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RECENSIONE - Primo Levi, La Tregua



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RECENSIONE


AUTORE: Primo Levi

TITOLO: La Tregua

EDITORE: Einaudi

LUOGO E DATA DI EDIZIONE: Cles (TN) 2000

GENERE: Racconto Autobiografico




PERSONAGGI

IL PICCOLO HURBINEK: Un bambino nato ad Auschwitz, dimostra circa tre anni, non sa parlare e non ha un nome. Hurbinek è un soprannome che gli hanno assegnato. È paralizzato dai reni in giù. Le gambe sono atrofiche e sottili; ma i suoi occhi, persi nel viso triangolare e smunto, "saettano terribilmente vivi pieni di richiesta". Egli non riesce a parlare, ma finché ebbe vita tentò di uscire da quella tomba del mutismo. Morì nel 1945 libero ma non redento.

HENEK: Il ragazzo, deportato ad Auschwitz con tutta la famiglia, era rimasto orfano, ma aveva saputo accattivarsi le simpatie dei suoi persecutori e in qualità di Kapo soprintendeva alla 'selezione dei bambini'. Era un giovane di 15 anni robusto, tranquillo e testardo, ed era l'unico che si occupava del piccolo Hurbinek. Anche il suo era un soprannome attribuitogli dalle infermiere polacche che provavano per lui un certo desiderio. Era nato ed abitava in una fattoria in Transilvania, e questo spiega la sua muscolatura da atleta benché fosse piccolo di statura.

PETER PAVEL: Il 'capo' del chiuso e riservato 'club' dei bambini. Aveva solo 5 anni, era biondo, robusto, dal viso intelligente e impassibile, ma non parlava con nessuno.

KLEIN KIEPURA: Il ragazzo dodicenne, il più giovane tra i prigionieri dell'ex campo di Buna-Monowitz, che, sopravvissuto a causa dei suoi ambigui rapporti con il più alto Kapo in carica, nel delirio ingiuria e minaccia alla maniera delle SS i sofferenti ricoverati con lui nell'infermeria del 'Campo grande'. Era cresciuto troppo e male, aveva busto tozzo e corto; braccia e gambe lunghissime "da ragno"; dal viso pallido, dai tratti carichi di grazia infantile, si notava un'enorme mandibola più sporgente del naso;

FRAUE VITA: Un'ebrea italiana reduce da Birkenau, dove era stata comandata al trasporto dei cadaveri, di pezzi di cadaveri, di miserande anonime spoglie. Trascorreva molto tempo con Levi ed era l'unica che si occupava dei malati e dei bambini e quando aveva del tempo libero lavava i vetri e i pavimenti;

OLGA: Una partigiana ebrea croata anch'essa proveniente da Birkenau, l'unica sopravvissuta della sua famiglia. Quando Levi la vide per la prima volta, gli parve una ragazza di grande intelligenza e cultura, forte e bella; ma dopo aver raccontato la sua storia, Olga si tolse il fazzoletto dalla testa e Levi vide un volto devastato e un cranio completamente calvo;

IL GRECO: Un ebreo di Salonicco, rosso di pelo e di pelle, i cui attributi fisici lo rendevano simile ad 'un uccello notturno sorpreso dalla luce', a 'un pesce da preda fuor del suo elemento naturale', il cui ideale di vita si ispira ad un codice anarchico e mercantile fondato su pochi principi fondamentali fra cui 'l'uomo è lupo all'uomo';

MARJA FJODOROVNA: È una donna di circa 40 anni che Levi incontra nel campo di sosta di Katowice e con la quale collabora per un certo tempo come 'farmacista' presso l'infermeria dello stesso campo. Marja era un'infermiera militare, simile ad una gatto sia per gli occhi obliqui e selvatici, che per il naso breve dalle narici frontali, e per gli atteggiamenti agili e silenziosi. I suoi modi riflettevano bene le sue origini: veniva dai boschi, dal cuore della Siberia, da un luogo in cui ogni movimento è teso alla sopravvivenza fisica;

CESARE: Un italiano proveniente anch'egli dal lager di Buna-Monowitz e più precisamente dal campo da dissenteria dove era stato soccorso da Levi durante gli ultimi tragici giorni che precedettero l'arrivo dei Russi. Tra i due ex comni di prigionia si stabilisce un'amicizia profonda; di lui Levi dice che 'era un lio del sole, un amico di tutto il mondo, non conosceva l'odio né il disprezzo, vario come il cielo, festoso, furbo e ingenuo, temerario e cauto, molto ignorante, molto innocente, e molto civile'. È Cesare che lo introduce nel mercato nero di Katowice e durante questo periodo di imprese commerciali Levi acquista una relativa serenità;

GOTTLIEB: Un misterioso dottore che esercitava a Katowice la professione di medico, in uno 'studio non molto legale ma ben attrezzato'. Sapeva essere molto intelligente e astuto in ogni tempo, senza alcuno sforzo, con la stessa silenziosa e penetrante continuità;


AMBIENTE:

E' lo sfondo in cui si muove la vicenda a rendere suggestivo il racconto: un'Europa devastata, un paesaggio in rovina che presenta ovunque i segni della recente sventura e dove si collocano uomini sconvolti dalla guerra.

La vicenda si svolge in numerose località:


Campo di Buna-Monowitz;

campo di Auschwitz;



campo di sosta di Katowice;

scalo ferroviario di Emermka;

cittadina di Slark;

la "Casa Rossa" di Staryie Doroghi;

territorio rumeno;

periferia di Vienna.

EPOCA:

Il periodo storico durante il quale si svolge il romanzo va dal 27 gennaio 1945, giorno della liberazione dal campo di Buna-Monowitz, al 19 ottobre dello stesso anno, giorno in cui Levi fa ritorno a Torino.

Questo periodo coincidente con la fine della seconda guerra mondiale.

RIASSUNTO

il 27 Gennaio 1945 giunge l'Armata Rossa al campo di Buna-Monowitz e costrinse i tedeschi a ritirarsi; con l'arrivo dei Russi i tedeschi abbandonarono i campi, dandosi alla fuga, dopo aver distrutto i Lager e i loro occupanti. Dei dodicimila internati sopravvissero solo ottocento la maggior parte dei quali malati.

La storia prosegue con il ricordo degli avvenimenti accaduti dopo l'avvento dei Russi: arrivano i primi rifornimenti, i primi soccorsi, infermiere polacche si aggirano per il campo occupandosi dei superstiti. I prigionieri ancora in vita, i malati, i moribondi vengono trasferiti al Campo Grande di Auschwitz in cui l'autore, malato di scarlattina, sarà curato.

Ristabilitosi, Levi abbandona il campo aggregandosi a coloro che sono in grado di affrontare il viaggio di ritorno nei rispettivi paesi. Ma ha inizio così quella estenuante odissea che lo avrebbe condotto per circa un anno attraverso l'Europa Orientale, facendolo partecipe di vicende assurde; e rendendo il rimpatrio come un miraggio, e ambientando la narrazione in episodi e ure da incubo.

Nel corso dei suoi spostamenti da un campo di raccolta ad un altro viene a contatto con uomini che egli definisce 'esemplari scaleni, difettivi, abnormi'. Approfondisce il rapporto con uno di questi, Mordo Nahum detto il Greco, un ' Ebreo di Salonicco dai saldi e contestabili principi morali, per il fatto che entrambi sono mediterranei e con la consapevolezza che si è più forti ad essere in due.

Giungono al campo di sosta di Katowice dove conosce Marja Fjodorovna con la quale collabora per un certo tempo come 'farmacista' presso l'infermeria dello stesso campo. Sempre qui ritrova l'Italiano Cesare che aveva conosciuto nel campo di Buna-Monowitz, con il quale instaura una solida amicizia.

Nel Maggio del 1945, la guerra ha fine; la natura esplode 'come un uragano' nel campo i Russi si lasciano trasportare dall' euforia e organizzano festeggiamenti e spettacoli. Purtroppo poco dopo Levi si ammala di pleurite ed è in questa occasione che incontra altri singolari personaggi, come il dottor Gottlieb che esercitava la professione di medico proprio a Katowice e che lo aiuta a rimettersi.

In quei giorni, fu comunque un vecchio Italiano soprannominato il Moro di Verona, ad attirare la sua  attenzione.



Sul finire della primavera, dopo quattro mesi di attesa nel medesimo campo, giunge la notizia del rimpatrio. I reduce Italiani, circa ottocento, con 'fragorosa allegria' salgono nei vagoni merci in partenza per Odessa dove li attende un treno che, come molti dicono, dovrebbe portarli in Italia. Ma ciò non accade in quanto il treno non giunse mai ad Odessa.

Alla stazione di Emermka nella Russia Bianca, dopo sei giorni di viaggio in condizioni alquanto sgradevoli, i reduci apprendono che il convoglio non può proseguire. Intraprendono così un viaggio verso Nord, che di tappa in tappa, li conduce nella splendida cittadina di Staryie Doroghi, che raggiungono a piedi dopo aver sostato, per circa dieci giorni, a Slark.

Giunti a Staryie Doroghi, risiedono in un gigantesco edificio detto la "casa Rossa", situato in un luogo ai margini di una foresta. Qui, sempre in attesa di un rimpatrio, sostano per due mesi, fino al 15 Settembre del 1945, quando finalmente arriva l'annuncio della partenza e, dopo una notte di festeggiamenti, tutti gli Italiani raccolti nel campo si dirigono alla stazione del piccolo villaggio dove c'è un treno. Ma rimangono delusi quando si accorgono che il treno ripercorre all'indietro le tappe del viaggio fatto in precedenza.

Il convoglio viaggia con molta lentezza, con continue soste e impedimenti. Giunto a Zmerinka, dove i superstiti alcuni mesi prima avevano già trascorso travagliati giorni d'attesa, anziché dirigersi verso il centro-Europa, scende verso Sud, fin quasi alle sponde del mar Nero, per poi risalire lentamente attraverso la Romania, l'Ungheria, la Cecoslovacchia e giungere a Vienna l'8 di Ottobre, dopo un viaggio durato più di venti giorni. Sia lo spettacolo di una Europa distrutta che i continui ricordi dei reduci, fanno sembrare sempre più lontana la gioia del rimpatrio. A Bratislava, vedendo quei monti che sbarravano il lugubre orizzonte di Auschwitz, sono assaliti dall'angoscia, patiscono nuove sofferenze quando il convoglio, lasciata l'Austria, entra in Germania e raggiunge Monaco. Guardandosi attorno, osservando la gente che camminava per le strade, non possono fare a meno di chiedersi se i Tedeschi sono a conoscenza di quanto è avvenuto ad Auschwitz.

Finalmente nella notte del 16 ottobre 1945 attraversano il Brennero ed entrano in Italia; a Pescatania Cesare e Primo si dividono e Levi raggiunge Torino il 19 ottobre.


TEMI AFFRONTATI

Il tema principale del romanzo è sicuramente la libertà tanto sperata nei campi di concentramento. Primo Levi con questo racconto vuole mostrare la trasformazione che i superstiti hanno subito dopo la liberazione: ritrovano le forze e la speranza di un futuro,

ritornano alle loro case anche se continuano ad essere tormentati da terribili ricordi.


L'episodio che mi è piaciuto di più è la parte finale del passaggio del Brennero la notte del 16 Ottobre perchè ricche di significato pur essendo molto tristi, in quanto se  "La tregua" sta per concludersi, se la lunga serie di disavventure per il rimpatrio sta per finire, per Levi e i sui comni il futuro rimane incerto.

SCELTE LINGUISTCHE-STILISTICHE

Il lessico è efficace, incisivo; prevale la paratassi, con periodi brevi e nitidi; il registro è informale, quotidiano, tipico delle descrizioni personali; il ritmo narrativo è lento nella prima parte, più veloce nella seconda parte del romanzo; vi sono presenti moltissimi vocaboli ed espressioni straniere per ottenere un effetto realistico, delle diversità tra i prigionieri. anche i nomi dei paesi attraversati sono riportati.

Il rapporto fabula-intreccio è quasi parallelo; sia il narratore che la focalizzazione sono interni; il tempo del racconto è creato soprattutto grazie a sommari, con brevi pause descrittive e riflessive.


GIUDIZIO COMPLESSIVO

La Tregua è un romanzo che fa riflettere, io personalmente sono stato colpito dal modo in cui l'autore trasmette il messaggio al lettore attraverso degli uomini che hanno realmente passato dei momenti duri; durante quest'avventura c'è chi intraprende la strada del commercio per procurarsi del denaro con il quale sopravvivere e chi ruba; ma nello stesso tempo si mescolano tra di loro, si aiutano l'un con l'altro e si compatiscono: sono così 'tornati ad essere delle persone' con sentimenti, emozioni, desideri, poiché possono finalmente pensare e riposare. Più si avvicinano alle proprie terre e più sono assaliti da sentimenti opposti: l'angoscia che qualcosa possa impedire loro il rimpatrio e infatti, all'inizio sono increduli del loro arrivo, ma infine riacquistano sicurezza.






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