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Ugo Foscolo



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Ugo Foscolo

Vita


Niccolò Foscolo (Ugo fu un nome assunto più tardi dal poeta) nacque, da padre italiano e madre greca, nel 1778 a Zante, isola del mare Ionio, possedimento della Repubblica veneta. L'essere nato in terra greca rivesti' molta importanza per il Foscolo che si senti' profondamente legato alla civiltà classica. Nel 1784 si trasferisce in Dalmazia con la famiglia e inizia gli studi presso il seminario del luogo. Alla morte del padre la famiglia si trasferì a Venezia, ma lo scrittore conoscendo poco la lingua studiò molto, creandosi rapidamente un'ampia cultura, sia classica sia contemporanea, e cominciò a scrivere i primi versi. Dal punto di vista politico Foscolo era favorevole alla Rivoluzione Francese e ai principi egualitari e libertari. A causa di questi suoi ideali politici ebbe noie con il governo oligarchico veneziano tanto che fu costretto a ritirarsi sui colli Euganei, dove rappresenta la tragedia "Tieste". Nel 1797 si trasferisce a Bologna dove si arruola nelle truppe napoleoniche e dove pubblica l'ode a Bonaparte Liberatore. Formatosi a Venezia un governo democratico, Foscolo vi fece ritorno, impegnandosi attivamente nella vita politica, ma in seguito al trattato di Campoformio, con il quale Napoleone cedette la Repubblica veneta all'Austria, lasciò nuovamente Venezia per rifugiarsi a Milano. A Milano strinse amicizia con il Parini, suo modello intellettuale, e con il Monti con i quali fondò un giornale, il "Monitore italiano", dove ebbe modo di descrivere il suo impegno patriottico. Con l'avanzata degli Austriaci si arruolò con l'esercito napoleonico ricoprendo il ruolo di capitano aggiunto. Nel 1804 per motivi economici segui' la spedizione di Napoleone contro l'Inghilterra, soggiornando per due anni nella Francia settentrionale dove ebbe una relazione con Lady Hamilton Fanny da cui ebbe una lia. Dopo alcuni viaggi l'amico Monti riesce fargli ottenere la cattedra di eloquenza di Pavia che mantiene fino al 1812. Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, Niccolò tornò a Milano, riprendendo il suo posto nell'esercito. Rientrati gli Austriaci a Milano, dopo la sconfitta di Waterloo, Foscolo si rifiutò di dirigere una rivista culturale "la Biblioteca Italiana" (poiché cercava consensi per Napoleone) e andò in volontario (a causa del regime politico che non approvava) esilio prima in Svizzera e poi a Londra. Qui fu accolto con onori e simpatie, ma sorsero presto attriti persino con gli immigrati italiani e poiché le sue condizioni economiche si fecero sempre più disastrose fu costretto a nascondersi nei sobborghi più poveri di Londra, dove vi mori' nel 1827, all'età di 49 anni. Nel 1871 i suoi resti furono portati in Italia, vicino alle tombe dei grandi uomini da lui cantati nei Sepolcri.




Foscolo Traduttore


In Foscolo, il rapporto con la cultura classica e greca si concretizza nell'attività di traduttore. Tale attività ha prodotto pochi risultati compiuti e organici per un particolare atteggiamento del poeta nei confronti degli originali.

Da un lato egli mira a restituire con scrupolo filologico la verità espressiva. Dall'altra parte, traducendo è necessario rivivere nella propria lingua, nella propria cultura e nella propria personalità le coordinate artistiche del testo originale.

Un altro ostacolo alla compiutezza delle traduzioni consiste nella tendenza foscoliana di assumere intimamente il testo da tradurre: tradurre non significa svolgere un mestiere per gli editori e per il pubblico, ma innanzitutto assumere e rivivere per sé la ricchezza dell'originale, nutrendosene.

Proprio alla sua traduzione dell'Iliade, che porta avanti per tutta la vita, gli studiosi si sono affidati per distinguere i diversi momenti, romantici, neoclassici e illuministici, che attraversa Foscolo.


Caratteristiche


Nella formazione di Foscolo convengono le componenti tipiche della cultura del suo tempo: la cultura classica, le moderne sollecitazioni preromantiche e l'illuminismo settecentesco.

Per quanto riguarda le idee, tra gli illuministi subì in un primo tempo l'influenza di Rousseau, che gli suggerì concezioni egualitarie e democratiche, che negli anni giovanili lo spinsero ad abbracciare posizioni giacobine. La visione rousseauniana della società si fondava sul presupposto dell'originaria bontà dell'uomo, corrottasi con la nascita della civiltà. Più tardi se ne staccò abbracciando concezioni più pessimistiche come quelle di Hobbes o Macchiavelli, che lo inducevano a credere nell'originaria malvagità dell'uomo in cui la società appare come una guerra contro tutti in cui trionfa la legge del più forte.  A questo pessimismo contribuisce poi un'altra componente filosofica tipica del 700, il materialismo, con l'apporto però anche dei pensatori classici (Epicureo, Democrito e Lucrezio). Il Materialismo ritiene che tutta la realtà sia materia ed esclude quindi lo spirito. Da ciò ne deriva la negazione del trascendente e della sopravvivenza dell'anima dopo la morte. La morte quindi segna l'annullamento dell'individuo. Tutto ciò può facilmente generare indifferenza e passività, la visione attiva ed eroica della vita che è propria di Foscolo lo induce a cercare alternative, anche se non riuscirà mai a superare teoricamente le concezioni materialistiche e meccanicistiche.

Per quanto riguarda invece le influenze romantiche, si riscontrano nell'importanza che da al sentimento e all'amore, alla malinconia e al tema dell'eroe bello di fame e di sventura, all'inquietudine e alla nostalgia per la morte. Inoltre gli amori appassionati e infelici, l'ideale patriottico, l'esilio e la sua morte tragica lo avvicinano alla ura dell'eroe romantico (solitario e passionale).

Mentre lo avvicinano al Neoclassicismo la sua terra d'origine e il legame con Monti (che scrive con riferimenti classici).


Un valore alternativo proposto da Foscolo è la bellezza, di cui sono custodi la letteratura e le arti. Esse hanno il compito di depurare l'animo dell'uomo dalle passioni e di consolarlo dalle sofferenze e dalle angosce del vivere: rasserenando e purificando l'animo dell'uomo lo rendono più umano allontanandolo dalla primitiva condizione di ferocia che permane in lui, esse hanno quindi un'inestimabile funzione civilizzatrice. Ad essa contribuisce  anche il compito di tramandare le memorie, in cui consiste l'anima di un popolo. Questo compito assume un'ulteriore funzione per gli artisti in quanto tramandando ai posteri le proprie memorie, collegate alle loro opere, ricevono una sorta di immortalità.


Foscolo, dal punto di vista linguistico, canta gli eroi in una maniera sublime ed aulica, utilizzando uno stile tragico. Per questo, a causa della sua adesione al vero e alla concretezza, critica il linguaggio usato dai romantici.


Ultime Lettere di Jacopo Ortis


La prima opera importante di Foscolo fu un romanzo, Ultime lettere di Jacopo Ortis.

1796 -> piano di studi: Lara, Lettere

1798 -> prima stampa incompleta a Bologna (fino alla lettera 45)

1799 -> L'editore affida a Sassoli la conclusione dell'opera

1802 -> Prima Edizione romanzo ripreso e modificato da Foscolo

1816 -> ristampa a Zurigo

1817 -> Ultima edizione a Londra con ritocchi e aggiunte


Il primo cenno di un probabile progetto di romanzo da parte del Foscolo è contenuto in un Piano di studi del 1796, dove si parla di "Laura, Lettere", libro del quale non è rimasta traccia. Una prima redazione dell'Ortis fu parzialmente stampata a Bologna nel 1798, la quale, rimasta incompiuta in seguito alla partenza del Foscolo dalla città, venne fatta concludere dallo scrittore bolognese Angelo Sassoli. La prima redazione dell'Ortis, ripreso e terminato dal Foscolo, venne pubblicata nel 1802 a Milano, alla quale seguirono altre due edizioni, una stampata in Svizzera nel 1816 e una a Londra nel 1817. Le ultime lettere di Iacopo Ortis costituiscono un romanzo epistolare, formato cioè da una serie di lettere che il protagonista scrive all'amico Lorenzo Alderani (con alcuni interventi dello stesso). I modelli immediatamente riconoscibili sono quelli de " I dolori del giovane Werther" di Goethe e " La nuova Eloisa" di Rousseau. Da Goethe in particolare Foscolo riprende l'intreccio del racconto, un giovane che si suicida per amore di una donna e la tematica fondamentale, quella del conflitto tra l'intellettuale e la società, in cui egli non può inserirsi e realizzare le sue aspettative. Tale conflitto, analizzato già nell'opera di Goethe in una dimensione privata e psicologica, si carica con Foscolo di un respiro più ampio, in relazione alle vicende e al contesto politico dell'Italia. La vicenda tratta, infatti, di Iacopo, giovane patriota che in seguito alla cessione di Venezia all'Austria da parte di Napoleone, si rifugia sui colli Euganei per sfuggire alle persecuzioni. Qui incontra Teresa e si innamora di lei, nonostante sia già destinata come sposa ad Odoardo. La disperazione per l'amore impossibile e per le tristi vicende della patria, lo spingono a compiere vari viaggi per l'Italia, fino a quando, in seguito alla notizia del matrimonio di Teresa, torna a Venezia e si toglie la vita. Come si può vedere il dramma di Ortis aggiunge nuove connotazioni e tematiche alla vicenda di Werther. Il conflitto non è più solo contro la borghesia, con la quale l'artista dotato di grande sensibilità non può identificarsi o contro l'aristocrazia, che ancora nel Werther è la classe dominante, chiusa e difesa dai suoi privilegi, ma si allarga alla sfera politica. L'Ortis è pervaso da un senso di inquietudine, di angosciosa "mancanza" nel protagonista, il quale sente di non avere una patria. In lui c'è il desiderio di liberarsi dal "tiranno" straniero e insieme la disperazione che nasce dalla delusione degli ideali rivoluzionari, dal tradimento delle proprie aspettative e dalla libertà che si tramuta in tirannide. La morte, dunque, non si delinea solo come unica via d'uscita da una crisi personale e amorosa, ma anche e soprattutto da una crisi storica. Per quanto riguarda la forma letteraria, l'Ortis si distacca dai precedenti modelli di romanzo per il fatto di non costituire un vero e proprio intreccio di eventi, personaggi e situazioni: è piuttosto una lunga confessione dell'autore, una serie di meditazioni, orazioni e pensieri condotta in stile aulico e solenne, con perenne tensione al sublime; la sintassi è complessa, i periodi ricchi di enfasi retorica e sono costruiti secondo antitesi e simmetrie. L'Ortis è incline alla solitudine, ma anche agli entusiasmi; a tratti è animato da un furore di individualismo, libertario che lo accomuna all'eroe alfieriano. La grande differenza è che per l'Alfieri l'eroe è individuale, lotta per se stesso, mentre l'Ortis è consapevole di lottare per il proprio popolo.   



Differenze  con Werther


Linguaggio: il  Werther è scritto in maniera colloquiale; l'Ortis tende al sublime e all'aulico

Piano sociale: Nel Werther la vicenda privata rappresenta il dramma sociale (prerivoluzionario); Nel Ortis oltre al dramma sociale e privato si riscontra quello politico, in quanto Jacopo non trova un tessuto sociale nel quale inserirsi (postrivoluzionario)

Ricerca di valori positivi : Nel Werther ciò è assente; Nell'Ortis questi valori si ricercano nella tradizione -> pessimismo della ragione ma ottimismo della volontà, volontà di crearsi delle alternative.

ura femminile: Teresa si sacrifica per il padre (≠ Werther)

Rifugio Causato da: Nel Werther un amore spiacevole; Nell'Ortis dalle persecuzioni contro i giacobini


Analogie con Werther


Genere: romanzo epistolare svolto attraverso lettere del narratore e con interventi  del fittizio editore delle lettere

Intreccio: giovane che si suicida per amore di una donna già destinata a sposare un altro.


Brano studiato


Sin dalla prima ina la morte appare l'unica alternativa di fronte a una soluzione politica senza via d'uscita. Morte vista in un senso positivo come una forma di sopravvivenza sia pur illusoria: l'eroe sarà compianto dai <<pochi uomini buoni>>. La morte rappresenta inoltre il ricongiungimento con la terra dei padri, l'unico posto in cui sfuggire alla situazione precaria di torvarsi senza patria. Da un lato troviamo quindi il nichilismo disperato dall'altro il recupero di valori positivi attraverso l'illusione.


Ambivalenza dei personaggi


Il sistema dei ruoli rivestiti dai personaggi dell'Ortis si sviluppa su due piani: quello privato, sentimentale e quello pubblico, politico.


Piano Privato -> Eroe: Jacopo Ortis; Oggetto del desiderio: Teresa; Antagonista: Padre di Teresa e Odoardo

Piano Pubblico -> Eroe: Jacopo Ortis; Oggetto del desiderio: la Patria; Antagonista: Napoleone




I due conflitti hanno una radice comune in quanto Jacopo non può avere la donna che desidera perché non possiede una patria, rapporto di causa-effetto. Il matrimonio, forma d'integrazione perfetta, non è possibile poiché non vi è una patria o organismo politico e sociale in cui il giovane possa trovare il proprio ruolo.


L'eroe


Nell' Ultime lettere di Jacopo Ortis troviamo il prototipo dell'eroe romantico che soffre e si comporta secondo criteri sentimentali. L'eroe romantico è la novità letteraria dell'800, si contrappone all'eroe classico che combatte per la religione.

L'eroe e la società sono collocati su due piani diversi: la società agisce secondo il criterio dell'utile mentre Ortis secondo quello sentimentale. Jacopo, come Foscolo, subisce la delusione storica dovuta al fallimento degli ideali di patria, di eroismo, di virtù e di amore. Il suicidio rappresenta la protesta di chi con la morte reagisce ad ogni forma di dittatura e alla realtà ostile; non è quindi un gesto di rinuncia e di resa di fronte alle avversità, ma un gesto dimostrativo.

Il suicidio non è provocato solo dalla delusione d'amore, ma anche dalla delusione politica susseguente all'abbandono di Venezia agli austriaci. Ortis è pessimista sulla natura umana e sulla società in genere. Antagonisti dell'eroe-Ortis sono due ure autoritarie, dalle caratteristiche ambivalenti, ottimi e crudeli, che il protagonista non può interamente odiare. Solidale è invece la madre, confinata in un ruolo inattivo, che trattiene a lungo il protagonista dal suicidio. L'impossibilità di agire conduce Ortis a rivolgere l'azione contro se stesso, il suicidio.

Nel sonetto A Zacinto esprime il nuovo concetto romantico dell'eroe, grande per la forza e la dignità con cui sa sopportare le ingiurie della sventura, gli oltraggi della vita: la condanna al finito, che si oppone allo slancio infinito dell'io. Nasce la poesia dei 'vinti' soccombenti e tuttavia superiori al destino. La sensibilità è quindi romantica: parla di una vicenda dolorosa, Foscolo definisce se stesso in relazione e contrapposizione con Ulisse. Dal paragone emerge l'eroe romantico che ha il fato avverso e l'eroe classico che ha il destino amico. Omero cantò l'esilio di Ulisse e il suo ritorno, Foscolo canta invece il suo esilio e il suo non ritorno.


Sonetti


I sonetti sono la composizione più vicina alla materia autobiografica e alla passionalità dell'Ortis. Per la maggior parte sono caratterizzati da un forte impulso soggettivo, con fitte reminescenze di altri poeti tra cui tetrarca e  i poeti latini. Sono ripresi inoltre i temi dell'Ortis: ura dell'eroe sventurato, il conflitto con il "reo tempo" e il "nulla eterno" come unica alternativa., il rapporto con la terra "materna". Rie dunque il motivo nichilistico dell'Ortis, ma anche la ricerca di valori positivi .


Alla Sera

Forse perché della fatal quiete fatal quiete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge

Forse perché tu sei l'immagine della morte, a me giungi cosi gradita, e sia quando sei seguita dalle nuvole e dai venti sereni sia quando dal nevoso cielo che porta neve e conduci sulla terra notti lunghe e burrascose, e occupi le vie più segrete del mio animo, placandolo dolcemente.
Mi spingi a pensare alla via della morte e intanto se ne va via quest' età malvagia, e insieme al tempo che se ne và se ne vanno anche le preoccupazioni.
E mentre guardo la tua immagine di pace, dentro di me dorme la voglia di combattere che è dentro di me e mi invita a lottare e mi da tanta angoscia.

Composto tra 1802-l803, è diviso in due parti, che corrispondono alle due quartine e alle due terzine. La prima parte è soprattutto descrittiva, descrive lo stato d'animo dinanzi alla sera, colto in due momenti differenti, ma egualmente carichi di significato: l'imbrunire di una bella giornata estiva e lo scendere delle tenebre in una nebbiosa serata invernale.

La seconda parte è più dinamica e l'autore vi colloca il nucleo centrale del sonetto, il "nulla eterno". Secondo questo processo la sera, immagine della morte, ha un'efficacia liberatoria, perché cancella le sofferenze e i conflitti. Qui il nulla eterno e la pace della sera, si oppongono al "reo tempo" e allo "spirito guerrier" del poeta. Con questo legame Foscolo sottolinea come il tormento e l'irrequietudine dell'autore siano connessi al particolare momento storico. Anche i verbi "dorme" e "fugge" presentano analogie e sono posti in posizione di rilievo a fine verso e sono legati ai soggetti per enjambement. Foscolo utilizza una perfetta simmetria riscontrabile nella costruzione delle terzine che hanno un elemento positivo, un verbo di trasformazione e un elemento negativo annullato. Le due quartine hanno andamento lento e statico mentre le terzine sono dinamiche. Come già espresso nell'Ortis, Foscolo ripropone lo scontro dell'eroe generoso ed appassionato contro una realtà storica assai negativa, che crea irrequietudine e rivolte. Anche in questo sonetto l'unico strumento per sfuggire a tanta infelicità è la morte, intesa come annullamento totale.







nulla eterno vs reo tempo

pace della sera vs spirito guerrier


Elemento positivo:   nulla eterno pace

Verbo di trasformazione: fugge dorme

Elemento negativo annullato:   reo tempo spirito guerrier


Nulla


Il termine deriva dal latino nulla res "nessuna cosa" che in filosofia indica il "non essere" immaginato come vuoto e assenza. Il termine italiano si traduce con il latino nihil corrispondente al greco mé on "non essere" parmenideo.

Il pensiero neoplatonico trasporta il termine in una teologia negativa ovvero attribuendo a Dio il nulla eterno, ovvero nessuna delle cose finite, per esprimere enfaticamente la sua superiorità.

In senso materialista: cessazione totale dell'essere

In senso metafisico: si intende il divino  o l'essere privo di determinazioni che ne è all'origine


A Zacinto


Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque


cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del lio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.


Io non potrò mai piu' toccare le sacre sponde dove il mio corpo da piccolo giacque; o Zante mia, che ti rispecchi nelle onde del mare greco dal quale nacque la dea vergine Venere, e rese feconde quelle isole attraverso il suo primo sorriso, motivo per cui l' alta poesia di Omero non potè non parlare del tuo limpido cielo, e delle avventure di Ulisse per il mare governato dal fato e l' esilio di colui, bello per la fama e per la disgrazia, che è arrivato alla fine a baciare la sua Itaca piena di pietre. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo lio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime.


E' stato composto tra il 1802 e il 1803 in onore all'isola dove il poeta nacque, Zante, qui chiamata con il nome greco antico Zacinto. Nel sonetto è presente una contrapposizione tra il poeta e l'eroe omerico, poiché Foscolo non toccherà mai più Zante, mentre Ulisse baciò la sua petrosa Itaca. Queste sono due peregrinazioni volute dal fato, ma con esito negativo. Il sonetto assume cosi' un doppio codice "classico" e "romantico":

- codice classico: l'eroe classico, positivo, conclude felicemente le proprie peregrinazioni,

- codice romantico: l'eroe romantico, negativo, non conclude felicemente le proprie  

peregrinazioni.

Sono due concezioni profondamente diverse una riferita all'età classica, l'altra tipica dell'età moderna. La sepoltura del Foscolo sarà allora illacrimata, poiché nella condizione di esule, è costretto a morire lontano dai propri cari a causa di una situazione sociale assai negativa. 

La sintassi, più ampia, è compresa in più strofe. Il periodo infatti dure tre strofe ed è unito da congiungimenti sintattici e enjambements. Lo schema ritmico viola quindi lo schema tradizionale del sonetto che vede la coincidenza di schemi sintattici e strofe. Il poeta mira più che altro a costruire un discorso che si modelli sull'andamento inquieto della passione soggettiva. Per questo la sintassi tortuosa sta a riprodurre l'errare dei due eroi.

Zacinto evoca inoltre l'idea di maternità (Venere stessa implica l'idea di fecondità). Il ritorno alla terra natia per esservi sepolto sarebbe anche un ritorno al grembo materno, alla sicurezza originaria. Ma poiché Venere e zacinto sorgono dalle acque , connessa intimamente con l'immagine materna è l'acqua datrice di vita. Inversamente la morte lontano dalla terra materna è privazione di acqua "illacrimata sepoltura". L'acqua è quindi un tema centrale del sonetto a cui alludono tutte le rime.







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