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LE LAVE A BLOCCHI

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LE LAVE A BLOCCHI

Le lave non basaltiche formano in genere colate di lave a blocchi. Con lave a blocchi si può intendere un qualsiasi flusso di lava ricoperto da frammenti angolari e, in questo senso, si comprendono anche i flussi di tipo aa.

In senso stretto, le lave a blocchi sono quelle nelle quali i frammenti del detrito superficiale non sono ricoperti da spine, caratteristiche dei flussi aa, ma si presentano come blocchi poliedrici massivi, con superfici piane o leggermente curve.

Le lave a blocchi si formano da magmi con una viscosità elevata già vicino al cratere. Il chimismo è di tipo intermedio o acido, anche se si conoscono flussi di lave a blocchi derivanti da magmi basaltici eruttati a temperature insolitamente basse. Lo spessore di questi flussi è generalmente potente, maggiore di quello delle colate aa.

Sulla superficie della colata cresce rapidamente una spessa crosta vetrosa che si frantuma per il movimento del flusso sottostante. I blocchi possono essere vescicolati in misura molto varia, da totalmente privi di vacuoli, quando sono scuri e ossidianacei, a molto vescicolati nei flussi chiari e pomicei.

Le due situazioni si possono verificare anche in uno stesso flusso, con la presenza contemporanea di blocchi di ossidiana con fratture concoidi e blocchi pomicei ricchi di bolle.



Normalmente nella colata di una lava a blocchi si forma un nucleo centrale di lava massiva, ma il materiale frammentato resta predominante, fino a costituirne talvolta l'intero spessore. La superficie appare molto irregolare, con collinette e depressioni anche di notevoli dimensioni, disposte irregolarmente o in allineamenti che formano bordi ondulati, perpendicolari alla direzione di flusso.

I bordi si formano quando la variazione nel tasso di emissione di lava dal cratere provoca un aumento di portata nella colata che si ripercuote in un incremento nell'altezza del flusso. Si forma allora una specie di cresta che si muove con la corrente e, siccome il centro del flusso possiede una velocità maggiore dei bordi, il bordo si arcua con la parte convessa rivolta nella direzione di scorrimento.

Il movimento della parte inferiore è rallentato dalla bassa temperatura e dalla frizione con il terreno, mentre la parte superiore si muove dividendosi in una serie di strati che scivolano uno sull'altro.

Quando il fronte scorre con difficoltà, o è prossimo a fermarsi, gli strati si curvano bruscamente verso l'alto. Questo significa che la lava non completamente fredda riesce più facilmente a muoversi verso l'alto che a spingere il fronte in avanti sul terreno. Anche particolari condizioni locali, quali l'incontro di un ostacolo che rallenta il flusso, possono creare le stesse strutture (dette ramping) che formano in superficie le caratteristiche collinette che punteggiano le colate delle lave a blocchi.

La lava calda del nucleo può essere strizzata da irregolari movimenti del flusso, fino a risalire attraverso la parte detritica. In superficie, possono formarsi strutture verticali che si innalzano dallo strato a blocchi. Raffreddando, il materiale si frattura e, con il movimento del flusso, si riduce in blocchi che possono restare ammucchiati a formare colline di detrito superficiali.

In flussi particolarmente viscosi, come quelli riolitici, la curvatura verso l'alto degli strati può essere presente lungo l'intero flusso, dalla bocca eruttiva fino al fronte.


Le bombe sono brandelli di materiale iuvenile emessi allo stato fluido che solidificano durante il tragitto in aria o appena ricaduti a terra.

Alcune bombe vengono lanciate molto in alto e si raffreddano a contatto con l'aria durante il volo assumendo forme fusiformi. Altre cadono al suolo ancora calde, almeno nella parte interna, e assumono forme schiacciate (bombe a focaccia), spesso con una superficie screpolata (bombe a crosta di pane).

Le fratture esterne di una bomba sono dovute, oltre che alla contrazione da raffreddamento e all'impatto col terreno, anche all'espansione dei gas dal nucleo ancora caldo.

Ci sono bombe con un nucleo solido ricoperto da lava solidificata e arrotondata dal movimento aereo. Il nucleo può essere costituito da un pezzo di materiale accidentale o accessorio o anche da un pezzo di mantello solido incorporato nel magma (cored bombs).

Con agglomerato si intende un deposito costituito prevalentemente da bombe. Insieme si possono trovare scorie, litici accessori e accidentali. Essendo formati da elementi grossolani che ricadono al suolo non completamente freddi, gli agglomerati consistono in accumuli di materiale saldato che si ritrovano in luoghi vicini al punto di emissione.


I blocchi sono pezzi solidi dell'edificio vulcanico o di rocce profonde (materiale litico accessorio o accidentale) per lo più spigolosi. I blocchi accidentali possono essere di natura vulcanica, ma anche sedimentaria o metamorfica se provengono dalle rocce incassanti.

Quando sono brandelli di magma solidificato (materiale iuvenile) derivano dalla distruzione di duomi formatisi nel corso della stessa eruzione o dalla fratturazione di bombe.

Con breccia piroclastica si intende una roccia costituita per la maggior parte da blocchi spigolosi. In depositi non recenti di apparati ormai smembrati, la presenza di una breccia piroclastica può indicare la vicinanza del centro eruttivo.

Con breccia vulcanica si intende invece una roccia composta da qualsiasi tipo di particelle vulcaniche, spigolose, con dimensioni maggiori di 2 mm.


I lapilli (dal latino: piccola pietra) possono essere di natura iuvenile, accidentale o accessoria. Generalmente sono spigolosi quando costituiscono depositi da caduta e arrotondati dall'attrito quando vengono trascinati da una corrente piroclastica. Può anche verificarsi che, nell'impatto col suolo, fragili pomici grossolane si frantumino, formando lapilli a spigoli vivi.

I lapilli accrezionali, o pisoliti vulcaniche, sono elementi sferoidali, con dimensione dei lapilli, formati dall'aggregazione di ceneri o piccoli clasti. Le dimensioni delle pisoliti sono in molti casi comprese tra i 2 e i 10 mm di diametro, ma talvolta possono essere più grandi, anche fino a 15 cm, pur conservando il termine dimensionale di lapilli.

Il processo di aggregazione è attribuito all'azione di forze capillari e all'attrazione elettrostatica tra particelle di cenere all'interno di una miscela eruttiva umida. Da dati ricavati sperimentalmente, si è constatato che per formare strutture accrezionali in grado di preservarsi nei depositi, è necessario che la coesione avvenga tra particelle ricoperte da una patina di liquido, la cui evaporazione provoca la precipitazione di minerali secondari che contribuiscono alla cementazione della struttura.

Al contrario, gli aggregati prodotti in ambiente secco risultano meno densi e non resistono alle simulazioni di impatto col suolo. Essendo pertanto ipotizzata per la loro formazione la presenza di forte umidità, i lapilli accrezionali vengono normalmente considerati indicatori di eventi idromagmatici, ma possono formarsi anche in nubi di ceneri asciutte accomnate da precipitazioni meteoriche.

Una roccia vulcanica formata prevalentemente da lapilli è detta tufo a lapilli (lapillistone) e in genere contiene anche una certa quantità di cenere. Si possono usare anche i termini agglomerato di lapilli, quando il deposito è composto da elementi arrotondati e breccia di lapilli quando sono spigolosi.


La cenere vulcanica è composta da frammenti vetrosi e da frammenti di litici e cristalli. Può essere ulteriormente suddivisa, sempre in base alle dimensioni, in cenere fine e grossolana. 

Le ceneri vulcaniche derivano dalla frammentazione del magma per la decompressione e il rilascio di gas quando questi raggiunge la superficie terrestre (eruzioni magmatiche), per il contatto del fuso con acqua, una superficie umida, neve o ghiaccio (eruzioni freatomagmatiche) oppure dalla frantumazione ed emissione di parti del condotto o del cratere quando vengono eruttati vapori o getti di acqua surriscaldata (eruzioni freatiche). 

Le particelle di cenere vetrosa (shards) derivano dalla frantumazione delle pareti delle bolle che si formano durante l'espansione dei gas e hanno una tipica conformazione curva.

Le forme più comuni di tali particelle sono tre: 1) cuspidate (cuspate shards), ovvero frammenti di bolle con una forma a Y in sezione, derivanti dalla parte in comune, e più resistente, di tre bolle frantumate. Le particelle cuspidate possono essere formate anche da due pezzi concavi rappresentanti parte delle pareti di due bolle nel punto in cui venivano a contatto fra di loro. 2) piatte (platy shards) sono parti di pareti di bolle molto sviluppate. 3) pomici (pumice shards) quando si tratta di piccoli frammenti pomicei con struttura vescicolare allungata o rotondeggiante.

Con tufo si indica una roccia composta essenzialmente da particelle con dimensione della cenere. A seconda della dimensione dei componenti può trattarsi di tufo fine o grossolano. I depositi di cenere non consolidata si chiamano cineriti. 

Il passaggio da depositi cineritici a tufo consolidato viene favorito dalla trasformazione dei vetri vulcanici in minerali da alterazione, quali le zeoliti. Le particelle vetrose contenute in prodotti basaltici derivanti da eruzioni freato-magmatiche (surtseyane e base surge) possono anche alterarsi, per idratazione, in palagonite. 

Quando subisce questo processo, il deposito litificato viene chiamato tufo palagonitico. Grossi depositi di cineriti o di tufo sono detti ignimbriti. Con ignimbrite si definisce il deposito di un flusso piroclastico di cenere o di cenere e pomici. 






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