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Classicismo illuminista e romanticismo di Leopardi



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Classicismo illuminista e romanticismo di Leopardi

Questi elementi consentono di collegare Leopardi al neoclassicismo europeo o di Foscolo. Vale per il poeta recanatese quanto ormai la critica sottolinea parlando del neoclassicismo di quest'epoca: esso non deve tanto vedersi come una continuazione del classicismo premoderno o rinascimentale quanto come una diversa manifestazione, più influenzata da riferimenti e legami col razionalisrno illuminista, della nuova sensibilità romantica.

Ma va anche sottolineata la distanza di Leopardi sia dal neoclassicismo di Foscolo sia dal romanticismo vero e proprio, e particolarmente da quello italiano. Al Foscolo lo avvicina, almeno in questa fase, la funzione consolatrice ancora assegnata alla poesia. Ma tale funzione deriva alla poesia dalla capacità di riflettere i sentimenti e le illusioni suscitati dalla natura, non dalla sua armonia e bellezza formale. Leopardi è quindi lontano dal modo foscoliano di intendere la poesia come poesia «pura», valore supremo e assoluto che «eterna» gli eroi o si distacca da ogni contenuto per farsi incarnazione dell'eterna bellezza (come avviene nell'ultimo Foscolo delle Grazie).

La lirica leopardiana è altrettanto lontana dalla concezione romantica dell'arte come libera espressione di stati d'animo, abbandono ai moti del cuore, disgiunta dal vigile controllo della ragione. Non è «visione» come in Blake, attività onirica e sogno come in Coleridge, o liberazione di dimensioni irrazionali e fantastiche come in Hoffrnann. Stati d'animo e sentimenti sono l'espressione liricamente trasurata, in Leopardi, di una concezione razionale del mondo.



Tanto maggiore è quindi la distanza di Leopardi dalla religiosità che ispira molta parte del romanticismo. Il sentimento leopardiano dell'infinito, per esempio, può definirsi «romantico» in quanto tende inquietamente a superare e rimuovere gli spazi chiusi, netti e delimitati, attraverso cui il classicismo rinascimentale e lo stesso neoclassicismo esprimevano il dominio della ragione, la sua capacità o la sua esigenza di spiegare il mondo. Ma esso non riflette il sentimento romantico della natura come mistero indecifrabile o come «divina», un senso religioso e mistico dell'universo. L'«eterno» leopardiano è un eterno movimento della materia, simile a quello rafurato dal De rerum natura di Lucrezio, vicenda cosmica entro cui si susseguono, si annullano e si placano gli affanni individuali. Alla base di questo stato d'animo c'è il sensismo materialista di Diderot.

Questo modo di riferirsi all'illuminismo costituisce d'altra parte il maggior elemento di contrapposizione anche col romanticismo italiano. I romantici italiani, a differenza di quelli inglesi o tedeschi, non sono antilluministi. Formatisi nell'ambiente lombardo essi riprendono la tradizione dell'illuminismo, già radicatasi in Lombardia coi fratelli Verri e con Parini.



Ma l'illuminismo italiano aveva sempre avuto carattere «moderato» e riformatore, conciliabile con la religione tradizionale. E a queste istanze si richiamano i liberali italiani nel quadro di un romanticismo moderato. incline a una visione realistica più che inquietamente fantastica, lontano da ogni radicalismo in politica, volto a valorizzare le tradizioni culturali o religiose nazionali.

Al contrario Leopardi, che opera in un ambiente assai più arretrato e chiuso a ogni fermento novatore, vi reagisce ricollegandosi alle tendenze più radicali e profonde dell'illuminismo, al sensismo materialistico o al naturalismo rousseauiano. Da un classicismo premoderno, che egli rigenera nelle forme di un classicismo illuminista, arriva a esprimere una visione insieme razionale e tragica dell'esistenza, rifiutando ogni consolazione dl tipo religioso.

Questo rifiuto e queste distanze si approfondiscono con l'evoluzione del pensiero e della poetica leopardiana.







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