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ORAZIO FLACCO 65a.C. - 8a.C.

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ORAZIO FLACCO 65a.C. - 8a.C.        pag


Nasce l'8 dicembre del 65 a.C. da una famiglia modesta a Venosa in Apulia. Il padre, ex schiavo pubblico, si trasferì a Roma dove fece l'esattore delle tasse. Orazio non parla praticamente mai della madre e la sua mancanza è forse la causa dell'insicurezza e della depressione del poeta.

Il padre non ritenne opportuno educare il lio nella scuola locale, in quanto non voleva dargli solo un'istruzione superficiale, ma ricca di contenuti studiando i padri della letteratura latina. Lo portò allora a Roma perché fosse istruito dai migliori maestri, tra i quali Orazio ricorda il plagosus (manesco) Orbilio. Negli ultimi anni dell'adolescenza, però, il vero educatore fu il padre che gli insegnò ad osservare attentamente le persone ed il loro carattere per il proprio perfezionamento morale.



A Napoli egli frequentò la scuola epicurea di Sirone e Filomeno di Gadara e successivamente si recò ad Atene nel 45 a.C. per studiare filosofia e letteratura (i poemi epici di Omero, i lirici di Anacreonte e Saffo, i drammatici di Eschilo, Sofocle e Menandro) con i li dei nobili e dei borghesi. L'allegria del soggiorno ateniese, fu però interrotta bruscamente dalla notizia dell'uccisione di Cesare nel 44 a.C. e della guerra civile. Orazio si trovò quindi preso nel turbine della guerra e sposando la causa della libertas si arruolò nell'armata repubblicana di Bruto col grado di tribunus militum, grado elevato per il lio di un liberto.

Successivamente l'amicizia di Virgilio e di Vario, la crescente fama e le prime satire gli aprirono le porte del "Circolo di Mecenate". L'incontro con qst'ultimo sarà per Orazio l'evento fondamentale della sua vita che da quel momento scorrerà senza nessun problema. Mecenate gli donò anche un podere nella campagna sabina, l'angulus del riposo.

All'interno del circolo prevalevano i concetti riguardanti i valori come l'amicizia, la libertà, la semplicità, l'esaltazione di Roma, ma non gli fu mai commissionata un'opera in quanto egli amava poetare liberamente, fare otium lontano da Roma: ottenere la felicità distaccandosi dalle passioni e guardando ai valori.

Con Augusto Orazio sempre rapporti cordiali, ma non servili. Ad un certo punto Augusto gli offrì l'incarico di segretario personale, ma Orazio rifiutò dicendo che era per motivi di salute. A differenza di Virgilio, comunque, un dissenso letterario c'era: Augusto voleva una poesia aderente al suo programma politico e leggibile da tutti, mentre Orazio mirava a qualcosa di più elevato e raffinato, non accessibile a tutti, ed era poco propenso alla poesia celebrativa. Successivamente però, il principe si lamentò di non ricevere versi da Orazio e pretende composizioni apertamente celebrative come il Carmen Saeculare (scritto nel 17a.C. per festeggiare l'inizio del saeculum, nuova età annunciata dagli oracoli). I due scendono così a compromessi, in quanto il poeta vuole garantirsi la possibilità di rimanere lontano da Roma nel suo podere di campagna. Ma alla morte di Virgilio nel 19a.C., divenne per forza di cose il poeta ufficiale del regime: egli vuole mantenere l'autàrcheia del saggio, cioè di colui che si allontana dalle passioni in lathe biosas, nascosto, ottenendo l'autàrcheia, l'autosufficienza morale lontano da passioni e da vizi.

Negli ultimi anni di vita però, come Virgilio, Orazio non scrisse più niente e si chiuse nella riflessione filosofica.

Nell'8a.C. morì Mecenate raccomandando Orazio ad Augusto, ma due mesi dopo, il 27 novembre, morì anche il poeta. I due, per loro volere, vennero sepolti vicini.

Orazio comunque era brutto di aspetto e ci presenta la sua vita attraverso le sue opere.

Satire o Sermones (35 - 33a.C.) poesia esametrica filosofico-morale o autobiografica dedicata a Mecenate. Deriva da sermo, discorso. Si tratta di racconti in sermo quotidianus, tono medio che corrisponde all'aura mediocritas e alla media virtus:stile medio, equilibrato con un linguaggio semplice: trovo il mio equilibrio, il giusto mezzo. Egli parla di fatti di vita quotidiana con una satira pungente e bonaria (Parini) che colpisce il mal costume romano. A questo sermo quotidianus, però, egli applica il labor limae, facendolo diventare un capolavoro.

Secondo libro delle Satire (30a.C.) e contemporaneamente una raccolta di 17 Epodi. (anche Carducci scriverà una raccolta di giambi e epodi)

Primi tre libri delle Odi (Carmina) (30 - 23a.C.) poesia lirica che riguarda i moti interiori dell'animo e i valori.

Carmen Saeculare (17a.C.) cantato da un coro di fanciulli in occasione dei ludi saeculares voluti da Augusto a restaurazione di un'antica usanza.

Epistola ad Augusto (13a.C.) precede l'Ars Poetica, un trattato di critica letteraria in forma di epistola (Ad Pisones).


GLI EPODI sono delle invettive, ovvero testi in cui si critica direttamente una persona o un argomento civile. Dal greco "epòdos", ritornello, verso breve che ritorna; vengono chiamati anche Iambi da Orazio facendo riferimento al ritmo e al tono aggressivo, tipico della tradizione giambica greca.

Orazio imita Archiloco nel metro usato, nel tono acceso ed aggressivo, ma non negli argomenti per i quali si rifà ad una realtà nuova e romana.

ARCHILOCO

ORAZIO

Polis greca

Arcaica

Democrazia

Tutti i cittadini partecipano alla vita della polis = omogeneità

Roma

Metropoli

Classi sociali

No omogeneità

Individualità = Orazio ne mette in luce i problemi

Egli utilizza tutta una serie di personaggi minori e fittizi, i cui ruoli possono essere usati per diverse persone criticando quel determinato tipo, evidenziando le situazioni critiche di Roma. L'invettiva però non accusa nessuno non avendo un destinatario preciso.

Archiloco offriva un poesia civile preoccupata delle sorti dello stato.

Orazio usa vari ruoli/maschere che mettono in luce il degrado dopo la morte di Cesare, essendo più filocesariano che filoaugusteo.


LE ODI opera poetica eccezionale; grande stagione dell'età augustea (aurea); Orazio fu l'ultimo grande poeta, scrivendo anche poesia lirica più importante di quella di Virgilio perché nata da valori e sentimenti, dalla natura in quanto Orazio fa otium in lathe biosas, creando delle poesie continuamente valide usando un tono medio.

Le Odi nascono dell'aemulatio della lirica greca, ovvero un'imitazione con delle aggiunte personali. Esse sono legate alla lirica di Alceo (porta Orazio sulla poesia lirica) e Saffo (lei bruttissima, ma con un animo molto dolce. Scrive dello star male per amore). Alceo, appunto, si impone all'attenzione di Orazio come poeta conviviale e civile, impegnato nelle lotte della polis, ma anche dedito a cantare argomenti di attenzione sociale abbinate alle esigenze del privato. Questo colpì molto Orazio, in quanto anch'egli mescola la parte autobiografica a quella sulle riflessioni gnomiche (brevità della vita, velocità del tempo, morte inevitabile) = poesia filosofica. La poesia di Alceo, quindi, rappresenta un chiaro esempio della conciliabilità di quella di Orazio e dei due filoni delle Odi: quello intimo e quello civile, in apparenza contrapposti, ma in realtà conciliabili.

Il poeta prese spunto anche da Anacreonte, cantore malinconico della giovinezza che fugge e della morte che incombe.

Tra i poeti della lirica, invece, prende spunto da Pindaro, auctor al quale Orazio guarda come al modello più sublime e grandioso per una poesia civile.

Le Odi ci offrono un'immagine di sereno equilibrio, incoerente con l'Orazio ansioso e nevrotico. Esse sono l'esempio di un'esistenza tesa al raggiungimento dell'equilibrio e basata su valori importanti. Le Satire mettono in luce vizi e passioni di Roma dai quali Orazio vuole allontanarsi, facendo otium che gli è stato ispirato proprio da qst opera.

Nelle Odi si trovano i cardini dell'etica oraziana: la metriotès e l'autàrcheia, legata all'epicureismo e allo stoicismo nel momento in cui qst autosufficienza mi permette di contrastare i vari problemi della vita. Qst due principi sono complementari perché l'autonomia del saggio deriva da una vita secondo il giusto mezzo: aurea mediocritas, via di mezzo tra la troppa ricchezza e la troppa povertà che mi permette di vivere sereno non invidiando nessuno. La mediocritas guida tutta la vita di Orazio, in quanto la poesia deve essere di sobria eleganza (simplex) e il fascino femminile risiede nella grazia misurata (simplex munditiis). La mediocritas è quindi intesa come sobrietà di costumi, in armonia con il programma di Augusto del ripristino dei prisci mores, le antiche virtù romane. Su qst punto di vista infatti, Orazio ha identità di vedute con il princeps: il poeta scrive per la vita di tutti i giorni e quindi anche per Roma, mentre Augusto è interessato solo a Roma.

Il carpe diem rappresenta l'aurea mediocritas applicata, ovvero la giusta misura e saggezza al riparo dall'ansia della consapevolezza della brevità della vita. Il carpe diem infatti rappresenta un invito a godersi il presente senza pensare al domani, in quanto nasce dalla certezza della morte e dal considerare come l'uomo impiega il suo tempo nell'esistenza: vita lunga, ma dedicata alle passioni; vita breve ma intensa (queste considerazioni verranno poi riprese da Seneca con il suo protinus vive, vivi subito, a pieno la tua esistenza) = cogli qst attimo perché è un attimo rispetto alla nostra vita che trascorre inesorabilmente.

Alla morte, però, per contrasto, si legano i temi del convito e dell'amore. Il convito, luogo e tempo simbolico, è lo spazio dell'amicizia, del vino e dal canto: la realtà esistenziale dell'archetipo (modello per eccellenza, codice, manoscritto originale che si trova solo in alcune biblioteche nel mondo. Es codice vaticano perché si trova nel museo vaticano; codice Oxford perché si trova ad Oxford). Il convito ha le caratteristiche simboliche dell'angolus, cioè del rifugio appartato e protetto. Il contenuto ha come tematica l'amicizia che è legata al tempo e alla morte in quanto valore che va oltre, legato alla fides, fedeltà. Questo luogo deve essere quello dell'amicizia, un angelus lontano da passioni e da vizi e quindi da Roma; vivo in una casa semplice, davanti al fuoco con gli amici bevendo del buon vino in bicchieri semplici in segno della simplex.

Il tema del modus e della fuga del tempo ritornano anche nelle liriche amorose: Orazio parla di un amore malinconico, un sentimento che non ha nulla a che vedere con la passione carnale.

Orazio non fa poesia su commissione, ma concorda nella pax augustea. Otium e autàrcheia infatti possono svilupparsi in pace e lontano da vizi. Egli "lotta" perché qst avvenga. Di qui si ha anche la sostanziale sincerità dell'adesione al programma augusteo da parte di Orazio, ma mai su commissione.

Lo stile delle Odi è caratterizzato da eleganza e semplicità data dal concetto di simplex. Si tratta quindi del sermo quotidianus a cui Orazio applica il labor limae, facendolo diventare un capolavoro.

Callida iunctura, effetto combinazione, termini contrastanti che danno l'impressione di motto, sono incisivi. Ciò significa economia di mezzi linguistici, massima attenzione all'energia espressiva della parola che essa sprigiona in base al suo collocamento nella frase. Si hanno quindi due termini diversi che sono combinati per il loro suono e contenuto.

Importante è anche la brevitas che unita al simplex ci danno una scelta linguistica accurata perché in pochi versi si può enunciare un concetto importante = scrivere poco dicendo cose importanti (es. il sonetto è la sintesi della canzone).


Congedo terzo: NON OMNIS MORIAR nel brano si trova il concetto del tempo che passa ma che scorrendo non riesce a scalfire gli eventi significativi della storia: si tratta della poesia. Orazio dice che, sebbene molti elementi sminuiscano i valori degli atti dell'uomo, la sua poesia non morirà mai. Fugacità bloccata dalla poesia: impegno del poeta per lasciare un segno; significato di determinati valori: concetto della poesia che deve essere testimonianza dell'uomo. Foscolo, a questo proposito, dice che pochi uomini lasciano un segno o una testimonianza. Da qui nasce la poesia per comunicare degli stati d'animo, ma anche per l'impegno sociale: poesia vista come impegno nel valore politico.

Orazio si ritiene capace dell'ars poetica, dote datagli dagli dei, per una poesia che non verrà mai scalfita da niente.

CARPE DIEM esso appare connesso al divieto di non pensare al domani, un domani che per Orazio è incertezza di tutto, tranne che della morte. Per questo motivo egli blocca il tempo e lo fa diventare parte dell'angulus. La poesia viene quindi vista sotto una concezione epicurea: Epicureo dalla ricerca della felicità che viene influenzata degli dei e dall'astrologia.

L'angulus assicura l'immobilità nello spazio e nel tempo, in quanto la poesia crea questo locus amoenus nel momento in cui viene letta, non necessariamente quindi in un luogo e in un tempo ben preciso. Si ha quindi una doppia immobilità, temporale e spaziale, nella vana speranza di sfuggire alla morte. Le uniche due certezze sono infatti la morte e la fuga del tempo nella quale l'uomo è coinvolto, quindi deve vivere il domani come un avvicinamento alla morte: il consiglio di Orazio è "vivi oggi, fai adesso quello che potresti fare, non aspettare domani". Ogni attimo della mia vita deve quindi essere significativo, in quanto ad ogni attimo che passa la mia vita si accorcia = "protinus vive" di Seneca, vivere avendo un'esistenza significativa. La morte può avvenire in qlsiasi momento, cogliendo l'uomo alla sprovvista.

L'epicureismo è assolutamente contrario alla divinazione, in quanto il prevedere un evento ci fa bruciare le tappe, xk se triste ci fa star male prima del tempo e se felice cominciamo ad assaporarlo prima e qnd accade esso perde al sua importanza.

NON OMNIS MORIAR pag 412

Perf acc abl agg sup

Exegi monumentum aere perennius

Att abl abl gen pl agg sup
regalique situ pyramidum altius,

acc nom agg nom agg
quod non imber edax, non Aquilo impotens
cong pres inf attr nom

possit diruere aut innumerabilis

gen nom nom gen
annorum series et fuga temporum.
agg fut s nom + que avversativo gen

Non omnis moriar multaque pars mei
fut s acc avv nom agg abl

vitabit Lubitinam : usque ego postera
fut s abl p pres temp acc

crescam laude recens, dum modulium
fut s abl abl nom

scandet cum tacita virgine pontifex.
fut s pass abl nom pres nom

Dicar, qua violens obstrepit Aufidus
abl att nom gen nom att gen

et qua pauper aquae Daunus agrestium
perf gen pl abl p pres

regnavit populorum, ex humili potens
att acc acc acc m a l

princeps Aeolium carmen ad Italos
inf perf acc imp acc

deduxisse modos. Sume superbiam
p pass abl pl dat

quaesitam meritis et mihi Delphica
abl imp p pres voc acc

lauro cinge volens, Melpomene, comam.




Ho innalzato (exĭgo, exĭgis, exegi, exactum, exĭgĕre) un monumento più duratuto del bronzo

e più alto della mole regale delle piramidi,


che la pioggia che corrode, l'Aquilone sfrenato possa (possum, poses, potui, posse) distruggere (dīrŭo, dīrŭis, dirui, dirutum, dīrŭĕre) o l'innumerevole serie di anni e la fuga del tempo.


Non morirò (mŏrĭor, mŏrĕris, mortuus sum, mŏri) del tutto, anzi, gran parte di me


Sopravviverà (vīto, vītas, vitavi, vitatum, vītare) a Lubitina: io crescerò (cresco, crescis, crevi, cretum, crescĕre) sempre rinnovato nella lode futura, finchè il pontefice salirà (scando, scandis, scandi, scansum, scandĕre) al Campidoglio con la tacita vergine.


Si dirà (dīco, dīcis, dixi, dictum, dīcĕre) di me, là dove l'Ofanto violento (fiume della sua terra natia) risuona (obstrĕpo, obstrĕpis, obstrepui, obstrepitum, obstrĕpĕre) e dove il Dauno (mitico re dell'Apulia) povero d'acqua regnò (regno, as, avi, atum, are) sui popoli contadini,

da umile divenuto potente, per primo ho trasferito (dēdūco, dēdūcis, deduxi, deducete) la poesia eolica ai ritmi italici.

Assumi (sūmo, sūmis, sumpsi, sumptum, sūmĕre ) l'orgoglio conseguito con meriti, o Melpomene, e cingimi benigna (cingo, cingis, cinxi, cinctum, cingĕre) la chioma con l'alloro delfico


Lubitina, dea dei funerali.


Melpomene, musa della tragedia, quindi della poesia di stile elevato in genere.


Delphica lauro, corona di Apollo delfico, dal santuario dei Delfi.



CARPE DIEM pag 415

Sogg fut ant inf acc pl (est) acc dat acc dat

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
acc nom fut ant voc attr acc

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
acc eslc agg nom fut s inf pres

temptaris numeros. Ut melius quidquid erit pati!
cong acc acc cong perf nom acc

Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
nom avv abl strum pres abl strum app

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
acc cong esort acc cong es abl di causa

Tyrrhenum: sapias, vina liques et spatio brevi
acc acc cong esort temp pres dep fut ant att nom

spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
nom imp pres acc avv avv agg abl st in l

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.



Il brano parla della fulminea fugacità dell'esistenza umana e dell'incombenza della morte, temi che da qst momento in poi rappresenteranno il Leit-motiv.


Tu non chiederai (quaero, quaeris, quaesii, quaesitum, quaerĕre), non è dato saperlo, quale destino a me, quale a te abbiano dato (do, das, dedi, datum, dare) gli dei,Leucone, né tentare (tempto, temptas, temptavi, temptatum, temptare) i calcoli babilonesi. Quanto meglio sopportare (patĭor, patĕris, passus sum, pati) ciò che sarà!
Sia che Giove ci abbia concesso (trĭbŭo, trĭbŭis, tribui, tributum, trĭbŭĕre) più inverni, sia che questo sia l'ultimo questo che ora indebolisce (dēbĭlĭto, dēbĭlĭtas, debilitavi, debilitatum, dēbĭlĭtare) il mar Tirreno contro le opposte scogliere: sii saggia (sapĭo, sapis, sapii, sapĕre), filtra i vini e poiché il tempo è breve, riduci (rĕsĕco, rĕsĕcas, resecui, resectum, rĕsĕcare) la lunga speranza. Mentre parliamo (lŏquor, lŏquĕris, locutus sum, lŏqui) sarà già fuggito il tempo invidioso: cogli (carpo, carpis, carpsi, carptum, carpĕre) l'attimo, il meno possibile fiducioso nel futuro.

Leucone, dal greco "dalla candida mente", illudendo fprse all'ingenuità della fanciulla che vuole sapere il suo futuro.

"Babylonios numeros", i maghi mesopotamici esperti nell'astrologia erano chiamati matematici.


QUID SIT FUTURUM CRAS FUGE QUAERERE la descrizione parte dal paesaggio esterno per arrivare a quello interno della casa = stessa cosa nell'animo, da generale a particolare. (Manzoni faceva lo stesso). Angolus esterno = paesaggistico. Angolus interno = vita dell'uomo. Viene messo in evidenza come in gioventù, ovvero prima della canizia morosa (vecchiaia fastidiosa), i vari momenti della vita ci lascino degli insegnamenti molto importanti se vissuti secondo i valori.

Lo spunto di qst ode viene da Alceo e si arricchisce di valori simbolici, entrando far parte dell'angolus atemporale. Anche se i sinonimi di "carpe diem" sono molti, il significato è sempre lo stesso; gli elementi ellenistici, quale l'alessandrino legato alla vita quotidiana, mitigano l'inverno descritto nell'ode, divenendo quindi elementi vitali. Viene ripreso ancora l'invito a godersi la propria vita vista sempre come un avvicinamento continuo alla morte e inoltre la giovinezza vissuta nei migliore dei modi rappresenta il momento topico della vita dell'uomo.

Il paesaggio ghiacciato è una metafora degli stati d'animo. (Leopardi prenderà spunto da qst testi di Orazio).




Pres modale abl cong abl nom

Vides ut alta stet nive candidum (tre interr ind)
nom cong avv cong pres acc

Soracte, nec iam sustineant onus
nom p pres nom abl (causa interna)

silvae laborantes, geluque
nom cong perf abl

flumina constiterint acuto.
imp acc acc prep abl

Dissolve frigus ligna super foco
avv p pres cong agg sup

large reponens atque benignius
imp acc att abl

deprome quadrimum Sabina,
voc acc abl (m da l)

o Thaliarche, merum diota.
imp dat acc nom avv

Permitte divis cetera, qui simul
perf (straverunt) acc abl abl

stravere ventos aequore fervido
p pres acc nom

deproeliantis, nec cupressi
att nom pres p nom

nec veteres agitantur orni.
int cong acc acc imp inf

Quid sit futurum cras, fuge quaerere, et (int ind)
acc nom gen pl fut s dat fine

quem Fors dierum cumque dabit, lucro
imp att acc acc

adpone, nec dulcis amores
imp predicativo acc

sperne puer neque tu choreas,
cong temp agg nom pres

donec virenti canities abest
nom avv nom nom

morosa. Nunc et campus et areae
att nom (locuzione)acc nom

lenesque sub noctem susurri
abl cong pres p abl

composita repetantur hora,
avv p pres gen pres p abl

nunc et latentis proditor intimo
nom gen nom abl (causa eff)

gratus puellae risus ab angulo
nom p pass abl (m da l )

pignusque dereptum lacertis
abl abl abl

aut digito male pertinaci.




Flumina, i vari torrenti della zona, no il Tevere in quanto imitazione da Alceo.


Vino puro, perché di solito veniva servito con acqua o spezie.


Vedi (vĭdĕo, vĭdes, vidĕro, visum, vĭdēre) come il Soratte s'innalza (sto, stas, steti, statum, stare) candido di alta neve,

né ormai le foreste affaticate reggono (sustĭnĕo, sustĭnes, sustinui, sustentum, sustĭnēre) il peso

e i fiumi si sono fermati (consisto, consistis, constiti, consistĕre) a causa del gelo acuto.


Sciogli (dissolvo, dissolvis, dissolvi, dissolutum, dissolvĕre) il freddo mettendo (rĕpōno, rĕpōnis, reposui, repositum, rĕpōnĕre) abbondantemente la legna sul fuoco e più generosamente (del solito) attingi (dēprōmo, dēprōmis, deprompsi, depromptum, deprimere) il vino puro di quattro anni, o Taliarco, dall'anfora sabina.  

Lascia (permitto, permittis, permisi, permissum, permettere) il resto agli dei, che appena abbatterono (sterno, sternis, stravi, stratum, scernere) i venti che combattono sul mare impetuoso, i cipressi non si agitano più (agĭto, agĭtas, agitavi, agitatum, agĭtare) né gli antichi frassini.


Che cosa sia il domani, evita (fŭgĭo, fŭgis, fugi, fugitum, fŭgĕre ) di chiedere, e qualunque dei giorni la sorte ti darà, consideralo un guadagno, tu che sei ancora giovane (puer) non disprezzare (sperno, spernis, sprevi, spretum, spernĕre) i dolci amori né le danze,




finché da giovane è lontana (absum, abes, abfui, avesse) la canizie fastidiosa.

Ora siano ricercati (rĕpĕto, rĕpĕtis, repetii, repetitum, ripetere) all'ora stabilita il campo, le piazze e i morbidi sussurri sul far della notte,



Ora il riso gradito della ragazza nascosta che è tradito (prōdo, prōdis, prodidi, proditum, prōdĕre) dall'angolo segreto



E il pegno strappato dalle braccia o dal dito poco ostinato (a rifiutare).




Soratte, monte di 800m vicino a Roma.


Silvae (v 3), riferimento ai boschi dei giardini nella città.



Il convito e l'amore: IL VINELLO SABINO. 426. invito a cena in cui i ricchi si ritrovano in case modeste, rilassandosi in quanto lontani dalle preoccupazioni delle passioni (politica). Anche nell'età imperiale Petronio riprenderà l'argomento dell'invito a cena (vocatio ad cenam) in cui il padrone mette in luce la propria la casa. Petronio ne farà una parodia, evidenziando la ricchezza ostentata = topos, modalità usata più volte.

L'invito a cena mette in luce l'aurea mediocritas oraziana. L'invito è un'occasione per riflettere sui principi dell'esistenza e sui valori. Il vinello sabino diventa simbolo dello stile di vita di Orazio, ovvero del suo gusto elegante basato sulla semplicità. Nella vocatio ad cenam è necessaria la brevitas, in quanto un invito non può essere troppo lungo.




Att acc fut s abl strumentale acc

Vile potabis modicis Sabinum
abl stum att abl acc nom dim abl (st in l)

cantharis, Graeca quod ego ipse testa
p pass perf p pass (est) abl (st in l)

conditum levi, datus in theatro
temp dat acc

cum tibi plausus, temporale
voc voc voc mod gen

care Maecenas eques, ut paterni
gen nom avv nom

fluminis ripae simul et iocosa
cong imp acc dat gen

redderet laudes tibi Vaticani
gen nom

montis imago.
acc abl p pass abl

Caecubum et prelo domitam Caleno
fut s acc acc att

tu bibes uvam: mea nec Falernae
pres nom att nom

temperant vites neque Formiani
nom

pocula colles.





Berrai (pōto, pōtas, potavi, potatum, pōtare) in coppe modeste il vino sabino di poco valore, che io stesso ho imbottigliato (condo, condis, condidi, conditum, condĕre) e sigillai (lĭno, lĭnis, levi, litum, lĭnĕre ) in un'anfora greca, quando ti fu dato l'applauso in teatro,




caro cavaliere Mecenate, cosicché le rive del fiume paterno (Tevere) e le giocosa eco del colle Vaticano ti ripeterono (reddo, reddis, reddidi, redditum, reddĕre) le lodi.


(Mecenate, pur essendo secondo solo ad Augusto, rifiutò ogni altra carica, accontentandosi del modesto "cavaliere").




Tu berrai (bĭbo, bĭbis, bibi, bibitum, bĭbĕre) il Cecubo (territorio del Lazio rinomato per la qualità dei suoi vini) e l'uva spremuta dal torchio di Cales (luogo rinomato per i vini in Campania): né le viti del Farleno, né i colli di Formia temperano (tempĕro, tempĕras, temperavi, temperatum, tempĕrare) le mie coppe.


LE SATIRE l'etimologia più probabile di questa parola è "satura lanx", un piatto misto e abbondante offerto a Cerere, dea delle messi (agricoltura). I caratteri originari sarebbero quindi la varietà dei contenuti, la struttura "aperta" e l'abbondanza di componenti. Anche le satire, dall'origine divina grazie alla dea, hanno un'origine popolare.

Secondo Quintiliano la satira ha origini latine (satura tota nostra est) e Orazio guarda a Lucilio come inventor del genere e come modello. In effetti la satira era già presente nei triumpha, momento in cui il generale, tornato dalla battaglia, veniva prima accolto con grande festa, ma poi sbeffeggiato dai suoi soldati (un po' come una laurea adesso), nei funerali in cui il morto veniva pianto ma anche messo in ridicolo per sdrammatizzare la situazione e prendere in giro la morte, nel rovesciamento carnevalesco dei ruoli tra padroni e servi, in un'inversione giocosa del codice culturale.

L'elemento autobiografico è il tratto distintivo della satira che si conura come un genere che permette all'autore di esprimersi direttamente, al contrario di epica e teatro. Il genere permette inoltre all'autore di sbizzarrirsi con le sue trovate(vis polemica). vis comica=comicità; italum acetum=spirito mortace tipico dei popoli del centro Italia che si modificherà in vis polemica, ovvero vis comica pungente o bonaria. Sotto questo punto di vista, la satira è confrontabile con l'invettiva giambica greca di Archiloco, Ipponatte e Callimaco.

Importante è anche la poikilìa, la varietà dei contenuti e delle forme stilistiche. La varietà dello stile è rappresentato dalla vita stessa che viene imitata dalla satira. Il genere comprende infatti scene di vita quotidiana, esperienze di vita dell'autore. Si parla quindi di persone semplici, legate alla realtà di tutti i giorni. Plauto per es sbeffeggiava il padrone che veniva raggirato dal servo a beneficio dei più giovani, degli innamorati, in una vittoria dell'intelligenza sull'estrazione sociale. Si parla infatti anche di personaggi appartenenti alle classi sociali più umili.

La satira luciliana era esametrica, varia nei contenuti, aggressiva come la commedia antica di Aristofane o Cratino. Petronio sarà un altro grande scrittore di satire. (Parini 1729 - 1799).

I SERMONES ricorre il tema della semplicità oraziana nel suo tratto autobiografico, abbinato all'aggressività, tratto tipico del genere satirico. Mentre in Lucilio però c'è il gusto dell'aggressione gratuita, in Orazio la polemica è unita al miglioramento di sé: l'attacco non è fine a se stesso, ma unito ad una morale empirica per pochi, cioè una morale che fa da punto di riferimento per coloro che fanno otium e tengono all'amicizia staccandosi da vizi e passioni, come gli amici di Orazio. Nei "Sermones" sono presenti anche l'adesione all'epicureismo e, soprattutto, la condizione sociale di Orazio: il fatto di imitare Lucilio permetteva ad Augusto, lio di un liberto, di avere una maggiore libertà nel criticare i personaggi importanti. Attraverso la critica dei difetti altrui, però, Orazio mirava a migliorare se stesso, facendo una polemica costruttiva che migliorava anche il lettore nel momento in cui leggeva le sue opere (Ariosto=critica stando al di fuori=Goldoni: si mettono in luce pregi e difetti per migliorare il singolo che può arrivare a formare una nuova società).

All'epicureismo si riconnette la morale oraziana delle satire: importante è l'amicizia nella sua dimensione privata, politicamente disimpegnata e alla ricerca della verità con pochi amici "eletti (il circolo esclusivo di Mecenate), nel suo invito moderato al piacere con la soddisfazione dei pochi bisogni naturali.




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