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LO STATUTO PARTICOLARE DELL'IMPRESA BANCARIA


Lo statuto dell'impresa bancaria risulta dal R.D.L. n.375 del 1935    (legge bancaria), il quale è stato modificato con il DPR n.350 del 1985, emanato in base ad una legge delegata in attuazione della Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee n.77/780 del 1977.

Le modificazioni più rilevanti riguardano:


l'affermazione di principio contenuta nell'art.1 della legge bancaria, secondo la quale raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito 'sono funzioni di interesse pubblico'. Questa affermazione è stata modificata ed ora si dice che la raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito 'ha carattere di impresa indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli enti che la esercitano'. Si è così risolto il problema che in precedenza si poneva se dovesse parlarsi di impresa privata a tutti gli effetti o invece di impresa esercente un pubblico servizio e cioè in definitiva strumento dell'azione della pubblica amministrazione e della sua politica economica. Si può infatti desumere definitivamente la veridicità della prima delle ipotesi suddette; (Peraltro a queste conclusioni si poteva arrivare anche senza l'ausilio del decreto 350/1985: infatti, l'art.1 della legge bancaria del 1936 parla di interesse pubblico e non di funzione pubblica; pertanto la formula non sta ad indicare una funzione propria dello Stato, ma semplicemente una funzione che, pur essendo propria di altri, è rilevante dal punto di vista dell'interesse generale.)



l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa bancaria. Tale autorizzazione non è più rimessa alla discrezionalità della Banca d'Italia, ma deve essere concessa tutte le volte che sussistano le condizioni fissate nell'art.2 del DPR 350785, e precisamente:


a)    esistenza di un capitale sociale (nel caso di società azionarie, a responsabilità limitata e cooperative) o di un capitale a fondo di dotazione (nel caso di enti pubblici) non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d'Italia;

b)   possesso da parte degli amministratori di requisiti di esperienza conformi alle previsioni di legge (artt.2, 3, 4 del decreto);

c)    possesso, da parte degli amministratori, di coloro che esercitano funzioni di controllo e di coloro che partecipano al capitale in maniera influente, dei requisiti di onorabilità di cui all'art.5 del decreto;

d)   presentazione di un articolato programma di attività.


Le autorizzazioni rilasciate debbono essere comunicate alla Commissione delle Comunità europee. Il diniego e la revoca dell'autorizzazione devono essere motivati (artt.9 e 10 del decreto);


3) la chiusura di determinate sedi o filiali, la quale può ora essere disposta con deliberazione motivata del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) solo in conseguenza di violazioni di legge, di irregolarità di gestione ed insufficienza di fondi. Salvo queste modifiche rimane integralmente all'impresa bancaria la legge bancaria (R.D.L. 375/1936). Rimangono così applicabili i particolari controlli tecnici e giuridici, preventivi e successivi, che vengono esplicati dall'organo di vigilanza (il CICR, presieduto dal Ministro del Tesoro, e la

Banca d'Italia), al quale sono attribuiti, ad esempio, i seguenti poteri:


dare istruzioni con carattere vincolante in ordine ai criteri di    gestione e alle condizioni da praticarsi nei rapporti con i terzi;

disciplinare l'emissione da assegni circolari; - ordinare o provvedere direttamente alla convocazione dell'assemblea e del consiglio di amministrazione;

stabilire particolari cauzioni per gli amministratori e per i dirigenti.


Rimangono altresì i particolari obblighi professionali in aggiunta a quelli dell'imprenditore (ad esempio, la tenuta di particolari libri contabili oltre quelli previsti dal codice, la comunicazione all'organo di vigilanza del bilancio e di situazioni periodiche, ecc.).

La legge bancaria esige che vi sia una corrispondenza tra le forme di raccolta del risparmio e le forme di investimento di esso da parte della banca, in modo che questa possa far fronte alle richieste dei risparmiatori e ai suoi obblighi di restituzione.

Pertanto la legge bancaria distingue le banche in due categorie:


le agenzie di credito, ossia quelle banche che raccolgono il risparmio a breve termine. (tali banche possono essere sia private che pubbliche). Queste banche si obbligano a restituire le somme ricevute a semplice richiesta del risparmiatore. In questo caso, mancando ogni collegamento tra raccolta del risparmio e operazioni di credito, i controlli sono più densi e penetranti, in quanto si deve realizzare la liquidità bancaria appunto attraverso il controllo dell'effettivo proporzionamento delle contrapposte operazioni;

gli istituti di credito, ossia quelle banche che raccolgono il risparmio a medio e lungo termine. (tali banche sono nella quasi totalità enti pubblici). Queste banche si obbligano a restituire le somme ricevute soltanto a scadenza fissa ovvero dilazionata nel tempo, secondo un piano di ammortamento. In questo caso il problema della liquidità si risolve contabilmente al momento della concessione del prestito, quindi non sorge la necessita' di particolari controlli. Al di sopra dell'una e dell'altra categoria di banche sta, con funzione regolatrice, l'Istituto di emissione, cioè la Banca d'Italia. Si è detto che le banche possono essere pubbliche (tra gli istituti di credito di diritto pubblico la legge ricomprende, ad esempio, la BNL, il Banco di Napoli, il Monte dei Paschi di Siena, ecc.) o private. La categoria delle banche private si suddistingue in due sottocategorie:


1) Le banche di interesse nazionale, cioè quelle costituite in forma di società per azioni e aventi una vasta organizzazione nazionale (filiali in almeno 30 provincie), le quali siano dichiarate tali con decreto del presidente del consiglio dei ministri (art.25 legge bancaria). Tali società, in considerazione della loro importanza per la pubblica economia, oltre che dalle disposizioni del codice sulle società per azioni (art.2461 c.c.), sono sottoposte a una disciplina differenziata (contenuta nella legge bancaria) per quanto riguarda:

lo statuto e le sue modificazioni, che debbono essere approvati dall'autorità governativa (Ministero del Tesoro);

la partecipazione azionaria, la quale, dall'entrata in vigore della legge bancaria, non può essere assunta da cittadini ed enti stranieri;

la circolazione delle azioni, le quali debbono essere nominative.


2) Le banche ordinarie, le quali devono essere costituite in forma di società per azioni o in accomandita per azioni e possono assumere la forma di società ordinaria o di società cooperativa. Anche rispetto a queste banche è necessaria l'autorizzazione del Ministero del Tesoro e vale il principio della nominatività delle azioni. (quest'ultimo principio è attenuato dal fatto che il Ministero del Tesoro può ammettere che vi siano azioni al portatore, purché i voti spettanti a tali azioni non superino il 45% dei voti complessivi.). Per le società che esercitano un'attività bancaria valgono inoltre i seguenti principi particolari:

la fusione può essere deliberata dal consiglio di amministrazione, anziché dall'assemblea dei soci, e l'atto di fusione dev'essere approvato con decreto;

l'organo di vigilanza può disporre, su richiesta degli organi della società lo scioglimento degli organi amministrativi e la nomina di un commissario straordinario e di un comitato di sorveglianza (amministrazione straordinaria). Tale disposizione può avvenire anche per iniziativa dell'organo di vigilanza, quando vi siano particolari condizioni (gravi irregolarità nell'amministrazione, inosservanza di norme di legge, ecc.);

nei casi più gravi di irregolarità l'organo di vigilanza può disporre la liquidazione amministrativa della banca. Tale liquidazione, che, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, sostituisce il fallimento, è una procedura concorsuale, ossia è diretta al soddisfacimento simultaneo e paritetico di tutti i creditori.





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