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INTERVISTA AD OMERO



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INTERVISTA AD OMERO



Buon sera signor Omero. Buona sera a lei. Dunque, cominciamo l'intervista. Come ben sa, lei è considerato il primo grande scrittore dell'occidente. Quando si parla di Omero ci si chiede sempre se è stato l'autore sia dell'Iliade sia dell'Odissea. Può darmi una risposta a tale quesito? Le devo confessare che questo suo dubbio non è del tutto infondato. L'Iliade l'ho scritta proprio io. Per comporla ho impiegato molti anni, quasi tutta la mia giovinezza.

Ma la scrisse benché fosse privo di vista, come posso constatare? Devi sapere che dopo qualche tempo dalla redazione dell'Iliade, quando gli altri cantori mi credevano impazzito per aver interrotto la tradizione orale, sono stato colpito da un'improvvisa malattia che mi ha rubato la capacità di vedere. Nei nostri libri lei viene sempre chiamato Omero, ma è proprio questo il suo vero nome? Mi dispiace stravolgere le vostre abitudini letterarie ma il mio vero nome è Millessigene. Siamo incerti anche sul suo luogo di nascita, che però secondo i nostri studiosi è sicuramente situato nella Ionia. Può darcene conferma? Certamente, sono nato nella città di Chio, in Asia minore. Ha detto di non essere l'autore dell'Odissea, conosce il nome dello scrittore di questo importante poema, da cui molti artisti hanno potuto prendere spunto? A dir la verità non conosco alcuna Odissea, sarà stata scritta in seguito alla mia morte. Di conseguenza non ne conosco nemmeno l'autore. Che cosa la spinse a comporre l'Iliade? Se devo essere sincero, non ero uno dei migliori cantori dell'epoca, anzi, in alcuni casi tendevo a dimenticare lunghi brani di narrazione. E' cominciato per me così un periodo di decadenza e nessun sovrano desiderava che io cantassi alla sua corte. Tra le storie del mio repertorio vi era anche l'Iliade, la quale secondo me era la più bella, e ho deciso così di trascriverla. Vorrei ora approfondire il ruolo di un personaggio che mi è rimasto più impresso . Dal canto XXII Achille, dopo aver ucciso Ettore, infierisce brutalmente sul suo corpo. Nella civiltà odierna un'azione simile è considerata una barbaria. Lei raccontandola quale realtà ha voluto rappresentare? Ho voluto rappresentare l'infinito dolore di Achille per l'uccisione di Patroclo, per placare il quale non è bastato celebrare un solenne funerale. Ho notato che nel suo poema gli dei rivestono un ruolo decisivo nello svolgimento della guerra. Quanto importante è stata per gli uomini del suo tempo la fede negli DEI dell'Olimpo? Per i miei contemporanei una storia senza interventi divini non sarebbe stata credibile e non sarebbe neppure piaciuta. Anche la vita quotidiana è stata costantemente caratterizzata dal timore per gli DEI a cui perciò venivano fatti sacrifici e offerte. Un'ultima domanda: scriverebbe un poema su una vicenda bellica dei nostri giorni? No, non la scriverei perché non conosco i valori della vostra società. Grazie per la piacevole conversazione e per il tempo che mi ha dedicato.








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