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VERSO LA NEW ECONOMY



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VERSO LA NEW ECONOMY

Definizione di New Economy:

La New Economy si può definire come l'insieme dei molteplici cambiamenti qualitativi e quantitativi che, durante gli ultimi 15 anni, hanno trasformato la struttura, le funzioni e le regole dell'economia.   

La New Economy, quindi, può essere intesa come una nuova tecnica commerciale alla cui base vengono interposte le tecnologie informatiche e in particolare Internet, la rete informatica internazionale per eccellenza, che appunto rappresentano esplicitamente gli strumenti essenziali per svilupparla.


Nascita della New Economy:

Per capire bene la nascita della New economy, dobbiamo andare indietro nel tempo ed analizzare sia in Italia sia nel mondo, la situazione storica- sociale che l'ha provocata.



I cambiamenti fondamentali avvenuti nell'economia risalgono in particolar modo agli anni successivi alla grande crisi del 1929. I mutamenti furono molteplici, sia nel campo della finanza sia nel settore bancario.

Nel corso della storia, la Borsa di New York è sempre stata un punto di riferimento per tutte le altre Borse, tanto che ancora oggi, quando bisogna esprimere un giudizio sull'andamento di un determinato titolo, o studiare un particolare effetto economico, ci si rapporta ad essa. C'è da dire però, che intorno agli anni '30 è stata travolta da un periodo di enorme crisi economica, che proprio in quegli anni divampava negli Stati Uniti, denominato "Grande Depressione".


La Crisi del '29 e il New Deal:

Dopo la Prima Guerra Mondiale, negli anni che intercorrono tra il 1920 e il 1929, gli Stati Uniti conobbero un periodo di grande prosperità e progresso trainato soprattutto dal settore automobilistico (che a sua volta ha trascinato con sé altri settori come quello metallurgico, della gomma, il settore petrolifero, dei trasporti e edile). Sembrava essersi innescato un circolo virtuoso: l'alta produttività permetteva di mantenere inalterati i salari e i prezzi dei prodotti sul mercato. Questo favoriva, quindi, gli investimenti che permettevano a loro volta di aumentare la produttività. Il periodo di prosperità iniziato sembrava non dover subire arresti. Tuttavia agli investimenti e al continuo aumento della produttività, non corrispose una proporzionata crescita del potere d'acquisto dei salari e stipendi. Nei primi anni dopo il primo conflitto mondiale, lo sviluppo era stato sostenuto dai risparmi accumulati negli anni della guerra e dai bassi tassi d'interesse. Nel novembre 1920, anno nel quale le donne ottengono il diritto di voto, le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti vedono vincitore il presidente Warren Gamaliel Harding, un repubblicano, che promosse lo sviluppo produttivo interno, lasciando ampio spazio d'azione alle imprese senza interferenze statali, difendendo il mercato interno con le alte tariffe doganali e limitando l'emigrazione. Il successore di Harding fu Calvin Coolidge, che si attenne, fondamentalmente, alle stesse linee di condotta. Nel 1928 viene eletto alla presidenza un altro repubblicano Herbert C. Hoover, il quale seguì i principi del liberismo economico, rifiutandosi di far intervenire lo Stato negli affari degli imprenditori o capitalisti privati. Al culmine di un periodo di prosperità, in un giorno del 1929, giovedì 24 ottobre (che sarà ricordato come il "giovedì nero") alla Borsa di Wall Street, a New York, si registra un calo vistoso del valore dei titoli delle più importanti imprese americane; vengono svendute quasi 13 milioni d'azioni. La frana sembra arrestarsi il giorno successivo, ma poi riprende, devastante più che mai, martedì 29 (il "martedì nero"), il più disastroso di tutta la storia finanziaria degli Stati Uniti: sono scambiati, a prezzi sempre più scadenti, 33 milioni di titoli. Gli sforzi dei banchieri e degli agenti di cambio sono del tutto inefficaci, di fronte alla dimensione della catastrofe. Gli Stati Uniti, in meno di una settimana, divennero, da nazione prospera, un paese alle soglie della povertà ed in preda al panico. La crisi, continua con effetti devastanti sino al 1932, provocando un crollo della produzione mondiale di circa il 50%. Le cause di un crollo così rapido ed inaspettato sono sicuramente da ricercarsi in un insieme di elementi divenuti ingovernabili, poiché sommati nelle errate proporzioni a determinati fattori dell'economia americana. Per comprenderle si deve esaminare la situazione dell'economia degli Stati Uniti negli anni tra 1925 e il 1929. In quegli anni le industrie prosperano, producono un gran numero di oggetti e di beni da vendere, ma hanno sempre più bisogno di denaro per aumentare le quantità prodotte, e chiedono ed ottengono prestiti, soprattutto dall'Europa. I compratori, dal canto loro acquistano molti oggetti, ma soprattutto a rate, visto che la maggior parte degli operai e degli impiegati hanno ancora bassi salari, e non dispongono quindi di molto denaro liquido.

In questa situazione, improvvisamente, si susseguono due avvenimenti inaspettati:

- la Banca d'Inghilterra limita il flusso di sterline verso gli Stati Uniti facendo così mancare i finanziamenti per le industrie americane.

- I consumatori americani, nella grande maggioranza non ricchi, si trovano impossibilitati a comprare altri beni, perché già indebitati con le rate; le fabbriche continuano a produrre, ma gran parte delle merci restano invendute.



In questa situazione di disastro economico, che Hoover si rifiuta di ammettere continuando a ripetere che "la ripresa era dietro l'angolo", nessun capitalista privato va a rischiare i suoi capitali, già abbondantemente danneggiati dalla crisi, per riavviare la produzione dei beni che non hanno nessuna possibilità di essere venduti.

Chi capisce questo, e cerca di trovare un'alternativa valida per far riprendere l'economia capitalistica, è l'economista inglese, docente universitario a Cambridge, John Maynard Keynes, il quale, sostiene la necessità dell'intervento economico dello Stato che, con le sue riserve auree e il monopolio della moneta, può permettersi di finanziare la ripresa, facendo costruire opere pubbliche e dando lavoro a una buona parte di gente, che comincerà a guadagnare e a comprare beni di consumo. Oltre a ciò, lo Stato deve vigilare sull'attività finanziaria delle banche e delle Borse, di modo che non si riproducano più crisi di liquidità e manovre speculative a danno dei piccoli e medi risparmiatori, riducendo la libertà di iniziativa degli imprenditori e un modesto aumento dell'inflazione.

Gli anni tra 1930 e il 1940 sono dedicati ad una sorta di "ricostruzione". L'uomo che fu assunto per questo e che si preoccupò di risollevare il paese dalla crisi, fu Franklin Delano Roosevelt, eletto presidente degli Stati Uniti nel 1932, varando proprio in quegli anni, il grandioso programma politico ed economico noto come "New Deal" basato proprio sulle idee keynesiane.

Il New Deal consiste, sostanzialmente, nel finanziare lavori pubblici, e prestare alle imprese dei capitali d'investimento, a tassi agevolati favorendo in particolare quelle aziende che accettavano di assumere una certa quota di manodopera nera, in modo da far diminuire la discriminazione razziale. Con il New Deal lo Stato garantisce:

l'assistenza sanitaria e pensionistica ai lavoratori;

incoraggia la formazione dei sectiunelli e dei trust tra le imprese per potenziare le loro possibilità di investimento;

svaluta il dollaro in modo da rendere più competitive le esportazioni dei beni americani, consentendo agli agricoltori indebitati, numerose facilitazioni nel amento dei loro debiti.

La politica economica del New Deal riesce a far ripartire, in parte, l'economia statunitense e a riassorbire almeno la metà dei disoccupati. Questo permette di ridare un po' di fiducia al pese con innegabili risvolti positivi nella ripresa dei consumi.

Ma la vera ripresa economica statunitense avverrà in occasione della seconda guerra mondiale, quando la produzione bellica imprimerà una decisiva svolta alla debole economia statunitense e mondiale.

É dunque proprio in questi anni, che gli studi condotti da John M. Keynes, permisero di sottoporre ad una dura critica i principi teorici su cui si basava il liberismo economico. Si dimostrò infatti, che il libero gioco delle forze economiche, non sempre riesce a realizzare automaticamente una condizione di equilibrio del mercato, determinando notevoli squilibri fra offerta e domanda. Proprio la crisi del '29 permise a Keynes di capire come la cosiddetta finanza neutrale, dove lo Stato deve incidere il meno possibile sull'economia del paese, prestando solamente i servizi essenziali e chiedendo meno tributi possibili ai cittadini, dovesse essere sostituita con la finanza funzionale, dove invece, nel momento in cui il mercato non riesce a funzionare a causa dei cosiddetti fallimenti di mercato (monopoli, beni pubblici, crisi economiche) è lo Stato che deve riuscire ad intervenire per risanare la situazione.

La finanza funzionale, fu ben vista da Keynes, e fu applicata ben presto in tutti i paesi industrializzati per rilanciare la domanda, la produzione e l'occupazione.







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