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I FLUSSI PIROCLASTICI

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I FLUSSI PIROCLASTICI

I flussi piroclastici sono miscele di particelle solide e gas che si formano nel corso di eruzioni esplosive e che scivolano veloci dal vulcano rasentando il terreno. Il volume totale delle particelle solide è molto variabile, ma sempre superiore rispetto a quello dei gas.

In un flusso piroclastico possono essere trasportati insieme solidi con dimensioni molto diverse, da ceneri fini a grossi blocchi. I piroclasti più piccoli (ceneri e lapilli) e il gas sono considerati la matrice che funge da sostegno e mezzo di trasporto per i piroclasti più grossolani.

La capacità di un flusso di mantenere in sospensione piroclasti grossolani dipende dalla densità della matrice e quindi dalla quantità di cenere. Questa varia continuamente durante lo scorrimento del flusso. Molta viene prodotta dalla collisione e frantumazione delle pomici, mentre la frazione più leggera è trascinata nell'aria dal movimento dei gas.

Lo scorrimento della miscela eruttiva può avvenire con flusso laminare, quando le particelle solide si muovono secondo linee rette oppure con flusso turbolento, quando le particelle seguono vortici circolari. I due regimi di flusso possono instaurarsi in zone diverse di un solo flusso, quello turbolento nelle aree esterne dove la corrente è meno concentrata e quello laminare nella parte di flusso più densa.



ORIGINE DEI FLUSSI PIROCLASTICI

I flussi piroclastici sono stati osservati fino dal 1631 al Vesuvio, ma solo dopo le tragiche eruzioni avvenute nei Caraibi, alla Soufrière di St. Vincent il 7 maggio 1902 e il giorno successivo, 8 maggio, alla Montagne Pelée della Martinica, che causarono la morte di migliaia di persone, si è constatata la pericolosità di simili eventi.

Dall'osservazione di queste due eruzioni, i flussi piroclastici vengono distinti in:

  • derivanti dal collasso di una colonna eruttiva sostenuta (tipo Soufriere di St. Vincent)
  • derivanti da un'esplosione direzionale (tipo Pelée o tipo St. Helens) 
  • un'altra possibile origine è la formazione di getti supersonici al cratere.

- COLLASSO DELLA COLONNA, TIPO SOUFRIERE

Alla Soufrière si era osservata un'esplosione verticale, durante la quale i materiali più grossolani della colonna, incapaci di sollevarsi nell'atmosfera, erano scivolati lungo i fianchi del vulcano.

Uno dei fattori che impediscono a una colonna eruttiva di mantenersi sostenuta è la sua densità. La miscela eruttiva diventa troppo densa quando l'aria atmosferica non viene inglobata rapidamente nella zona a getto della colonna. Se il contenuto iniziale di gas è basso, il getto non è abbastanza veloce da imprimere alle particelle un movimento vorticoso e, di conseguenza, non riesce a inglobare aria esterna sufficiente a mantenere una colonna sostenuta.

Quando la miscela diventa più densa e quindi più pesante dell'aria, la colonna collassa e i prodotti scorrono per gravità lungo i fianchi del vulcano.

- ESPLOSIONE DIREZIONALE, TIPO PELEE O TIPO ST. HELENS

Si dicono direzionali quelle esplosioni che invece di formare una colonna eruttiva verticale verso l'alto, esplodono con una direzione prevalentemente orizzontale o inclinata di qualche grado rispetto all'orizzontale. Le esplosioni direzionali possono avvenire sul fianco di un vulcano o anche al cratere sommitale se un accumulo di lava tappa la via di uscita più diretta.

L'esplosione direzionale della Pelée del 1902 si è verificata dopo il crollo del duomo di lava viscosa che ostruiva il cratere e che era spinto dal nuovo magma. Nel 1930 un'altra eruzione simile fu osservata sullo stesso vulcano.

La conferma che i flussi piroclastici possano formarsi per esplosioni direzionali si è avuta nell'eruzione del St. Helens il 18 maggio del 1980. Il condotto principale era ostruito e ostacolava la risalita di nuovo magma. Il fuso cominciò ad accumularsi alla base del condotto e la pressione divenne così alta da fratturare le pareti del cono. Intrudendosi lungo le fratture, il magma rigonfiò il fianco del vulcano fino a farlo franare.

Con la frana il magma venne a trovarsi improvvisamente depressurizzato e, in pochi attimi, uscì dal fianco aperto con una gigantesca esplosione direzionale.

- FLUSSO SUPERSONICO

Una miscela eruttiva può dar luogo a un flusso piroclastico quando è spinta all'esterno del cratere da una pressione talmente alta da formare un getto supersonico.

La possibilità che si formino getti supersonici è legata alla differenza di pressione fra il getto che emerge dal cratere e la pressione ambiente. I 'getti bilanciati' hanno all'uscita una pressione paragonabile con quella atmosferica e formano un flusso che mantiene una direzione verso l'alto, parallela all'asse del condotto. In questo caso si ha il tipico getto delle colonne eruttive pliniane.

Quando, invece, la pressione del magma alla bocca è molto più alta di quella atmosferica, si ha un 'getto sovrapressurizzato' e il flusso, all'uscita dal cratere, diverge ad angolo retto dall'asse del condotto.

LA FLUIDIZZAZIONE

Il termine fluidizzazione indica la condizione in cui i gas, presenti all'interno di un flusso piroclastico, muovendosi verticalmente, esercitano una forza di trascinamento sulle particelle solide pari alla loro forza di gravità.

La capacità dei flussi piroclastici di percorrere lunghe distanze è attribuita a questo processo. Il movimento del gas mantiene in sospensione i granuli, aumenta i vuoti tra le singole particelle e riduce gli attriti tra le particelle e con il terreno.

Essendo composti da granuli di dimensioni molto diverse, i flussi piroclastici possono essere solo parzialmente fluidizzati. Infatti, quando il flusso di gas è in grado di mantenere in sospensione le particelle più pesanti, quelle più fini sono trascinate all'esterno.

Raggruppando le particelle solide di un flusso piroclastico in tre classi granulometriche, si possono schematizzare tre situazioni:

  • la velocità del gas è maggiore della velocità di caduta dei piroclasti: queste particelle sono espulse dal flusso con un processo detto di elutriazione;
  • la velocità del gas è uguale alla velocità di caduta dei piroclasti: queste particelle sono fluidizzate;
  • la velocità del gas è minore della velocità di caduta dei piroclasti: queste particelle cadono verso il basso e si sedimentano. 

Le particelle fini possono essere elutriate o fluidizzate dal gas. Quelle di dimensioni maggiori, non sostenute dal gas, possono cadere o restare in sospensione, a seconda che siano più o meno dense della matrice. Le pomici sono leggere e, soprattutto se grandi, possono galleggiare; i litici (pezzi di lava, sassi raccolti dal terreno, ecc.) sono pesanti e affondano.

L' ELUTRIAZIONE

Il processo di elutriazione consiste nell'espulsione di cenere fine dal corpo del flusso per mezzo dei gas che si muovono verso l'esterno.

Il volume dei piroclasti elutriati dipende, oltre che dal contenuto iniziale di gas e di particelle fini, anche dalla capacità del flusso di inglobare aria esterna e di riscaldarla. Da flussi piroclastici voluminosi e ad alta temperatura sono elutriate grandi quantità di ceneri.

La quantità di materiale elutriato aumenta quando il terreno su cui scorre il flusso è ripido, in quanto in un flusso veloce aumenta l'inglobamento di aria e la turbolenza e diminuisce la sedimentazione.

LA TURBOLENZA

Per turbolenza si intende il movimento di particelle non secondo linee rette, ma secondo vortici circolari. La turbolenza è ostacolata, nei flussi piroclastici, dalla densità stessa del flusso che impedisce un movimento vorticoso delle particelle.

Alcune parti di un flusso piroclastico possono comunque essere interessate dalla turbolenza, soprattutto quando i granuli cominciano a cadere verso il basso e si formano zone meno dense e con piroclasti prevalentemente fini.

Le zone dove è più probabile la turbolenza sono quelle esterne. Nella parte superiore questo può avvenire perché il flusso di gas è maggiore, la concentrazione di solidi è bassa e la granulometria mediamente piccola.

Nella zona frontale, la turbolenza è possibile fino a che la parte più avanzata del flusso è in grado di inglobare e riscaldare aria. Nella zona basale, si possono creare vortici per le irregolarità del suolo o per il contatto con un terreno umido che genera nuovo gas.

ORIGINE DEL GAS

Il gas, vapore acqueo o altro, contenuto nei flussi piroclastici può derivare da fonti interne o esterne al flusso. Quelli di fonte interna derivano dalla rottura, dall'attrito o per diffusione dal materiale iuvenile.

Quelli di fonte esterna comprendono i gas intrappolati durante il collasso della colonna eruttiva sostenuta, l'aria esterna inglobata dal fronte del flusso in movimento, i gas rilasciati dalla combustione della vegetazione e il vapore derivante dal contatto con superfici d'acqua o con un suolo umido.

La principale fonte interna di gas consiste nella diffusione dai frammenti iuvenili. Questo processo produce un flusso di gas che aumenta con l'altezza del flusso piroclastico.

L'incremento del flusso di gas verso l'alto, dove la corrente è anche meno concentrata e composta prevalentemente da ceneri, crea nella zona superiore del flusso un'alta fluidizzazione o anche turbolenza. Questa zona possiede una maggiore capacità di movimento rispetto a quella densa sottostante e può continuare a scorrere anche quando l'altra si ferma.

La liberazione di gas attraverso la frantumazione o l'attrito fra i piroclasti juvenili interessa particolarmente le zone del flusso dove la concentrazione di particelle solide è alta e dove gli attriti fra i clasti sono frequenti.

La quantità di gas prodotto attraverso questo meccanismo può variare da punto a punto all'interno di uno stesso flusso piroclastico ed è condizionata, oltre che dall'addensamento dei granuli, anche dal volume di gas intrappolato all'interno dei piroclasti che collidono e liberato con la frantumazione.

La quantità di gas derivante dall'intrappolamento di aria al momento di formazione del flusso piroclastico può essere rilevante se il flusso è generato dal collasso di una colonna eruttiva.

Nel collasso della colonna, quando la miscela eruttiva si avvicina al terreno, molta aria viene compressa e produce un grande flusso gassoso. Parte del gas viene espulso lateralmente e parte viene costipato all'interno del flusso piroclastico che si sta formando, dove provoca una breve fase di intensa fluidizzazione.

Nello stesso tempo vengono elutriate dal flusso grandi quantità di particelle fini. Durante la fase di fluidizzazione, grossi litici, non sostenuti dalle correnti ascensionali di gas, sono depositati nelle zone vicino al cratere.

Il processo di intrappolamento di aria nella zona frontale del flusso piroclastico in movimento è favorito dalla forma rientrante che questa assume per l'attrito col terreno.

Parte dell'aria compressa sotto il flusso viene espulsa in avanti, parte si riscalda, si espande e risale verso l'alto causando la fluidizzazione della testa e l'elutriazione delle particelle fini che vanno a formare una nube diluita soprastante.

La combustione di vegetazione o l'attraversamento di superfici d'acqua può aggiungere grandi quantità di gas quando la vegetazione è particolarmente abbondante o quando il flusso si incanala in vallate con fiumi o laghi.

FORMA DEI FLUSSI PIROCLASTICI

Con il termine forma si intende l'aspetto che assume un flusso piroclastico quando si allontana dal cratere. Data la violenza dei flussi piroclastici e la scarsa frequenza con cui si verificano, non esistono testimonianze dirette, se non di flussi relativamente piccoli osservati da grandi distanze. Molte osservazioni sui flussi piroclastici nascono dall'analisi dei prodotti sedimentati.

In genere un flusso piroclastico viene considerato divisibile in tre zone: testa, corpo e coda. La parte più avanzata, cioé la testa, sviluppa sul proprio fronte una forma a lobi e rientranze.

Le zone rientranti, insieme alla forma leggermente rialzata che il flusso assume per l'attrito con il terreno, favoriscono l'incorporazione di aria dall'esterno. L'aria ingerita si riscalda e si espande rapidamente provocando fluidizzazione e, in alcuni casi, turbolenza.

Nei flussi poco veloci e molto densi la testa è poco espansa, mentre quelli molto veloci che possono ingerire grandi quantità di aria esterna, hanno una testa molto espansa e turbolenta.

Il corpo è la parte in cui sono trasportati gran parte dei piroclasti che compongono il flusso. Le particelle sono addensate e il processo di fluidizzazione è meno intenso che nella testa.

La coda rappresenta quella parte che, a causa della sua vicinanza al terreno, dell'alto contenuto di particelle solide e della sua scarsa fluidizzazione si muove meno rapidamente del resto del flusso e viene lasciata indietro.

Sopra il flusso piroclastico può formarsi una nube costituita dalle particelle più fini, elutriate dalla testa e dal corpo, poco densa e con una capacità di proazione anche molto diversa da quella del flusso sottostante.

TRASPORTO DELLE PARTICELLE SOLIDE

Nei flussi piroclastici le particelle solide sono trasportate parte in sospensione e parte sono trascinate sul fondo. La forza di sostegno complessiva è quella che compensa il peso dell'intero carico, di fondo e sospeso.

Questa forza è generata in parte dagli urti tra le particelle, particolarmente nello strato basale, dove la sedimentazione è anche ostacolata dall'alta concentrazione. Per il carico trasportato in sospensione, il sostegno è dato dagli effetti combinati della fluidizzazione con l'impedimento alla sedimentazione per l'alta concentrazione.

La cenere può essere sostenuta dalla fluidizzazione, mentre i piroclasti meno densi della matrice (le pomici), vengono mantenuti in sospensione per galleggiamento. In questo modo, i flussi piroclastici possono trasportare insieme clasti di diverse dimensioni fino a distanze notevoli dal centro eruttivo.

L'impedimento alla sedimentazione, la pressione dispersiva generata dagli urti fra i granuli e il galleggiamento per contrasto di densità con la matrice sono in relazione diretta con la concentrazione del flusso.

Quindi, grandi quantità di piroclasti con dimensioni medie e grandi sono trasportate più facilmente da flussi molto densi e tendono ad essere depositate velocemente una volta iniziata la sedimentazione, cioé al diminuire della concentrazione.

SEDIMENTAZIONE DELLE PARTICELLE SOLIDE

In un flusso composto da particelle solide e fluido (la matrice di gas e cenere viene considerata nel suo insieme un fluido), la sedimentazione avviene quando la forza di gravità prevale sulle forze di sostegno dei solidi.

La sedimentazione del carico solido può avvenire per decantazione delle particelle in sospensione o per deposizione dal carico di fondo trasportato per trazione.

Quando i piroclasti possono muoversi uno indipendentemente dall'altro, le particelle possono sedimentarsi una ad una, mentre quando il movimento di un granulo implica il movimento degli altri, la deposizione avviene più probabilmente in massa.

I clasti pesanti che non possono essere sostenuti nel flusso vengono sedimentati nelle vicinanze del cratere, già durante il collasso della colonna e le fasi di formazione del flusso piroclastico.

Durante lo scorrimento, piccoli volumi di pomici sono scagliati in avanti da getti gassosi che escono dalla testa del flusso, si sedimentano in massa e vengono poi scavalcate dal resto del flusso.

L'alta fluidizzazione della testa favorisce l'elutriazione di cenere fine e la deposizione, sopra le pomici, di granuli densi (litici e cristalli) che si trovano non più sostenuti dalla matrice. Le ceneri fini trascinate all'esterno dal flusso gassoso, in parte ricadono al suolo con meccanismo da caduta.

Gran parte del carico solido, compreso in un'ampia gamma granulometrica con abbondanza di cenere fine, viene sedimentato dal corpo e dalla coda. La deposizione è particolarmente condizionata dalla morfologia e dal contrasto di densità con la matrice.

Sciami di grosse pomici possono galleggiare nel flusso e essere sedimentate in massa sulle sponde laterali o sul fondo di vallate ripide, mentre il resto del flusso scivola oltre. Il tasso di sedimentazione aumenta quando il flusso rallenta o si accumula nei bassi topografici.

I flussi piroclastici possono anche essere considerati come la porzione di un flusso stratificato per densità, cioé formato da strati a densità decrescente verso l'alto per effetto della caduta delle particelle solide. La stratificazione per densità avviene durante lo scorrimento del flusso e, dopo un certo tragitto, si forma una parte inferiore, densa, in cui le particelle hanno moto laminare e una parte superiore diluita, dove hanno moto turbolento. La parte turbolenta rappresenta il mezzo di trasporto del materiale in sospensione, mentre la deposizione avviene strato per strato dalla base del flusso.

In base a questa interpretazione, flussi piroclastici e surge sono considerati solo termini estremi di miscele eruttive a concentrazione differente ed è ritenuto più probabile che la variazione di concentrazione avvenga all'interno di un flusso via via che i solidi cadono verso il basso e vengono sedimentati.





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