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La globalizzazione: un mondo di troppo ricchi e troppo poveri? E i rischi ambientali?



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La globalizzazione: un mondo di troppo ricchi e troppo poveri? E i rischi ambientali?


La globalizzazione è il fenomeno per cui le economie e i mercati nazionali stanno diventando sempre più interdipendenti fino ad acquisire le caratteristiche di un unico sistema mondiale.

Vexata quaestio degli ultimi anni, la mondializzazione, ormai ritenuta inevitabile, comprende tematiche e problematiche varie e presenta numerosi aspetti negativi tra cui la crescita della disuguaglianza della popolazione mondiale ed il peggioramento delle condizioni ambientali del nostro pianeta.

Si è creato un mondo di vincitori e perdenti ove i "ricchi" migliorano sempre più le loro condizioni, soprattutto quelle economiche, elevandosi per aspera ad astra, mentre i "poveri" vengono schiacciati dalla macchina "economia-mondo", il cui dizionario non contiene i lemmi dignità, solidarietà, istruzione e lotta alla povertà. Ciò è determinato dal fatto che i competitivi mercati mondiali, mossi da machiavellismo amorale, non possono garantire l'equità e finiscono per dominare la politica e la società, causando un'ineguale diffusione dei vantaggi offerti dall'esistenza di un unico mercato, malato in modo lapalissiano dell'abulia di migliorare condizioni di ogni essere umano in quanto tale.

Oggi, il rapporto tra ricchi e poveri, che corrisponde a quello tra Nord e Sud del mondo, è cresciuto notevolmente tanto che, negli anni '60, a 61 poveri corrispondeva un ricco mentre, adesso, il rapporto è di 74 a 1. Il consumo alimentare medio dei ricchi è diventato 16 volte superiore a quello dei più poveri: 840 milioni di individui, a causa delle eccessive privazioni economiche, sono mal nutriti e hanno subito lunghe carestie alimentari.



Le privazioni economiche si riflettono sempre più, inevitabilmente, sulle condizioni sanitarie, sulla durata media della vita e sul grado di alfabetizzazione.

Nei paesi industrializzati la speranza di vita supera i 75 anni mentre circa un miliardi e mezzo degli abitanti della Terra non raggiunge i 60 anni di vita, a causa di malattie come la malaria, la tubercolosi e l'AIDS, e delle precarie condizioni sanitarie ed igieniche.

Nei paesi più sviluppati, l'assistenza sanitaria utilizza una quota importante del reddito nazionale ma, con l'invecchiamento della popolazione, il Welfare, vanto dei governi occidentali, costituisce una fonte di preoccupazione perché i suoi servizi stanno diventando sempre più onerosi, soprattutto per le fasce più deboli.

L'analfabetismo investe, anch'esso, la parte di popolazione più povera e, soprattutto, quella di stati come il Senegal, l'Etiopia o il Mozambico nei quali il fenomeno interessa il 70% delle donne e il 50% degli uomini.

Ad incrementare le situazioni di estrema povertà, un altro dei fattori determinanti è la mancanza d'informazione, dovuta alla non diffusione della stampa, della radio, della televisione e delle tecnologie informatiche, le quali, invece, sono eccessivamente presenti nei paesi industrializzati e portano a conseguenze negative come la perdita del contatto umano e il distacco dalla realtà circostante.

Di conseguenza la popolazione mondiale si ritrova ad affrontare il continuo germogliare di fondamentalismi tesi a conservare le culture e le tradizioni locali come, per esempio, la struttura della famiglia ed il ruolo della donna. Ciò si contrappone all'atteggiamento cosmopolita, aperto al dialogo, che rischia, però di pretendere di esportare valori come la democrazia.

Oltre ai problemi che riguardano lo sviluppo umano, la globalizzazione è causa di un crescente rischio ecologici tanto che circa 3 milioni all'anno di persone muoiono per inquinamento atmosferico e più di 5 milioni periscono a causa di infezioni intestinali dovute alla contaminazione dell'acqua.



Vengono emessi quantità ingenti di gas serra e di prodotti nocivi da ciminiere, tubi di scarico delle autovetture e delle industrie; le temperature sono in continuo innalzamento ed uragani, tifoni e bufere sono sempre più frequenti.

Nonostante l'accordo di Kyoto e le politiche tese a ridurre i rischi ambientali, le etiche che governano le coscienze sono quelle capitalistiche del profitto hic et nunc, le quali possono essere definite semplicemente come spregiudicate e senza scrupoli.

Ne sono emblema le multinazionali che, non solo sfruttano le risorse umane e ambientali dei paesi sottosviluppati, ma, inoltre, vi esportano paccottiglie bandite nei paesi industrializzati e si pongono come motto la celebberima frase di Ovidio: "video meliora proboque, deteriora sequor".

Ciò non vuole creare un allarmismo esasperato, né diffondere l'idea e la speranza della creazione dell'etica comune globale ideata da Kant, ma, come modesta osservatrice dei "panta rei", ritengo di poter affermare che esistono diritti che dovrebbero essere rispettati e valorizzati da politiche propositive e non da forme di governo pseudodittatoriali.







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