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Recensione Giorgio Bassani - Il Giardino dei Finzi Contini

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Recensione


Autore: Giorgio Bassani.

Titolo : Il Giardino dei Finzi Contini

Casa editrice: Einaudi.

Città : Torino

Edizione: 1999 prima edizione 1962





Il Giardino dei Finzi Contini, romanzo neorealista, scritto da Bassani nel 1962, narra la storia di un gruppo di ragazzi. La vicenda si svolge intorno al 1938 e il 1941, nella bella Ferrara sotto lo sfondo di una triste realtà fascista. Il protagonista, l'io narrante, snoda la vicenda in analessi e ci riferisce come da quindicenne, sconfortato per essere stato rimandato ad ottobre in una sola materia, fosse stato consolato dalla bella Micòl, appartenente alla ricca famiglia ebrea dei Finzi Contini, descritta con molta cura dall'autore a partire dall'imponente abitazione fino  alle abitudini dei suoi componenti . Tra i due in un breve episodio s'instaura una complicità particolare, che non potrà, tuttavia crescere poiché ostacolata dal trasferimento di Micòl in un'altra sinagoga e fuori Ferrara per gli studi, questo avrebbe comportato, di fatto, la separazione dei due giovani per un lungo periodo. Con la promulgazione delle leggi razziali, i due si rincontrano, infatti, quando il giovane, discriminato per la sua religione, è totalmente escluso dal club di tennis, dal quale per sua scelta si era già allontanato, è invitato da Micòl a praticare tale sport nel suo campo privato. Ai due si aggiungono anche il fratello della ragazza, Alberto, l'amico operaio, il Malnate e altri coetanei appartenenti al medesimo circolo di tennis. I giovani, ormai ventiquattrenni, trascorrono le giornate nella sicurezza del giardino, isolati, in una quiete circondata dal dolore della discriminazione e dall'incrudelirsi del fascismo. L'autore non si sofferma in maniera eccessiva sull'aspetto del regime e lascia intravedere piuttosto, nelle giornate dei ragazzi e nei loro discorsi, quella disperazione che li circonda, situazione accomunabile alla lieta brigata di Boccaccio: anch'essi rifugiati in una sorta di nuova realtà. Da parte del protagonista riaffiora un vecchio sentimento nei confronti di Micòl tuttavia non corrisposto. Quando la giovane parte a Venezia, per conferire la laurea, il protagonista, tormentato dall'attesa del suo ritorno, trascorre la maggior parte del suo tempo nella beata oasi a discorrere con i restanti amici: Alberto ed il Malnate. Quando al ritorno di Micòl, lui impulsivamente la bacia, il loro rapporto si rovina lentamente, fino a sparire, insieme alla realtà del giardino, che il protagonista abbandona con l'aiuto del Malnate, giovane particolarmente istruito nella politica, che lo istiga a guardare la realtà del suo tempo. Diventato uomo, una notte il protagonista abbandona il suo sogno adolescenziale, dando l'ultimo saluto a quel giardino, intriso di ricordi, che pian piano l'aveva reso cieco della realtà che lo circondava ed allontanato da essa. Il termine del romanzo è accomnato da un epilogo che ci descrive la fine dei giovani: Alberto muore di tumore, Micòl è distrutta dal raffronto con vita reale. Il Malnate, invece, muore in guerra sul fronte russo.

Il romanzo nella sua prima parte, si snoda in minuziose descrizioni che lo rendono, sicuramente prezioso, ma pesante, tuttavia nella seconda sezione la lettura risulta più scorrevole e piacevole, abbandonati totalmente alla trama del racconto questo, riesce a catturare il lettore portandolo ad identificarsi in quello che è il percorso evolutivo del protagonista, che da giovane adolescente, riesce a diventare uomo ed ad interessarsi alla storia della sua società e della sua comunità in particolare. A differenza delle altre opere che narrano sullo sfondo della pesantezza del fascismo, Bassani sceglie di trasparire tale aspetto solo in certi momenti, il più tangibile risulta essere l'epilogo che mette fine all'idealismo creatisi all'interno del piccolo mondo. La narrazione compendia tutti i temi fondamentali narrativi dell'autore: egli recupera la dimensione della memoria come arma contro il rischio che la tragedia del popolo ebraico venga dimenticata e a questa associa la solitudine umana e la violenza della storia.

Inoltre il racconto è ospitato nel palco della città di Ferrara, alla cui antica e importante comunità ebraica, apparteneva la famiglia dello scrittore, la vicenda coincide quindi nel periodo che ospita la sua vita entro il quale si muovono personaggi esaminati nella consapevolezza, avvolte troppo tarda, di una condizione umana fatta di solitudine e diversità.




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