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La poesia nell'età dei Flavi, Marziale



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La poesia nell'età dei Flavi


Tito Flavio Vespasiano: va al potere dal 69 d.C. al 79 d.C. e diede inizio alla dinastia Flavia; dopo di lui ci sono i li, Tito (79-81 d.C.) e Domiziano (81-86 d.C.).

E' il primo imperatore a non provenire dall'aristocrazia ma dal ceto equestre.


L'età di Flavi è segnata dalla riorganizzazione amministrativa dell'Impero, che comprende una serie di camne verso i confini settentrionali (VS Germani) e orientali (si ricordi la rivolta dei giudei, con la distruzione del tempio di Gerusalemme da parte di Tito nel 70 d.C.).

Le fonti riferiscono che Domiziano abbandona l'ambito della letteratura una volta diventato imperatore, per non essere paragonato a Nerone. Domiziano non gradisce d'essere paragonato al suo famoso predecessore, ma di fatto professa le sue stesse istanze assolutistiche, per esempio vuol farsi chiamare "dominus et deus".

Ad ogni modo, la vita intellettuale anche sotto gli imperatori più liberali, è comunque controllata per impedire che si formino dei gruppi di oppositori politici (la persecuzione degli intellettuali è un fenomeno che ricorre dai tempi di Augusto, che aveva fatto esiliare Ovidio).




Marziale




Sappiamo che viveva nella condizione del clientelato: era normale per un letterato di posizione sociale non elevata, diventare cliente di chi ne possedeva i mezzi.

La poesia di Marziale è apparentemente facile, di consumo; egli presenta però una scelta critica dell'epigramma, una forma antica e vaga, caratterizzata solo dalla brevità dei testi. Alle volte, Marziale sente la necessità di chiarire i punti della sua poetica: egli si oppone a due tipi di poesia, ovvero l'epigramma dell'autore che racconta il quotidiano e la produzione riguardante la mitologia, della quale accusa la falsità, l'inverosimiglianza e il persistere su aspetti macabri e truculenti.


Sia Persio che Lucilio, si erano scagliati contro la mitologia in nome del verum. Marziale definisce i miti insulsi e assurdi, e in questo si ricollega a Lucilio: Marziale non critica però l'epos e la tragedia, ma vuol colpire ogni tipo di poesia troppo letteraria e artificiosa, che ha scarsi contatti con la realtà. Persio è contro la produzione mitologica perché a suo parere questi componimenti sono disimpegnati e amorali; questo autore aveva scelto di descrivere i mores, voleva correggere e guarire ciò che era corrotto, invece Marziale non vuol correggere ma divertire, e associa la sua produzione a quella dei mimi, caratterizzati dal realismo e dalla licenziosità. Quest'idea avvicina Marziale a Petronio, poiché entrambe esaltano un'arte disinibita, realistica, priva di intenti moralistici. Marziale ammette la sua propensione a contenuti osceni, giustificandola dicendo che "la ina è licenziosa, ma la vita è onesta" separando così la poesia dalla vita. C'è il rifiuto dell'attacco personale, attacca direttamente la colpa ma non il colpevole, il suo interesse è verso il tipo umano.





12 libri di Epigrammi (p.238)


De Spectaculis: in quest'opera la vita di Roma è colta in un solo aspetto: il divertimento dei giochi, del circo; la realtà appare spettacolare appunto. E' presente il motivo adulatorio poiché esalta l'imperatore, ed esalta anche fatti memorabili per il pubblico, mettendo in luce il gusto del parlare di eventi strani. La sua è un'arte raffinata, puntuale.


Xenia


Apophoreta: 17/23 dicembre, periodo dei Saturnalia. In quest'opera gli argomenti sono vari: vengono raccolte le descrizioni degli oggetti che si regalavano agli invitati a cena; l'opera è particolarmente interessante perché documenta il tipo di oggetti già esistenti all'epoca.


Marziale recupera un poeta greco di età neroniana, il cui nome è Lucillio, che usa nei suoi scritti dei toni satirici.






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