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Il lampo

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Il lampo


E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto



una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'apri si chiuse, nella notte nera.





Analisi:


Era-nera: rapporto di opposizione Le due "parole-rima" in sé stesse non

dicono niente, ma se si analizzano i due

versi a cui appartengono (E cielo e terra

si mostrò qual era:) ( . s'aprì, si

chiuse, nella notte nera.) si può percepire

l'opposizione tra la volontà di conoscere

e la volontà di non sapere.

Sussulto-tumulto: rapporto di affinità

Disfatto-esterrefatto:    rapporto di affinità Il primo termine indica una distruzione

mentre il secondo termine indica un senso di sbigottimento.




Accenti:


E cielo e terra si mostrò qual era:


la terra ansante, livida, in sussulto


il cielo ingombro, tragico, disfatto:


bianca, bianca nel tacito tumulto


una casa apparì sparì d'un tratto;


come un occhio, che, largo, esterrefatto,


s'aprì si chiuse, nella notte nera.



Assonanze:


era / nera sussulto / tumulto

Consonanze:


disfatto / esterrefatto


Onomatopee:


tacito tumulto   in sussulto




Parafrasi e commento



Nella natura sconvolta dal temporale, il lampo illumina fulmineamente la notte, rivelando all'osservatore cielo e terra, mostrando "d'un tratto" una casa nel buio.

Il verso iniziale, isolato, ma introdotto da una congiunzione che sembra ricollegarlo a qualcosa di precedente, posto come fosse un titolo, assume il tono di una sentenza biblica. All'inizio cielo e terra appaiono uniti, ma dal secondo verso c'è come una frattura tra i due.

La casa, che appare in quel breve attimo, può essere letta come un "porto sicuro", circoscritto in un momento di stabilità nello sconvolgimento del paesaggio e della natura. Anche la stessa iterazione dell'aggettivo "bianca" contribuisce a dare questa momentanea valenza di tranquillità, anche perché appare contrapposta al "nera" del verso 7. ma il "porto sicuro" è un'immagine subito effimera, poiché dura solo un istante, per poi sire nell'oscurità.

Rispetto al primo, i versi 2 e 3 sottolineano la scissione dei due elementi, rispettivamente la terra e il cielo, prima riuniti in un unico verso sentenzioso, caricandosi di un proprio forte valore, accentuato da 3 aggettivi concatenati, accomnati ad essi. Questa terna di aggettivi non è usata dal Pascoli per descrivere od oggettivare la natura, ma piuttosto sono la proiezione dello stato d'animo dello stesso poeta. E l'immagine così umanizzata, ci rivela una terra agonizzante e un cielo abbattuto, puro caos. La concatenazione dei tre aggettivi, da dunque vita ad un climax ascendente, che dà alla realtà un carattere più umano ed anche sconvolto, quasi sofferente.

E' l'ossimoro, ovvero la contrapposizione di due termini opposti, che dà rilievo, anche con l'allitterazione della T, all'espressione "tacito tumulto".

Il "come" del verso 6 fa paragonare la casa ad un "occhio", che si apre e chiude fulmineamente per ricevere una tragica realtà. L'occhio è dunque la metafora della vita umana che si svolge in modo inconsapevole, finché una disgrazia non offre, così, la coscienza della realtà. Lo stesso aggettivo "esterrefatto" ne evidenzia la negatività, mostrando lo stupore, ma anche il timore, per questa natura, negativa, rivelata.

Le immagini usate dal poeta non sono di tipo logico-razionali, poiché sono utilizzate per dare una caratterizzazione psicologica e umana alla natura: infatti la terra appare "ansante" e il cielo "disfatto". La stessa casa diviene occhio, che si apre e chiude nella notte.

La lirica vuole apparire come una descrizione paesaggistica nello sconvolgimento naturale, ma è piuttosto lo specchio del sentire del Pascoli, l'immagine di come il poeta percepisce la natura. Ed è una visione negativa che si insinua tra i versi della poesia e che mostra come il poeta coglie la realtà.

I versi impiegati sono endecasillabi con scema A BC BC CA. per questa organizzazione e struttura dei versi e per la presenza di un verso isolato dagli altri che rima con l'ultimo, appare evidente il riferimento alle ballate, forme metriche della produzione lirica delle origini.

I versi 4 e 5 rivelano andamenti ritmici differenti: il verso 4 ha un ritmo lento, dovuto all' iterazione dell'aggettivo "bianca", mentre il verso 5, senza alcun segno di punteggiatura, è più scorrevole e veloce, questo grazie anche alla rima interna "apparì sparì". Si può facilmente fare un confronto con questa poesia e "il tuono".


Il tuono


E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d'arduo dirupo

che frana, il tuono rimbombò di schianto:

rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,

e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,

e poi vanì. Soave allora un canto

s'udì di madre, e il moto di una culla





Confronto tra le due poesie:


Nel secondo componimento, il rumore intenso ed improvviso di un tuono pone fine al silenzio che incombe sulla terra. Questo trambusto provocato dal tuono dura poco perché viene sostituito dal canto di una madre e dal dondolare di una culla.

In questa ballata il tuono simboleggia il male che ci circonda mentre il canto della madre e il movimento della culla simboleggiano il ritorno della vita alla sua normalità.

Le due poesie descrivono in modo soggettivo la realtà perché l'autore, ricorrendo all'utilizzo di aggettivi, ci mostra la sua concezione sul mondo, il suo mondo simbolico.

Nel primo componimento, gli aggettivi attribuiti alla terra e al cielo rappresentano quest'ultimi come una donna e un uomo, entrambi atterriti, spaventati, turbati da quanto accade.

La similitudine dell'occhio, considerato come a sé stante, isolato dal volto e quasi ingigantito, suscita nel lettore un senso di profonda angoscia, che si può riscontrare in tutto il componimento. Inoltre l'immagine dell'occhio, isolato dal volto, evoca nel lettore anche  un senso d'impotenza: l'occhio può vedere tutto ciò che lo circonda ma non può fare nulla per cambiarlo (l'occhio tutto vede ma nulla può).

Vita di Giovanni Pascoli   



(San Mauro di Romagna, Forlì, 1855 - Bologna, 1912) Giovanni Pascoli, dopo aver trascorso la fanciullezza nella tenuta La Torre dei principi Torlonia, di cui il padre era amministratore, a sette anni entrò con i fratelli maggiori, Giacomo e Luigi, nel collegio degli Scolopi di Urbino. Qualche anno dopo, il tragico evento della morte del padre (caduto vittima di un agguato per mano di ignoti il 10 agosto 1867) segnò in modo indelebile la vita del poeta. Mancata anche la madre l'anno successivo, Giovanni si trasferì con i fratelli a Rimini, dove visse in gravi ristrettezze economiche. Conseguita la maturità e vinta una borsa di studio, nel 1873 si iscrisse all'università di Bologna, dove ebbe come insegnante E Carducci e dove divenne amico del letterato Severino Ferrari. Persa la borsa di studio (1875) per aver partecipato a una manifestazione studentesca, per alcuni anni si dedicò a un'intensa attività di militanza politica a fianco di gruppi anarchici e socialisti, divenne amico di Andrea Costa e si iscrisse all'Internazionale. Nel 1879 venne arrestato per "grida sovversive" durante un processo e condannato a un breve periodo di carcere. Quando ne uscì abbandonò la politica attiva e tornò all'università, laureandosi nel 1882. Ottenuta la cattedra di latino al liceo, l'insegnamento lo portò prima a Matera, poi a Massa e infine a Livorno, dove poté ricongiungersi con le sorelle Ida e Maria (il fratello Giacomo era morto nel 1876). In questi anni fu data per la prima volta alle stampe la sua raccolta di poesie F Myricae (1891), mentre come latinista autore di poemetti latini (la prima edizione dei Poemetti risale al 1897) ottenne diversi riconoscimenti, tra cui il Premio internazionale di poesia latina di Amsterdam. Nel 1895, dopo il matrimonio della sorella Ida, si trasferì con Maria nella casa di camna a Castelvecchio e, nello stesso anno, intraprese la carriera universitaria. Dopo Messina e Pisa, nel 1906 ottenne la cattedra di letteratura italiana, che era già stata tenuta da E Carducci, presso l'università di Bologna. Negli ultimi anni di vita si dedicò a tradurre dal latino, a studi critici, in particolare su E Dante, alla ristampa aggiornata di proprie raccolte, nonché alla produzione di nuove opere come i F Canti di Castelvecchio del 1903. Sempre più vicino alle posizioni governative, nel 1911 caldeggiò l'impresa coloniale di Libia in un celebre discorso (La grande Proletaria si è mossa) che venne recitato da attori famosi in molti teatri italiani. Nonostante questo ritorno alla politica e alla vita pubblica, la vera personalità di Pascoli, schiva, solitaria e ombrosa, è quella che traspare dalle sue liriche che, nel loro insieme, costituiscono una sorta di biografia poetica che lascia lontani e sullo sfondo i grandi eventi della storia.


Artista: Ivano Fossati
Album: Lampo Viaggiatore
Titolo: Lampo



(Sogno di un macchinista ferroviere)
Passa l'acqua di uno stagno
veloce di fretta va via
la piazza del borgo
il ponte
il vicolo di fronte
la trattoria che conosco
passano la febbre
la sete
col tempo l'amore
la gelosia
vedo sorgere più stelle che scintille
sopra la mia vita.

Passa tempo passa ruota
sull'acciaio passa
come notte passa giorno
sull'acciaio lucido.

Passa tempo passa ruota
sull'acciaio passa
come notte passa giorno
sull'acciaio lucido.

Buca la montagna questo muso cieco
e sbuca là di fronte
dove aspettano i bagnanti alla sbarra
sul mare che scintilla brilla
passa il campanile di Sant'Anna
Ah-ccidenti come vola
come viaggia all'indietro
come corre via.

Passo anche gli uomini
e il fragore delle automobili.

Taglio l'autostrada come burro contromano
eh come non visibile
passo sopra e passo sotto
sull'acciaio lucido.

Alberi da frutta su due file
da quando ho lasciato Rimini
da quando ho smarrito Genova
proprio non so.

Arriverò ai ghiacciai un giorno
anzi una notte
senza corrente elettrica
a fari spenti arriverò
con coraggio
e poi di nuovo giù
dall'altro pendio del mondo
vedrai che arrivo che farò
turbine e scintille accese
vedrai che arrivo che farò
e come puntuale di ritorno
accanto a te sarò.

Passa tempo passa ruota
sull'acciaio passa
come notte passa giorno
sull'acciaio lucido.

Passa tempo passa ruota
sull'acciaio passa
come notte passa giorno
sull'acciaio lucido.

Come si somigliano
i paesi all'imbrunire
tutti i segnali accesi
tutti i segnali accesi
come si somigliano
i paesi all'imbrunire.




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