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ANNALES

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ANNALES

Partizione della materia

Annales (nei manoscritti titolo originale "Ab excessu divi Augusti") narra le vicende romane dal 14 al 68 d.C. nei regni di Tiberio Caligola Claudio e Nerone. Composti da 16/18 libri abbiamo primi 4, parte del 5° il 6° (dalla morte di Augusto a quella di Tiberio 14-37), e dall'11° al 16°. (principati di Claudio e Nerone), perdute le ine su Caligola. Ci interessa capire quando è stata scritta x poter interpretarne il significato dato il tono pessimistico presente. Traiano morì l'8 agosto117 d.C., ma la sua morte fu annunciata solo l'11 perché nel frattempo fu resa nota l'adozione da parte di Traiano (già morto) di Adriano, così che questi diventò imperatore al posto di Nerazio Prisco, voluto dal senato. Probabilmente nella vicenda ha un ruolo importante Plotina (moglie di Traiano) che nutriva forti simpatie x Adriano. Ancora una volta nella scelta del princeps il senato non aveva avuto alcun peso decisionale ed è possibile che sia dopo questa vicenda Tacito, membro del senato, abbia scritto gli Annales in preda alla delusione; non abbiamo la certezza che Tacito abbia assistito alla vicenda, ma è sicuro che la sua opera scaturisca da una disillusione in certi ideali dovuta ad una vicenda del regno di Traiano o di Adriano.

Passato e presente

Lo scopo degli Annales è quello di capire le cause e i meccanismi del potere imperiale: x questo il suo interesse non è soltanto storiografico (solo conoscenza del passato) ma rivive la storia in modo politico, riconducendola con allusioni ad avvenimenti contemporanei. X esempio in Tiberio si può vedere Domiziano (che alla fine del proprio regno aveva reintrodotto la "maiestas"à condannava x alto tradimento; e la "delatio"à denuncia); così come le manovre di Plotina in favore di Adriano erano uguali a quelle di Livia, madre di Tiberio, in favore del lio. Il giudizio di condanna che egli emette nei confronti del principato giulio-claudio è legato alla visione pessimistica del presente, che nn ha possibilità di rinascita.



La tirannide mascherata di Tiberio

Il Regno del successore di Augusto nacque tra gli intrighi e le menzogne: morti misteriosamente tutti gli eredi e rifiutato il trono da parte di Germanico (ammirato da Tacito x il disprezzo del potere), diventa imperatore Tiberio, che ostenta passioni repubblicane (x esempio fa passare ogni decisione x i consoli, ma solo formalmente), che suscitano nell'autore rabbia e sarcasmo, mascherando così la natura imperiale, ovvero di dominio assoluto e di assenza di ogni libertà.

Il regno dell'imbelle Claudio

Le ine dedicate a Claudio sono quelle meno efficaci dell'opera: la caratteristica fondamentale di questo imperatore è la sua debolezza, ovvero l'incapacità di tenere in mano la situazione. Ciò fa sì che manchi in lui l'acuta analisi psicologica tipica di Tacito poiché il personaggio non ha particolarità psicologiche ma è solo il frutto di una società priva di dignità. Esempi della sua debolezza sono: la decisione di ammettere al senato alcuni maggiorenti della Gallia, presentata da Tacito assieme ad un discorso di Claudio che ha lo scopo di difendere tale decisione (ragione a dire il vero poco concrete). Tacito infatti nn era contrario all'ammissione in senato di provinciali, ma credeva che questa decisione favoriva le pretese sei ceti emergenti col rischio di sovversioni socio/economiche.

La tragedia del regime neroniano

L'interpretazione tacitiana di Nerone è stata messa in discussione dagli storici, poiché molti dei crimini a lui attribuiti e che in lui vengono fatti risaltare non sarebbero inferiori a quelli di altri monarchi e sarebbero comunque comprensibili o giustificabili in parte vista la situazione di lotta tra senato e imperatore. Il fatto è che Nerone andò contro la morale romana x la sua spinta ellenistica data alla cultura e la sua dedizione ai piaceri della vita e alle fastosità che costarono molto all'impero. A tacito viene rimproverato il fatto che sono stati mescolati nella narrazione fatti reali ad elementi teatrali, atti a ricostruire la storia dell'imperatore tragicamente, ma storicamente inattendibili. Tuttavia se la storia dei governi dei giulio-claudi e di Nerone in particolare è così tragica è anche perché la successione è stata dettata non da una scelta dei più valorosi ma da una lotta che portava all'uccisione di tutti i consanguinei pretendenti il trono.

Il valore storico

Nonostante le opere di tacito siano apprezzate x la sua storiografia "tragica" ( e per i ritratti paradossalià i personaggi sono associati a vizi o virtù particolari), bisogna sottolineare come l'autore si sia sempre adoperato x rimanere nell'ambito della verità e dell'oggettività. Tacito si servì di moltissime fonti e nel selezionarle dimostrò grande acume e spirito critico. Soprattutto se paragonata alle opere di Svetonio (alcune vite) e di Cassio Dione si vede l'abilità storiografica tacitiana: il primo è un biografo con scarsa intelligenza politica con il gusto x il pettegolezzo e il secondo usa materiale aneddotico e di dubbia provenienza preferendolo a fonti più accreditate. Tacito, invece, non si sofferma sui dettagli inutili, non commette molti errori di identificazione e, nonostante le ottime conoscenze geografiche, non si addentra in noiose e minuziose descrizioni di luoghi.




L'incendio di Roma

La notte del 19 luglio del 64 d.C. Nerone si trovava ad Anzio. Era un dies nefastus per i romani: nel 390 i Galli avevano espugnato e saccheggiato Roma, e l'avevano messa a fuoco. Quella notte vicino al Circo Massimo divampò un'incendio che durò 9 giorni. L'incendio fece molte vittime e distrusse in particolare quelle aree particolarmente affollate e dense di insulae costruite in legno. Andarono in fiamme numerosi monumenti. Nerone si prodigò negli aiuti, aiutando gli sfollati. Eppure l'opinione pubblica lo accusò del misfatto, affermando che mentre roma bruciava lui stava a cantare sul davanzale di casa ammirando lo spettacolo. Inoltre nel sito dell'incendio si costruì la Domus Aurea, fastosissima. Gli storici, e lo stesso Tacito, sono restii dal crederlo colpevole. Cmq Nerone accusa i cristiani e inizia contro di loro la persecuzione. Tacito condanna i supplizi gratuiti e cmq nella sua opera non dice nulla per screditare le maldicenze su Nerone. Nerone rientra nel cliché degli imperatori folli che governarono inizialmente in modo retto per poi degenerare. Tacito si affida alla semplicità tragica di tale modello moralistico.



Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo del principe - gli storici infatti tramandano le due versioni - comunque il più grave e spaventoso toccato alla città a causa di un incendio. (2)Iniziò nella parte del circo contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. (3) L'incendio invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. (4) Si aggiungano le grida di donne atterrite, i vecchi smarriti e i bambini, e chi badava a sé e chi pensava agli altri e trascinava gli invalidi o li aspettava; e chi si precipita e chi indugia, in un intralcio generale. (5) Spesso, mentre si guardavano alle spalle, erano investiti dal fuoco sui fianchi e di fronte, o, se alcuno riusciva a scampare in luoghi vicini, li trovava anch'essi in preda alle fiamme, e anche i posti che credevano lontani risultavano immersi nella stessa rovina. (6) Nell'impossibilità, infine, di sapere da cosa fuggire e dove muovere, si riversano per le vie e si buttano sfiniti nei campi. Alcuni, per aver perso tutti i beni, senza più nulla per campare neanche un giorno, altri, per amore dei loro cari rimasti intrappolati nel fuoco, pur potendo salvarsi, preferirono morire. (7) Nessuno osava lottare contro le fiamme per le ripetute minacce di molti che impedivano di spegnerle, e perché altri appiccavano apertamente il fuoco, gridando che questo era l'ordine ricevuto, sia per potere rapinare con maggiore libertà, sia che quell'ordine fosse reale.


Sequitur clades: "seguì un disastro", il verbo segue la scansione per eventi propria dello stile annalitico. Nam utrumque auctores prodiere: "infatti gli storici hanno tramandato l'una e l'altra tesi", Sventolio e Cassio Dione accusano Nerone, ma Tacito propende più per Pluvio Rufo, che lo sosteneva. Per violentiam ignium: "a causa della violenza degli incendi", compl. di causa in accusativo retto da per. Gravior atque atrocior: riferiti a clades, in climax.

circi: è il Circo Massimo, uno dei più grandi del mondo antico, con 150.000 posti e più dopo il rifacimento neroniano. Tra Aventino e Palatino, era destinato alle corse di cavalli. Attorno al circo c'erano numerose bancarelle di cibarie con i rispettivi focolari, che probabilmente innescarono l'incendio. Ortum: iperbato che stacca il soggetto "initium" dal predicato ortum (est). Quibus . alitur: "dove si trovava della merce infiammabile", quibus è dativo dipendente da inerat, mercimomnium è parola arcaica. quo flamma alitur: "dalle quali le fiamme sono alimentate", forse l'origine non è dolosa ma naturale. Simul . citus: "non appena l'incendio fu divampato, subito prese vigore e spinto dal vento", con tre membri coordinato lo storico descrive la rapidità dell'evento. Citus è il part perfetto di cieo, quindi nota la variatio tra questa forma verbale e il precedente aggettivo validus, in funzione di nome del predicatodi una copula sottointesa. Le espressioni simul . et . ac sono da mettere in correlazione perché lo storico vuole sottolineare il repentino divampare delle fiamme e l'impossibilità di intervenire. Conripuit: "investì", anziché corripuit, è un arcaismo. Domus . saeptae: Tacito vuole indicare i palazzi signorili, circondati (saeptae) da munimenta, ovvero muri di cinta. La zona dove si sviluppa l'incendio non è residenziale o di edifici pubblici, quindi le fiamme non trovarono ostacolo nei muri di protezione di giardini e templi. Quid aliud morae interiacebat: "qualche altro ostacolo che potesse opporsi alle fiamme. Quid: nel latino classico il pronome aliquid perde il prefisso solo se preceduto da nisi, aut, si, num ecc .

(3): Impetu pervagatum incendium: "l'incendio si proò per la sua stessa violenza", pervagatum (est) ha valore transitivo e regge plana. Inizia la descrizione del repentino proarsi dell'incendio per la città. La narrazione diventa rapida e segue i movimenti del fuoco. a primum . populando: "prima nei luoghi piani, poi arrampicandosi sui colli e di nuovo devastando le bassura". Edita: sottointeso loca. a primum/deinde in edita: chiasmo che rende la velocità del fuoco. Nota anche la variatio nel costrutto e nei verbi che indicano il proarsi: un predicato verbale al presente (pervagatum), un participio presente attributivo (adsurgens) e un gerundio modale (populando). Velocitate . urbe: "per la velocità della sventura e perché la città offriva esca agli incendi", si noti la variatio, perché troviamo un ablativo causale-strumentale e uno assoluto causale. Artis itineris . vicis: "per le vie strette e in più punti tortuose e per gli immensi agglomerati". Enormibus: non è semplicemente sinonimo di grandi, ma sta per "fuori dalla norma", da ogni piano regolatore o buon senso. La topografia tormentata della città diventa causa del proarsi. Anche qst particolare, come il precedente (l'assenza di cinte murarie) pone in causa i difetti urbanistici ma non l'intervento diretto di Nerone: questi rioni erano stati esclusi dal rinnovamento urbanistico di Augusto e di Agrippa, che si era svolto più vicino a Campo Marzio. Le vie erano quindi strette e le insulae enormi.

(4): Ad hoc: "inoltre", con questa semplice forma di passaggio lo storico inizia la descrizione patetica della sorte degli uomini. In precedenza il patetismo era stato trascurato e la descrizione risultava pertanto più asciutta e oggettiva. Fessa aetate . aetas: "l'età stanca dei vecchi o quella inesperta dei fanciulli", ma si potrebbe anche tradurre con una metonimia "i vecchi e i fanciulli". Insieme a lamenta costituiscono una frase nominale. La frase è controversa e fin dal XVI secolo si è provveduto a espungere dal testo aetate in quanto tentativo di un copista di spiegare il testo stesso. In questo caso ci troveremmo di fronte in variatio a un aggettivo in nominativo e a un genitivo di qualità. Con queste variazioni di costrutto Tacito viene a descrivere la sorte e le paure delle fasce d'età più deboli, aggiungendo connotati patetici al testo. Consulebant: dopo due frasi nominali finalmente il predicato, che regge i dativi sibi e aliis. Dum trahunt . opperientur: "mentre trascinavano via i malati o li aspettavano", i due predicati sono fortemente espressivi, indicando uno l'azione di trascinare via, l'altro di piantarsi in mezzo alla strada e di ostacolare la fuga. Pars mora, pars festinans: "parte per il ritardo, parte per la fretta", variatio tra l'ablativo di causa mora e il participio congiuntivo causale festinans.

(5) dum in tergum respectant: come nel paragrafo precedente, il dum temporale preferisce il presente indicativo, respectat in tergum è ridondante. Evaserant e crediderant: piuccheperfetti iterativi.

(6) quid . ambigui: "incerti su che cosa evitare e che cosa cercare", i due congiuntivi dell'interrogativa indiretta, posti in asindeto, hanno una sfumatura dubitativa. Complere . agros: "riempivano le vie e si gettavano riversi nelle zone aperte", complere e sterni sono infiniti storici. Con agros più che le camne si intendono le zone non edificate , pianeggianti e aperte che erano presenti in ogni città antica. Diurni quoque victus: "anche le risorse di un solo giorno" genitivo retto dal sottointeso fortunis. Alii: variatio rispetto a quidam. Quamvis patente efio: "benché si aprisse una via di scampo", abl assoluto retto da congiunzione concessiva.

(7) crebris minis: "per le frequenti minacce", regge multorum accomnato dal part attributivo prohibentium. Quia . iacebant: la descrizione di coloro che gettano apertamente delle fiaccole fa ritornare i sospetti su un istigatore dell'incendio. Sive . iussu: "sia che facessero questo per esercitare le loro rapine più liberamente, sia per ordine di qualcuno". Variatio tra la proposizione finale e l'ablativo nella struttura correlativa (sive . seu), ma già in precedenza si era passati dall'ablativo (crebris minis) alla causale retta da quia e infine alla correlazione. Difficile dire chi fossero costoro, se agenti di Nerone oppure semplici sciacalli. Il testo a ogni modo si chiude riproponendo i sospetti su Nerone.



Nerone, allora ad Anzio, rientrò a Roma solo quando il fuoco si stava avvicinando alla residenza, che aveva edificato per congiungere il Palazzo coi giardini di Mecenate. Non si poté peraltro impedire che fossero inghiottiti dal fuoco il Palazzo, la residenza e quanto la circondava. (2) Per prestare soccorso al popolo, che vagava senza più una dimora, aprì il Campo di Marte, i monumenti di Agrippa e i suoi giardini, e fece sorgere baracche provvisorie, per dare ricetto a questa massa di gente bisognosa di tutto. Da Ostia e dai comuni vicini vennero beni di prima necessità e il prezzo del frumento fu abbassato fino a tre sesterzi per moggio. (3) Provvedimenti che, per quanto intesi a conquistare il popolo, non ebbero l'effetto voluto, perché era circolata la voce che, nel momento in cui Roma era in preda alle fiamme, Nerone fosse salito sul palcoscenico del Palazzo a cantare la caduta di Troia, rafurando in quell'antica sciagura il disastro attuale.


(1) agens: sottointeso tempus. Anzio era il luogo di nascita di Nerone e uno dei suoi soggiorni preferiti. Quam . propinquaret: "prima che il fuoco si avvicinasse al palazzo con il quale aveva congiunto il Palatino con i giardini di Mecenate". Il palazzo è la Domus transitoria, il primo passo della colossale Domus aurea, che univa casa di Augusto a giardini di Mecenate, dove sorgevano appinto una villa e degli horti di proprietà imperiale. Il progetto di Nerone mirava ad unire Palatino e Esquilino con palazzi costruiti sui modelli dell'arte ellenica. Dalla domus transitoria Nerone avrebbe cantato Roma in fiamme. Quin et . haurientur: consecutiva dipendente da sisiti, e quin equivale a ut non. Circum è avverbio. Polisindeto che sembra abbracciare tutti i palazzi distrutti dall'incendio.

(2) solarium . profugo: "come conforto alla popolazione dispersa e in fuga" solarium predicativo dell'oggetto dei complementi dipendenti da patefecit. Campum Martis . Agrippae: Il Campo Marzio era una vasta zona compresa tra tevere e quirinale, attraversata dalla via lata. Sede di diverse attività pubbliche e di svago, era stato abbellito ai tempi di augusto da grippa, ricevendo il nome campus agrippae. Nerone aprì dunque al popolo un'area aperta, il Campo Marzio, e la zona tra il pantheon e le terme. Hortos quin etiam suos: "e anzi i suoi giardini", quelli vaticani. Nota l'iperbato che separa hortos da suos. Subitaria aedificia: "ricoveri di fortuna" oggetto di exstruxit e soggetto dell relativa finale quae acciperent (affinché accogliessero). Subvectaque . municipiis: "furono fatti arrivare generi di prima necessità da Ostia e dai municipi vicini", a Ostia confluiva il grano egiziano, per gli altri municipi prob requisizioni forzate. Il verbo essere è sottointeso. Pretiumque . ad ternos nummos: "e il prezzo del grano fu abbassato fino a 3 grammi al moggio", sottointeso est, con il generico nummus lo storico intende il sesterzio. 3 per moggio è assai basso, circa ¼ del suo valore. Ciò favorisce la ura di Nerone.

(3) quae: nesso relativo riferito a tutti i provvedimenti di Nerone. Inisse . scenam: "che egli fosse apparso sul palcoscenico del suo palazzo" che si era fatto costruire nella sua casa per recitare e cantare. Praesentia . adsimulantem: "mettendo a confronto le sventure presenti a quelle antiche rovine", è forse l'immagine più viva del principato di Nerone. Il suo punto di riferimento sono usi greci e orientali con il loro gusto mestetizzante e barocco. A essi ispirò i suoi atteggiamenti privati e pubblici, la sua attività di artista e organizzatore di giochi e attività edilizia.



Al sesto giorno finalmente l'incendio fu domato alle pendici dell'Esquilino, dopo aver abbattuto, su una grande estensione, tutti gli edifici, per opporre alla ininterrotta violenza devastatrice uno spazio sgombro e, per così dire, il vuoto cielo. Non era ancora cessato lo spavento né rinata una debole speranza: di nuovo il fuoco divampò in luoghi della città più aperti; ciò determinò un numero di vittime inferiore, ma più vasto fu il crollo di templi degli dèi e di porticati destinati allo svago. Questo secondo incendio provocò commenti ancora più aspri, perché era scoppiato nei giardini Emiliani, proprietà di Tigellino, e si aveva la sensazione che Nerone cercasse la gloria di fondare una nuova città e di darle il suo nome. Infatti dei quattordici quartieri in cui è ancora divisa Roma, ne rimanevano intatti quattro, con tre rasi al suolo e degli altri sette restavano pochi relitti di case, mezzo diroccate e semiarse.


- 1) imas: valore predicativo; prorutis ..aedificiis: abl ass ha valore causale - motivo dell'incendio; velut: attenua l'iperbole vacuum caelum.

2) infamiae: genitivo partitivo dipende da plus; aemiliana: quartiere di roma dove abitava tigellino - grandi sospetti in quanto per compiacere l'imperatore questo era pronto a tutto. Condendae.. appellandae: idea di una nuova urbs con il nome di neronia. Regiones: quartieri di roma - erano 14, se ne salvarono 4




La morte di Tiberio

tacito ritiene il principato un male necessario e la ura di tiberio di presta a dimostrare ciò. Questo si libera degli oppositori al potere, è crudele, sempre dissimula. Era dotato però anche di virtù: ottimo generale, schivo degli onori, colto. Queste erano però messe in ombra dalla assidua tendenza al sospetto. In questo passo descriver la morte del principe,ormai vecchio e solo. Tacito è maestro nel descrivere lo sgomento dei cortigiani nel sentire che tiberio è ancora vivo mentre questi festeggiano il nuovo imperatore. Utilizza molto il contrasto.


. Il fisico, ogni altra energia, ma non la dissimulazione abbandonavano Tiberio. Identica la freddezza interiore; circospetto nelle parole e nell'espressione, mascherava, a tratti, con una cordialità manierata il deperimento pur trasparente. Dopo spostamenti più frenetici, si stabilÏ da ultimo in una villa, presso il capo Miseno, appartenuta in passato a Lucio Lucullo. Che lì si stesse approssimando la sua fine, lo si seppe con questo espediente. Si trovava là un medico valente, di nome Caricle, il quale, senza intervenire direttamente sullo stato di salute del principe, era però solito offrirgli tutta una serie di consigli. Costui, fingendo di accomiatarsi per badare a questioni personali, presagli la mano, come per ossequio, gli tastò il polso. Ma non lo ingannò, perché Tiberio, forse risentito e tanto più intenzionato a nascondere l'irritazione, ordina di riprendere il banchetto e vi si trattenne più del solito, quasi intendesse onorare la partenza dell'amico. Tuttavia Caricle confermò a Macrone che Tiberio si stava spegnendo e che non sarebbe durato più di due giorni. Da allora fu un rapido intrecciarsi di colloqui tra i presenti e un susseguirsi di messaggi ai legati e agli eserciti. Il sedici di marzo Tiberio rimase senza respiro e si credette concluso il suo corso terreno; e già Gaio Cesare, accomnato da una folla di persone plaudenti, usciva a gustare la prima ebbrezza dell'impero, quando giunse la notizia che a Tiberio tornava la voce, che aveva riaperto gli occhi e che chiedeva che gli portassero del cibo, per rimettersi dallo sfinimento. Si diffuse il panico in tutti, e si dispersero gli altri, fingendosi ciascuno mesto o sorpreso; Gaio Cesare, in un silenzio di pietra, aspettava, dopo quella vertiginosa speranza, la definitiva rovina. Macrone, senza perdere la testa, fa soffocare il vecchio sotto un mucchio di coperte e allontana tutti dalla soglia. Così finì la vita di Tiberio a settantotto anni di età.


- 1) iam . deserebat: ellissi del verbo per i soggetti corpus e vires. Scandisce in modo solenne gli ultimi giorni di tiberio, con un incipit che evidenzia i 3 soggetti corpus vires dissimulatio. Idem animi rigor: frase nominale. Quaesita interdum comitate: la comitas, ossia la gentilezza ostentata da tiberio, contribuisce al quadro di un comportamento artefatto dell'imperatore ormai di fronte alla morte. Non si fida degli altri. Mutatisque saepius locis: sottolinea l'irriquietezza di tib. In villa . dominus: particolari completano descrizione di fosca lussuria che tacito dipinge sull'esilio di tiberio.

2) non . solitus: non si fidava dei medici (allora quasi tutti greci). Consilii.. praebere: tib si era circondato di una serie di personaggi in contrasto con la sua severitas precedente. Velut: ativa con due part congiunt.

3) offensus . premens: esempio di dissimulazione. Quasi . tribueret: ativa ipotetica che sottintende hoc. Macroni firmavit: incaricato da tib di uccidere predecessore.

4) inde . festinabantur: i legati governavano le province. Interclusa . explevisse: costrutto impersonale. Et multo . egrediebatur: tacito descrive con una sola sintetica espressione il desiderio cortigiano di accaparrarsi i favori del nuovo principe. Contrasto con frasi successive.

5) pavor . dispergi: usa infinito storico, per narrare azioni frenetiche dei presenti. Caesar . expectavat: uso della variatio - da inf storico a indicativo che indica contrapposizione delle azioni.


. lio di Nerone, proveniva, per parte di entrambi i genitori, dalla gente Claudia, benché la madre, attraverso successive adozioni, fosse passata prima a quella Livia, poi a quella Giulia. Fin dalla prima infanzia conobbe il doppio volto della sorte. Infatti, dopo aver seguito in esilio il padre proscritto, entrò come liastro nella casa d'Augusto, dove subì, finché vissero Marcello e Agrippa e poi Gaio e Lucio Cesare, l'avversione dei suoi rivali; anche il fratello Druso godeva di più vaste simpatie popolari. Ma la situazione più difficile dovette affrontarla quando accettò in matrimonio Giulia, costretto a tollerare l'immoralità della moglie o a eluderla. Al suo ritorno da Rodi, abitò la casa, senza discendenti, del principe per dodici anni e poi fu arbitro dello stato romano per circa ventitré anni. Anche sotto il profilo morale assunse aspetti diversi nel tempo: esemplare la sua esistenza e stimato il suo nome, finché visse da privato o ebbe comandi militari sotto Augusto; chiuso e ipocrita nel fingere virtù, finché vissero Germanico e Druso; in una mescolanza di bene e di male, quand'era viva sua madre; odioso per la crudele durezza, pur tenendo celate le sue passioni, finché amò o temette Seiano; alla fine si abbandonò al delitto e all'ignominia, da che, libero da pudori e paure, agiva solo secondo la sua vera natura.


- 1) utrumque claudiae: frase nominale per dire che livia apparteneva alla gens claudia. Prima ab infantia: anastrofe. Proscriptum patrem: tiberio era stato proscritto per essersi schierato contro ottaviano. Multis aemulis conflictus est: ricerca successore portò a lotte in seno alla stessa famiglia. Etiam frater . amore erat: abl di qualità regge il genitivo civium. Tiberio + odiato rispetto a parenti.

2) sed maxime . declinans: esempio dell'inconcinnitas che propone la principale e poi allinea tre subordinate. Attenzione nel lessico: l'ablativo assoluto accepta . impudicizia indica comportamento contrario a pudor, disagio e imbarazzo di tiberio davanti al comportamento delle lie. Vacuos principis penatis: penatis è metonimia abusata per domus, descrive la casa e la discendenza.

3) morum . diversa: conclude discorso negativo su tiberio. Incolumi . matre: abl assoluto con l'ellissi del participio. Intestabilis . libidibus: es di variatio per il passaggio da un nominativo a un ablativo assoluto. È un altro passo del climax sulle scelleratezza di tiberio. Dum seianum dilexit tumuitve: ambiguità nei rapporti tra imperatore e prefetto, poi degenerati. Postremo.. proruppit: alliterazioni.  







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