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LE CALDERE



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LE CALDERE

Il termine 'caldera' deriva dalla lingua snola e viene usato dagli abitanti delle Canarie per identificare tutte le depressioni naturali di forma circolare. Adottato per la prima volta come termine geologico più di un secolo fa, solo più tardi e dopo molte confusioni si sono stabiliti i criteri fondamentali sulla sua interpretazione:

  • le caldere sono legate all'attività vulcanica;
  • sono caratterizzate da una struttura circolare;
  • differiscono dai crateri non soltanto nelle dimensioni, ma anche per il fatto che i crateri sono connessi ai condotti e le caldere al tetto della camera magmatica;
  • la differenza genetica fondamentale tra un cratere e una caldera consiste nel fatto che il cratere è sempre un condotto di eruzione, mentre una caldera non lo è mai;
  • le caldere sono il risultato dei cambiamenti di stato o di volume nel serbatoio sottostante;
  • il cratere è l'apertura attraverso cui i prodotti vengono emessi per costruire coni, cupole, ecc., cioè forme vulcaniche positive. La caldera è invece un'area di collasso sopra una camera di magma parzialmente svuotata ed è una forma negativa;
  • il cratere è tipico del periodo attivo di crescita di un vulcano, la caldera è invece un segno di decadenza.

Le grandi depressioni vulcaniche sono state per lungo tempo considerate il risultato di differenti meccanismi:



  1. esplosione e conseguente decapitazione di un apparato vulcanico,
  2. collasso di un'area per mancanza del sostegno sottostante a seguito di voluminose eruzioni esplosive e
  3. conseguenza di intense azioni erosive sulle pareti di ampi crateri.

L'ipotesi che molte caldere si siano formate per collasso ha lentamente guadagnato consensi rispetto alla possibilità di formazione per esplosione.

In base alla valutazione dell'energia disponibile nel corso di grandi eruzioni esplosive, effettuata sulla base dell'energia termica sviluppata, risulta infatti che questa diventa sufficiente a formare una caldera per esplosione soltanto nei casi di strutture di piccole dimensioni, tipo i maar. 

Le caldere da esplosione sono rare e relativamente piccole, tipo Tarawera e Bandai-San (attualmente ritenuta una struttura da frana). Le vere caldere da esplosione risultano in genere dall'unione di due o più crateri di esplosione. 

Le caldere da collasso sono generalmente suddivise in:

  • tipo Krakatau, quando il ribassamento segue ripetute e solitamente brevi eruzioni esplosive di pomici e ceneri. Esempi di questo tipo sono, oltre al Krakatau, Santorini, Crater Lake e Aso.
  • tipo Kilauea, quando una rapida effusione di lava da fessure laterali causa lo svuotamento del condotto centrale e il crollo della parte superiore della struttura vulcanica. Oltre al Kilauea, esempi sono il Mokuaweoweo e l'Askya.
  • tipo Katmai, prodotto dagli effetti combinati tra alterazione delle pareti, esplosione e crollo del cratere.
  • tipo criptovulcanico, formato da un ribassamento a seguito di esplosioni sotterranee, con poca o nessuna emissione di magma in superficie.
  • tipo Glen-Coe, dove il ribassamento risulta dal collasso del tetto della camera magmatica lungo fratture ad anello, per mancanza di sostegno dopo l'intrusione laterale di masse magmatiche o effusioni esterne di lave.

Tra tutti questi tipi di caldere, i primi due sono i più comuni. Le caldere da erosione possono svilupparsi da uno qualsiasi dei tipi precedenti, oppure possono risultare dall'ampliamento di crateri per azione erosiva. In questo modo si formano giganteschi anfiteatri, come nel caso della caldera Papenoo di Tahiti.

I due tipi principali di caldere da collasso sono quelle che si originano da eruzioni effusive basaltiche (tipo Kilauea) e quelle formate in seguito, o nel corso, di voluminose eruzioni di pomici e ceneri derivanti da magmi più differenziati (tipo Krakatoa).



A loro volta, le caldere del secondo tipo, cioè quelle associate a eruzioni esplosive, possono formarsi attraverso due meccanismi: collasso a pistone e collasso caotico.

Il collasso a pistone, probabilmente avvenuto per buona parte delle caldere Nord Americane ( Yellowstone nel Wyoming, Long Valley in California e Valles nel New Mexico), consiste nello sprofondamento di un blocco (pistone) di roccia lungo fratture anulari che rappresentano anche la via di alimentazione per l'attività successiva.

Le eruzioni che provocano la formazione di queste caldere emettono volumi di magma che variano dalle centinaia alle migliaia di chilometri cubi e il diametro della depressione può raggiungere i 5O km.

Il collasso caotico avviene invece per la fratturazione e il cedimento del tetto della camera magmatica in maniera disordinata (esempio tipico è il Krakatau).

Anche in questo caso le eruzioni emettono volumi di magma compresi fra la decina e, a volte, qualche centinaio di chilometri cubi, ma non si formano fratture anulari nel corso del collasso. I diametri delle caldere a collasso caotico sono compresi fra qualche chilometro fino ai 1O-2O km.

Nel caso di collasso caotico, l'attività post-calderica può avvenire da un unico apparato interno alla depressione, oppure possono formarsi apparati monogenici, spesso distribuiti senza regolarità.

Il tipo di collasso sembra collegarsi al contesto geologico in cui è inserito il vulcano. Si ritiene infatti che rocce molto antiche e resistenti permettano l'accumulo di grandi quantità di magma in serbatoi che acquistano nel tempo ampie dimensioni laterali. Da queste camere magmatiche avverrebbero le eruzioni più voluminose e il collasso successivo dell'intero blocco di rocce incassanti.

L'ipotesi è sostenuta anche dai dati ricavati dalla pratica mineraria e dalla realizzazione di cavità sotterranee, i quali indicano che la formazione di fratture anulari che si proano dalla cavità alla superficie è possibile solo quando le dimensioni laterali della cavità sono paragonabili con quelle della profondità.

Le eruzioni che hanno prodotto le grandi caldere nord-americane (Yellowstone, Valles, Long Valley) hanno profondità di drenaggio del magma molto alte che indicano la presenza di materiali incassanti ad alta resitenza e, infatti, sono impostate in una spessa crosta continentale precambriana con basamento granitico.

Quando le rocce incassanti sono invece più giovani e meno compatte vi è minore probabilità di formazione di ampie camere magmatiche. Le eruzioni che hanno prodotto le caldere giapponesi e quelle del Mediterraneo, hanno bassa profondità di drenaggio che indica rocce incassanti meno resistenti e, infatti, si tratta di crosta assottigliata da movimenti di distensione. 

In questo caso è più probabile che le rocce si fratturino e cedano irregolarmente in blocchi.

Il cedimento potrebbe non verificarsi se nel tetto della cavità si sviluppa un effetto volta di autosostegno delle rocce ma, nei sistemi vulcanici costituiti da rocce alterate dall'attività idrotermale, è probabile che le rocce fratturate crollino, senza sviluppare l'effetto volta.







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