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QUINTILIANO



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QUINTILIANO

Vita e opere

Quintiliano nacque in Snanel 35 d.C., da un padre maestro di retorica. Si trasferì da giovane a Roma e poiritornò in Soagna dove svolse attività forense. Tornò a Roma edivenne maestro di retorica (oltre che avvocato). Ebbe così tanto successo che Vespasiano gli affidò la prima cattedra statale con un ostipendio annuo e Domiziano gli affidò l'educazione dei suoi due nipoti.

Morì dopo il 95 d.C.


La sua opera più importante è l'Institutio oratoria, in 12 libri. Si dice che abbia scritto anche delle declamazioni, ma sono certamente spurie per il forte colorito stilistico.




I rimedi alla corruzione dell'eloquenza


Il problema della corruzione dell'eloquenza riguardava sia la sfera morale che quella letteraria: il primo aspetto è evidente nel diffuso malcostume e nella grande quantità di maestri corrotti; il secondo aspetto era relativo alle scelte letterarie, perché nelle virtù e vizi delllo stile molti vedevano le virtù e vizi del carattere. Per quanto riguarda lo stile Quintiliano avrebbe desiderato tornare al classicismo per eliminare lo stile corrotto contemporasneop, di cui, diceva, Seneca era stato il maggiore responsabile.

La corruzione dell'oratoria è causata (oltre che dai costumi) anche dal decadimento delle scuile e dalla vacuità degli insegnamenti di retorica. Dunque il problema di può rispolvere insegnando in modo migliore e l'Institutio oratoria si propone proprio di nidicare i modi di questo insegnamento.



Riassunto

L'opera è dedicata ad Antonio Marcello, un oratore. Si parla dell'insegnamento delle basi della retorica, dei odveri degli insegnanti, dei modi attraverso i quali acquistare disinvoltura (leggendo i classici - qui Quintilkiano ci è molto utile per l'excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini), cerca di dimostrare che la cultura latina tiene il confrotno con quella greca, chiarisce i requisiti morali e culturale dell'oratore e accenna al problema del principe e dell'oratore.


Scopo di quest'opera fu quello di riprendere lo stile di Cicerone, per riptrovare la sanità di espressione che doveva indicare la saldezza dei costumi. L'esigenza di questa saldezza deriva dall'ascesa al trono di Vespasiano (quindi Nerone non c'è più), che reintroduce codici di comportamento eliminati da Nerone.

Quello stile di Seneca (il Nuovo Stile), che per Quintiliano aveav provocato tutto qiesto, contava ancora molti seguaci. Ai tempi dell'Institutio la situazione è cambiata: si afferma il nuovo classicismo, anche se resta l'esigenza di condannare alcuni tratti di stravaganza "intollerabili" nello stile: per esempio le sententiae senecane. In origine la sentenza era un giudizio, ora indica i tratti brillanti del discorso, soprattutto quelli a fine periodo. Le sententiae servono a vivacizzare il discorso e sono molto usate da Seneca. Sembra che sia una vergogna non terminare ogni frase con un applauso, e quindi con una sententia, e ciò non è possibile, perché non esistono tante buon sententiae quente sono le volte che la frase deve terminare.



Soprattutto, Quintiliano mirava alla sostanza delle cose e Senaca agli ascoltatori; per uno esiste l'esigenza del docere (autore unico attore), per l'altro del movere (pubblico primo attore).


Il programma educativo di Quintiliano


L'oratore ideale per Quintiliano è quello di tipo ciceroniano per la vastità della formazione culturale richiesta. Comunque nemmeno Quintiliano riesce a scrivere come Cicerone, infatti il suo stile non è così' armonico e simmetrico. E' piuttosto un ostile che rispecchia il suo ideale di vita: senza eccessi.

Per formare l'oratore Quintiliano suggerisce la lettura degli scrittori greci e latini.


L'oratore e il principe


Nell'ultimo libro della Institutio Quintiliano parla della questione dei rapporti tra oratore e principe. Per lui l'oratore deve essere un "burocrate della parola", un funzionario che si serve dell'oratoria del trasmettere le direttive dell'imperatore. Egli accettava il principato come una necessità, mail ruolo dell'oratore in questo ambiente doveva essere dignitoso e non di servilismo: le sue doti servono prima alla sovcietà e poi al principe.

L'oratore è la guida del senato e del popolo romano: si tratta di un'illusione molto bella del ruolo che l'oratore ricorpriva a quel tempo, ma purtroppoTacito è più realistico: l'oratore può solo fare una disincantata denuncia dell'impotenza politica.








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