è una funzione del tipo:


y = a - bx


ovvero una retta tanto più inclinata quanto più grande è b, ovvero la differenza (p-c).












Questa funzione delle curve di rendita mi permette di fare una zonatura circolare del territorio (vd. lucido).

Attorno al mercato avremo una serie di forme di attività economiche fondamentali:


1° fascia: di 30 Km; è dedicata all'agricoltura intensiva, al giardinaggio (ortaggi e fiori) e all'allevamento stallino (latte) perché hanno costi di produzione più elevati e, quindi, necessitano di minori costi di trasporto.

Si può dire che vicino al mercato stanno quei prodotti che devono essere consumati freschi (anche se questo non si ritrova nella formula).


2° fascia: di 30 Km; è dedicata all'economia forestale. Anche questa fascia si trova molto vicina alla città perché, all'epoca, il legname era la materia prima per tante attività ed era, anche, fonte d'energia. Inoltre, costava tenere il bosco in ordine.


3° fascia: di 170 Km; è destinata all'economia arativa che a sua volta si suddivide in tre fasce:

- la coltura avvicendata di 20 Km, la quale è coltivata tutto l'anno;

- la coltura alternata di 100 Km, in cui si alternano nei vari periodi   dell'anno;

- la coltura trialterna (o a maggese) di 50 Km, bisognava fertilizzare la terra,   quindi andava tenuta a riposo.


4° fascia: di 140 Km; è dedicata all'economia allevatrice pura cioè l'allevamento estensivo, è molto lontana poiché il pascolo costa poco.


Lo stato isolato ha, dunque, un'estensione di 370 Km; oltre c'è una fascia che è lasciata all'economia di raccolta dei prodotti spontanei (animali da pelliccia) che per Thünen non ha nessun costo in quanto non ha un modello di valutazione del tempo libero. Dunque se il costo tende a zero, l'estensione di questa fascia, secondo la formula, tende all'infinito.


Nel 1850, Thünen riformula il suo modello ammettendo l'esistenza di alcune distorsioni, quali:


la presenza di un fiume;

la ferrovia.


Esse influiscono sul costo di trasporto, diminuendolo e portando, così, ad una dilatazione dello stato isolato che estende, ora, i suoi confini fino a 2285 Km.


Thünen mette in luce, anche, l'esistenza di aree di influenza comuni a più stati isolati che si espandono, come abbiamo visto, in modo circolare e vengono ad incontrarsi tra di loro. E' il primo a prendere in considerazione questo aspetto, ovvero le aree di mercato concorrenti.


Nel nuovo modello gli anelli si deformano, diventando fasce, in quanto si adattano all'andamento del fiume, che si colloca al centro, quello che conta è la vicinanza al fiume(e soprattutto ai suoi approdi) ed anche il senso della corrente che inciderà sui costi di trasporto. Se si considera la ferrovia le fasce si dispongono simmetricamente alla ferrovia e alle sue stazioni.


Il modello è molto astratto ma ci dimostra che:


anche in condizioni ambientali naturali uniformi l'economia rurale tende a svilupparsi in forme diverse da luogo a luogo;

fondamento di questa differenziazione è la distanza fra i luoghi di produzione ed il mercato;

tale differenziazione geografica, che dà luogo a distanza diverse, si manifesta non tanto nei confronti della natura dei prodotti quanto secondo il modo con il quale vengono ottenuti;

ogni forma di economia rurale tende a manifestarsi in modo anulare, circolare.


In fondo il modello spiega che anche in un ambiente uniforme ci sono differenziazioni: i prodotti con più elevati costi di produzione sono coltivati più vicino al mercato; l'intensità della coltivazione decresce con l'allontanarsi dal mercato medesimo; maggiore è la distanza dal mercato e più conveniente è l'ottenimento di prodotti che, in relazione al loro valore, sono meno deperibili, meno pesanti o meno voluminosi e che, quindi, sopportano minori costi di trasporto.


Facciamo, ora, un accenno sulla leggibilità del modello rispetto al mondo reale:

storicamente possiamo dire che abbiamo 4 livelli su cui ragionare:


livello locale: si ha una rispondenza quasi minima. Le nostre città avevano una cerchia degli orti, coltivati intensivamente che rifornivano di prodotti freschi il mercato, però, tutto questo è stato spazzato via dall'espansione delle periferie;

livello regionale: anche a questo livello si trova solo qualcosa;

livello interregionale: è più facile (vd. lucido USA: anche oggi ma soprattutto nel 1800 abbiamo la zonizzazione delle colture in funzione del mercato dell'est coast. Via via che ci allontaniamo potevamo riconoscere le varie fasce: al centro le colture intensive e l'allevamento stallino, poi la fascia dei boschi sui monti Appalachi, poi la zona dei cereali ed infine, con costi di trasporto notevoli, l'allevamento brado da corna.).

livello mondiale: in passato vedi l'esempio dell'area di mercato Europa dove si ha la fascia di coltura specializzata, la foresta scandinava è l'area boschiva così come le foreste tropicali dell'Asia e dell'Africa, i cereali venivano da est (Ucraina), dal Sud America e dal Canada, la pastorizia in Oceania (ovini), Sud Africa, Uruguay, Argentina. Questi allevamenti nascono in zone dove il prodotto costa poco, esso non è deperibile (lana) e viene prodotto in funzione dell'industria tessile europea.


La distanza dal mercato è un fattore importante in termini di organizzazione economica.


Esempio: la formula già vista in forma sintetica è:


R = p - kt


Dove:

R: è il guadagno netto;

p: è il guadagno per ettaro, costi di trasporto esclusi;

k: è la distanza dal mercato.


Ipotizziamo di avere 3 prodotti:

patate;

grano;

lana.


E supponiamo che il costo di trasporto sia di 20 £ al Km/q; possiamo fare uno schema e stabilire la produzione (q*ha):



Produzione

costo di trasporto in rapporto ai Km

guadagno

per ettaro





patate




grano




lana











Si vede che il guadagno diminuisce rapidamente per le patate e sempre meno per il grano e ancor meno per la lana.












Cosa succede a 10 Km dal mercato ?


Patate:  400.000 - 4.000 * 10 = 360.000 (mi convengono le patate!)

Grano:  250.000 - 1.000 * 10 = 240.000

Lana:    10.000 - 10 * 10 = 9.900


A 100 Km:


Patate:  400.000 - 4.000 * 100 = 0 (guadagno si azzera e trovo la pendenza della curva)

Grano:  250.000 - 1.000 * 100 = 150.000

Lana:    10.000 - 10 * 100 = 9.000


A 250 Km:


Patate:  400.000 - 4.000 * 250 = - 600.000

Grano:  250.000 - 1.000 * 250 = 0

Lana:    10.000 - 10 * 250 = 7.500


da qui in poi posso allevare soltanto pecore ma (!) è conveniente produrre grano già prima dei 100 Km.


A 1000 Km:


Patate:  400.000 - 4.000 * 1.000 = 0

Grano:  250.000 - 1.000 * 1.000 = 0

Lana:    10.000 - 10 * 1.000 = 0 (qui finisce lo stato isolato)


Possiamo calcolare il punto A ed il punto B (cioè i punti in cui conviene passare comunque all'altra coltura):


A = 400.000 - 4.000 * k = 250.000 - 1.000 * k = 50

B = 250.000 - 1.000 * k = 10.000 - 10 * k = 242,5

Si può stabilire in che proporzione devono essere coltivati i due prodotti i e j su una stessa area in base alla produzione Y (q/ha), e la redditività P:



1 < Pi / Pj < Yi / Yj


(l'area più vicina alla città è occupata da i)


Se la relazione non è soddisfatta avrò:

se ho = allora un mix delle due colture;

se ho > allora la cultura j.



Modelli di utilizzazione del suolo urbano che riguardano cioè l'ipotesi sul grado di ordine che caratterizza la struttura urbana:


Modello concentrico: che si basa sull'ipotesi che il valore d'uso del suolo urbano diminuisce a partire dal centro verso la periferia.

Nasce dalla scuola di sociologi di ecologia urbana negli anni '20 con a capo Burges.


Nasce dallo studio della realtà di Chicago che era già una metropoli piena di problemi come i ghetti, i problemi etnici, la minicriminalità, le rendite urbane ecc.

Il modello indica con precisione la successione degli anelli:


1° zona: il centro (distretto centrale degli affari) è il "core" della città, è il centro della vita urbana, degli affari e della vita sociale. Ha un valore del suolo urbano molto elevato (è, quindi, una curva molto impennata perché è un'area molto piccola).

Ci stanno coloro che ambiscono ad una residenza di prestigio e quelle attività economiche che hanno bisogno di visibilità, d'immagine (commercio).

2° zona: di transizione: qui ho un uso del suolo misto cioè aree residenziali deteriorate, vecchie costruzioni e poi attività leggere che si sono allontanate dal core.

3° zona: zona residenziale per i lavoratori, comprende abitazioni dignitose ma non di grande pregio.

4° zona: residenze medio alte.

5° zona: lavoratori pendolari e aree suburbane.


Il modello si base sul fondo che l'accessibilità diminuisca allontanandosi dal centro; il valore d'uso del suolo dipende dal costo di trasporto ed, essendo in un modello centripeto, esso vincola l'accessibilità al centro.


Nel modello c'è un'apparente anomalia:

perché la seconda zona si trova vicino al centro ?


Perché ci troviamo negli USA dove le strutture urbane non hanno mai avuto un vero centro, quindi le prime abitazioni che sorgono sono per il lavoro ed i meno abbienti sono vicini al centro (infatti a New York la classe media si trova a 60-70 Km dalla City).


Nel modello concentrico si considera la rendita che i soggetti sono disposti a are per utilizzare un determinato suolo.

Come si è visto il modello presenta una anomalia data dal fatto che si trovano più vicine al centro delle categorie meno abbienti: questo dipende dalla storia delle città americane e da quello che Alonso chiama il budget delle famiglie.

Tale budget è diviso in 3 voci per una distribuzione equilibrata dei bisogni:


spese per la sussistenza;

spese per l'abitazione;

spese per il trasporto.


In un modello che vede la concentrazione dei posti di lavoro al centro, può essere che, il lavoratore, risparmi sulle spese di trasporto per poter dedicare una cifra maggiore alle altre due, e comunque soprattutto alle spese per la sussistenza. Quindi, si accontenterà di un'abitazione piccola ed anche fatiscente.

Al contrario, le famiglie più abbienti, guardano piuttosto all'attrattività dell'ambiente (amenities) in cui vivono data ad esempio dai fattori naturali o dalle residenze (fuori dall'area urbana per il verde o per il minor traffico).

Questo modello connette la struttura sociale con quella urbana interpretando quest'ultima attraverso la prima.


Modello a settori: nel 1932, Hoyt formulò un modello, elaborazione del modello concentrico, in cui nota come, la struttura interna della città, sia connotata da discontinuità (non ho più gli anelli) dovute alla morfologia del territorio.

Inoltre, vi sono discontinuità nella struttura interna dovute ai nuclei iniziali e successivi, ed altre dovute alle attività che si svolgono nella città stessa ed alla mobilità individuale dovuta all'auto.

Dunque, gli anelli sono sostituiti da settori.

Tali settori possono essere determinati dalla viabilità come ad esempio i grandi boulevards di Parigi che dalla periferia arrivano fino in centro e sono una zona residenziale.


Modelli multicentrici: siamo intorno al 1945 e questo sarà un modello che apre la strada ai modelli successivi.

Harris ed Hulman, sulla base dei modelli precedenti, notano come vi siano delle aree funzionalmente diverse, come vi siano conflitti per l'uso del suolo, sulle rendite, vi sia la richiesta di aree specializzate per alcuna funzioni urbane come i trasporti: dunque, nell'area urbana vi sono più centri (degli affari, dei divertimenti).


Questi modelli sono astratti ma servono come lettura preliminare ai temi della struttura urbana di oggi.



Modello della localizzazione industriale: modello del 1909 dell'economista A. Weber (tedesco) "Teoria della localizzazione".





Innanzi tutto partiamo dalla differenza tra:


ubicazione: fattore statico che fotografa una situazione, quindi, mi limito a guardare dove sono le industrie;

localizzazione: processo mediante il quale le industrie si collocano nello spazio e nel territorio. All'origine ci sarà una scelta da parte del proprietario e vedremo i fattori di localizzazione che determineranno l'ubicazione, ad esempio perché le concerie sono a Santa Croce ?


Si parla dell'industria che ha bisogno di una struttura: Weber si domanda: quale può essere la più razionale localizzazione industriale ?


Nel modello c'è un assioma (cioè un principio che si dà per vero e non va dimostrato) secondo il quale l'impresa tende a minimizzare i costi di produzione. Questo fu oggetto di molte critiche ma, comunque, il modello già nel 1928 fu tradotto in russo (poiché non si parlava di profitto), nel '29 in Inghilterra e nel '41 in Italia cioè circolava.


Il modello prevede delle condizioni di uniformità:


i costi di lavorazione sono uguali a parità d'attività;

i compensi della mano d'opera sono uniformi;

i costi dei terreni sono uniformi;

il saggio del capitale preso a prestito è uniforme;

il mercato è di concorrenza perfetta;

uniformità e proporzionalità alla distanza dei costi di trasporto.


Sono ineliminabili i costi di trasporto tra i luoghi delle materie prime e i luoghi di consumo.

Inoltre, bisogna tener conto che i materiali possono essere:


ubicati: se si trovano soltanto in alcuni luoghi es. i minerali;

ubiquitari: si trovano ovunque, in senso stretto è l'aria.


Ed inoltre:


lordi: se non entrano nel prodotto finito ma sono consumati durante il processo produttivo, ad esempio, il carbone nella produzione dell'acciaio;

netti: se entrano totalmente o quasi nel prodotto finito.


Questo ha l'effetto che i materiali ubicati e lordi attirano l'industria, mentre, quelli ubiquitari e netti la svincolano dal luogo (i materiali netti svincolano perché trasportare le materie prime od il prodotto è la stessa cosa).




Allora un imprenditore razionale ha davanti a sé 3 orientamenti:


per trasporto;

per lavoro;

per agglomerazione.


Orientamento per trasporto:

esso riprende l'assioma cioè si vorrà minimizzare i costi di trasporto.


Pur assumendo che la realtà è complessa, riduciamo a 2 i luoghi dei materiali ed a 1 i luoghi di consumo (hp. Del triangolo localizzatore).


F

 
Secondo Weber, in questa situazione, la nostra fabbrica (F) cadrà all'interno del triangolo.







Weber dice che si deve minimizzare la funzione (in cui possibilismo è il peso):


Min S M1 F p1 + M2 F p2 + F C


punto di minimo trasportazionale in cui situerò F ed è un ottimo paretiano.


Critica: nella realtà la curva del costo di trasporto non è una retta ma la curva seguente:

A: costi iniziali ad esempio noleggio del mezzo di trasporto


C: da questo punto la curva si impenna








Ma si può semplificare ulteriormente il modello riducendolo ad un solo luogo sia per i materiali che per il consumo ottenendo, così, una retta:


C

 

M

 
Dove posizione la fabbrica ?


Bisogna guardare le qualità dei materiali:


Se M ubicato e lordo: mi posiziono verso M es. localizzazione a bocca di miniera;

Se M ubiquitario e lordo: mi posiziono in C, localizzazione orientata al mercato;

Se M ubicato e netto: mi posiziono nel centro o nei quartili.

Questo vale per i meccanismi razionali che sono alla base del ragionamento di Weber, ma non valgono in economia dove ci si posizionerà, comunque, od in M od in C indifferentemente poiché nel primo caso dovrò trasportare il prodotto mentre nel secondo i materiali.


Weber ci dà delle regole di comportamento.


La formula precedente la posso semplificare riducendola ad una funzione di pesi, dove pC è il peso del prodotto, ed avrò che se:


p1 + p2 > pC allora andrò verso i materiali;

p1 + p2 < pC allora andrò verso il consumo;

p1 + p2 = pC allora andrò verso il mercato.


Weber ci dà degli indici che possono aiutare l'imprenditore:


indice dei materiali: peso del prodotto


peso totale dei materiali impiegati per ottenerlo



Il corollario di Weber ci dice che, forse, è da utilizzare il


Peso localizzatore: pesi in movimento

peso del prodotto


Se è > 1 la tendenza della localizzazione è verso i luoghi dei materiali.

Se è < 1 si andrà verso il luogo di consumo.


Orientamento per lavoro:

Se l'imprenditore è orientato verso una produzione il cui costo del lavoro è elevato prenderò in considerazione il:


Coefficiente di lavoro: costo del lavoro per unità di produzione

peso localizzatore


Se tale indice è elevato, allora, conviene questo secondo orientamento.


Però, affinché l'impresa si muova dall'ottimo paretiano che si trovava dal primo orientamento, è necessario che, dal confronto dei due risultati, si abbia un risparmio sul lavoro superiore al costo di trasporto aggiuntivo.


Weber costruisce delle curve per trovare il nuovo punto di localizzazione, le curve isotine, che uniscono tutti i punti di uguale costo di trasporto (vd. Fotocopie).

Gli incroci fra le isotine mi danno dei punti che hanno il valore della somma delle isotine che si incrociano; unendo i punti con la stessa valenza ottengo la curva isodapana (curva del costo totale).

A Weber interessa l'isodapana critica in cui il risparmio per i costi del lavoro è l'aumento del costo di trasporto si eguagliano.

All'imprenditore converrà trasferirsi da F se la localizzazione con i costi del lavoro minimi si trova dentro l'isodapana critica, altrimenti non gli conviene spostarsi.


Critica: Weber ha considerato la mobilità della fabbrica, mentre nella realtà si ha la mobilità del lavoro (anche se al tempo di Weber, 1909, essa era bassa).


Orientamento per agglomerazione :

Questa terza opzione ipotizzata da Weber è un orientamento che tiene conto delle economie esterne cioè dei vantaggi dell'agglomerazione.

Anche qui considera un indice:


Coefficiente di

valore aggiunto nella trasformazione industriale

trasformazione industriale:

peso localizzatore


Come varia il risparmio di agglomerazione ?





Noi, oggi, vediamo, ad un certo punto, la curva scendere fino a diventare diseconomie.




dimensione di agglomerazione

 







il ragionamento si fonda sul fatto che le economie esterne sono diverse dalle economie di scala.


Teoricamente i costi tendono a scendere più si produce, allora Weber dice che, se ho un'impresa che produce 10, cerco di portarla in termini di agglomerazione a produrre 100 ottenedo, così, un risparmio di agglomerazione in termini ad esempio di costi fissi o di costi variabili meno che proporzionali.


Weber formula questo modello, però, riesce a dare delle indicazioni all'imprenditore che voglia scegliere la localizzazione ottimale.

Egli riesce a trovare un punto nel quale svolgere un certo compito, poiché egli si basa sul concetto delle scienze fisiche di baricentro tra varie forze che mi attirano o svincolano (problema di meccanica razionale).


Weber imposta questi problemi cercando la minimizzazione dei costi seguendo via via i 3 orientamenti (! Possibile domanda d'esame), per cui, quando il coefficiente del lavoro assume una certa rilevanza, allora, si deve tener conto di un altro luogo, diverso dal primo, e della differenza tra il risparmio e l'aumento del costo di trasporto.

Egli cerca di dimostrare tutto questo attraverso le isodapane (curve del costo totale).


L'isodapana critica è quella in cui, rispetto al punto di minimo trasportazionale, segno i punti in cui il risparmio di lavoro è uguale all'aumento dei costi di trasporto.

Allora, all'impresa converrà lasciare il punto di minimo trasportazionale solo se il nuovo punto di localizzazione si trova all'interno dell'isodapana critica.


 

 

 

 

F

 
Isodapana critica


F: punto in cui mi trovo.


L

 
L: poiché si trova al di fuori dell'isodapana critica (25) non mi conviene spostarmi, se, al contrario, fosse stata 45 allora mi conveniva.


Per Weber l'agglomerazione è qualcosa di più che un altro vantaggio legato alle dimensioni, quindi derivante dalle economie di scala, mentre per noi, in termini marshalliani, dipende dalle economie esterne (anche se, comunque, Weber ammette che ci sono specializzazioni esterne di cui l'impresa può giovare e comunque si deve sempre tener conto del periodo di Weber).



Corollario:

Le economie esterne non sono, come dice Marshal, interne all'azienda ma sono interne all'industria cioè al sistema; quindi, le posso conseguire stando in un sistema d'impresa anche attraverso la concorrenza o l'imitazione, non solo, con la coesione.

Esse si possono distinguere (1937, Hoover):


economie di localizzazione : vantaggi connessi ai legami tra attività economiche appartenenti allo stesso settore, quindi localizzate nello stesso luogo;

economie di urbanizzazione: legami, da cui discendono vantaggi, che si possono instaurare tra attività economiche di settori diversi ma localizzate nello stesso luogo.


Le economie di scala sappiamo cosa sono.



Weber ha impostato un modello che dà delle regole per migliorare la localizzazione (ricordarsi le critiche sull'assioma, sul trasporto proporzionale alla distanza, sulla mobilità del lavoro, sull'aver considerato le economie di scala).


Altra critica: egli agisce per punti, il materiale è in un punto; alcuni critici hanno detto: e quando i materiali sono di origine agricola ?

Non hanno una posizione fissa, quindi, i punti dei materiali oscillano ma allora oscilla anche F ed il modello crolla.

Ma possiamo riabilitarlo poiché i kombinat erano grandi stabilimenti d'industria pesante in Russia, dove il ragionamento di Weber era utile (il mercato finale era Mosca, i luoghi dei materiali gli Urali e il Don) ed ha addirittura guidato la localizzazione di questi stabilimenti.


L'idea del baricentro gli venne da un altro studioso tedesco Launhardt nel 1822, e lo porta con rigore metodologico e scientifico.



Modello di Smith:


Il modello viene formulato nel dopoguerra da Smith che riflette sulla localizzazione delle industrie e sostiene che le imprese:


sono in affari per realizzare un profitto (rovescia, quindi, l'assioma di Weber), massimizzazione del profitto;

non vi sono restrizioni all'entrata di nuove imprese al mercato cioè non ci sono barriere all'entrata;

le fonti dei fattori sono fisse;

l'offerta dei fattori è illimitata;

ogni impresa può avere gli stessi costi base rispetto alle altre.


Inizialmente, poi, si assume anche che:


gli imprenditori sono tutti egualmente capaci;

non vi sono incentivi governativi.


Quindi, non si ottengono di fatto economie di agglomerazione e il volume di produzione non consente economie di scala.




Smith è importante perché introduce il concetto di:


margine spaziale di profittabilità;

subottimi.


Posso tracciare una curva dei costi totali e una dei ricavi totali e l'impresa si posiziona dove c'è il maggior divario tra le due:











Dove:

area in cui ho l'ottimo e in cui si pone l'impresa

aree in cui ho le perdite


L'impresa si colloca tra A e B che sono i margini spaziali di profittabilità, e (!) c'è un solo ottimo gli altri sono subottimi.


E' razionale localizzarsi in A o B ?

Verrebbe da dire di no, poiché in questi due punti, il profitto è uguale a zero (costi = ricavi) ma non è così poiché nei ricavi è incluso, anche, il profitto normale cioè la quota di profitto e di rischio per l'imprenditore che, quindi, è già remunerato.


T  Dunque ci si può porre anche in A e in B poiché l'imprenditore ha, comunque, il suo profitto.


Potremmo avere un'altra combinazione in cui, i ricavi totali sono equivalenti ovunque (esempio prezzo imposto), i costi, invece, sono divisi in due parti:


costi base: che sono uguali ovunque;

costi localizzativi: derivanti, cioè, dalla localizzazione , quindi, variano in base alle agevolazioni concesse dalle varie politiche territoriali.












Dove:

area in cui ho l'ottimo e in cui si pone l'impresa

aree in cui ho le perdite


Potremo avere casi in cui:


il costo si abbassa perché ci sono delle agevolazioni (sovvenzioni) per cui è razionale localizzarsi dove altrimenti non lo sarebbe.




area in cui ho l'ottimo e in cui si pone l'impresa

area in cui ho l'abbassamento dei costi e diventa ottimo


il costo si alza ad esempio per la richiesta di particolari tecnologie a tutela dell'ambiente per cui non è più razionale posizionarsi lì.




area in cui ho l'ottimo e in cui si pone l'impresa

area in cui ho l'alzamento dei costi e non ho più l'ottimo


Sia Weber che Smith usano l'isodapana.

Il fatto che l'impresa possa scegliere i subottimi è un elemento di interesse: tanto più sono inclinate le curve, tanto più è ristretto lo spazio di profittabilità e più ristretti sono i margini di profittabilità tanto più la localizzazione è in qualche misura ubicata.


Il pregio del modello di Smith e dei successivi è la sua flessibilità contrapposta alla rigidità dei modelli precedenti. Soprattutto, qui, non è necessario, come in Weber, considerare come fattori distorsivi l'agglomerazione ed il fattore lavoro poiché, qui, l'ottimo è funzione di tutti i fattori presi nel loro complesso.



Modello di W. Christaller (modello del terziario):


Siamo nel 1933, un tedesco W. Christaller che scrive "luoghi centrali nella Germania orientale", farà uno studio sui luoghi centrali della Baviera.

Il modello si occupa delle attività di servizio con una formulazione che, per molti, ne fa l'ideatore della geografia economica (per la prima volta si ha un geografo).

Egli studia la distribuzione spaziale delle attività di servizio che impone un'impostazione del problema della localizzazione delle attività (diversa distribuzione del fenomeno). Si segue un'approccio di equilibrio generale.

I luoghi centrali offrono servizi e beni e si analizzano le interrelazioni di attività di servizio fra loro omogenee e concorrenti.


Le ipotesi del modello sono:


è un ambiente isotropo e isomorfo;

la distribuzione della popolazione è uniforme cioè in ogni punto c'è una potenziale domanda di servizi;

razionalità dei soggetti (massimizzazione del profitto e minimizzazione costi di distanza);

il mercato è perfetto;

si offrono beni e servizi rari cioè che sono localizzati per cui mi devo muovere (i non rari sono, invece, quelli diffusi ovunque perché necessari alla sopravvivenza quotidiana).


Per ogni bene e servizio c'è una curva (che si agglomerano in alcuni luoghi):










Poiché io ho l'ipotesi che è un ambiente isotropo e isomorfo, sono legittimato a ruotare la curva completamente ottenendo così un cono di domanda la cui base è circolare (vedi fotocopie).


Bisogna considerare la portata di ogni bene e servizio cioè il raggio dell'area di mercato che rappresenta la distanza massima da cui il consumatore è disposto a viaggiare.

La soglia, invece, rappresenta il numero minimo di clienti potenziali affinché un certo bene e servizio venga offerto, mi dà il limite di economicità.


La portata, dice Tamagni, è superiore alla soglia di ciascun bene o servizio perché ciò corrisponde al criterio che le economie di scala superino i costi di trasporto e, quindi, perché ci sia agglomerazione. Questo, perché, in termini economici, la distanza corrisponde alla quantità minima di ciascun bene producibile in modo efficiente.


Poniamo, ad esempio, una soglia pari a 3.000: se ho 9.000 abitanti quanti punti di offerta dei beni o servizi ?

3, non ci possono essere insoddisfatti poiché per ipotesi il mercato è perfetto. Chi entra nel mercato si posiziona nei 3 punti e creano un extra-profitto e fa saltare il modello per questa ipotesi.


Gli intorni sono circolari poiché:


sono rappresentati dalla base del cono (motivo geometrico);

le condizioni di equivalenza della circonferenza che è il luogo dei punti equidistanti dal centro;

siamo in un l'ambiente isotropo e isomorfo.


Allora mi trovo una serie di località centrali sui mercati è accettabile questa situazione ? No perché mi lascia degli spazi che per l'ipotesi della concorrenza perfetta non ci possono essere: allora, i cerchi si sovrappongono e si vanno a creare degli esagono.


Christaller studia la razionale distribuzione nello spazio delle attività economiche.

I prodotti sono identici, quindi, c'è indifferenza tra i beni e servizi acquistati dalle diverse offerte (nella realtà questo non esiste), dunque, è un'ipotesi forte.


La curva di domanda fatta ruotare dà un cono con la base circolare.

Nella realtà, però, Christaller non parla di curva di domanda perché c'è un altro modello molto simile di un economista Loesh (anche lui della scuola di Iena) che è il vero formulatore della curva di domanda mentre Christaller si occupa piuttosto della proiezione territoriale.


Ne risulta la gerarchia orizzontale cioè nello spazio abbiamo una gerarchia di centri che da cerchi sono diventati esagoni poiché, per l'ipotesi della perfetta concorrenza, non ci possono essere spazi vuoti.

Essa prevede che i luoghi centrali si distribuiscono nello spazio con una certa gerarchia: più distanti quelli di gerarchia superiore, più vicini quelli di gerarchia inferiore.


Ecco perché, alla gerarchia orizzontale, si affianca, anche, la gerarchia verticale data dal fatto che non tutti i luoghi centrali offrono gli stessi beni (sappiamo che si tratta di beni e servizi rari), per cui si ha una gerarchia piramidale.


Alla base della piramide c'è il villaggio mercato che offre:


un ufficio postale;

la banca;

il presidio sanitario;

punti d'istruzione;

l'ufficio di polizia;

beni (che Christaller non precisa).


Il villaggio offre, quindi, quei servizi che non si usano quotidianamente e per cui si è disposti a spostarsi; l'area del villaggio mercato è di 4,5 Km cioè la distanza percorribile con un'ora di marcia a piedi.


Dopo Christaller non ci dà né misure, né la gamma dei servizi ma si limita ad elencare i luoghi successivi della gerarchia:


borgata amministrativa;

città sedi di circondario;

città sedi di distretto;

città sedi di mandamento;

capoluoghi di provincia;

capoluoghi di regione;

capitale.


La differenza tra i vari gradi è che ogni livello gerarchico superiore offre tutti i beni e servizi del livello precedente più qualcosa, fino alla capitale che offre tutti i beni e servizi disponibili nel sistema.


In sostanza, in termini di domanda, tutto ciò vuol dire che ogni livello ha un suo cono sempre più grande e che va a sovrapporsi a quelli di livello inferiore (vedi fotocopie).


Anche Loesh parla della gerarchia orizzontale ne "l'ordine spaziale in economia" (1945) che vuol mostrare come i differenti ordini delle gerarchie di offerta possono coesistere.


Entrambe arrivano ad un modello che tende a determinare il numero dei luoghi.

Si ha l'esigenza di razionalizzare l'ordine di esagono in base a certi principi, legati ad una corrente marginalista dell'economia, di distribuzione delle aree di mercato dove si segue il principio di minimizzare gli effetti negativi e massimizzare quelli positivi, arrivando, così, a formulare alcune ipotesi.

Christaller, quindi, ha un tessuto di esagoni che si è costruito, che copre tutto lo spazio, che razionalizza tramite costanti e cercando la minimizzazione dei costi.


Tali costanti sono dell'ordine di k = 3, 4, 7.


Abbiamo un tessuto di esagoni, uno spazio gerarchizzato che è una distribuzione logica della distribuzione di beni e servizi.


Se io voglio k = 3 affermo il principio del mercato cioè voglio minimizzare il movimento dei potenziali clienti creando un ordine spaziale più logico.

Come faccio ?

Ho una base di esagoni ed io mi creo un ulteriore tessuto sulla base precedente per razionalizzare un aspetto, il movimento.

Avrò: 1 + 1/6 = 3 cioè un luogo centrale più 1/3 degli adiacenti, quindi sarà 3 volte l'esagono precedente.


Si minimizza il movimento poiché all'interno dell'area di mercato ci sono centri di ordine superiore.


C'è un'altra ipotesi di k = 4 (vedi lucido), principio del traffico, composto da un esagono iniziale più ½ degli esagoni adiacenti.

Poiché si verifica una serie di localizzazioni di centri di diversa dimensione lungo una direttrice rettilinea privilegiata, tale ipotesi è studiata per mettere in correlazione il villaggio, alla città, al borgo: basterà costruire una strada per facilitare l'accesso ai beni e servizi di ordine superiore per i consumatori.


Nel caso di k = 7 Christaller ritiene che ogni 7 esagoni ci dovrebbe essere un luogo centrale che offre i servizi amministrativi.



Ad esempio nel caso di k = 4 (1+6/2): come sarebbe il nostro spazio ?

Saranno n località centrali dove avremo:


- 1 capitale

- 3 capoluoghi di regione;

- 9 capoluoghi di provincia;

- 27 città sedi di mandamento;

- 81 città sedi di distretto

- 243 città sedi di circondario

- 729 borgata amministrativa

- 2187 villaggi


e le aree di mercato saranno 1, 4, 13, 40, 121 ..


Christaller arriva a darci un'ipotesi di suddivisione dello spazio teorico ma razionale. C'è una forte rigidità anche perché le aree di mercato variano via via, ma anche la popolazione varia, secondo Christaller, secondo questa progressione (quindi in base alle soglie posso calcolare anche la popolazione).


Entrambe i modelli[1] presentano dei limiti:


Manca l'analisi dal lato della domanda del consumatore che per esempio non è legato al reddito o alla densità residenziali;

la funzione dei costi è indipendente dalla localizzazione, non considera per esempio il variare del costo del suolo urbano e nemmeno il variare della produttività dei fattori;

le diverse produzioni non presentano nessun meccanismo di interdipendenza, il quale diminuirebbe i costi;

non vengono, quindi, considerate né le economie di localizzazione né le economie di urbanizzazione che scaturiscono dall'interazione di settori connessi.


Rimane il merito a Christaller dell'esame delle relazioni di interdipendenza () ed il tentativo di razionalizzare l'offerta dei beni e servizi nello spazio in base a principi ordinatori.

Il riparatore di orologi avrà bisogno di una soglia alta, il meccanico molto meno (vedi dispense). E' un esempio di ragionamento semplificato che cerca di far capire un principio ( modello).



Modello di Hottelling:

(Modificato poi da Alonso)

C'è una spiaggia sabbiosa, quindi uniforme, (l'ambiente è isotropo e isomorfo) su cui sono distribuiti i bagnanti (potenziale domanda) uniformemente.

L'ipotesi è che ho un punto d'offerta (esempio un gelataio) che si piazza nel baricentro per favorire l'accessibilità a tutti.

Se, ora, ipotizzo di avere due gelatai (A e B), li piazzo nei quartili per una questione di equilibrio(vd. disegno).

Per definizione B prende la quota a destra, mentre A quella a sinistra e la quota intermedia si ripartisce a metà tra i due.

A e B sono costretti ad essere razionali, quindi, a massimizzare il profitto: allora A si muove al centro in modo da prendere tutta la quota alla sua sinistra e la metà dello spazio che a destra lo divide da B.

Ma a questo punto anche B si muove ed avremo vari spostamenti fino ad arrivare in una situazione in cui i due gelatai sono back to back ed in cui il mercato è diviso a metà senza che vi sia più la necessità di muoversi.

Ma è una posizione di equilibrio ?

Dal lato dell'offerta si, ma non dal lato della domanda perché per alcuni consumatori sarà aumentata la distanza.

Ma se è così, allora, il libero mercato non garantisce sempre l'equilibrio del mercato. Sarà necessario, allora, che vi sia un ente pubblico che rilascia la licenza per vendere in un certo punto della spiaggia (regima e localizza le licenze in funzione dell'equilibrio) oppure, si può lasciare il libero mercato ma si deve lasciare la possibilità ad altri gelatai di entrarvi.


T  L'equilibrio non è raggiunto spontaneamente.


Anche qui siamo in un modello di localizzazione territoriale del terziario.



Modello di Loesh:

In modo simile si muove Loesh che si domanda qual è la situazione più razionale per un trasporto che prevede la rottura di carico ovvero il cambiamento del mezzo di trasporto.

mare

 
Abbiamo una linea di costa, quindi un tratto di mare e, quindi, altra costa (vedi dispense).

razionalità

teorica

più facile

percorribilità


 

C111111

 

C211111

 
Dobbiamo trasportare un bene dal punto A al punto B, quindi, abbiamo bisogno di almeno 2 mezzi di trasporto che avranno costi diversi, con effetti distorsivi in quanto c'è contrasto tra la linea di più facile percorribilità e i suggerimenti della razionalità teorica che dicono di spostarsi in linea retta.

Si devono minimizzare i costi di trasporto: il costo di trasporto unitario f(a), via mare, è supposto più basso rispetto a f(b), via terra, che è supposto elevato.

Se teniamo conto del principio di omogeneità dei costi e di isotropia, si deve passare per C1, se, invece, si tiene conto del mezzo di trasporto più economico che uso per il maggiore tragitto dovrò passare per C2.


Loesh, invece, utilizza l'isomorfismo ed il principio fisico della rifrazione ottica attraverso il quale individua un terzo percorso possibile che passa per il punto che soddisfa la condizione:


f(a) sinb - f(a) sina


che è l'impatto migliore (= 0) per arrivare a B.

Lo stesso ragionamento si può fare, anche se, al posto del tratto di mare si avesse un ostacolo montuoso.

E' un esempio in cui mi trovo in un punto in equilibrio tra più scelte razionali cioè mi trovo in un modello neo-weberiano.


Modello di Gould (1969):

J. Gould, geografo, alla fine degli anni '60 vuol dimostrare che anche le società primitive possono adottare strategie legate alla teoria dei giochi.


I giocatori sono 2:

la natura: che comanda il gioco, è un giocatore vendicativo che vince sempre;

gli agricoltori della zona semiarida del Gana (Jantilla), nella fascia Sahariana, che cercano di minimizzare le perdite perché non possono prevedere la natura.


La natura ha due strategie:

piove (anni non asciutti);

non piove (anni asciutti).


Gli agricoltori hanno 5 strategie ovvero 5 diverse coltivazioni:

ignave;

cassava;

mais;

miglio;

riso di collina.


Ricordiamo che, nel modello di Gould, la natura ha due strategie, anni umidi e gli anni aridi, mentre gli agricoltori hanno le 5 strategie date dalle diverse colture.


Allora avremo:



Anni umidi

(capacità di godimento)

Anni asciutti

(capacità di godimento)

ignave



cassava



mais



miglio



riso di collina




Questo è un problema di razionalità di scelta:

anni asciutti

 











Riportiamoci in una condizione generale: abbiamo 2 giocatori A e B che hanno a disposizione 2 strategie. A vince sempre mentre B deve cercare di minimizzare le perdite.



B



Strategia 1

Strategia 2


Strategia 1



A

Strategia 2




Per il giocatore A la strategia migliore è la 1, mentre, per il giocatore B è la strategia 2.

5 è contemporaneamente il massimo di una colonna ed il minimo di una riga: è il punto di equilibrio o di sella del gioco.

Ogni qual volta ci troviamo di fronte ad una matrice 2 X 2, in cui esiste un risultato che è massimo di una colonna e minimo di una riga, le strategie dei due giocatori sono definite.


Torniamo a noi:



anni umidi

anni asciutti


anni umidi

anni asciutti

ignave



mais



mais



miglio









cassana



mais



mais



riso




Gli agricoltori razionali coltivano mais. Tra mais e riso non esiste un punto di equilibrio, quindi le due colture devono essere coltivate entrambe.

Le proporzioni saranno:


Mais: 61 - 49 = 12

Riso: 30 - 71 = 41/53    41/53 = 77,4 %

12/53 = 22,6 %


Gli agricoltori avranno in totale 54 unità di godimento utilizzando il territorio nelle proporzioni di coltura ricavate.

61 * 77,4 = 47,2

30 * 22,6 = 6,7/53,9


ho 54 qualunque sia la strategia della natura.

Con certi modelli ci si può svincolare dalla teoria deterministica.


Passiamo a modelli che risentono dell'impostazione gravitazionale newtoniana. La legge della gravità può essere applicata ai trasporti, alle dimensioni del mercato ecc. E quindi alle localizzazioni territoriali.


La legge di Reilly dice che "Il grado di attrazione GRUPPO esercitato dalla città su un punto M, tende ad essere proporzionale alla popolazione di A (Pa) e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra A e M".


Gam = k Pa / D2am


In modo analogico si può misurare l'interazione tra due città A e B:


Iab = Pa Pb / Dbab    b


Si può, poi, calcolare la concorrenza tra A e B nei confronti di un punto M, ovvero la possibilità che ci siano dei flussi di gravitazione tra A, B e M.


Gam / Gbm = Pa D2ab / Pb D2am


Esempio studio la localizzazione di un centro commerciale, come ad esempio quello di Campi, secondo il bacino di utenza.






Modelli di analisi spaziale:


Possono rispondere ad una serie di "leggi":


La "distanza" è un fattore fondamentale dell'ordinata distribuzione dell'attività umana.

Non esiste un solo concetto di distanza: è la proiezione territoriale, è una delle basi della geografia. Esiste la "distanza itineraria" Km, "geometrica" linee, punti, grafici, "geodetica" la terra ha la forma che si avvicina a quella di una sfera: la distanza geodetica misura la distanza sulla superficie curva della terra.

Non esiste una carta che rappresenti fedelmente la terra in quanto una carta geografica non rispetta mai insieme i principi di equidistanza, equivalenza ed isogonia.

Esiste, poi, la "distanza economica" la distanza tra a e B non è uguale a quella tra B e A se in mezzo c'è una montagna, la "distanza reddito", "valore del suolo", ecc.


Le scelte localizzative tendono ad eliminare gli effetti frizionali (i costi) della distanza.

Esempio le aree circolari di Christaller; minimizzazione dei costi di trasporto nel modello di Weber.


Le diverse ubicazioni che derivano dalle attività umane sono dotate di un diverso grado di accessibilità

Accessibilità: facilità di arrivare in un luogo, sarà dunque funzione del sistema di trasporto nonché della localizzazione geografica.


Le attività umane tendono ad agglomerare per usufruire delle economie di scala esterne.


L'organizzazione umana dello spazio ha carattere gerarchico, che è un mix tra accessibilità e agglomerazione: le località più accessibili sono quelle dove ci si agglomera.

Ad esempio pianure, aree costiere, altre zone privilegiate.


L'organizzazione regionale dello spazio ha carattere nodale.

E

 

d

 

c

 

b

 

a

 
Ovvero tende a costituire dei nodi ad esempio rete abcd: abcd sono nodi e si costituisce E, anche esso nodo.







Nel 1950 abbiamo la crisi della geografia e Paul Clavalle parla di "nouvelle géographie".

Molti apporti derivano dall'urbanistica, la sociologia e l'economia. Altri dalla statistica; tutto questo contribuisce, secondo Clavalle, a creare una nuova geografia ed a passare alla fase nomotetica.

Un primo approccio a questa nuova fase è dato dalla corrente funzionalista.


Il funzionalismo si esprime con la produzione di un vasto numero di teorie, ma anche, con l'introduzione della teoria dei sistemi.

Questo richiede l'interazione con altre scienze e conseguentemente la creazione di un campo comune di studio e d'influenza.


Regional science:

Fondatore ne è considerato W. Isard, è un campo interdisciplinare di ricerca che ha come oggetto di studio l'organizzazione territoriale.

Oggi prevalgono le impostazioni nomotetiche.

Nella regional science confluiscono solo gli studiosi che hanno gli strumenti logico-economici ad essa necessari.

La confluenza tra apporti esterni, evoluzione interna ecc. Porta all'evoluzione della geografia nel senso che adesso l'uomo può e deve intervenire sull'ambiente.


Geografia classica

Geografia funzionalista

Uniformità

Coesione tra gli elementi del territorio



paesaggio

spazio funzionale



regione umana

regione funzionale



Si deve completare la gamma degli strumenti di interpretazione della geografia.

Secondo la nouvelle géographie gli apporti sono interdisciplinari (ed avrò anche l'apporto della geografia classica).

Il paradigma rovesciato (uomo ambiente) non deve però far sparire l'ambiente, mentre prima non c'era praticamente l'uomo, ora si rischia di trascurare l'ambiente, se non considerarlo solo un supporto (determinismo quantitativo) poiché deve entrare nel gioco (sostenibilità).


Nel funzionalismo abbiamo, dunque, un'apporto di molte scienze, nuove metodologie, come principi teorici accentro la mia attenzione sulla coesione per cui ci saranno legami tra gli elementi.


Il funzionalismo si diversifica nelle varie scuole ed in Francia Juillard parla, a proposito del funzionalismo e di regione funzionale, di 2 matrici di organizzazione del territorio:

coesione;

centralità: fa riferimento al concetto di centralità Christalleriano.


Allora la regione funzionale è connotata da 3 elementi:

un'armatura urbana;

il gioco combinato di 2 fattori:

- il mercato

- l'accessibilità;

l'interdipendenza dei servizi (concetto di rete).


Il funzionalismo poggia su alcuni principi per cui ogni elemento produce degli effetti (nello spazio è come se partissero dei vettori) e ne subisce altri.

Da questo confronto emerge il campo delle sue funzioni in base alla forza dei vari elementi da cui nascono le regioni funzionali.

L'insieme degli elementi proprio per le interdipendenze (fattori duraturi) da cui è cementato si comporta come "struttura", cioè un tutto più o meno intensamente integrato.


Se portiamo questo concetto di filosofia funzionale all'analisi regionale, noi abbiamo la definizione di regione:


"La regione funzionale è un'area dominata da un centro di polarizzazione appartenente ad un elevato ordine gerarchico".


La regione funzionale, quindi, non può avere come polo un villaggio ma una capitale.


Un insieme è "un gruppo di elementi, non assunti per le loro interconnessioni ma per altri caratteri".


La struttura è "un insieme di elementi connessi da relazioni che si possono chiamare interdipendenze e interconnessioni (unità produttive, di consumo)".


L'infrastruttura è "tutto ciò che sta nella struttura, fra gli elementi della struttura per creare interconnessione (università, ospedali, camere di commercio)".


I 3 connotati fondamentali che si ottengono dalla definizione di regione funzionale sono:

polarizzazione: prodotto della dominazione esercitata da un insieme di elementi tra loro interconnessi sul territorio circostante. Si esprime attraverso fenomeni economici, flussi di persone e di merci, ma potrebbe essere anche polarizzazione sociale oppure rapporti secondo il paradigma centro (polo) periferia.

Proiezioni territoriali generabili da concentrazioni di strutture; possono essere:

- puntuali (su piccola scala) polo;

- assiali ad esempio lungo una via di comunicazione;

- areali.

Tanto più la polarizzazione è avanzata tanto più le interdipendenze tra gli elementi dell'organizzazione territoriale si intensificano sia all'interno della struttura sia tra la struttura e il territorio esterno.


Qui, dunque, i nostri confini sono frange, non sono ben definiti, dipendono dal tempo oltre che dallo spazio, dandoci conto però anche del ruolo attrattivo o no delle città ed è più reale studiare il ruolo delle imprese (è diverso dall'impostazione classica dove i confini erano uniformi).

Ma non ci si ferma qui poiché il paradigma continua a cambiare (siamo intorno al 1970):



ELEMENTARE





STADIO

SINTAGMATICO







SISTEMICO




) Questo è lo stadio dello schema genetico.

S) Non ci fermiamo alla struttura poiché è un concetto statico, mentre la studiamo è già cambiata, è una visione storica. Allora si cambia di nuovo paradigma e si va verso l'analisi dei sistemi

) Orientamento cioè dove va il mio processo.

Il processo è "una struttura in trasformazione cioè in movimento vedendola nella sua chiave olistica, cioè del tutto, è sempre la stessa struttura che nella variabile tempo assume posizioni diverse".


Arrivare a capire il sistema vuol dire capire la realtà; il passaggio di paradigma ci permette, almeno sul piano teorico, di capire la realtà.



LA TEORIA SISTEMICA:


Ci rendiamo conto che la struttura non può essere sede finale del nostro pensiero teorico perché è un concetto statico.

Le carenze della visione funzionalista richiedono il passaggio a spettri interpretativi più ampi che ci vengono dati da un nuovo paradigma che si fa strada alla fine degli anni '60: una nuova idea di regione intesa come sistema spaziale aperto.


Quindi, questa nuova concezione di regione è prodotta da nuovi innesti sul pensiero geografico già modificato.

Von Bertolanfly (Austria), uno studioso del pensiero sistemico, ha scritto "teoria generale dei sistemi". Per lui il pensiero sistemico costituisce un nuovo paradigma perché ha modificato il clima intellettuale precedente ed ha dunque una carica innovativa.


Il problema che si pone è di semplificare per cui si può parlare, in termini sistemici, di natura del sistema:


reale cioè che appartiene al mondo naturale e umano e, quindi, alle intersezioni tra scienze naturali ed umane;

concettuali cioè che danno luogo alla formulazione di teorie o addirittura edificazione di interi ti (edifici) scientifici come ad esempio la matematica.


Entrambe sono in contraddizione con il principio di causalità assunto dalla scienza classica, quindi il pensiero sistemico è frutto di un'interpretazione più complessa.

Sono dotati di filtri interpretativi complessi, quindi, non unidirezionali ma di relazioni retroagenti provocando, così, il rifiuto delle posizioni deterministiche.


Allora ci si può domandare: se è così eliminiamo ogni elemento meccanicistico nelle teorie sistemiche ?

No tuttavia un po' rimane perché si possono innestare nella tipologia sistemica fasi di pensiero diverse che in qualche misura meccanicistiche lo sono. Ad esempio possiamo pensare che un sistema terziarizzato sia più efficiente e innovativo di un sistema agricolo; questa è una forma di pensiero meccanicistica.

Interessante, poi, è, che l'oggetto del nostro interesse, per quanto riguarda l'assetto del territorio, è trasferito a processi di varia natura che influiscono sulle relazioni tra i soggetti.

Quindi, una struttura che si muove e di cui dobbiamo considerare il dinamismo e le trasformazioni.


Quando consideriamo la struttura, questa è un'idea olistica che è vicina al paradigma centro-periferia. Ma è fino ad un certo punto questo poiché deve essere un'idea olistica di totalità parziale: il nostro oggetto di studio è un tutto ma sarà sempre una parte di un sistema più grande (fino ad arrivare all'universo).

Allora vuol dire che i nostri sistemi devono essere aperti se sono parte di un tutto altrimenti non possono, in alcuni casi, neppure esistere.


Definiamo il sistema (Raymond, Raçine) come "un insieme di elementi connessi ciberneticamente in strutture successive opponentesi all'entropia, quindi alla degradazione del sistema".


Questi elementi hanno un comportamento negativo-entropico.


Definiamo la regione sistemica come "un insieme di elementi umani e fisici interconnessi e mossi da uno stesso processo il quale è aperto alle relazioni esterne e si oppone a comportamenti degradativi".


Le interdipendenza del sistema creano un effetto che abbiamo già trovato nel funzionalismo: la coesione.

Nel linguaggio sistemico viene, però, dato un approfondimento di tale concetto.


Nel linguaggio regionale la coesione si esprime su due livelli:


se la regione è un sistema spaziale, ne consegue che gli elementi che compongono la struttura risentono di sollecitazioni dello stesso ordine che si proano sincronicamente. Strutture diverse danno risposte diverse a determinati avvenimenti: se c'è coesione, la struttura dà tutta la stessa risposta a determinate sollecitazioni esterne (esempio variazioni di mercato).

L'organizzazione del sistema dipende sia dalla struttura già esistente sia dalle sollecitazioni esogene ed endogene cui essa è sottoposta e dalle risposte che fornisce.


T  La regione è un sistema aperto.


In un sistema aperto, un medesimo stato finale (ogni struttura è uno stato istantaneo), può essere raggiunto in diversi modi e a partire da diverse condizioni iniziali, mentre in un sistema chiuso lo stato finale è inequivocabilmente determinato dalle condizioni iniziali.

Questo principio dell'analisi dei sistemi si dice: principio di equifinalità.


Il problema delle previsioni che non siano a breve termine è di difficile soluzione in quanto c'è una certa difficoltà a capire l'orientamento del processo.

Se il sistema è chiuso, sulla base dello stato iniziale si può prevedere lo stato finale esempio evoluzione numerica della popolazione nei modelli demografici.


Questo principio mette, inoltre, a fuoco il modo in cui le condizioni di partenza e le sollecitazioni esterne dettano gli itinerari di trasformazione del sistema che si risolvono in una successione di strutture. Ecco, quindi, l'importanza conoscitiva della struttura, la cui conoscenza, non può essere trascurata se si vuole comprendere l'evoluzione del sistema nei suoi stati di trasformazione.


Ogni stato l'organizzativo del sistema è contraddistinto da un certo livello di interazione tra gli elementi. Esso fa si che un sistema, non sia una semplice somma di parti, ma sia maggiore delle parti.

Questo apparente paradosso significa che le caratteristiche costitutive del sistema non sono spiegabili a partire dalle caratteristiche delle parti isolate, per tanto le caratteristiche del complesso, se vengono confrontate con quelle degli elementi costitutivi risultano "nuove" o "emergenti": il sistema esprime appunto una sinergia.


La sinergia spiega:


come lo schema genetico non riuscisse a leggere il sistema, limitandosi alla considerazione delle sue parti e ignorando la sua complessità;

come ogni gruppo (es., brainshorming, squadre sportive ecc.) riesca a dare risultati superiori solo quando la cooperazione tra i membri riesce a dare come risultato qualcosa che è superiore alla semplice somma degli elementi, si deve tener conto delle sinergie.


Roger Brunet, francese che ha fondato a Tolosa la Maison de la géographie, parla di "sollecitazione" del sistema.

Ne esistono varie categorie:


Risorse locali: costituiscono le potenzialità naturali di una regione come le risorse minerarie, la conformazione morfologica;

forze di lavoro: non la popolazione ma una quota di essa, rappresenta una sollecitazione al sistema. Costituiscono di per sé un sistema aperto, possono aumentare in virtù d'immigrazione e diminuire a seguito di emigrazione (componenti dinamiche). Anche la ricerca scientifica è una sollecitazione al sistema;

capitali: che circolano nel sistema, che possono essere da esso autoprodotti o provenire da fuori. I capitali vanno letti secondo Brunet come flussi d'energia che possono combinarsi con altri flussi di energia (visti prima) e ravvivare o meno il sistema;

informazione: da essa derivano le sollecitazioni più importanti del sistema. Dalla qualità e dall'intensità dei flussi d'informazione e dalla velocità di diffusione dei flussi dipende il livello d'impiego delle altre forme d'energia, nonché il livello d'interdipendenza tra gli elementi del sistema, questa considerazione è vicina a quella degli autori che parlano di "infocosmo" ovvero del mondo di diffusione delle informazioni.


"Permeabilità sociale": l'acquisizione della conoscenza, così come dell'informazione, presuppone che esista un livello di ricettività da parte di coloro ai quali essa è indirizzata.


"Pervasività": facilità di percorrere il sistema all'interno da parte ad esempio di una nuova tecnologia. Se non c'è permeabilità sociale il sistema non è neanche pervasivo, perché in esso non c'è ricettibilità a ciò che in esso viene introdotto. La mancata permeabilità può anche dipendere da assunti culturali.


Entropia: ne esistono 3 versioni:


fisica: leggi della termodinamica;

statistica: regole di Boltzmann, in termini probabilistici è utile quando si mettono a confronto fenomeni di concentrazione e diffusione.


H = S p1 ln pi    0 p1


H = 0 massima concentrazione

H = lnn massima dispersione (ogni abitante vive da solo in una località diversa)


sociale: misura il grado di disordine, la degradazione, del sistema.


In un sistema chiuso l'entropia tende a crescere seguendo l'equazione di Claussius (ovvero in modo esponenziale dN > =).


In un sistema aperto, invece, la funzione di entropia non è necessariamente crescente, può essere, anche, stabile o addirittura decrescente.

Questo perché, tale funzione, è composta da:


processi irreversibili interni (2);

ingressi di energia dall'esterno (1).


dH = d H + d H


se il sistema ha un comportamento negativo entropico, l'entropia indotta dai processi degradativi interni viene corretta dall'ingresso di nuovi flussi energetici.

Se il sistema è chiuso esso è destinato a finire a causa della crescente entropia.

Non esistono sistemi chiusi nelle scienze sociali: un sistema legato alle attività umane avrà sempre un certo grado di l'organizzazione che contrasta con il degrado interno. Se una struttura è "organizzata", vuol dire che l'entropia in essa è bassa o inesistente.

Essere aperto per un sistema è una sfida perché significa che esso deve rispondere alle sollecitazioni esterne.


Il processo, che si esprime spesso attraverso la competizione tra i gruppi di elementi che compongono la struttura, può essere:


selvaggio: non è prevedibile nel suo itinerare poiché arrivano su di esso sollecitazioni imprevedibili (es. 73);

regolare: è ragionevolmente prevedibile.



Il processo selvaggio e regolare è composto da certi elementi tra loro organizzati.


La teoria generale dei sistemi:

l'analisi dei sistemi ha formulato dei principi molto generali ed alcuni sentieri di interpretazione ed indagine.


Uno di essi considera le coordinate di relazioni che si distinguono in:

verticali che riguardano le relazioni che avvengono tra elementi assunti al di fuori della loro distribuzione spaziale, per esempio meccanismi sociali all'interno del sistema;

orizzontali che riguardano le relazioni spaziali specificatamente tra elementi del sistema (interne) ma, anche, tra il sistema ed altri spazi sistemici (esterne) e si traducono in flussi.


In genere, nella realtà, le relazioni verticali ed orizzontali sono inscindibili; sono come due fasce di coordinate tra loro correlate che noi, invece, scindiamo per poterle leggere.

Quindi, mentre per studio si parla di processi spaziali e sociali nella realtà ho dei processi socio-spaziali e per questo ho difficoltà a leggere la realtà che è di per sé complessa.


Complessità: "coopresenza di fenomeni di segno e natura diversi", per esempio fenomeni vecchi e nuovi coopresenti.


I nostri sistemi sono aperti, complessi, in movimento.

Gli impulsi si trasformano in relazioni sistemiche che possono essere dei seguenti tipi:

relazioni in serie: tipico di certe filiere tra i vari elementi cioè gli elementi sono correlati tra di loro da relazioni;




relazioni in parallelo: gli effetti si ripartiscono su due altri aj a valle e dopo posso ripartire con relazioni in serie o in parallelo;






relazioni retroagenti: sono le più interessanti perché funzionano in modo tale che l'impulso arriva all'elemento che lo manda ad un altro a valle ma in parte ritorna indietro, aumentato o diminuito. E' tipico dei fenomeni che si autoalimentano come l'inflazione, il comportamento individuale.





Il processo, spesso, si esprime attraverso la competizione tra i gruppi di elementi che compongono la struttura, oppure attraverso veri e propri conflitti per l'uso delle risorse come, ad esempio, la competizione tra grandi e piccole imprese per la quota di mercato.

Quindi, altro elemento da ritenere è che quando c'è struttura, questa, viene anche dalla competizione degli elementi (dalla fisica) che rappresenta una delle componenti di omogeneità, nonostante tutto.


In questi casi è importante interpretare l'incidenza di una parte rispetto al tutto; questi comportamenti che esulano dall'idea olistica sono interpretati rispetto all'equazione allometrica (diversità di comportamento) che individua le relazione tra accrescimento della parte e crescita (fenomeni evolutivi) del tutto a cui essa appartiene.


Individuata in biologia ci dice che y è la dimensione della parte cioè del sottoinsieme di elementi mentre x è la dimensione del tutto ed assume questa forma:


y = bxa T y = log b + a log x


a mi dà la misura dell'allometria:


- se a y e x crescono in egual misura;

- se a > 1    y cresce più di x;

- se a < 1    y cresce meno di x.


Da qui si può partire per interpretare l'organizzazione del territorio sul piano ideologico, il che vuol dire, assumere che le parti di un sistema possono entrare in conflitto reciproco: l'allometria misura questo conflitto.


Quanto appena detto è in conflitto con la definizione di sistema: come fanno ad essere in coesione e confliggere ?

Questo dipende dalla complessità.


Von Bertolanfly sostiene che, secondo la filosofia dei sistemi, ogni totalità si fonda sulla competizione degli elementi e presuppone la lotta delle parti.

Questo deriva dalla biologia e dalla fisica dove l'osservazione dimostra che c'è lotta nel sistema, e da questo, si traggono utilità.

In ogni sistema organizzato si verifica la cosiddetta "coincidentia oppositorum" cioè un comportamenti di segno diverso, qualche volta opposto, ci danno la coesione.


Possiamo ipotizzare che il sistema percorra itinerari involutivi ? Si


Allora, lo stato istantaneo del sistema è contraddistinto da un certo livello di interconnessione tra gli elementi quanto più è elevato tanto più il sistema produce una sinergia cioè energia superiore a quella producibile dalle singole parti considerate isolatamente; in questo caso, l'entropia, presumibilmente è bassa.


Se il livello di interdipendenza tra gli elementi è debole o si rallenta per una qualsiasi sollecitazione, l'entropia crescerà; quando il sistema riceve delle sollecitazioni è possibile che non vi siano delle reazioni globali ma distinte (gruppi di elementi o singoli elementi) e, di conseguenza, si contragga il livello di interrelazione. Si dice, allora, che il sistema procede verso una segregazione progressiva cioè si allontana dalla "globalità" e assomiglia sempre più ad una semplice somma di parti.


C'è un altro fenomeno nel sistema ed è il fenomeno della centralizzazione progressiva. Si deve partire dagli scenari ed abbiamo la competizione, tra gli elementi del struttura, che incide sulla posizione che essi hanno l'uno verso l'altro. Essa produce il rafforzamento di taluni elementi che assumono peso crescente rispetto ai restanti.

Il sistema, quindi, risente sempre più intensamente del comportamento di un gruppo sempre più ristretto di elementi che assumono veste di protagonisti, ad esempio nel fordismo le industrie di base, oggi il settore dell'alta tecnologia e del terziario avanzato.


Come si manifesta ?

Attraverso l'individualizzazione del sistema cioè alcuni elementi assumono la cosiddetta funzione pilota per l'intero sistema relegando gli altri a funzioni subordinate (elementi pivot).

Ad esempio, Torino ha avuto nella FIAT, cioè nell'industria dell'auto, l'elemento pivot, poiché, tutto il resto contava poco.

Adesso che l'industria dell'auto è sempre più decentrata cominciano a dibattere il ruolo del capoluogo verificandosi un cambiamento della funzione pilota verso il turismo.


Se spostiamo l'obiettivo dalla relazione tra gli elementi sul sistema in sé per sé possiamo cercare di capire l'orientamento del sistema: escludiamo i sistemi destinati a disaggrupparsi a causa di una crescita dell'entropia ma consideriamo i sistemi progressivi.


1° caso: in cui i sistemi si avvalgono di risorse considerevoli e non soffrono condizionamenti: crescita in presenza di risorse illimitate (possibile in alcuni periodi storici):


Ad esempio il processo demografico di alcuni paesi come il Brasile o l'India.







2° caso: il sistema che si muove in termini di risorse limitate. Si parla di una funzione che semplifica il comportamento del sistema, la funzione logistica:

Interessanti i punti di flesso in cui la funzione cambia inclinazione.


Si avranno, così, 3 sezioni:

- 1 iniziale di crescita eccellente

1 intermedia che contiene il punto di flesso

1 finale dove la crescita è decelerata






Si possono ripartire i sistemi il 3 tipologie:


stazionari;

evoluzionari;

rivoluzionari.


Il sistema può essere:


stazionario: in questo stato del sistema la regione manifesta una tendenza all'equilibrio sia tra i modelli organizzativi, di cui si avvale, e le risorse su cui può contare, sia nelle relazioni interregionali;


evoluzionario: le catene di interdipendenze tra gli elementi provocano la crescita del sistema: è uno stato rappresentato dalla sezione inferiore della curva logistica;


rivoluzionario: un insieme di eventi produce sequenze di sollecitazioni: i meccanismi regionali sono messi in crisi (devono reagire è il punto di flesso della curva) e sollecitati ad adeguarsi a nuove condizioni (fordismo-postfordismo) in modo da imprimere un altro orientamento al sistema (parte superiore della curva.


Questa considerazione ci induce a distinguere in termini sistemici:


la crescita che contraddistingue le fasi del processo in cui non vi sono mutamenti di struttura, cioè non cambia la natura delle interdipendenze che connettono gli elementi del sistema;

dallo sviluppo che è presente quando intervengono sollecitazioni di vario tipo e provenienza, trasformazioni nella struttura del sistema.


Lo sviluppo è riferibile, quindi, solo alle regioni che attraversano fasi rivoluzionarie mentre la crescita è tipica di quelle evoluzionarie.


Se parlassimo del futuro del modello toscano si deve parlare di crescita più che di sviluppo che sarebbe improprio in quanto dovrei cambiare tutto.


Schema dei tipi di relazioni dominanti:



Relazioni retroagenti


Processi

stabili[2]

conservativo

amplificazione di quelle positive

evoluzionario

crisi ed innesco di nuove relazioni


rivoluzionario







FATTORI DI LOCALIZZAZIONE TRADIZIONALI

O MEGLIO APPROCCIO TRADIZIONALE DELLA GEOGRAFIA ALLA LOCALIZZAZIONE:


Guardiamo cosa facevano i geografi mentre gli altri mentre gli altri usavano i modelli (vedi parte finale della prima parte dei lucidi).

Nel campo della localizzazione dell'industria , mentre Weber e gli altri davano dei modelli, i geografi facevano degli elenchi di fattori (esempio il Toschi).


Gli esempi riportati nelle dispense riguardano un primo elenco fatto tra le due guerre e gli anni '50 (la geografia si trova ancor in una fase descrittiva), un altro fatto negli anni '70 facente parte di una ricerca statunitense ed infine una ricerca sull'area fiorentina di pochi anni fa. Questi esempio servono per dare un'idea dei fattori di localizzazione.


Tradizionalmente ho una classificazione dei fattori di localizzazione come segue:


Fattori naturali: ad esempio le acque perché sono utili come materia prima, fonte di energia, di scarico nel processo produttivo.

Il processo storico dipende molto dai fattori naturali.

Altro fattore è il clima che è un ostacolo o un incentivo per la localizzazione, le condizioni del suolo.

Si può dire che rispunta il fattore naturale in modo più moderno con le "amenities", le condizioni ambientali più favorevoli, che troviamo soprattutto nel terziario.


Fattori tecnici: acqua come fonte di energia; essi riprendono dai fattori naturali; i trasporti e qui le nuove tecnologie fanno si che essi pesino meno.


Fattori demografici: legati alla popolazione come forza lavoro, il mercato, la qualità e consistenza dal punto di vista socio-economico.


Fattori culturali: "cultura" vista come atteggiamento della popolazione.


Fattori storico-culturali: specializzazione che deriva da antiche tradizioni artigianali, quando c'è già una tale cultura risparmio per l'agglomerazione.


Fattori economici: terra, capitale e lavoro (cioè i fattori di produzione), l'informazione manageriale, le capacità innovative.


Fattori psicosociali: (generali), la governance del sistema locale dove vi rientrano tutti gli attori. Io imprenditore preferisco il varesotto alla Garfagnana perché lì l'impresa è più impregnata di governance innovativa, e questo si traduce, poi, per l'imprenditore in risparmi di costo ad esempio perché la governance prende le decisioni velocemente.

Decisioni extra-economiche prese in base alle condizioni di vita nel sistema locale.


Fattori politici: hanno un peso crescente. L'obiettivo politico generale dovrebbe essere di riequilibrare le situazioni attraverso incentivi, tramite un'organizzazione del territorio forte da parte delle governance locali (sgravi fiscali).

In essi perdono importanza quelli strategici in senso militare che a lungo sono stati molto influenti nelle decisioni di localizzazione come ad esempio per la siderurgia di Terni.


Considerazioni su 3 fattori spaziali:


Terra: abbiamo già detto dell'accessibilità: le industrie vanno in pianura, nel luoghi meno fertili dove il terreno all'inizio costa meno. La fisicità della terra ha perso importanza, mentre, ne ha acquisita il territorio (le sue qualità).

Oggi con la preoccupazione dello sviluppo sostenibile il fattore terra come fattore limitativo torna poiché, alcune industrie, non possono essere localizzate in un posto poiché inquinano.


Capitale: è un fattore mobile ed aspaziale (teoria di mercato) ma dal nostro punto di vista non è così, dobbiamo distinguere la componente tecnica per la quale , il capitale, è ubicato dove vanno a posizionarsi gli investimenti.

Tutti gli investimenti ad alta intensità di capitale vedono concentrarsi il capitale (sua ubicazione).

Inoltre, il capitale finanziario è selettivo anch'esso, è mobile ma si distingue, di solito, dove lo sviluppo è consolidato.


Il capitale, dunque, per queste condizioni non è uguale ovunque perché è legato alle condizioni locali (remunerazione, fattore rischio) quindi non è del tutto mobile ed aspaziale.

Inoltre, le strutture finanziarie (sportelli bancari, istituti) a cui è affidata la mobilità del capitale sono per loro natura ubicate.


Lavoro: oggi non è ubicato come in Weber in quanto la mobilità del lavoro è enormemente cresciuta e il fattore lavoro si può dire che è il fattore più distribuito nello spazio.

Nelle teorie economiche neo-classiche è connotato dal suo prezzo, quindi, prescinde dal contesto sociale.

Noi, invece, diciamo che è un fattore radicato nella società, quindi, il suo costo è un fattore diversamente distribuito nel territorio. Il lavoratore porta con sé uno spessore culturale che è radicato, che si trova in certi contesti e non in altri.

Allora si dice che il lavoro è:


- spazialmente diversificato;

- socialmente radicato (questo non vuol dire che non sia mobile).


Naturalmente prescindendo da un ragionamento etico, sociale la disoccupazione non è solo perdita di reddito ma anche del proprio ruolo sociale.


Si può distinguere, in base al fattore lavoro, tra sistemi in cui la localizzazione è riferibile a bassi costi di mano d'opera e paesi in cui, di più antica industrializzazione anche avanzati tecnologicamente, dove è richiesta qualificazione, specializzazione del lavoro.



Fattore lavoro: i lavoratori sono i prodotti più della società che dell'industria, quindi, dobbiamo dire, che c'è una cultura regionale del lavoro che dà luogo a differenziali stabili dell'offerta di lavoro in termini di capacità, autonomia, creatività e che naturalmente si traducono, anche, in differenziali salariali soprattutto nel settore privato.


Dal lato della domanda possiamo riscontrare nel fattore lavoro diverse rigidità:


Spesso ci si basa per esempio sull'esperienza acquisita (learning by doing).


La segmentazione che da questo punto di vista può essere fondata, per esempio, sul "controllo": preferenza/avversione verso il lavoro femminile che si basa su certi parametri e stereotipi; preferenza per alcuni diplomi o lauree, considerare il voto di laurea. Questo determina una chiusura della domanda di lavoro, spesso, senza una base.


Il dualismo: le diverse condizioni di lavoro che si riscontrano nelle grandi e piccole imprese, il diverso grado di protezione sociale a parità di contratto.


L'innovazione, specialmente informatica e telematica, che tende a ridurre la specificità del lavoro che viene banalizzato.

Entrambe sono innovative ma favoriscono la sostituibilità di un lavoratore con un altro e banalizzano la creatività per cui è più facile la sostituzione.


Le caratteristiche di ciascun to (commercio e produzione) rispetto alla sua tradizionalità o innovatività. Per esempio il to chimico è più innovativo del tessile.

Le branche innovative e tradizionali creano un insieme di mercati locali del lavoro.


Processi di localizzazione dal punto di vista dei fattori territoriali su un versante tradizionale, dopo ci attaccheremo il ragionamento sulla nuova territorialità.


Ci sono vari approcci:


Approcci comportamentistici: sottolineano le modalità in cui le imprese e gli individui influenzano la localizzazione.


Si possono dividere in 2 gruppi:


- il primo raccoglie dati sulle caratteristiche delle singole imprese o imprenditori e li collega al loro comportamento per spiegarli, ad esempio le imprese dell'area fiorentina;

- il secondo si concentra sui fattori che influenzano le decisioni e le loro modalità.


Approcci neoclassici: derivano, almeno in parte, dai modelli e dalle ricerche dell'economia neoclassica e danno delle spiegazioni "complessive" cioè valide per tutto il to.

Ad esempio le economie di agglomerazione, per cui certe industrie di base si localizzano in base ad esse.

Entrambe questi due approcci utilizzano una metodologia di verifica delle ipotesi per stabilire dei principi generali.


Approcci strutturalisti: adottano un punto di vista olistico cioè le spiegazioni del cambiamento di localizzazione o della localizzazione iniziale vengono ricercate nella struttura del sistema, nella società in cui l'impresa opera.

Indaga sui processi di cambiamento, ad esempio fordismo, post-fordismo che hanno diverse logiche di localizzazione.




Comunque, il processo di localizzazione appare come un processo di selezione di notevole complessità.

Ogni impresa sceglie "contemporaneamente" la tecnologia e la localizzazione, cercando, quindi, i tipi di lavoro necessari, al minor costo o al minor bilancio costo/produttività.


Da questo punto di vista un ambiente che si propone spesso come ambiente ricettivo è la città che si propone soprattutto come luogo funzionalmente più adatto ad espletare il controllo sulla distribuzione territoriale ed economica del reddito, cioè ci dà quello scenario urbano di servizi, infrastrutture ecc.


A questo proposito nella città la merce più diffusa è l'informazione dove la circolazione è facilitata.

Allora, del fattore informazione, dobbiamo considerarne la strategicità: si può tipizzare l'informazione ?


Ho 3 tipi d'informazione:


informazione tecnologica che garantisce un flusso di progresso tecnico, delle innovazioni che devono arrivare all'impresa, qualunque essa sia, affinché possa sopravvivere;

informazione di mercato

informazione strategica che garantisce il controllo sul processo produttivo.


Il fattore informazione è soggetto a rapida obsolescenza, quindi, va rapidamente scambiata ed utilizzata.

Già i Medici vendevano informazioni su come andavano i raccolti o i mercati quando garantivano delle merci ad una certa fiera. Già nel '300 Firenze aveva, quindi, una rete di informatori dal Baltico ai centri carovanieri come Timbuktu.




Altre considerazioni sulla localizzazione:


La tradizione "classica" ha introdotto lo spazio nell'analisi dell'equilibrio economico complessivo d'impresa, come distanza fisica e come costo che si deve affrontare (Thunen, Weber).

Questi modelli classici minimizzano i costi come obiettivo strategico d'impresa. Questa impostazione è superata in un contesto volutamente formale ed astratto in cui l'enfasi è sui costi di trasporto, che hanno via via subito una drastica riduzione e perso, così, importanza; tanto che oggi studi empirici li collocano intorno al 2-3% dei costi complessivi.


Tuttavia questi costi tornano in evidenza quando si parla di costi di distribuzione a distanza (esempio door to door), rapidità e sicurezza nella consegna, quando si hanno delle facilità di comunicazione in termini ad esempio di subappaltatura e poi tendono a rientrarvi tutti i casi in cui si rivaluta il face to face.


Dunque i costi di trasporto tendono a determinare l'agglomerazione delle produzioni urbane ma non hanno più la valenza di un tempo.


La tradizione geoeconomica ha potuto dimostrare la sempre minore influenza dei costi di trasporto e dei differenziali salariali (per i prodotti nuovi o tecnologicamente avanzati) nelle decisioni localizzative.

Per quanto riguarda il lavoro ha evidenziato, invece, la disponibilità, la qualificazione, la produttività, la sindacalizzazione ecc. della mano d'opera.

Quest'analisi dice che il costo del lavoro non è così importante per la localizzazione dei prodotti.


Ha messo in luce rapporti di dominanza/dipendenza (contesto di derivazione marxista); i rapporti di potere che si instaurano ai vari livelli territoriali, connessi a meccanismi di divisione spaziale del lavoro di tipo gerarchico.

Questa impostazione ha dato contributi per dare una spiegazione sulla distribuzione mondiale del lavoro.


I processi di localizzazione di cui abbiamo parlato si occupano della localizzazione esplicita. Secondo taluni autori le imprese che effettuano una scelta di localizzazione esplicita sono una minoranza.


Si parla di localizzazione esplicita quando si parla di una rilocalizzazione cioè del trasferimento da un luogo ad un altro, si ha , invece la localizzazione implicita quando si parla della nascita dell'impresa.


La localizzazione della maggior parte delle imprese avviene attraverso la natalità delle imprese stesse cioè attraverso una decisione implicita legata a molti fattori tra cui il luogo d'incubazione dell'impresa che può coincidere con quello di residenza o al luogo in cui l'imprenditore lavora. Incubator per eccellenza è l'area urbana.


Siamo partiti considerando degli elenchi di fattori di localizzazione e poi abbiamo visto alcuni approcci di localizzazione.


Continuando, ieri, abbiamo detto che alcuni fattori di localizzazione come il costo di trasporto hanno perso importanza relativa tranne in alcuni casi particolari (tempestività nella consegna).

Sul costo del lavoro si era, poi, notato come ci sono dei mutamenti dei fattori di localizzazione che accentuano o diminuiscono il fattore lavoro.


Altri fattori che pesano sulla localizzazione sono tanti.


L'impresa ha altri obiettivi, tipicamente aziendali, che scaturiscono dalla separazione tra proprietà e management che porta a scomporre i vecchi fattori di localizzazione come ad esempio il fatto che l'imprenditore si localizza nell'ambito tradizionale della residenza.

Questa dicotomia porta a considerare fattori diversi dalla residenza.


Altra cosa che cambia è che, per esempio, in molti casi, aumentano le dimensioni d'azienda è la rilocalizzazione dipende dall'acquisto di nuove quote di mercato per cui i costi passano in secondo piano rispetto alla quota di mercato (per cui i processi di localizzazione vengono distorti).


Il controllo della concorrenza mediante processi tecnologici avanzati o prodotti innovativi richiede scelte localizzative diverse da quelle opportune con i normali fattori di localizzazione.


Il controllo in un settore o di una parte rilevante di esso attraverso l'acquisizione di altre imprese non solo attraverso la fusione come ad esempio il caso del Stato. Paolo che è entrato nella Cassa di Risparmio).

Decisioni strategiche in funzione delle aspettative del mercato, elementi che in qualche misura influenzano i processi localizzativi nella loro linearità, almeno apparentemente, per cui accetto di fare una decisione di rischio.

L'evidenza empirica di queste situazioni trasforma e rende meno significative, meno esplicative le capacità dei modelli marginalisti basati su differenziali, sulle minimizzazioni.


Con questa condizione che la realtà è più complessa, facciamo altre considerazioni riprendendo i fattori di localizzazione più importanti.


Sul mercato del lavoro: abbiamo detto che il livello salariale è rilevante, decisivo se si tratta di un settore maturo; produttività; disponibilità; mano d'opera comune e specializzata e molte volte dipende anche da strozzature della domanda.

Il Veneto ha fatto molti gemellaggi con le imprese pugliesi per la disponibilità di mano d'opera sia comune che specializzata (learning by doing, by searcing).

Il grado di sindacalizzazione era in passato una componente di costo per le imprese perché il sindacato imponeva determinati comportamenti, per cui, in USA si parlava di Runaway shop cioè del trasferimento da uno stato all'altro delle imprese per evitare la sindacalizzazione e l'applicazione delle leggi in materia di lavoro.


Il sindacato forte era visto come un fattore di costo e, ad esempio, l'Alfa Romeo va nel napoletano poiché Arese era troppo sindacalizzato.

Ma, anche, lo spezzettamento o l'assenza del sindacato per l'impresa può essere oggetto di costo (e di localizzazione) come ad esempio nelle FFSS o negli aeroporti poiché, a volte, basta un sindacato in sciopero per arrestare tutto lo scalo.


I costi del lavoro, naturalmente, esercitano una spinta localizzativa in proporzione all'incidenza sui costi totali calcolata attraverso questo indice:


OPLKi = (ti k/ti)


(quota lavoratori specializzati / totale forza lavoro)


OPL = (Wi/Yi)


Dove:

OPL: è l'orientamento al lavoro

Wi: salari

Yi: valore aggiunto



Il lavoro è frutto della società non tanto della fabbrica e sarà guidato dalle tradizioni locali.


Il radicamento del fattore lavoro ci richiama al concetto di mercato del lavoro locale cioè un'area misurata dalla distanza coperta dagli spostamenti dei pendolari rispetto all'area nella quale è collocata l'impresa, in sostanza è il percorso residenza-lavoro.


E' alla base di alcune localizzazioni, per esempio, in Toscana sono nati i cosiddetti SEL (sistemi economici locali).

Questo principio è stato un elemento importante per la zonizzazione. La Toscana è stata divisa da un ente regionale, l'IRPET (Istituto regionale di programmazione economica in Toscana), in sel sulla base di questi flussi.

Lo stesso è stato fatto in UK, dove le SEL si chiamano TTW cioè travel to work.

Negli USA sono usate aree statistiche standard (spostamento casa-lavoro) e sono più grandi che in Italia poiché hanno dei servizi pubblici più efficienti rispetto ai nostri.


La grande impresa, soprattutto le multinazionali che ragionano in termini globali, trova conveniente segmentare il mercato del lavoro (vicinanza, specializzazione ecc.) e va a cercare il differenziale; questo nelle piccole imprese non esiste.


Nel mercato di sbocco, le imprese "market oriented" sono numerose e tante di queste sceglieranno la vicinanza al mercato.

Cambiano i processi di localizzazione anche in funzione del mercato, ad esempio per i grandi shopping center, che esercitano attrazione sul potenziale mercato.

Un orientamento potenziale al mercato del prodotto i potrebbe essere rappresentato come segue:


OPMi = (Xic / X i)

(proporzione delle vendite finali/vendite totali del settore)


Certamente in letteratura si trovano valori prestabiliti per OPM: se l'indice è alto l'orientamento al mercato è forte e si può calcolare un coefficiente di correlazione R che dà la misura dell'orientamento al mercato del to (correla il mercato al to).


Un altro orientamento è quello verso le materie prime che è lentamente venuto meno con lo sviluppo della tecnologia (simile al mercato) che ha permesso di andare dove si vuole.

Un tempo, ad esempio, la vicinanza dell'azienda di trasformazione ai luoghi di estrazione o produzione (a bocca di miniera) era la localizzazione migliore a causa degli alti costi di trasporto. Ora questo è venuto meno anche se in alcuni settori come il petrol chimico la convenienza ad andare sulle materie prime è ancora forte (vedi ad esempio Sassuolo per le miniere di argilla caolina per le ceramiche)

Oppure, altro esempio, si ha per l'estrazione dell'oro in Sardegna: gli australiani hanno ormai una tecnologia conveniente che consente loro di fare i sondaggi economicamente.


Cambiano gli scenari, quindi, ma non si può fare un caso generale.



Le economie di agglomerazione: nascono dall'intensità dei rapporti tra imprese.

Il problema è che sicuramente sono fattori di localizzazione anche se in molti casi i legami interimpresa non sono noti.


Come si possono conoscere gli scambi intersettoriali ?


Sarebbe necessaria, a tal fine, una matrice intersettoriale input-output. La più conosciuta è quella dei coefficienti di Leontief che vuole vedere cosa entra e cosa esce da un settore.

E' stata costituita una matrice input output per la Toscana, ma è rimasto un caso isolato.


Con le economie di agglomerazione si hanno, quindi, influenze reciproche tra settori cosicché la localizzazione non dipende dal settore in cui si opera, ma anche dalle influenze provenienti da altri settori.


A

 
Alcuni hanno tentato di capire queste economie tramite modelli di tipo logico-matematico.




Molto spesso nelle economie di agglomerazione confluiscono economie di urbanizzazione ed economie di localizzazione, quindi, in realtà, si misura la relazione che tutte e due hanno con l'area urbana cioè date dal fatto che entrambe appartengono al solito fattore urbano.

Però, pur eliminando i fattori di disturbo, non riescono a liberarsi dei fattori di disturbo derivanti dalla reciproca influenza esercitata tra settori in virtù dell'appartenenza ad una stessa area urbana, determinando delle difficoltà per leggere le economie di agglomerazione.


Due precisazioni:


La localizzazione può variare anche in funzione delle dimensione d'impresa e per le fasi di produzione: quindi, il processo permette un'ulteriore lettura trasversale.

Per prima cosa possiamo dire che esiste una relazione forte tra la dimensione d'impresa e i processi localizzativi perché, questi, vengono dalla grande impresa, mentre, le piccole e medie imprese nascono e si localizzano nel luogo di residenza dell'imprenditore che le ha create e vi restano.

Le piccole e medie imprese possono essere studiate nella loro localizzazione attraverso le statistiche sulla loro natalità/mortalità fornite dalla Camera di Commercio.

Se ne possono, infatti, ricavare indici di localizzazione e si vede che nascono con una gamma di scelte che si avvicina alla nascita (dall'evoluzione) spontanea del sistema locale.

Nella grande impresa, invece, si vede quando si rilocalizza, ha una sua mobilità.


Interessante, sul piano empirico, che le piccole e medie imprese si rilocalizzano meno delle grandi e quando lo fanno seguono, preferenziano una stessa direttrice.

Ad esempio, dopo l'alluvione molte imprese si sono rilocalizzate sulla direttrice Firenze-Scandicci poiché si tende a ricostituire gli elementi, i legami originari quali la vicinanza tra certe imprese, la disponibilità di alcuni servizi ecc.


In questo processo, spesso, la piccola media impresa calcola le diseconomie che derivano dall'aumento dei costi dovuti al cambio della localizzazione e i benefici, vantaggi che da essa si ottengono (contatti, tessuto dei servizi urbani).

Tra le diseconomie c'è il costo del terreno, dell'impatto ambientale per il rumore o le emissioni per cui, per esempio, molti laboratori non sono tollerati in area urbana o periurbana come invece avveniva trenta anni fa.


"Knowledge economy" sta iniziando ad essere importante per i paesi avanzati. Porta l'attenzione su alcuni fenomeni: nei paesi OCSE la KE è la base di analisi delle potenzialità; uno dei parametri è la spesa in conoscenza, un altro è la res.

L'Italia è bassa in graduatoria poiché non investe abbastanza.

La risorsa umana è il primo fattore della KE: l'Italia è ancora al 9% della popolazione per i laureati; il paese più evoluto in questo senso è ancora la Sa.




La PMI non fa mai filiera tra di sé, l'integrazione è realizzata in modo indiretto, sfruttando la vicinanza localizzativa delle imprese.

All'inizio le PMI tendono a rimanere nel "core" dell'area urbana, che è incubatrice di imprenditorialità e conoscenza, poi, si spostano verso l'esterno e il centro storico si terziarizza non tollerando più la presenza di un laboratorio artigiano.


Al livello di popolazione si assiste ad un processo simile, poiché, si ha uno spostamento dal centro alla periferia fino ad avere la cosiddetta "desertificazione" del centro.


Le grandi imprese seguono processi di localizzazione mirati che si rifanno a necessità di ampliamento o rilocalizzazione.



Domanda di fattori di localizzazione (fase di produzione):


Si può distinguere tra:


A)  Fasi amministrative: (decisionali e di controllo) esse richiedono soprattutto contratti di tipo face to face.

Queste fasi vanno nel core dell'area metropolitana; quando questa non c'è si può avere anche una disseminazione. La localizzazione dipende dall'accessibilità e dall'efficienza dei trasporti.


B)  Fasi amministrative di routine: ad esempio contabilità, elaborazione dati ecc. Si trovano nelle fasce periferiche grazie all'evoluzione delle tecnologie in questo settore.


C)  Attività di ricerca: luoghi ricchi di amenities, alcune grandi imprese del settore delle buste di carta hanno decentrato la ricerca (dalla Sa Tetrapak) nel modenese, a causa di amenities del tipo culturale, che sono le migliori in Europa, abili con quelle del mondo scandinavo e, quindi, con l'atmosfera giusta per i ricercatori provenienti ad esempio dalla Sa.


D)  Attività di servizio: (market oriented) vicino alle aree di sbocco o di fornitura.


E)   Fasi direttamente produttive: "Foot-Loose" cioè libere di localizzarsi ovunque. Letteralmente un'attività completamente foot-loose non esiste.

La localizzazione può essere "labour oriented" ovvero legata al mondo (costo) del lavoro, o ad un insieme di fattori globali.



Offerta di fattori di localizzazione:


Tutti i fattori visti in termini di domanda possono essere analizzati dal lato dell'offerta.

Esistono fattori "place specific" ovvero tipici del luogo, che possono essere misurati attraverso somme ponderate dei fattori stessi.


Se si chiama P il potenziale di un'area z (zone), esso è una sommatoria di tutte le opportunità specifiche di questa area realizzate alla distanza tra produzione e mercato:



zP = S zs / drs /b


Dove:

/b

r, s esponenti di correlazione tra i fattori;

r accessibilità dell'area.


Con il "marketing territoriale" si vende non un bene o servizio ma un'intera area.


Ci sono 2 modelli di delocalizzazione (fino ad adesso abbiamo parlato della localizzazione dell'impresa come se fosse la prima), l'azienda si delocalizza per le motivazioni più disparate.

Si distingue tra:


Modelli di delocalizzazione intraurbana: ho una serie di fattori la cui combinazione può variare a seconda della situazione:


- distanza dal core;

- densità demografica;

- densità d'occupazione;

- superficie occupata dalle infrastrutture di trasporto (accessibilità)[3]


Modelli di delocalizzazione interurbana o interregionale: gioca di più la disponibilità delle infrastrutture. La forza lavoro locale ha un'importanza che deriva dai tipi di to, possono di volta in volta essere più importanti il tasso di disoccupazione, quello di artigianalità ecc.

Alcuni costi di servizi, quali quelli energetici, possono essere un altro fattore discriminante.

Importanti sono sia le economie di scala che le economie esterne.

POLIMORFISMO D'IMPRESA:


E' l'interfaccia dei problemi localizzativi fino ad ora considerati. Si tratta delle tipologie organizzative d'impresa, guardando alle quali, ci si trova di fronte ad un polimorfismo.


La grande impresa ha suoi meccanismi di sviluppo e regolazione che fanno riferimento ad integrazione verticale, economie di scala e controllo gerarchico, che danno luogo alla verticalità della struttura.

Questi sono gli stereotipi dell'impresa fordista.

Il management segue un insieme di regole che tendono all'eliminazione dei fattori d'incertezza e di precarietà.

Alcuni di questi elementi, quali ad esempio la ura del "cost killer", rimangono anche nell'impresa post-fordista.


I fattori di integrazione e allo stesso tempo di limitazione dell'incertezza, attengono, sia alle funzioni produttive che a quelle di mercato.

La grande impresa in molti casi condiziona le scelte della società, ad esempio certi sistema-paese sono stati creati dalla grande impresa, si pensi alla repubblica "delle banane" e a molte situazioni economico-politiche dell'America latina.

Questi condizionamenti rientrano nel tentativo di limitazione delle incertezze di mercato.


L'innovazione tecnologica ha favorito la standardizzazione delle produzioni e, nell'epoca fordista, l'impresa che non si poteva permettere la standardizzazione e le economie di scala, frutto della dimensione, veniva emarginata.


Nasce il modello della "factory town", luogo di concentrazione della forza lavoro e della produzione in genere. L'impresa fordista ha trascurato, però, di tenere conto della specificità territoriale come fonte di benefici. Il territorio, come si è detto, è supporto, pavimento, le amenities locali non sono considerate.

Il modello fordista è storicamente superato.


Il processo di accumulazione di economie di scala ad un certo punto si arresta per mancanza di uno dei fattori; anche la grande impresa, quindi, si rivolge a cercare anche economie esterne.

Esistono:


economie di localizzazione;

economie di urbanizzazione;

economie di scopo;

economie di flessibilità.


Con l'informatizzazione l'impresa tende a dare più importanza alla fase decisionale piuttosto che a quella produttiva.

Abbiamo così un decentramento di segmenti o parti d'impresa (o centralizzazione), out in sourcing.

Ad esempio la Coca Cola aveva decentrato in alcuni paesi, quelli di consumo, la funzione di imbottigliamento.

Ha provveduto, poi, a centralizzare l'imbottigliamento e a decentrare la distribuzione a seguito di varianti locali e usi impropri avvenuti in quei paesi.


MODELLI ELEMENTARI:


Essi sono legati al polimorfismo delle imprese.


1° caso: decentramento o centralizzazione di segmenti o parti d'impresa.

Con questa strategia si ricerca la flessibilità dei fattori, legata soprattutto al fattore lavoro.

Dal punto di vista organizzativo l'impresa è un modello che prevede un nucleo centrale (funzioni direzionali e decisionali) con un fascio di vettori radiali dove vi sono le unità decentrate che hanno la caratteristica di essere totalmente dipendenti dal centro e, quindi, dal centro si organizza la dinamica dei sottosistemi operativi.

Si possono decentrare queste strategie sia con tecniche consolidate sia con tecniche d'avanguardia (franchising, controllo qualità).

Possono essere poco formalizzate ad esempio ordini standardizzati nel tempo: fare una certa produzione entro una scadenza.

E' stato un modello applicato negli anni '70 dalle grandi imprese, che avevano le loro sedi decisionali nel Nord-Ovest, per l'industrializzazione del Mezzogiorno es. ENI, FIAT.


Si sono affermate in questo modello elementare anche le cosiddette "hollow corporation": le imprese decentrano a unità minori che sono del tutto vuote cioè non hanno un vero contenuto.

Un esempio si ha nel settore delle costruzioni dove un'impresa assume la funzione di accollarsi il progetto, finanziarlo, garantirsi le fideiussioni e poi subappalta.


Qualche volta si hanno anche fenomeni di "in soursing" cioè il ritorno al centro dovuto a strategie in cui si riaccentrano funzioni a livello decisionale e non c'è più ad esempio il magazzino.

Alcune di queste tecniche derivano da quelle attuate dalle imprese giapponesi, soprattutto di auto, che hanno saltato alcune fasi ad esempio producono sulla domanda e non per il magazzino, il just in time che è stato adottato, ad esempio, da alcuni settori maturi come gli elettrodomestici e specialmente quando gli impianti sono vicini ai centri urbani.

Dietro a queste strategie stanno una serie di localizzazioni per cui ad esempio il nucleo centrale è legato alle economie di urbanizzazione ecc.


2° caso: disintegrazione verticale.

Essa è una modalità di riorganizzazione del sistema impresa simile alla precedente, in cui, però, i nuclei di decentramento, molto spesso, sono autonomi anche giuridicamente.


Allora l'impresa madre è la capogruppo e diventa una holding finanziaria; dal punto di vista localizzativo i nuclei hanno una gamma di fattori più ampia rispetto al primo caso.



Mentre la holding starà nei grandi centri urbani (vicino al potere) le unità autonome possono autogestirsi, specializzarsi in un quadro strategicamente deciso, possono essere anche quotate.


Un modello che vi rientra e che è piuttosto comune è il modello delle imprese rete che ha una vasta gamma di tipologie.

Qualche volta, nel caso di grandi multinazionali prende la conurazione del solar system enterprise, come lo era la FIAT, in cui al centro c'è una S.p.a. e poi ci sono le altre imprese che le ruotano intorno con collegamenti forti nonostante la loro autonomia.


3° caso: divisione del lavoro tra imprese.

Siamo nel reticolo delle imprese più collegate al territorio, e presuppone rapporti collaborativi di medio lungo termine tra imprese che realizzano produzioni congiuntive.

Riguarda sia i settori tradizionali (tipici) che quelli innovativi.


Come funziona:


ogni impresa si specializza in una produzione, la più confacente con la sua struttura tecnica, produttiva, organizzativa, poi ci sono accordi per assemblare e mettere sul mercato i prodotti da essa derivanti.


Quando le economie di scala e le economie esterne sono diffuse si possono avere accordi di cooperazione oppure costituire dei consorzi o joint adventure.

Questo fatto, che le imprese siano autonome relativamente alla complementarietà delle produzioni, la parità gerarchica, ha fatto parlare di questo modello come collegato alle reti d'impresa (le costellazioni d'imprese).

Naturalmente ci sono imprese più dinamiche di altre ma c'è una fitta rete di relazioni.


Questo modello si può ulteriormente scomporre:


Un modello in cui prevalgono le attività del terziario

Si tratta di una rete i cui nodi sono costituiti da unità direzionali, di ricerca e sviluppo, le funzioni più elevate del marketing, le funzioni finanziarie, le funzioni operative higt tec cioè le funzioni di servizio al sistema.

Assomiglia molto al parco scientifico che non esiste in Italia.


Riguarda le attività più strettamente produttive e magari anche tradizionali insieme ai servizi di base.


4° caso: l'impresa subisce un decentramento o centralizzazione di tipo implicito.

In questo caso non muta la localizzazione dell'impresa fisicamente ma le condizioni del contesto in cui l'impresa è ubicata.

Allora, l'impresa muta la sua organizzazione adattandosi alle esternalità territoriali nel frattempo maturate (esempio le imprese che negli anni '60 sono state coinvolte nel processo di industrializzazione quando si trattava di un'area rurale).


Tutti questi modelli danno luogo, con le loro sovrapposizioni riorganizzative, ad uno spazio reticolare.


Siamo partiti dal constatare alcuni modelli elementari organizzativi dovuti alla crisi dell'impresa fordista, da qui nascono i modelli che costituiscono in realtà un unico modello che dà luogo ad uno spazio reticolare passando dalle:


T  Reti d'impresa  Reti territoriali


MODELLI ORGANIZZATIVI D'IMPRESA:


Ci focalizziamo su modelli standardizzati e, in fondo, facendo riferimento alla storia della grande impresa americana, che ha una sorta di natura stadiale (che privilegia la freccia del tempo rispetto allo spazio).

Tenuto conto che ci sono 3 livelli decisionali:


superiore: obiettivi strategici e di controllo;

intermedio: funzioni importanti ma di coordinamento;

inferiore: organizzazione di routine e attività produttiva.


Abbiamo una forma organizzativa "funzionale" che prevede la suddivisione dell'impresa in unità funzionali, specializzate e subordinate ad un unico centro direzionale e decisionale.









Successivamente accrescendosi la diversificazione si arriva ad una struttura multidivisionale  in cui l'impresa è organizzata per linee di prodotto, quindi, in questo caso, le dipendenze hanno una loro autonomia funzionale.

Le divisioni hanno una loro autonomia decisionale ma non finanziaria.















Altra modalità organizzativa, che è una variante della seconda, prevede una diversificazione della nostra impresa per blocchi indipendenti collegati alla sede solo dal punto di vista finanziario.

Qui abbiamo la conglomerata, simile alla 2, ma c'è una holding centrale, che si limita al controllo finanziario, organizzata in subholding che realizzano impianti un po' ovunque.

























Imprese di maggiori dimensioni, che sono impegnate in una gamma di produzioni in aree geografiche diverse come nell'impresa globale che deve avere una grande flessibilità delle sue strutture adattandosi ai paesi e ai mercati.

Le decisioni strategiche travalicano le frontiere nazionali adattando le strategie come di convenienza.
























Nb. È una scomposizione dei ruoli gerarchici a volte per area, altre per prodotto a seconda della loro rilevanza.

SPAZIO RETICOLARE:


Comprende il passaggio dalle reti d'impresa alle reti territoriali. La maglia della rete può essere:


più stretta con dei nodi forti (funzioni importanti) e funzionalmente interconnessi. Di solito questo avviene quando prevalgono le spinte endogene nel passaggio cioè il sistema passa dalle reti d'impresa alle territoriali (fatte dei soggetti più vari) crescendo dall'interno;


a maglia larga e ruolo più confuso e appiattito degli attori locali, quando prevalgono le spinte esogene per esempio legate al mercato o alla tecnologia che viene da fuori. Gli attori locali sono in secondo piano.


Un economista americano ha detto che un fax non rappresenta nulla, due fax sono una connessione, 100 sono una rete.

Se i nodi non sono connessi non fanno una rete e ce ne vuole, comunque, un certo numero. Essere in rete è decisivo, importante, lo spazio è una componente che con il ciberspazio (che ha delle coordinate che non sono materiali) si è evoluto; ad esempio molte imprese americane ano chi va in rete perché l'importante è esserci.   


RETI:


Definiamo il concetto di rete che ha assunto vari significati (! le maglie non sono tutte uguali e regolari):


rete strutturale che attiene a tutta la materia animata, ad esempio le cellule, materia che presenta una struttura reticolare tra le varie parti;


rete funzionale che attiene alle reti di comunicazione. Può essere, ad esempio, una comunicazione di tipo elettro-chimico come nel sistema metabolico cioè ci sono flussi che entrano ed escono. Importanti qui sono i meccanismi di regolazione;


rete relazionale cioè un sistema connesso e chiuso entro e sotto un certo sistema di regole operative.

Qui, ad esempio, per isomorfismo si può pensare al nostro sistema nervoso che reagisce agli stimoli, o la rete immunitaria che mi permette di rispondere a stimoli di origine esterna. Essa filtra, è dotata di una chiusura operativa cioè non può stare chiusa perché è fatta per confrontarsi con l'esterno ma fa passare, filtrandole, molte cose bloccando quelle indesiderate.

E' dotata di una chiusura operativa verso gli stimoli di natura esogena.


Si è parlato di un singolo organismo poiché molti termini del linguaggio sistemico sono stati coniati da 2 neurologi, Maturana e Varela (portoghesi), che hanno formulato una serie di teorie tra cui la principale è l'autoparesi.


Abbiamo 2 tipi di reti:


le reti fisiche che possono essere naturali, ad esempio la rete idrografica, di tipo tecnico con una gamma di possibilità come trasporti, energia elettrica, acquedotti, reti telematiche, geodetica;


le reti relazionali che dipendono dal livello di relazioni. Sono ad esempio globali, urbane, produttive, sociali (relazioni interpersonali, mobilità).


Quindi, il concetto di rete è vasto ed a noi interessano soprattutto le reti relazionali.

Alla base della nozione di rete c'è una diversità territoriale che si è formata nel tempo.

Con l'avvento delle nuove tecnologie le reti favoriscono nuovi spazi di relazioni che non sono importanti solo dal punto di vista cognitivo, e i vantaggi vengono dall'essere in rete, potendosi così liberare di una localizzazione precisa.


Con le reti si ha un nuovo concetto di accessibilità (distanza e barriere da superare) che è l'accesso alla rete immateriale.

Quindi, si supera il concetto che lega l'accessibilità alla distanza fisica ma si considerano le network prossimity anche se, comunque, non può essere eliminato e rimane importante il contatto face to face.


Per valutare le reti occorre considerare le interazioni; ogni rete è fatta per facilitare il flusso e mostrano l'entità, la consistenza, la portata, la direzione dei fenomeni di relazione (c'è scambio, è unidirezionale ).


Lo spazio dei flussi descrive in qualche misura la logica spaziale dominante, come si sta organizzando il nostro territorio e dipende dalla governance e dal clima sociale.


Il ruolo delle reti si evidenzia in quello dei nodi che oggi stanno diventando sempre più complessi; si parla di "piattaforme intermodali", di centro intermodale che riesce a far integrare diversi sistemi di trasporto (ricavo un flusso e lo ritrasmetto in forma diversa).


Di solito nodi delle reti coincidono con le "città", dalle aree urbane di media consistenza fino alle aree metropolitane e alle megalopoli (anche se in realtà ce n'è una sola l'area che va da Boston a W. D. C., e ve n'è un'altra in formazione tra L.A., San Diego e San Francisco). Un'area urbana sovrappopolata è Città del Messico ( 30.000.000 di abitanti) che, però, non è una megalopoli ma una metropoli potenziata che svolge funzioni a livello superiore rispetto alla città (per avere megalopoli non basta unire più città).


Considerazioni per la nuova territorialità:


Daremo alcune definizioni, delle considerazioni sui teorici dello sviluppo squilibrato e degli scenari.


Iniziamo con un po' di vocabolario:


Concetto di distretto: "agglomerato produttivo (essenzialmente industriale) territorialmente definito con peculiari modalità di relazioni interne ed esterne che finiscono per costituire specifiche economie locali (sistemi locali con loro struttura, processi) difficilmente riproducibili (conoscenza tacita)".


Il distretto non può essere esportato.

L'atmosfera industriale che c'è nel distretto è il risultato (che facilita la circolazione della comunicazione delle idee) degli effetti sinergici che si creano all'interno del sistema d'imprese ed è legato prevalentemente alle modalità dei rapporti infrastrutturali (cooperativi, più spesso emulativi, competitivi concorrenza pura), facilitando la diffusione delle informazioni e delle innovazioni.

Gran parte del vantaggio strategico di queste imprese risiede in queste forme relazionali grazie alle quali anche le piccole imprese, dotate di poco potere di mercato e di ridotte capacità finanziarie, sono riuscite ad esprimere elevate potenzialità.

Questo distretto è stato chiamato anche mercato comunitario.


Le relazioni tra imprese possono essere verticali, orizzontali, laterali (la specializzazione avviene in classi diverse rispetto allo stesso prodotto) o diagonale (l'impresa è legata ad altre imprese ausiliarie).


Abbiamo, poi, nelle relazioni verticali da tener presenti le subforniture, le relazioni sistemiche e le costellazioni in cui ho un'impresa guida che interagisce con altre per creare una certa solidità finanziaria (abbastanza frequenti anche nel distretto).


Ma non tutti sono distretti:


Aree di specializzazione produttive: dove le interrelazioni sono meno frequenti che nel distretto, sono imprese che fanno lo stesso prodotto o la stessa fase di produzione (stessa specializzazione).

La domanda è prevalentemente locale ed il mercato del lavoro locale è efficiente.


Sistemi produttivi locali: dove ci sono le piccole e medie imprese concorrenti ma con frequenti interrelazioni di tipo intersettoriale (cultura tecnica più diffusa, più specializzazioni).


Area sistema: è una forma di organizzazione efficiente e anche avanzata tal volta. Comprende un'agglomerazione territoriale di imprese dedite a produzioni affini o connesse.

E' un'evoluzione del sistema produttivo locale in termini di relazioni tra imprese e di maggior ruolo degli imprenditori e della governance che sono in grado di guidare questo processo cioè di esprimere strategie.

Si parla di sviluppo autocentrato.

Il distretto si può articolare in più aree sistemiche.


Concetto di milieu: è un concetto complesso fatto di componenti ambientali, socio-culturali, economiche non che di tradizione, istituzioni le quali costituiscono un insieme di condizioni territoriali non riproducibili; un insieme di attori e strutture con interrelazioni reciproche (relazioni di milieu).

Il milieu è fatto di apertura, radicamento che è la diade globale-locale dove si gioca il futuro dei nostri sistemi.

Esso percepisce sollecitazioni esterne che lo rendono così vitale, organizzato in strutture dinamiche.


Terminato il discorso delle reti, con Calvino che ci parla di una ipotetica "città rete" nel suo libro "Le città invisibili", facciamo alcune riflessioni.


Abbiamo analizzato:

T  il rapporto uomo-ambiente;

T  la teoria dei sistemi;

T  i fattori più specificatamente localizzativi;

T  la scelta in base ai fattori;

T  gli scenari in cui si colloca la scelta.



TEORIE ECONOMICHE DELLO SVILUPPO SQUILIBRATO:


Teoria della crescita:

Già gli economisti classici parlavano della scarsità dei fattori (Ricardo, Mathus: scarsità della terra), ma lo spazio non aveva un peso rilevante.


Nel 1940 C. Clark scrive "Le condizioni del progresso economico" in cui afferma che lo sviluppo procede per fasi poiché il settore primario, rispetto al secondario e al terziario, ha velocità di accumulo inferiore.

Egli analizza le condizioni territoriali dello sviluppo e mette in rilievo il decollo dei settori chiave. Dunque, non ci sono più differenze dei fattori, ma differenze settoriali e spaziali.

Per dimostrare che c'è squilibrio si deve fare riferimento a due punti nello spazio da confrontare.


Nel '50 F. Perroux scrive "L'economia del XX secolo", in cui sostiene che la crescita non avviene ovunque contemporaneamente ma si manifesta in poli ed è basata sul ruolo di un'industria motrice.


La motrice deve avere le seguenti caratteristiche:


Grande dimensione ovvero una massa critica tale da muovere il sistema.

Appartenenza ad un settore innovativo.

Domanda elastica

Capacità di formare un indotto, ovvero forte impatto sugli altri settori.


A partire dalla motrice, tramite il suo inserimento in un contesto con certe precondizioni (buona accessibilità, clima favorevole al progresso), si innesca un circolo virtuoso ed in ultima analisi si creano gli squilibri.

La disparità si crea a causa di difetti nella comunicazione che impediscono il passaggio dello sviluppo dai poli alla periferia (mancanza di progettualità, di infrastrutture, impossibilità di decentrare il processo produttivo).

Perroux parla, inoltre, di risorse latenti, potenzialità.

La sua teoria venne applicata all'industrializzazione del Mezzogiorno, ma le industrie create furono solo "cattedrali nel deserto", in quanto, seppur grandi ed appartenenti a settori innovativi, mancavano delle capacità di creare un indotto.


Hirshman afferma che la polarizzazione avviene solo in alcuni punti (growing points) nei quali si realizzano condizioni che devono essere trasportate intorno non automaticamente ma tramite un processo cumulativo a spirale.

E' dunque necessario un intervento per il trasporto dai punti all'intorno.

Egli afferma che sul piano nazionale c'è continuità: per contatto lo sviluppo si trasmette e l'equilibrio si crea; a livello internazionale, invece, il divario è crescente e c'è dunque bisogno dell'intervento.


Mirdal parla, invece, di causa-azione circolare cumulativa che porta al depauperamento progressivo dei paesi poveri e all'arricchimento dei paesi già ricchi.

I divari tendono continuamente a crescere e ciò consente una lettura anche geografica degli squilibri.

Si nega, inoltre, la capacità dei meccanismi di libero mercato di sanare gli squilibri e, anzi, gli si attribuisce il divario crescente che per essere attenuato ha bisogno di cooperazione internazionale.


Una teoria più vicina alla nostra tematica è quella di Vernon, padre della teoria del ciclo del prodotto, che scrive a Cambridge "Metropolis".

Egli cerca di spiegare le modalità di divisione internazionale del lavoro, la sua è una teoria vitalistica, basata sul ciclo di vita.

I prodotti nuovi dove nascono ?

Dove si rilocalizza l'impresa innovativa ?

La risposta è: nel core, nell'area urbana, ma i potenziali consumatori devono essere ricchi.

Solo quando il prodotto diventa maturo si punta alle economie esterne o anche di scala e si localizza laddove si riesce ad abbassare il costo di produzione e ci si sposta in mercati più ampi.

In seguito, la tecnologia si standardizza, il prezzo del prodotto si abbassa ed il mercato è globale.

E' dunque importante puntare sui differenziali del costo del lavoro, dato che la tecnologia è alla portata di tutti.

La localizzazione viene dunque determinata dal costo del lavoro o da altri fattori.


Rostow parla, infine, di diversi stadi dello sviluppo economico (anche Marx ne aveva parlato):


società tradizionale

scienza e tecnologia pre-newtoniana;

attività agricole;

gerarchia sociale.


società che precede il take-off

l'agricoltura si modernizza;

ura dell'imprenditore.

stadio del take-off

cresce tutto il sistema sulla spinta della crescita del risparmio;

il settore trainante è la manifattura.


stadio della maturità

continua il progresso e dura 60 anni.


stadio finale

consumismo: consumi diffusi e sofisticati, dura 100 anni.


Rostow banalizza le relazioni spaziali privilegiando lo sviluppo territoriale. Trascura tutto l'apporto della critica radicale marxista che dice che il territorio è rilevante come valore storico e negli sviluppi sociali.



SCENARI:


Fordismo:

Dal 1913 Ford trasferisce la produzione sul lago Michigam e realizza la catena di montaggio facendo nascere l'industria fordista.

Caratteristiche:

Accentuata divisione del lavoro.

Specializzazione produttiva (modello T).

Concentrazione del capitale (soprattutto industriale ma anche bancario).

Crescente interconnessione tra industria e finanza.

Affermazione di strutture economiche almeno oligopolistiche o anche monopolistiche.

Strumento più comune: il sectiunello cioè imposizione del prezzo mediante accordi.

Scontri sindacali tra associazioni.

Stato come elemento correttore.

Articolazione politica tra stato e grande monopolio o oligopolio.

Non esiste un solo fordismo; in esso, inoltre, si inseriscono dei processi di terziarizzazione e differenziazione.

Si inserisce via via uno scenario post-industriale, che potremmo definire "neo-fordismo", poiché esso deriva dal precedente senza rotture.


Neo-fordismo:

Si assiste a:

Terziarizzazione dei sistemi.

Aumento del tempo libero, poiché i lavoratori hanno le prime conquiste in seguito alle loro rivendicazioni (orari di lavoro ridotti, vacanze più lunghe).

Incremento della produttività, data la meccanizzazione dei processi produttivi.

Potenziamento del ruolo dell'informazione.

Funzione sociale dominante degli specialisti e dell'organizzazione.


Post-fordismo:

Questo scenario deriva dal precedente con notevole continuità.


Difficoltà:

Distinguere tra il fordismo classico e le diverse tesi post-fordiste (vedi fotocopie).

Esiste un ampio ventaglio di sperimentazioni fordiste, nelle varie regioni.

Negli anni '70 inizia il declino dell'impostazione fordista.

Negli anni '80 si cerca di modificare alcuni aspetti più forti (concentrazione dei fattori, rigidità d'impresa) grazie all'avvento delle nuove tecnologie che consentono l'impostazione di nuove forme di organizzazione d'impresa.

Questa evoluzione produce soluzioni sempre più flessibili, fino ad arrivare alla cosiddetta "slim production" o produzione snella.

L'obiettivo di rispondere allo sfaldamento dello "stato Keynesiano" viene raggiunto in vari modi.

Viene, infine, riscoperto il "senso del limite" delle risorse disponibili, rie il problema ambientale "limite dello sviluppo".


Viene proposto un Neo-fordismo conservatore: si tratta di un'impostazione che tende a frenare il passaggio tra fordismo e post-fordismo.

E' dovuto al fatto che molte categorie vedono in pericolo i loro interessi e chiedono tutela: esempio persone in cerca di lavoro, commercianti, impiegati.

Si sviluppano rielaborazioni che hanno un senso più "corporativo".

Le categorie "protette", conservative, sono sia a destra che a sinistra.


Un altro scenario è il post-fordismo fondamentalista.

La prospettiva post-fordista può essere adottata in pieno: si hanno principi precisi che vanno applicati.

Il pericolo è che questo automatismo venga visto come un'automatismo sociale che è in grado di risolvere ogni problema.

Un esempio è quando si dice che il mercato si autoregola.

Il pericolo dipende soprattutto dal fatto che i problemi non sono mai o solo economici o solo sociali, ma economico-sociali.


Questa impostazione è una specie di cocktail tra l'evoluzione tecnologica ed il darwinismo sociale.

Il rischio è che le nuove tecnologie abbiano un carisma di consenso, che "colonizzino" il consenso sociale.

Espressioni del tipo "il nuovo è meglio del vecchio", "il mercato insieme alla tecnologia è in grado di risolvere i problemi", sono da verificare.


C'è, poi, il post-fordismo progettabile che punta su energie e consenso sociale.

Il consenso sociale filtra le tecnologie ed il mercato.

L'innovazione dovrebbe essere frutto di regole socialmente elaborate e condivise.

Si dovrebbe dare un senso collettivo anche alle scelte individuali.

Spetta alla politica riaffermare certi caratteri universali ad esempio diritto all'informazione.


SCENARIO POST-MODERNO:


C'è un netto cambiamento del "sistema dei valori":


Pluralismo non solo sul piano politico, porta ad una diversa organizzazione d'impresa.

Solidarismo

Autorealizzazione

Partecipazione

Decentramento

Parsimonia nell'uso delle risorse in funzione dello sviluppo sostenibile.




Ne discendono:


T  Tecnologie soffici (= clean technologies) per uno sviluppo sostenibile.

T  Il lavoro si modella sulle esigenze per tempo, luogo e forma.

T  Valorizzazione delle culture locali.

T  Partecipazione volontaria-lavoro non per il mercato.



Considerazioni sugli scenari:

Sul fronte dell'interpretazione dei nuovi fenomeni si è sviluppato un dibattito interdisciplinare: le gabbie teoriche non riescono a contenere l'interpretazione dei nuovi fenomeni.


Alla logica funzionale, che presuppone la suddivisione spaziale delle funzioni e una gerarchia determinata, si contrappone e talvolta si accomna, una logica territoriale, per la quale protagoniste diventano le interdipendenze e le relazioni che si attivano territorialmente (localmente) tra imprese e altri soggetti (economici, sociali, istituzionali).

Si creano così reti di scambio e di cooperazione che, fornendo ai soggetti localizzati un supporto logistico, culturale ed istituzionale necessario al loro operare, definiscono percorsi di sviluppo localmente differenziati.


Il territorio non è, quindi, un supporto passivo di eventi di provenienza esterna, ma è capace di attivare proprie opportunità o politiche di sviluppo.

Questa "riscoperta" dei fattori territoriali nell'analisi dei processi di sviluppo economico ha una serie di conseguenze teoriche ed empiriche:


Consapevolezza dei limiti dei modelli "ortodossi", come ad esempio polarizzazione di Perroux, divisione spaziale del lavoro, modelli ciclici e sequenziali, nella spiegazione dei nuovi fenomeni di natura territoriale.


Considerazione della complessità ambientale delle unità territoriali oggetto di analisi, dove organizzazione e performances produttive non sono scindibili dalla storia e dal patrimonio culturale ereditato.

Nb. Quest'ultimo può, però, anche essere un freno.

Quindi una complessa dialettica tra comportamenti d'impresa e sviluppo territoriale.


Pur tenendo conto delle differenti traiettorie dei singoli sistemi, i vantaggi di agglomerazione rientrano significativamente negli schemi interpretativi.

Ad esempio competenze specifiche localizzate di tipo tecnologico o culturale, flessibilità del lavoro, cooperazione tra imprese, riduzione dei costi di transazione e di trasporto, reti di distribuzione e di fornitura, infrastrutture coerenti.


La piccola impresa è spesso la protagonista dei nuovi fenomeni di sviluppo locale.

L'introduzione di tecnologie informatiche ed elettroniche e la crescente volatilità dei mercati, riconsegnano alle PM imprese un ruolo che sembrava perduto anche alle grandi imprese non rigidamente organizzate.


Le tipologie territoriali sono molteplici e ,quindi, l'idealtipo come ad esempio il distretto o l'area sistema, è solo una delle possibili, tra le tante, nella dinamica economica del mondo contemporaneo.

Quindi, non guardiamo come chi vede distretti ovunque o non vede niente ma sappiamo che ci sono posizioni intermedie per esempio in Toscana i veri distretti sono solo 2 e cioè Prato e Santa Croce, mentre gli altri, tra cui Arezzo, non lo sono almeno in senso marshalliano (gli oligopoli non scompaiono).


Quello che è assodato è che è presente, nel sistema che noi osserviamo, una notevole discontinuità delle forme organizzative collegabili, come tipologia, al moderno "capitalismo".


Abbiamo uno schema sequenziale:


Una selezione dei   modalità decisioni

comportamenti di localizzative

strategici crescita


Tutto questo, poi, è compreso in uno scenario di per sé complesso.


A questo punto affrontiamo uno degli scenari più complessi ed in cui siamo più coinvolti la cosiddetta globalizzazione.

I prodomi si trovano anche nelle teorie classiche (Ricardo, Smith) che verificavano, già, come alcuni fattori agiscano su scala globale.


E' un concetto recente, prima si parlava di internazionalizzazione in cui le imprese vendevano/compravano con l'estero.

Questa difficoltà di definire i fenomeni si ritrova anche in letteratura che è quasi tutta critica nei confronti della globalizzazione.

La globalizzazione non è solo un fatto finanziario.


Definizioni di tipo tecnico:


Definizione del FMI (uno dei grandi protagonisti della globalizzazione): "l'interdipendenza economica crescente dell'insieme dei paesi del mondo, provocata dall'aumento del volume e della varietà delle transazioni internazionali di beni e servizi, come dei flussi internazionali dei capitali e, in pari tempo, dalla diffusione accelerata e generalizzata della tecnologia"


L'OCSE (OCDE), organizzazione nota come l'organizzazione per la cooperazione economica, nacque nel subito dopo guerra come OECE riunendo quei paesi che rientravano nell'orbita statunitense.

Raggruppa una serie di paesi per ognuno dei quali essa fa un libretto con un rapporto annuale per esempio sul problema della liquidità monetaria in Irlanda.

Essa ha contribuito all'abbattimento delle barriere (prima della CEE).


Prima della CEE abbiamo la CECA, composta da Francia, Germania, paesi del Benelux e Italia, anche se non aveva ferro e poco carbone, ma che vi entra per una scelta politica (usciva perdente dalla guerra) e con la quale si inizia ad attivare un meccanismo che nel '57 porterà alla CEE con il Trattato di Roma.


Definizione dell'OCSE: "processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più dipendenti tra loro, a causa della dinamica di scambio di beni e servizi e attraverso i movimenti di capitali e della tecnologia".


Questa è una definizione non omnicomprensiva in quanto gli aspetti sono piuttosto ampi.


Esistono almeno 2 filoni di pensiero sulla globalizzazione:


Ineluttabilità dei fenomeni globali che non si possono evitare, non possono essere né contrastati né frenati (Economist, Financial Times);

l'economia deve essere a servizio della società (un po' come nel post-fordismo progettabile), le spinte globalizzanti vanno, quindi, gestite in modo opportuno. Esse sono frutto di una ideologia e possono e devono essere modificate (Le mond).


Queste due correnti di pensiero si rifanno un po':


al capitalismo anglosassone: guarda soprattutto alla valenza finanziaria delle strutture del mercato, regimare la finanza (è legato al mercato e alla libera circolazione dei capitali);


al capitalismo renano: associazione stretta tra imprese, banche e Stato (bene sociale, intermediario importante) che formano un insieme che gestisce questi fenomeni; si ha un'osservazione dei fenomeni pilotandoli verso il risultato desiderato.


I legami economico-finanziari sono sempre esistiti tra i sistemi, l'internazionalizzazione economica non è, quindi, un fenomeno nuovo in quanto era presente già nell'800 e si pensi ,poi, nel dopoguerra alla formazione delle CECA e della CEE.


Le specificità della globalizzazione consistono essenzialmente in 2 fattori:


intensità dei nuovi legami che si formano;

natura essenzialmente diversa di questi legami rispetto al passato.


Questo meccanismo, si può dire, che nasce intorno al 1971 quando Nixon decretò l'inconvertibilità a tasso fisso del dollaro in oro (dollaro moneta di riferimento del Bretton Wood).

Nel '74 gli Stati Uniti dichiarano la liberalizzazione dei movimenti di capitali da un sistema all'altro.


Nei fenomeni di globalizzazione si individuano almeno 4 segmenti:


Segmento politico: istituzioni, relazioni internazionali, grandi aree socio-politiche di integrazione.


Segmento finanziario: borse valori, investimenti finanziari, Debito Pubblico.


Segmento tecnico-scientifico: sapere, conoscenza esplicita, sapere scientifico in senso lato, ricerca e le ricadute in termini d'innovazione tecnologica.


Segmento economico-produttivo: le reti internazionali, l'internazionalizzazione delle imprese anche produttive, la subfornitura internazionale. E' questo segmento modifica più tangibilmente l'organizzazione dei settori economici.


La globalizzazione economico produttiva non significa che il mercato di sbocco della fornitura è ampliato a tutto il mondo e che, quindi, si abbattono tutte le barriere agli scambi ma che lo spazio d'impresa e le sue funzioni si allargano a spazi territoriali più ampi rispetto alla sua localizzazione originale.

Allora il mondo, lo scenario globale è lo scenario di riferimento in cui applicare le azioni strategiche: è il modo di operare, la mentalità.


Fatti stilizzati, tendenze che si consolidano nello scenario globale:


Considerazione in essa: l'applicazione delle nuove tecnologie (informatica, telematica, elettronica) permetterebbero una produttività incrementale del 3-4% all'anno. La tendenza è produrre di più con meno input (risorse) sia umani che, soprattutto, risorse; per questo alcune drammatiche previsioni degli anni '70 sull'esaurimento delle risorse non si sono verificate.


La delocalizzazione che riguarda una serie di fenomeni: la produzione teoricamente è localizzabile ovunque sia per i beni che per i servizi. Questa delocalizzazione porta ad un altro fenomeno cioè ai processi di concentrazione-diffusione nei quali ci sono due spinte di segno opposto una verso la delocalizzazione delle attività banali ed una verso la concentrazione delle attività strategiche.


L'accentuata transizione verso un modello snello dei tempi di lavoro. Basta pensare alla segmentazione delle mansioni, alla flessibilità e al fatto che si distinguono 2 categorie di lavoro:


- il lavoro fisso: che è il lavoro che era ritenuto necessario, ineliminabile ma     che è sempre più eroso dalle nuove tecnologie;

- il lavoro flessibile: che è nato dalla fascia bassa professionale (bracciante aggiunto) ma che oggi si è esteso anche al manager ed ha una crescente variabilità.


Questo è un fenomeno importante nelle società avanzate dove si trovano i "working poors" cioè ci sono sempre più categorie sociali il cui lavoro non è sufficiente a coprire i costi per un certo livello di vita (la carenza di risorse non basta per dire povertà).

Negli USA l'85% di coloro che sono considerati sotto la soglia della povertà hanno un lavoro regolare.


Mutamenti nei bilanci tempo cioè come le persone spendono il loro tempo (fattore di organizzazione razionale sociale e territoriale).

Si vede diminuire il tempo speso per il lavoro retribuito ed aumentare quello per il lavoro non retribuito cioè volontario ma non gratuito poiché costa ad esempio i corsi di aggiornamento.

L'americano medio lavora un mese di più a causa della formazione permanente, del fatto che si deve produrre da sé certi servizi, a causa del pendolarismo.


Transizione dalla società dei posti di lavoro alla società delle attività lavorative: cioè la segmentazione (tante funzioni che posso svolgere nella mia attività lavorativa).


Ecco che, davanti a questa situazione di cambiamento, molti dicono, che occorre puntare su politiche attive, vanno gestiti questi fenomeni e non si può impostare tutto su quello che è il tasso di consumatività (spesa per consumi di tutti i tipi) come punto di riferimento per l'efficienza di una società.

A volte, però, si dovrebbe riguardare più con criteri di qualità.


Aspetti tecnici costitutivi:


Finanziarizzazione dell'economia

E' la formazione di un mercato finanziario globale frutto di quel processo iniziato negli anni '70 ('71-'74).

2 componenti della finanziarizzazione sono :


il dilatarsi della superstruttura finanziaria (continuo) rispetto al lato reale dell'economia;

il suo assumere sempre più carattere di mercato.


In sostanza finanziarizzazione vuol dire crescita molto forte delle transazioni finanziarie per unità di prodotto nazionale[4].


Che cosa ha contribuito alla finanziarizzazione ?

La standardizzazione di alcune attività finanziarie, alla quale ha contribuito, quasi ovunque fino all'inizio degli anni '90, la crescita del Debito Pubblico.

Le transazioni sono cresciute enormemente infatti nei primi 10 paesi industrializzati ammontano a 1.000 miliardi di dollari.

Quindi, la struttura finanziaria dell'economia ha sopravanzato il lato reale riguardante gli scambi creando delle situazioni che non erano state previste da nessuno.

Negli anni '30 quando Keynes metteva in guardia verso l'eccessiva finanziarizzazione il volume era 60-70 volte inferiore.


Ruolo delle nuove tecnologie dell'informazione

La società dell'informazione si basa su 3 elementi:

intelligenza;

sapere;

conoscenza.


Siamo nella struttura della conoscenza, non più nella tecnostruttura, che diviene come la finanza un elemento fondamentale della struttura economica.


Esistono conoscenze codificate che sono trasferibili ma imitabili, ed una conoscenza tacita, specifica di certi sistemi ed in essa si gioca la nuova territorialità in quanto se la so mantenere mi darà un vantaggio duraturo.


Il problema del learning by doing, imparare facendo, ha perso rilevanza poiché importante è la componente tacita della tecnologia.

Però, la tecnologia, affinché diventi nostra conoscenza tacita, ha bisogno di investimenti, apprendimento che non sono né automatici né gratuiti.

Altrimenti, avrò soltanto dei vantaggi competitivi temporanei, dunque, è necessario investire in vari tipi di apprendimento, tra cui, un livello di cultura media più elevato affinché tutti i cittadini possano accedere alle nuove tecnologie.


Quali sono le conseguenze ?

La tecnologia importata è utile se in precedenza si sono accumulate capacità tecnologiche adeguate che possono essere anche solo di percezione.

Perdere la competitività, spesso, equivale a perdere identità, immagine nel globale.


Da qui discende che la tecnologia odierna non si incorpora tanto nelle merci, come un tempo, ad esempio come faceva il Giappone, ma bisogna aver incorporato una soglia informativa.

La liberalizzazione degli scambi è di per sé un vantaggio ma non è da sola sufficiente a diffondere la tecnologia come lo era alcuni decenni fa. Quindi, i paesi del terzo mondo ricavano utilità da ciò che importano ma non acquistano tecnologia e non diventano più competitivi.


La conoscenza scientifica è un potente fattore di polarizzazione, un fattore che impedisce l'aggancio "catch up". L'innovazione tecnologica è conservatrice.


Iperconcorrenza

E' fondamentalmente l'intensificazione della concorrenza, non tanto vista come irrobustimento ma come cambio delle regole.

Nell'iperconcorrenza i vantaggi differenziali sono erosi molto rapidamente, quindi, si dovranno, spesso, sacrificare prodotti o servizi che sembrano avere ancora buone opportunità di successo ma con i quali si corre il rischio di essere raggiunti dalla concorrenza. Sempre più conta non tanto fare i concorrenti leali ma disarticolare la concorrenza.


L'iperconcorrenza ha degli aspetti legati, oltre che alle caratteristiche del prodotto, anche alle tecniche con cui ci si fa la concorrenza; essa richiama la concorrenza trasversale attraverso la disarticolazione della concorrenza stessa attraverso mosse fatte per confondere gli avversari, notizie immesse sul mercato per ledere i concorrenti (pubblicità ativa) oppure, anche, attraverso mosse positive come per esempio attraverso un aumento dei servizi offerti alla clientela come è successo nel settore automobilistico.


In questa situazione i vantaggi differenziali sono rapidamente erosi.


Ci possono essere situazioni in cui le imprese si contentano di profitti bassi pur di restare sul mercato e dedicano le loro energie per spostarsi su nuovi fronti per nuovi prodotti, o più spesso, verso nuove idee che creano nuovi bisogni come ad esempio è successo per il cellulare.


Infine: cosa succede quando queste regole entrano nei sistemi ?

I sistemi creano il dilemma tra l'acquisizione di nuovi vantaggi competitivi stabili e la rete di sicurezza sociale: a seconda della solidità del sistema tutti cercano un vantaggio competitivo attraverso il dumping sociale cioè si abbassa la copertura sociale per abbassare i costi o si fanno delle riforme che si confrontano con la spesa e non con le reali necessità, ad esempio, in Italia per entrare in Europa si è fatta la riforma delle pensioni.


Altra conseguenza dell'iperconcorrenza è che, in tale contesto, le tradizionali strategie sull'export non bastano più poiché è tutta l'impresa che va pensata in modo innovativo ad esempio la scelta della subfornitura per le grandi imprese è una scelta strategica, scelta basata sul costo di transazione, sui confronti di efficienza e sulla produttività dei concorrenti, le fonti di finanziamento vanno diversificate, le strategie commerciali (vanno tutte viste su uno sfondo globale).


Non esiste un ente globale che dia delle regole per cui ci troviamo tutti questi fatti stilizzati a cui ci si deve aggiungere la fine dello Stato-nazione poiché gli stati perdono la capacità di gestire certi fatti perché hanno devoluto queste strategie ad un livello sovranazionale (CEE od altri enti internazionali) anche se, comunque, sono chiamati a dirimerne le conseguenze come ad esempio per le quote latte.


Tutto questo crea la necessità di creare una società civile globale in cui certi principi sono accettati da tutti, altrimenti i problemi, almeno nel breve medio termine, si aggravano.

Altro modo di pensare vede così la questione:


TINA    NIMBY

Non c'è alternativa   Non nel mio cortile


Questo confronto è il peggiore perché le due posizioni massacrano chi sta in mezzo.


L'ordine economico globale che andrebbe creato non può esistere se non si porta dietro tutta una serie di principi.

Il problema è che si dimenticano le necessità della società civile che non necessariamente sono legati a fattori economici.


Principi della nuova territorialità:

La globalizzazione non è un fenomeno totalizzante ma lascia spazio a modelli storicamente specifici.

E' totalizzante nei confronti dei sistemi deboli, quindi, le singole specificità dei sistemi sono il fondamento della concorrenza e all'origine dei vantaggi competitivi.


Alcuni fenomeni macrostrutturali che fanno da sfondo alla nuova territorialità sono:

Le nuove tecnologie, soprattutto legate all'informatica e alla telematica. Si tratta della moltiplicazione dell'intensità ed estensione dei contatti transnazionali.

Questo è possibile in quanto è disponibile una nuova base tecnologia, l'elettronica, che rende possibile l'uso universale dei computer.

Nello stesso tempo c'è la comunicazione a distanza in tempo reale attraverso la telematica e, poi, l'impiego della robotica nella produzione (automazione flessibile).


Tutto questo ha reso possibile la codificazione di una quota crescente delle nostre conoscenze.


La complessità richiesta dalla globalizzazione richiede maggiore codificazione che permette all'informazione di fluire da un livello all'altro (globale-locale) senza perdere di significato (un tempo, invece, l'informazione si distorceva).

Quindi si entra a far parte di una rete mondiale articolata fino ai nodi locali: è un veicolo sia per la globalizzazione che per l'affermazione delle specificità locali.

Tutto questo mediante codici condivisi.


Questi devono essere esaminati, valutati insieme alle strategie e ai processi sociali al cui interno la tecnologia viene:


Scelta: può essere scelta attraverso:

processi consapevoli cioè pianificati e che possono essere attuati in risposta a strategie pubbliche o private;

processi inconsapevole cioè non è pianificata e non è legata ad una strategia, ad esempio, nel caso del processo imitativo;

processi indotti cioè è la grande impresa che costringe l'indotto ad adeguarsi alle proprie scelte.


Sviluppata questo avviene tramite l'organizzazione territoriale del nostro sistema locale e le reti.


Diffusa con varie possibilità di risposta, essa dipende dalle caratteristiche del nostro sistema locale (attori + governance).


Si può dire che le tecnologie dell'informazione, che sono molto rilevanti, sono alla base dell'affermazione di nuove forme organizzative dell'impresa (o meglio dell'economia) e della società.

Queste forme sono sintetizzabili in 3 categorie:


Flessibilità organizzativa del sistema economico e sociale:

E' una diretta conseguenza della rivoluzione delle nuove tecnologie.

Si ritrova, non solo, nell'impresa ma anche nel mercato del lavoro da un punto di vista etico-morale.


Gli elementi più rilevanti sono:

Modificazioni radicali nella struttura occupazionale, nuove conurazioni rispetto alla rigidità precedente basata sull'incertezza e sui mutamenti ad esempio lavoro part-time, lavoro temporaneo, orari flessibili, orari scivolati, segmentazione delle mansioni.

Mutano i tradizionali rapporti tra soggetti pubblici e soggetti privati.

Al disimpegno dello Stato in molte sfere dell'economia si accomna un crescente sostegno ad alcune attività di solito generatrici d'innovazione.


Dipende da alcune condizioni:

costi crescenti della ricerca;

ridotto ciclo di vita dei prodotti che richiede interventi di regolazione;

supporto organizzativo per favorire la crescente integrazione tra le diverse tecnologie;

investimenti pubblici per la formazione ed il sostegno dell'occupazione, per i grandi processi di ricerca.


Per rispondere alla complessità di un ambiente che non è più solo economico ma anche tecnologico e ha una crescente entropia sociale, l'impresa deve compiere il passaggio da impresa-struttura (organizzata gerarchicamente e sulle economie di scala) a impresa-progetto (strutturalmente instabile).


Il vantaggio competitivo si acquisisce in misura crescente nel produrre prodotti e servizi appropriati nel tempo, nel modo, nel luogo in cui essi sono richiesti dal mercato.

Si deve notare, comunque, che l'organizzazione dell'impresa è condizionata ma non determinata dalla tecnologia, essa è un prerequisito dello sviluppo tecnologico stesso, essendo la scelta tecnologica parte integrante della strategia complessiva dell'impresa.


Crescente instabilità delle strutture d'impresa:

La ricerca di rapporti di interdipendenza e di collaborazione tra le imprese è all'origine di forme organizzative diverse rispetto a quelle consuete formali o di mercato.

Per esempio, accordi di cooperazione sempre più diversificati, alleanze strategiche anche di breve periodo, le joint ventures.


Quali fatti scaturiscono da queste nuove forme organizzative:

Vista la forte interdipendenza tra le imprese, l'efficienza economica scaturisce da effetti sistemici piuttosto che a livello di singola unità.

La competitività si gioca tra sistemi non più tra imprese.

Le transazioni sono regolate da una varietà di forme contrattuali.

La simmetria dei ruoli porta a situazioni di cooperazione-dipendenza e alle reti di potere che si appoggiano a 3 tipi di potere:

macchiavellico;

hobbessiano;

di Focault.

In genere le strategie d'impresa sono reticolari e possiedono flessibilità e gestione della conoscenza almeno ai livelli superiori.

L'intercambiabilità dei partner riduce l'irreversibilità dei processi d'integrazione.


Nuovi e complessi comportamenti e processi spaziali:

La dimensione spaziale del comportamento d'impresa acquista nuove e ulteriori complessità.

Si accentuano:


Il bisogno di essere presenti nei nodi delle reti d'informazione, comunicazione, commerciali, finanziarie ai livelli di scala.

L'esigenza per l'impresa di presentarsi come partner efficiente.

Il vecchio modello di unità distribuita spazialmente monofunzionale e specializzata è sostituito da reintegrazioni funzionali alla ricerca di nuove sinergie sia all'interno della propria struttura sia all'esterno.


Queste 3 situazioni portano una serie di conseguenze per cui sono messi in discussione e tal volta in crisi:


Le forme di organizzazione tradizionali che tendevano a controllare l'intero sistema (filiere come pure le integrazioni verticali ed orizzontali).


L'antico concetto di economie di urbanizzazione è rivitalizzato in termini di sinergie ed interazioni di funzioni di rete.


Si affermano tendenze verso la riconcentrazione spaziale, favorita proprio dalle nuove tecnologie.

La segmentazione funzionale fra concezione, progettazione ed esecuzione dei processi dà luogo a nuove forme di polarizzazione.


Diffusione e riconcentrazione (certe attività strategiche le voglio qui) sono due forme che si intrecciano senza cancellarsi: si parla di "diffusione concentrata".

Si decentrano le funzioni banali e si accentrano le funzioni strategiche ma in realtà c'è una gamma di forme intermedie tenendo conto della ricerca dei fattori di produzione a minor costo.

L'innovazione tecnologica, specie se radicale, è un processo conservatore dal punto di vista territoriale, richiedendo vantaggi specifici localizzati e, quindi, che non esistono ovunque.


Si affermano forme organizzative più orizzontali e con logica localizzativa flessibile e nuovi vincoli (no foot loose) che pongono, come determinante, la presenza di strutture e infrastrutture di ricerca, apparati di formazione di alto livello, servizi alle imprese di valenza strategica, qualità ambientale, bacini di forza lavoro qualificati.




Loesh arriva a 27 k ma crea delle grandi complicazioni per fare un modello più elastico in cui fa ruotare l'esagono per intercettare i settori di città.

Sistema in equilibrio: sta utilizzando bene le sue risorse dandone una buona allocazione (equilibrio tra risorse ed opzioni).

Ad esempio la Manetti & Roberts quando si è spostata da Rifredi a Calenzano ha dovuto approntare un servizio di pullman dalla stazione alle nuove sedi.

Il valore medio tra le attività finanziarie ed il PIL è del 7% in USA, Giappone e Francia mentre in Italia è del 5%.

Ad esempio le discariche sono necessarie ma fatele lontano. E' di nuovo un problema globale-locale.




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