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Ariosto e BemboIl giorno della civetta - Leonardo Sciascia

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Leonardo Sciascia


BIOGRAFIA DELL'AUTORE

Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto nel 1921. Insegna nelle scuole elementari fino al 1957 e da questa esperienza trae lo spunto per il primo romanzo. Le parrocchie di Regalpietra, che rappresenta con realismo aggressivo le contraddizioni più stridenti della società siciliana. Dopo i racconti Gli zii di Sicilia e i romanzi Il Consiglio d'Egitto e Morte dell'inquisitore, Sciascia affronta il tema della mafia in alcune tra le sue opere più mature: Il giorno della civetta, L'onorevole e A ciascuno il suo. Il procedimento di romanzo giallo caratterizza anche Il contesto e Todo modo. A La ssa di Majorana fanno seguito I pugnalatori, Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia (1977) I Pamphlet, L'affaire Moro (1978) Nero su Nero e il libro-intervista La Sicilia come metafora, Kermesse (1982) raccolta di storie incentrate sui detti siciliani, La sentenza memorabile (1983) la raccolta saggistica Cruciverba (1983) e il repertorio di locuzioni siciliane Occhio di capra (1984). Del 1988 è il romanzo Il cavaliere e la morte, seguito da Una storia semplice (1989). A Sciascia si devono anche acuti saggi letterari (Pirandello e la Sicilia, 1961; La corda pazza, 1971) e tre testi teatrali riuniti in volume nel 1976: L'onorevole - Recitazione della controversia liparitana - I mafiosi. Muore nel 1989 a Agrigento. È una delle grandi ure del Novecento italiano e europeo.



TRAMA

"Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia è ambientato in provincia di Siracusa. L'autore non ci fornisce né il nome del paese né il nome di altri che cita, si limita solo a indicare le rispettive iniziali. Inoltre l'autore non ci fornisce il periodo in cui si svolge la storia; tuttavia si presume che sia intorno al 1960 poiché viene messa in rilievo l'epoca della mafia.

Il romanzo inizia con l'omicidio di Salvatore Colasberna, onesto titolare di una ditta che riesce ad ottenere modesti appalti per la costruzione di opere pubbliche.

Colasberna viene ucciso alle 6.30 di mattina sull'autobus che congiunge il piccolo centro con Palermo da due colpi di arma da fuoco. Subito dopo è descritto l'arrivo dei carabinieri che tentano di capire dai presenti cosa è successo ma si scontrano con un muro di omertà.

I parenti del morto vengono chiamati in caserma per l'interrogatorio: i due fratelli Colasberna bruciano di vergogna per il luogo in cui si trovano, non per la tragica morte del fratello. Lo scontro fra cittadini e carabinieri diviene ancora più esplicito all'arrivo del protagonista del racconto, il capitano Bellodi, giovane ufficiale dei carabinieri, democratico ed ex partigiano.

I fratelli del morto si trovano di fronte ad un continentale molto intelligente, già penetrato fino in fondo ai segreti della Sicilia, capace di ricostruire con chiarezza e lucidità il meccanismo del delitto e le sue motivazioni. Successivamente e un nuovo personaggio, un confidente, che darà la possibilità al capitano di provare giuridicamente le sue supposizioni. Parrinieddu, questo è il soprannome del confidente, è il personaggio più ambiguo del romanzo: egli vive assediato dalla paura; tuttavia il confidente nel momento in cui incontra il capitano Bellodi capisce che la sua speranza di trarre profitto dalla sua posizione di informatore è conclusa e che è destinato a rimanere schiacciato da quella stessa incertezza. Subito entra in scena un altro personaggio, il potatore Paolo Nicolosi, sso dalla mattina del delitto, secondo la dichiarazione della moglie.

Il capitano Bellodi intuisce che tra i due fatti c'è una relazione. Conduce così un interrogatorio complesso con grande rispetto per la donna, moglie di Nicolosi, che finalmente confessa l'ingiuria, cioè il soprannome con cui è conosciuto in paese l'uomo che suo marito ha incontrato pochi istanti dopo il delitto divenendone un testimone: Zicchinetta. Dunque Zicchinetta, Diego Marchica, viene arrestato e subito il confidente capisce di essere un uomo morto. Spedisce al capitano Bellodi una lettera con due nomi e poi, come temeva, qualche ora dopo viene ucciso; la lettera con la sua accusa arriva sul tavolo di Bellodi dopo la sua morte e subito il capitano può fare arrestare i due personaggi denunciati: il Pizzuco, ma soprattutto il mandante dei delitti, il noto capomafia, Don Mariano Arena. Malgrado il grande rispetto per Bellodi, Don Mariano ha amici potenti in Parlamento e nel Governo che userà per far cadere tutto il filo logico dell'ufficiale. Dopo la scarcerazione le indagini proseguiranno ma su altre strade. Il capitano Bellodi saprà che la vedova Nicolosi e il suo amante sono fortemente sospettati per quei delitti. Si preferisce orientare le indagini verso il motivo passionale, più facile e tranquillizzante per tutti. Bellodi è stato sconfitto, il maresciallo Ferlisi trasferito. Il romanzo si conclude con Bellodi a Parma, dove si incontra con i suoi vecchi amici e discute della Sicilia. La conversazione prosegue, tutti commentano, citano e rabbrividiscono; poi Bellodi, sconfitto dalla Mafia, umiliato dai superiori, confuso, tornando a casa lucidamente si rende conto di amare la Sicilia e di volervi ritornare. Questa conclusione ottimista, dopo tante sconfitte e tanto pessimismo che Sciascia ha cosparso nel romanzo, mi fa pensare che la lezione che l'autore ha voluto darci, nel lontano 1961, è una lezione di impegno civile e di alta moralità.

COMMENTO

Personalmente ho trovato "Il giorno della civetta" un po' noioso perché pur essendo un giallo non è stato molto avvincente. Però pur se noioso è un libro significativo e che mi ha lasciato riflettere molto sulle condizioni di disagio della gente siciliana che convive involontariamente con la mafia.

È possibile individuare nel linguaggio del racconto elementi lessicali particolari quali l'uso del dialetto Siculo, del Latino e di soprannomi. Il romanzo fornisce un ritratto della realtà sicula, oppressa dal problema della mafia, una questione che però viene troppo spesso sopportata in silenzio. È quasi un messaggio di collera nei confronti di una piaga della società del quale, fino a pochi anni prima della pubblicazione del romanzo, veniva addirittura negata l'esistenza.

Io credo che questo libro sia diretto a tutti e che l'autore l'abbia scritto con l'intenzione di sensibilizzare l'opinione pubblica. È un tentativo di esporre tutti i problemi della società sicula, ai quali nemmeno le forze dell'ordine sembrano poter porre rimedio, ma anzi, che ne vengono addirittura corrotte. Comunque la lettura del romanzo mi ha fornito un'idea del problema della mafia e della rabbia che ne deriva per l'impotenza di ogni individuo di fronte al muro di omertà che regola la vita quotidiana. Inoltre una nota di riguardo dovrebbe andare anche all'autore che ha avuto il coraggio di scrivere un libro su un tema così delicato, considerando poi che è stato pubblicato intorno al 1961, epoca di dominio mafioso. Penso, infatti, che con questo romanzo Sciascia esponga le sue critiche alla corruzione mafiosa, alla situazione di degradazione morale della Sicilia e dell'Italia in generale. I temi fondamentali sono tre: lo Stato, la legge, la mafia.   




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