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VIRGILIO - RICOSTRUZIONE DELLA VITA DI VIRGILIO, LE BUCOLICHE (42-39 a. C.), LE GEORGICHE (37-30 a. C.)

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VIRGILIO



RICOSTRUZIONE DELLA VITA DI VIRGILIO


Virgilio è nato ad Andes (ora Pietole Antica, presso Mantova), il 15 ottobre 70 a.C. da una famiglia di agricoltori di condizione agiata.


Gli studiosi, per sapere della vita di Virgilio, si basano su un' opera scritta nel II^ secolo d.C. da Svetonio, intitolata "Vita di Virgilio".

Una fonte molto importante sono anche le sue stesse opere, perché ci sono continui riferimenti alla sua vita privata.


Studi: all'età di 10 anni venne mandato a studiare a Cremona

all'età di 15 anni va a studiare a Milano

tra i 18 e i 20 anni, a Roma, frequenta la scuola di eloquenza del Retore Epidio:



dato che non era un grande oratore perché era insicuro e impacciato, deluso si trasferisce a Napoli per studiare filosofia dal filosofo Sirone. A Napoli conosce personaggi illustri, quali Quintilio Baro e Orazio, e compone una serie di poemetti, considerati le opere giovanili di Virgilio; tutte queste opere sono raccolte nell' "Appendix Vergiliana".


Quando ritorna ad Andes viene sorpreso da un provvedimento preso da Ottaviano Augusto dopo la battaglia di Filippi del 41 a.C., che imponeva agli agricoltori di regalare le terre del territorio mantovano ai veterani di guerra; anche il podere di Virgilio si ritrova tra quei territori, ma, grazie all'amicizia con Asinio Pollione, riesce a salvare il proprio podere. Poco dopo però è obbligato a lasciare le sua terra, ma viene comunque ricompensato da Augusto con una villa a Napoli.


Dal 42 al 39 a.C. compone la prima delle sue grandi opere, "Le Bucoliche" (chiamate anche Egloghe), dove si narra appunto della confisca dei terreni da dare ai veterani di guerra.


Dopo questi avvenimenti, Virgilio torna a Roma, dove viene presentato ad Augusto e a Mecenate, poiché "Le Bucoliche" avevano avuto una grande fama.


Mecenate → mecenatismo = coloro che proteggono le arti

era un uomo che coltivava le arti

a Roma istituisce un circolo artistico

protegge gli artisti

favorisce il programma politico di Augusto, il quale voleva riportare l'età dell'oro a Roma


Tra il 37 e il 30 a.C. Virgilio scrive la sua seconda opera, "Le Georgiche".

Mentre compone il terzo libro de "Le Georgiche", Virgilio annuncia di voler comporre un poema epico che canti la gloria di Roma e di Augusto. Quest'opera è l'"Eneide", che lo impegnerà per tutta la durata della sua vita, poiché quando è morto, il poema non era ancora finito come desiderava.

Prepara l'Eneide prima in prosa, poi in poesia; era lentissimo nella composizione perché era ansioso, riscriveva i versi decine di volte fino a quando tutto non gli sembrava perfetto (limava i versi). Le parti che considerava finite le leggeva al pubblico per vedere la reazione. Il 2^, 4^ e 6^ libro li legge ad Augusto e alla lia Ottavia.

Aveva preventivato 3 anni per revisionare il poema.

Virgilio decide di andare in Grecia e in Asia Minore per visitare i luoghi che aveva narrato nel poema; ad Atene incontra augusto, che lo convince a tornare con lui. Durante il viaggio, però, Virgilio muore (21 settembre 19 a.C.) a causa di un' insolazione. Dice ad Augusto di bruciare la sua opera perché era incompiuta, ma egli non rispetta le volontà di Virgilio e incarica Vario, amico di Virgilio, di pubblicare l'opera integra così com'era.


Virgilio viene sepolto a Napoli lungo la via di Pozzuoli e sulla tomba sono stati incisi alcuni versi che aveva composto lui stesso:


<<MANTUA ME GENUIT, CALABRI RAPUERE, TENET NUNC

PARTENOPE: CECINI PASCUA, RURA, DUCES.>>


<<Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, ora mi tiene

Napoli: ho cantato le greggi, i campi e i duci.>>



LE OPERE


LE BUCOLICHE (42-39 a. C.)


Chiamate anche Egloghe (→ come le poesie greche e latine che parlano di argomento pastorale), sono 10 (o 14) componimenti poetici che trattano di vari argomenti pubblicati senza alcun ordine cronologico.


L'ispirazione per la composizione di questo componimento viene da Teocrito, poeta greco di Siracusa.


Si parla della bellezza della natura in contrasto con la realtà che vuole distruggere il mondo (→ una vera e propria evasione dal mondo idilliaco per allontanarsi dalle brutture della vita), e dell'impossibilità di comprendere il dolore.


Tra le maggiori Bucoliche ricordiamo:

la prima: ci sono due pastori, Titiro e Melibeo, che dialogano tra di loro. È autobiografica perché narra che Titiro, grazie alla protezione di un grande personaggio, può tenere ancora il suo podere, mentre Melibeo, che non conosceva nessuno, non può restare ma deve abbandonare tutto. (→ provvedimento di Augusto dopo la battaglia di Filippi)

la quarta: Virgilio annuncia che tra non molto ci sarebbe dovuta essere la rigenerazione del mondo (→ età dell'oro); nascerà un puer (fanciullo) che riporterà lo stato di tranquillità.

Nessuno capisce chi è il fanciullo, ma dice che dovrà nascere durante il consolato di Asinio Pollione. Durante il Cristianesimo si pensa che il puer sia Gesù Cristo, e che quindi Virgilio l'aveva predetto. Gli autori cristiani (S. Agostino), leggendo le opere degli autori ani, hanno interpretato che Virgilio potesse parlare di Cristo, ma si trattava solo di una lettura allegorica, cioè non una lettura letterale, ma una lettura dove di cercano e si interpretano i simboli.

la nona: anche questa è autobiografica, poiché c'è ancora un dialogo tra due pastori che parlano della vicenda di Virgilio.



LE GEORGICHE (37-30 a. C.)


Scritto quando con Augusto si ritornò ai buoni mores, i costumi della Roma repubblicana, è un lungo poema diviso in 4 libri.

Virgilio vuole cantare il ritorno alla vita serena e tranquilla della camna, e parla della bellezza del lavoro agricolo.

<<Chiuse le porte di Giano>> → significava che c'era pace

Viene costruito l'ara pacis → l'altare della pace


L'ambiente è reale, e il lavoro viene visto come strumento per migliorare la vita.


primo libro: dedicato al lavoro nei campi (aratura, tempo, clima). È molto interessante, perché disdegna la guerra civile → prega gli dei affinché attraverso Augusto portino la serenità della pace nel mondo.

secondo libro: dedicato alla coltivazione delle piante, in particolare della vite.

terzo libro: dedicato all'allevamento del bestiame (come accudire gli animali, la loro nascita, ecc.).

quarto libro: dedicato all'allevamento delle api (come si costruiscono le arnie e i luoghi migliori dove costruirle).


Al termine del quarto libro c'è la storia di Aristeo e il mito di Orfeo ed Euridice.


→ Aristeo: egli aveva le api, ma a causa di un' epidemia lo sciame viene distrutto. Aristeo prega gli dei per avere un nuovo sciame, quindi lascia putrefare una carcassa di vitello, da cui uscì un nuovo sciame di api.

→ Orfeo ed Euridice: lei era morta della stessa epidemia dello sciame di Aristeo; Orfeo va nel regno dei morti, per riportarla in terra non deve girarsi ma lui si gira lo stesso e quindi perde definitivamente Euridice.


L'opera di Virgilio è sempre stata oggetto di studio e ammirazione in tutti i secoli, specialmente nel Medioevo, dagli autori cristiani.

ENEIDE


È il prodotto letterario più significativo dell'età di Augusto (età Augustea), quando lo Stato Romano si avviava a diventare una monarchia.


Augusto era il restauratore della legalità e della tradizione, assume nuovi poteri (princeps senatus), viene acclamato Augustus (→ superiore a tutti i cittadini romani), ed il suo obiettivo era quello di consolidare la pace. Fece degli interventi in campo economico per sanare l'agricoltura e costituì la proprietà privata per contrastare il latifondo. Voleva anche restaurare i valori del passato e gli antichi culti dei famigliari, e per questo mette in primo piano la famiglia e un freno ai divorzi; vengono poi restaurati gli antichi costumi (mores), che condannavano il lusso e lo sfarzo sfrenato.


Per quanto riguarda la letteratura, Augusto comprende che è importante dare spazio alla cultura, coinvolgendo intellettuali e artisti. È affiancato da Mecenate, al quale da il compito di organizzare la cultura (altri artisti: Orazio, Virgilio, Properzio), cercando sempre di orientare gli interessi letterari e le scelte tematiche degli artisti, ma senza mai costringerli.


L'Eneide è in perfetta sintonia con gli ideali di Augusto, poiché:

recupera il mito delle origini

Enea è il prototipo del futuro cittadino romano → è il progenitore dei Romani e di Augusto, perché il lio di Enea, Iulo (o Ascanio), era il fondatore della gens Iulia a cui apparteneva Cesare, che ha adottato Augusto.

con l'esaltazione di Enea e dei suoi valori è come se si esaltasse Augusto


pietà, cioè il rispetto e la devozione nel confronto degli dei e della famiglia

clemenza, era necessario per ottenere la pace

vita, intesa come dovere e missione, cioè colui che è pronto a sacrificare se stesso  il bene della collettività


Virgilio ha avuto grande fama e fortuna nella cultura latina, e sull'Eneide furono scritte altre opere:

Bellum civile di Lucano (→ la guerra civile)

Achilleide e Tebaide di Stazio


L'Eneide è un poema epico, reinterpretato da Virgilio e con qualche innovazione, poiché non c'è più l'esaltazione dell'eroe e del codice eroico, della guerra, ed Enea non rappresenta il "tipico eroe epico".

È un poema diviso in 12 libri e più o meno 10.000 versi ( per l'esattezza 9.897)e racconta una storia che dura 7 anni. Comincia in medias res, quando c'è la tempesta scatenata da Giunone. Come già detto, Virgilio la scrive prima in prosa e poi in versi, ma non riesce a completarla perché muore.


Virgilio si rifà all'Iliade e all'Odissea perché:

nei primi 6 libri, i LIBRI DEL VIAGGIO, si rifà all'Odissea

negli ultimi 6 libri, i LIBRI DELLA GUERRA, si rifà all'Iliade


Anche se l'influsso di Omero è indiscutibile, oggi si cerca di avvicinare l'Eneide alle "Argonautiche" di Apollonio Rodio.


I primi quattro libri dell'Eneide parlano di Didone e di Turno, re dei Rutuli, mentre nel quinto libro si narra dell'Epopea.


L'Eneide non è modellata come l'Iliade e l'Odissea, ma ha comunque una sua originalità:

nella caratterizzazione dei personaggi, poiché nell'Eneide sono individui complessi come gli uomini normali, mentre nell'Iliade erano eroi

nella descrizione delle avventure: l'Eneide è atipica, cioè non ci sono le descrizioni "fisse" tipiche di Omero (→ es: Ulisse viaggia perché vuole conoscere, mentre Enea viaggia perché è spinto dal Fato, quindi una forza superiore di lui)

nella visione della vita, perché nel poema omerico gli eroi e i personaggi non si curavano del resto del mondo ma pensavano solo alla guerra, invece Enea è una ura complessa psicologicamente, dominata dal senso di solidarietà nei confronti degli altri ed è consapevole che nel mondo ci sono dolore e infelicità


PERSONAGGI


ENEA

lio di Anchise e di Afrodite (Venere), è un guerriero forte e coraggioso. È il capo dei Dardani, popolazione che vive sul monte Ida. Appoggia Priamo nella guerra di Troia e poi fugge verso l'Italia e approda in Lazio, dove sposa Lavinia. È definito pius, cioè rispettoso e devoto nei confronti degli dei. Rispetta le leggi, prova amore per la famiglia , "pietà" e rispetto nei confronti dei vinti. È stato investito dal Fato, che gli aveva chiesto una grande missione, quella di fondare Roma, e ad esso è anche subordinato, infatti mette in primo luogo la sua missione, anche se per lui sarà terribile abbandonare Didone a causa dei suoi profondi conflitti interiori. Quando è davanti al nemico sconfitto si lascia prendere dall'emozione, ed ha in sé tutte le caratteristiche dell'uomo romano (civis romanus): coraggio, devozione, razionalità; è un uomo che lotta per i propri ideali, per la propria patria e la propria famiglia.


ASCANIO (o IULO)

lio di Enea e di Creusa, fonda nel Lazio la città di Alba Longa, dove sarebbe vissuta Rea Silvia, madre di Romolo e Remo. È stato il fondatore della gens Iulia.


ANCHISE

È il padre di Enea.


LAOCOONTE

Sacerdote di Apollo e di Nettuno, è il lio di Priamo. Mentre si oppone all'ingresso a Troia del cavallo di legno, viene ucciso con i li da un mostro marino uscito improvvisamente dalle acque.


LATINO

Re dei Latini, accoglie favorevolmente Enea e gli dà in moglie Lavinia, sua lia.


TURNO

Re dei Rutuli.


PALLANTE

lio di Evandro, fonda la città di Pallanteo e si allea ad Enea nel conflitto contro i Rutuli.


EURIALO e NISO

Guerrieri troiani.


IARBA

Re del territorio dove sarà fondata Cartagine.


EVANDRO

Re della città di Pallanteo, mostra ad Enea i luoghi su cui sorgerà Roma, e si allea con lui nella guerra contro Turno.


DIDONE

lia di Belo, re di Tiro, e moglie di Sicheo, ucciso dal fratello Pigmalione per impossessarsi del regno. Fugge in africa, dove fonda la città di Cartagine. Accoglie benevolmente Enea e si innamora di lui al punto che, alla sua partenza, si suicida.


ANNA

Sorella di Didone.


LAVINIA

lia del re Latino e della regina Amata, diviene la moglie di Enea.


SIBILLA CUMANA

Sacerdotessa di Apollo, accomna Enea nell'Ade e gli rivela il suo destino.


AMATA

Moglie del re Latino, lo spinge nella guerra contro Turno.


GIOVE (ZEUS)

Padre degli dei e degli uomini, dio del cielo e del fulmine, protettore della famiglia.


GIUNONE (ERA)

Moglie di Giove, protegge i parti e il matrimonio ma è avversa ad Enea.


MINERVA (ATENA)

Dea della sapienza, nemica dei troiani.


VENERE (AFRODITE)

Dea della bellezza e dell'amore, è madre di Enea ed è anche la progenitrice del popolo romano.

PROEMIO


Il proemio inizia in medias res, è già da 7 anni che si combatte quando Enea arriva a Cartagine.


Si ripetono spesso le parole uomo - armi, perché si parla di un uomo (Enea) e delle guerre che dovrà affrontare.


I temi e i personaggi


La protasi ricalca in generale quelle dei poemi omerici, ma contiene anche molte differenze:

presenta prima l'argomento del poema e poi l'invocazione alla musa ispiratrice della poesia, invertendo l'ordine rispetto ai modelli, come se il poeta volesse porre l'accento sulla scelta personale di voler cantare le imprese di Enea;

sin dai primi versi Virgilio sottolinea il ruolo dominante del Fato sull'intera vicenda;

l'ira di Giunone, implacabile, terribile e rivolta contro un uomo pio, che direttamente non si è macchiato di alcun delitto verso gli dei, appare quasi incomprensibile e rivela un rapporto diverso tra uomo e divinità, sicuramente più critico e problematico;

Giove aveva preso un giovane troiano (Ganimede) invece di Ebe, la lia di Giunone, come cocchiere degli dei, e ciò scatena ancora di più l'ira di Giunone.



Canto le armi, canto l'uomo che primo da Troia  Esplicito riferimento ai due poemi

venne in Italia , profugo per volere del Fato omerici.

sui lidi di Lavinio. A lungo travagliato

e per terra e per mare dalla potenza divina

a causa dell'ira tenace della crudele Giunone,

molto soffrì anche in guerra: finché fondò una città

e stabilì nel Lazio i Penati di Troia,

origine gloriosa della razza latina

e albana, e delle mura della superba Roma.

Musa 3, ricordami tu le ragioni di tanto

doloroso penare: ricordami l'offesa

e il rancore per cui la regina del cielo

costrinse un uomo famoso per la propria pietà

a soffrire così, ad affrontare tali

fatiche. Di tanta ira son capaci i Celesti?




anche se già due persone erano venute in Italia: Antenore a Pavia e Aceste ad Erice. Una volta i confini dell'Italia erano lo stretto di Messina e il Rubicone.

Il poeta sottolinea subito che la fondazione di Roma è stata sancita da una volontà superiore per realizzare un piano imperscrutabile.

inizia l'invocazione alla musa Calliope, protettrice della poesia epica.

i motivi dell'odio di Giunone verso i Troiani sono due: il ricordo dell'offesa subita del troiano Paride che aveva preferito Afrodite, consegnandole la mela d'oro; la consapevolezza che Enea fonderà una città, Roma, destinata ad oscurare e vincere tutte le altre, anche Cartagine, che le è particolarmente cara.

La pietas di Enea viene enunciata nel prologo e percorrerà tutto il poema. Tale sentimento è in netto contrasto con l'ira di Giunone.

DIDONE ACCOGLIE ENEA E I SUOI COMPAGNI


Il contesto e il brano


Enea e i comni, travolti da una tempesta causata da Eolo per ordine di Giunone, riescono ad approdare sulle coste dell'Africa. Durante un giro di esplorazione, ad Enea appare la madre, Venere, che gli racconta la storia di Didone, la regina di quei luoghi, e lo nasconde, insieme all'amico Acate, in una nube per proteggerne il cammino fino a Cartagine. Saliti su una collina, Enea ed Acate vedono dall'alto la città e si recano al tempio di Giunone, all'interno del quale e Didone con i suoi comni, che Enea temeva di aver perso e che invece erano stati accolti benignamente dalla regina. Improvvisamente la nuvola di dissolve e i due Troiani si rivelano davanti agli occhi stupefatti di Didone e dei naufraghi. La donna si sente subito attratta da Enea, reso bellissimo dall'intervento della madre, col quale condivide il comune destino di esule e lo invita all sua reggia dove di terrà un banchetto in onore dei profughi.


I temi e i personaggi


Nel brano assistiamo alla prima sa in scena di Didone, che si presenta pronunciando un discorso ricco di umanità e di comprensione nei confronti degli sfortunati Troiani, a cui offre ospitalità e aiuto. Colpisce immediatamente il riferimento alla personale esperienza di dolore, simile a quella provata dagli esuli che ha davanti a sé; da qui la donna ha imparato a soccorrere chi soffre. Proprio tale coscienza del dolore, che genera nella regina un sentimento di solidarietà verso le vittime di una sorte avversa, conferisce un aspetto nuovo e particolarmente ricco di calore umano al vincolo dell'ospitalità, rispetto a quello presente nei poemi omerici.



Allora Didone, abbassati gli occhi a terra, rispose 1:
<<Non abbiate paura, bandite gli affanni dal cuore.
La dura necessità, i rischi che corre lo Stato
troppo recente e ancora poco solido, m'obbligano
a usare tali cautele, difendendo i confini
dovunque con corpi di guardia. Chi non conosce la stirpe
degli Eneadi, Troia, il valore, gli eroi,
l'incendio che pose fine a così grande guerra?
Non sono duri gli animi dei Tiri, il Sole aggioga
i suoi cavalli abbastanza vicino alla mia città
da infondere il calore della pietà nei cuori
dei miei sudditi e in me
2. ½ lascerò partire
sicuri, vi aiuterò con ogni mezzo, tanto
che vogliate cercare la grande Esperia e le terre
sacre a Saturno
3, quanto vogliate dirigervi ai lidi
d'Erice
4, dal re Aceste 5. Se poi volete fermarvi
nel mio regno, sappiate che questa nuova città
è vostra: tirate a secco le navi, non farò
nessuna differenza tra Punici e Troiani.
Volesse il cielo che Enea fosse qui, trascinato
dal medesimo vento!
6 Comunque manderò
persone fidate a frugare le coste,
e ordinerò di esplorare tutta quanta la Libia,
per vedere se fosse riuscito a prendere terra
e magari stia errando per qualche bosco o città>>.
Rassicurati, il pio Enea e il forte Acate da tempo
bruciavano dal desiderio di squarciare la nube
7.
E Acate disse a Enea: <<O lio di Venere,  
Acate incoraggia Enea
che cosa pensi di fare? Tutto va bene, lo vedi:
la flotta e i comni son stati ritrovati.
Manca soltanto Oronte
8, che abbiamo visto noi stessi
sommerso dalle onde feroci: tutto il resto
risponde fedelmente ai detti di tua madre>>.
Aveva appena parlato quando la fitta nebbia
che li chiudeva si sciolse d'improvviso e disparve
nell'aria libera. Enea splendette nella chiara
luce simile a un Dio; bellissimo di viso
e di corporatura; poiché la stessa Venere
col suo soffio divino aveva dato al lio
una chioma stupenda e la purpurea luce
di giovinezza ed occhi soavemente brillanti.
Così l'artista aggiunge splendore al chiaro avorio,
così l'oro abbellisce l'argento o il marmo pario
9.
Allora parla a Didone davanti alla folla stupita
dalla sua apparizione inaspettata, e dice:
<<Ecco il troiano Enea che cercate, sfuggito
Enea parla
alle onde della Libia. O regina, che sola
hai avuto pietà dei travagli indicibili
di Troia, e che ci accogli da amici in casa tua
scampati dai Greci, esausti da tante fatiche
di terra e di mare, bisognosi di tutto:
non siamo in grado di renderti ringraziamenti degni,
né noi né quanto resta della gente troiana
sparsa un poco dovunque, per tutto il vasto mondo.
Ti ricompenseranno gli Dei, se un qualche Nume
ha riguardo dei buoni, se esiste la giustizia
e la coscienza del bene. Che secolo felice
ti produsse? Che nobili genitori ti fecero,
o gentile? Finché i fiumi correranno
al mare, finché le ombre percorreranno i fianchi
delle montagne, finché il cielo nutrirà
le vive stelle: in me, dovunque il destino mi chiami
dureranno il tuo nome, la tua grazia e i tuoi meriti!
10>>.
Ciò detto tese la destra a Ilioneo, la sinistra
a Segesto e man mano salutò tutti gli altri,
il valoroso Gia ed il forte Cloanto
11.
La
sidonia 12 Didone stupì prima a vederlo
poi a sentirlo narrare le sue sventure, e disse:
<<lio di Dea, quale sorte ti perseguita in mezzo
a così grandi pericoli? Quale forza ti spinge
a spiagge barbare? Tu sei quell'Enea che Venere
generò ad Anchise presso l'onda del frigio
Simoenta
13? Ricordo che Teucro 14, il fratello di Ajace,
venne un giorno a Sidone, scacciato dalla patria,
cercando un nuovo regno con l'aiuto di Belo
mio padre, il quale allora saccheggiava la ricca
Cipro e ne era signore. Da quel giorno so tutto
della rovina di Troia, di te e dei re pelasgi
15.
Benché ostile ai Troiani, Teucro assai li lodava
e si diceva nato dalla stirpe dei Teucri.
Venite dunque, o giovani, entrate a casa mia.
Un'identica sorte volle che anch'io, sbattuta
in mezzo a molti travagli, giungessi finalmente
a questa cara terra
16. Non ignoro il dolore,
per questo ho imparato a aiutare chi soffre>>.
Così dicendo guida Enea al palazzo reale
e ordina sacrifici nei templi dei Celesti.




la regina è giunta nel tempio di Giunone con i comni di Enea scampati alla tempesta. Ora sta rispondendo alla loro richiesta di ospitalità.

intendi: cosicché il clima mite rende il mio cuore e quello dei miei sudditi incline alla pietà e alla comprensione. Gli antichi credevano che le condizioni climatiche influenzassero il carattere degli uomini: il freddo intenso rendeva gli individui più crudeli e severi, una temperatura moderata, invece, li raddolciva.

il Lazio, in cui il dio saturno si sarebbe rifugiato per sfuggire al lio Giove.

la terra dove è sepolto Erice, antichissimo re della Sicilia. Per sineddoche, l'espressione indica la Sicilia.

il troiano Aceste aveva fondato in Sicilia una colonia della quale i comni di Enea si sentono cittadini.

il tono enfatico del discorso di Didone è reso più elevato dall'impiego delle interrogative retoriche e delle esclamative.

la nube in cui Venere li aveva avvolti per proteggerli.

comandante dei Lici, morto durante la tempesta.

marmo particolarmente pregiato.

Enea fa come ha fatto Ulisse quando ha incontrato Nausica; le domande retoriche e l'iperbole conferiscono enfasi e solennità alle sue parole.

sono tutti comni di Enea, profughi da Troia e scampati dalla tempesta.

di Sidone, città fenicia, capitale del regno di Belo, padre di Didone nonché sua città natale.

fiume che scorre vicino a Troia.

lio di telamone, re di Salamina, e fratello di Aiace, che era morto suicida durante la guerra di Troia poiché le armi di Achille erano state assegnate come premio ad Ulisse e non a lui. Teucro, tornato in patria, era stato cacciato dal padre perché non aveva vendicato la morte del fratello; si era allora rifugiato da Belo, il quale lo aveva aiutato a procurarsi un regno.

Achei, in particolare i più antichi abitatori della Grecia.

Didone allude alla sua storia che la vede esule, dopo che il fratello Pigmalione aveva ucciso il suo consorte per impadronirsi del potere, costringendola alla fuga.





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