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Sturm und Drang - II werther di Goethe e I masnadieri di Schiller

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Sturm und Drang


Lo Sturm und Drang   Il romanzo goethiano I dolori del giovane Werther scaturisce da un movimento che costituisce un preannuncio del futuro Romanticismo, lo Sturm und Drang. Fu un movimento letterario attivo in Germania tra il 1770 e il 1785. Si trattava di un cenacolo di giovani intellettuali inquieti e ribelli, quasi tutti amici del giovane Goethe. Questi è senza dubbio la personalità più significativa del gruppo, anche se in seguito intraprese vie del tutto diverse. Vicino al gruppo fu anche il giovane Schiller.




II werther di Goethe e I masnadieri di Schiller    Le opere più significative scaturite da quel clima culturale furono appunto il Werther e la prima redazione del Faust di Goethe, I masnadieri (1783) di Schiller. Altri rappresentanti furono KIinger, autore del dramma Sturm und Drang (Tempesta e impeto, 1776), da cui trasse la sua denominazio­ne il movimento, Lenz, autore del dramma I soldati (1776), Wagner, autore del dramma L'infanticida (1776), Müller, autore del dramma Situazione della vita del dottor Faust. Come si vede, il genere prediletto dagli Stürmer era quello drammatico. Il movimento era influenzato dal filosofo Herder che, in polemica col razionalismo e con la letteratura del classicismo francese che ad esso s'i­spirava, ritenuta arida e artificiosa, esaltava il primigenio spirito tedesco, il «genio» del popolo e la poesia popolare (Herder scrive anche un saggio sull'origine del linguaggio secondo cui in ogni oggetto vi sarebbe un suono, divenuto poi radice del nome. Stabilisce dunque un legame di essenza fra cose e suoni). In questa direzione agiva anche l'influsso di Rousseau, che esaltava la na­tura contro l'artificiosità della civiltà. Motivo dominante dello Sturm und Drang era la passio­nalità primitiva e selvaggia, un'ansia di libertà assoluta che infrangesse ogni limite segnato dal­le leggi o dalle convenzioni sociali; di qui derivava anche il culto del «genio», delle grandi indi­vidualità, insofferenti di ogni costrizione. Sul piano letterario ne scaturiva il rifiuto di ogni classicismo, l'insofferenza di ogni regola, ritenuta mortificante, l'idea dell'arte come libera espres­sione senza freni della genialità individuale. Per questo, in contrapposizione al classicismo fran­cese che aveva a lungo dominato il gusto europeo, dagli Stürmer veniva idolatrato Shakespeare, visto come una sorta di forza della natura che crea istintivamente (a lui guardavano Goethe con la tragedia Goetz von Berlichingen e Schiller con I masnadieri).


L'ossianismo: Macpherson Fama europea ebbero anche i Canti di Ossian: si tratta di poemetti in prosa lirica, pubblicati a partire dal 1761 dallo scozzese James Macpherson, come tradu­zioni dei poemi, cantati originariamente con l'arpa celtica, dell'antico bardo celtico Ossian, personaggio semi-leggendario del III secolo d.C.; in realtà si trattava di un abile falso che rielaborava motivi di antichi canti popolari, inserendoli in una struttura epica opera del Macpherson stesso. Vi si mescolano l'esaltazione della virtù guerriera e cavalleresca, secondo il mito roussoviano della bontà originaria dell'uomo primitivo, le storie degli amori ap­passionati e del destino infelice di alcune coppie di amanti, descrizioni di paesaggi cupi, deso­lati in cui la natura si manifesta in modo selvaggio, di atmosfere tempestose, di visioni notturne e spettrali; l'esaltazione della natura come portatrice di gloria eterna. L'opera incontrò un entusiastico successo, e fu subito tradotta in Italia da Melchiorre Cesarotti nel 1763 (in edizione accre­sciuta nel 1771). Ossian fu equiparato ad Omero, un Omero nordico, cupo e tenebroso.


La poesia 'cimiteriale': Young e Gray    Sempre dall'Inghilterra si diffuse la moda della poesia 'cimiteriale'. Gli esponenti più noti furono Edward Young, autore di Il lamento, o Pensieri notturni (1742-45), una serie di riflessioni in versi sulla morte, e Thomas Gray, autore di una fa­mosa Elegia scritta in un cimitero campestre (1750), in cui si celebra il valore delle esistenze oscure degli umili sepolti in un cimitero di camna.


Pindemonte   Anche questo tipo di poesia ebbe diffusione in Italia: ne risentì Ippolito Pindemonte, che aveva avviato la com­posizione di un poemetto sui Cimiteri, in ottave, quando la lettura dei Sepolcri. di Foscolo lo dissuase dal continuare; ed essendo il carme foscoliano diretto in forma di epistola in versi pro­prio a lui, riprese l'argomento come risposta ai versi dell'amico. Pindemonte fu anche autore di Poesie campestri (1788) e Prose campestri dove ricorrono momenti di dolce fantasti­care dinanzi a paesaggi idillici, e di una traduzione dell'Odissea, tipica espressione di gusto neoclassico.

Bertola  Ai Pensieri notturni di Young si ispirano le Notti clementine (1775) di Aurelio Bertola scritte per la morte di papa Clemente XIV. Il Bertola, conoscitore del­la letteratura tedesca, fu mediatore tra cultura nordica e cultura italiana con l'Idea della poe­sia alemanna (1779), e fu autore di un Viaggio sul Reno e ne'suoi contorni, dove, tra residui di manierata grazia arcadica, affiora una nuova sensibilità per la natura, intonata al gusto pre-romantico. Alla poesia 'cimiteriale' si collegano, sia pur in modi problematici, i Sepolcri di Foscolo.


Wolfang Goehte 27


Trama de I dolori del giovane Werther    Nel 1771 il giovane Werther si trasferì a Woldheim, un piccolo paesino di camna e scrive numerose lettere all'amico Guglielmo a cui racconta delle persone con cui fa conoscenza. Egli non lavora e si dedica alla pittura ispiratagli dai paesaggi naturalistici molto suggestivi. Ad una festa egli conosce Lotte, lia del podestà, una bellissima fanciulla di cui si innamora, pur sapendo che questa è già stata promessa ad un giovane di nome Alberto. Werther frequenta assiduamente la casa di Lotte e stringe amicizia con Alberto che non giudica però degno di Lotte poiché non altrettanto sensibile. Sapendo che non potrà mai essere corrisposto Werther decide di trasferirsi e non vedere più Lotte. Accetta quindi un lavoro presso l'ambasciatore. Egli è però insoddisfatto per il lavoro noioso, per le incomprensioni con il suo superiore e per i problemi che ha, in quanto intellettuale borghese, a inserirsi nell'ambiente aristocratico pieno di pregiudizi sociali. Wenther abbandona il lavoro e si trasferisce in casa di un nobile che lo stima. Tuttavia ben presto egli sente il desiderio di tornare a Woldheim. Qui rivede Lotte della quale è sempre perdutamente innamorato, la quale però ha sposato Alberto. I sentimenti di Werther sono evidenti, per questo il suo rapporto con Alberto si guasta e questi invita la moglie a vedere l'amico meno spesso. Werther comincia a maturare il pensiero di uccidersi e per giorni non pensa ad altro. Fa visita a Lotte per l'ultima volta e, dopo averle letto i canti di Ossian, la bacia impetuosamente. Tornato a casa manda un servo da Alberto per farsi prestare delle pistole, scrive una lettera d'addio a Lotte ed una a Guglielmo,quindi si spara alla testa. Morirà dopo poche ore.


Il personaggio di Werther E' un personaggio in contrasto con la società: egli è il tipo dell'artista (ha infatti una profonda vena artistica e letteraria) e vive, accanto al dramma amoroso, un dramma di emarginazione sociale che lo fa sentire frustrato, isolato, inferiore alle persone presso cui lavora. Si contrappone alla ura di Alberto, che è una persona razionale, perfettamente inserita nella società, un ottimo partito, considerato da Werther stesso un amico corretto, apprezzato e stimato.

Nota:il suicidio di Werther è assai moderno per quel tempo poiché utilizza come arma una pistola.


Friederich Schiller 32


Concetto della poesia  Schiller sostiene che la poesia antica sia ingenua, libera ed esprima quindi al meglio lo spirito primordiale della natura. Ritiene invce il poema sentimentale ricco di sentimento ma costruito, frutto della ragione e perciò lontano dalla natura.


Trama de I masnadieri Il dramma giovanile di Schiller, che nasce dal clima dello Sturm und Drang, presenta alcuni motivi e atteggia­menti che riiranno successivamente nella letteratura romantica europea, soprattutto la ura del gran­de ribelle, il cui fascino eroico deriva dal sovvertimento di tutte le leggi, umane e divine, e dalla scelta del male come mezzo per affermare la propria libertà e grandezza. Si tratta di una tragedia in cinque atti, in prosa, che nella struttura, specie nello sprezzo per le unità classiche, risente dell'ammirazione del giovane poeta, condivisa dal giovane Goethe, per Shakespeare (ura riscoperta al fianco di Omero). Protagonista è Karl Moor, uno studente aristocratico che conduce vita dissipata e irregolare. Egli esprime al padre il suo pentimento, chiedendo perdono per la sua con­dotta, ma il perfido fratello Franz carpisce con l'inganno al padre l'autorizzazione a rispondergli e, invece del per­dono, manda una lettera dai toni aspri, in cui Karl viene ripudiato e diseredato. L'ingiustizia subita scatena l'im­pulso di rivolta di Karl contro la società, che già si manifestava nella sua insofferenza per la tirannide e per la mediocrità borghese. Si mette quindi a capo degli studenti suoi comni, trasformandosi in brigante generoso, con l'intento di riparare soprusi e ingiustizie. Ma ben presto misura la vanità del suo progetto e l'inevitabilità del­la sconfitta: si rende conto di essere stato folle a voler migliorare il mondo con delle atrocità (ricorda per certi aspetti padre Cristoforo che riparava i soprusi con altre ingiustizie). La sua rivolta gli pe­sa come una maledizione che lo isola dagli uomini e dal creato intero, facendo di lui un reietto. Ma proprio la scon­fitta accresce la nobile grandezza della sua ura, che si carica del fascino di Lucifero, il primo grande ribelle, sconfitto nel suo smisurato disegno, ma «maestoso sia pur nella rovina», come si esprime Milton nel Paradiso per­duto. Spinto dal bisogno di ritrovare l'innocenza perduta torna al castello paterno, sotto mentite spoglie. Franz nel frattempo ha cercato in ogni modo di vincere la fedeltà di Amalia, la fidanzata di Karl, senza però riuscirvi. Karl scopre in un bosco vicino al castello che il padre, creduto morto per il dolore, è invece tenuto prigioniero da Franz. Il fratello malvagio, terrorizzato dal castigo eterno, sentendo avvicinarsi Karl e i suoi comni desidero­si di far giustizia, si uccide. Ma anche il vecchio padre muore di dolore vedendo che Karl è divenuto un brigante. Karl rendendosi conto che non può più riscattarsi e che è indegno di Amalia, la uccide e, per reintegrare l'ordine da lui sovvertito, si costituisce alla giustizia. Il finale pentimento di Karl, piuttosto convenzionale, sembra più che altro una concessione alla censura e al gusto moralistico del pubblico (come ha osservato Mittner). Il significato vero della ura dell'eroe va piuttosto cercato nel gesto della ribellione suprema, da cui scaturisce quel fascino che ha fatto del Masnadiere un vero archetipo mitico della cultura dell'Ottocento.



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