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RELAZIONE DEL LIBRO "FONTAMARA" DI SILONE

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RELAZIONE DEL LIBRO "FONTAMARA" DI SILONE




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ilone espatriò in svizzera perché perseguitato dal fascismo e questo suo romanzo fu scritto appunto a Davos in Svizzera nel 1933. Questo romanzo è il frutto dei racconti di tre superstiti alle repressioni fasciste che accaddero durante un'estate a Fontamara, un piccolo paesino della Marsica, arretrato e isolato situato tra il piano e la montagna; dove tutto è sempre uguale e succedono sempre le stesse cose per generazioni.



Un giorno a Fontamara fu staccata la corrente elettrica, dato che per molti anni nessuno ò le bollette.Durante primi giorni ci fu un grande scompiglio, ma poi tutto tornò come prima e la popolazione si abituò a questa nuova condizione, e tutto tornò come prima.

La sera in cui la corrente elettrica venne tolta, arrivò in forestiero che fece firmare agli abitanti un foglio di carta bianco.Gli uomini del paese che si recavano al lavoro, videro un gruppo di persone che scavavano per deviare il corso delle acque che irrigavano i campi dei contadini del paese per spostarlo verso le terre dell'Impresario. L'Impresario era un romano che si era trasferito nella Marsica e che con l'aiuto di amici del partito fascista e dei soldi della banca aveva comprato parecchia terra, era diventato il padrone della fornace, della conceria ed in poco tempo era diventato il nuovo potente della zona, sostituendosi alle vecchie autorità.

Le donne del paese partirono verso il capoluogo per protestare, una volta arrivate chiesero del sindaco, ma dopo essere state derise vennero informate che il sindaco non esisteva più e che al suo posto era stato nominato podestà l'Impresario.

Le donne si recarono verso la sua abitazione ma non lo trovarono. Si stava preparando una festa per la sua nomina a podestà, e all'interno erano tutti occupati perché per dar retta a loro.Quando l'Impresario arrivò, non gli prestò attenzione. Intervenne allora don Circostanza che le convinse ad accettare che una parte dell'acqua dovesse andare all'Impresario e una parte a loro.

Nei giorni seguenti i cantonieri ripresero a scavare il nuovo percorso del fiume e i Fontamaresi si chiesero come fosse possibile deviare questo corso in modo che una parte restasse a loro e l'altra al potestà.

Una mattina arrivò un camion che condusse i Fontamaresi ad Avezzano, dicendogli che si sarebbe parlato della questione del Fucino, cioè riguardo al corso del fiume e delle terre, e che loro avrebbero assistito. Ma i Fontamaresi insieme con altri contadini vennero messi a sedere in piazza e ogni volta che passava qualche autorità i carabinieri li facevano alzare e loro dovevano emettere grida di gioia.

I contadini vennero rimandati a casa ma i Fontamaresi volevano sapere la decisione delle autorità in merito al corso del fiume ma scoprirono che non solo non gli avevano dato la terra ma che era stata data ai contadini ricchi. Vennero poi avvicinati da un uomo il quale li intimò ad una ribellione verso il governo e disse loro di aspettarlo in piazza se fossero interessati alla proposta.Un giovane che aveva sentito da discussione li mise in guardia dicendo che quell'uomo era un poliziotto e che non dovevano fidarsi.

Qualche sera dopo arrivarono in paese dei camion carichi di uomini armati, vestiti con delle macie nere. Perquisirono tutte le case e radunarono gli uomini in piazza. Dopo averli radunati un uomo con la fascia tricolore chiese loro, uno ad uno "Chi evviva?". I Fontamaresi andarono per tentativi perché non sapevano cosa rispondere. Le risposte sincere non soddisfacevano l'uomo e cominciò a insultarli e a salvare la situazione arrivarono due donne.

Arrivò il giorno della spartizione delle acque e gli abitanti si accorsero che l'acqua che andava a loro era dimeno rispetto a quella promessa da don Circostanza. Di fronte a questo ennesimo sopruso i contadini protestarono ma un altro intervento di don Circostanza li calmò. Sì stabili che il possesso dell'Impresario sulle acque sarebbe durato dice lustri, vale a dire cinquanta anni.

Berardo Viola, un giovane di Fontamara, rimasto senza terra perché data ai contadini più ricchi e senza lavoro, si avviò verso Roma, con una lettera di raccomandazione di don Circostanza, per trovare il denaro per sposare la ragazza amata, Elvira.  Giunto a Roma con un altro ragazzo compaesano riesce soltanto a farsi arrestare perché viene scovato a bere con uno sconosciuto, il quale ad Avezzano mise in guardia i Fontamaresi contro la retata.

Nella prigione Berardo e lo sconosciuto si accordano di mettere Fontamara nelle stazioni di stampa dell'antifascismo.Però Berardo e il compaesano non vengono liberati mentre lo sconosciuto si.

Vennero fatti dei volantini sul caso di Berardo che attirarono su Fontamara una veloce repressione, che incluse i due carcerati. Berardo venne ucciso e il compaesano pur di salvarsi la vita disse di averlo trovato impiccato in cella.

Tornato a Fontamara il ragazzo trova dei macchinari per la stampa di volantini abusiva. Il ragazzo e la famiglia portarono a dei famigliari alcuni volantini e così furono gli unici superstiti alla violenta repressione che le camicie nere effettuarono nel paese. La famiglia venne lasciata fuggire all'estero e grazie a questo possono narrare i fatti accaduti.


Il personaggio principale è Berardo Viola, l'ultimo discendente di una famiglia non molto tranquilla. Berardo è una "novità " per Fontamara lottando contro le ingiustizie e i soprusi. È innamorato di Elvira, amore corrisposto, ma troppo orgoglioso per sposarla senza terra. Elvira è la ragazza più casta di Fontamara, che ricambia l'amore di Berardo. L'amore tra i due è così puro che non osano neanche parlarne, ma da ogni loro atteggiamento si capisce che è un legame inscindibile.

Elvira porta un grande rispetto per Berardo, tanto che, sebbene lei abbia una dote sufficiente per il matrimonio, non cerca neppure di farlo desistere dal trovare un lavoro prima del matrimonio perché sa che su questo lui misura la sua dignità.

Il personaggi vengono presentati per lo più sotto l'aspetto psicologico e la descrizione fisica avviene ma in modo lieve.

Il romanzo è suddiviso in moduli, il narratore è interno come il punto di vista. I narratori sono più di uno in base agli episodi raccontati e ci sono dei riferimenti a dei fatti accaduti in passato e delle prolessi che si riferiscono al sogno della madre di Elvira, la quale sogna che la lia darà alla luce una bambina per un dono della vergine. Silone nella prefazione dice i Fontamaresi non parlano l'italiano, perché l'Italiano è la lingua che s'impara a scuola e per saper parlare bene una lingua prima bisogna saper pensare in essa e quindi lui "traduce" questo romanzo in Italiano e c'è una costruzione del discorso paratattica, semplice e corta.


L'opera tende ad evidenziare i soprusi a cui erano costretti i poveri sotto il regime fascista. Personalmente questo romanzo non mi è piaciuto molto, l'ho trovato un pò noioso anche se può servire per le nuove generazioni per conoscere la storia del nostro stato, sapendo come delle persone povere cercarono di lottare per la libertà e la giustizia e per non essere sempre sottomessi dai potenti.

Credo che questo libro sia un documento importante che testimonia la verità dei fatti.



















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