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Saggio breve - LA FUNZIONE DEL RITRATTO NELL'OPERA DI SALLUSTIO IN RAPPORTO ANCHE ALLA SUA VISIONE POLITICA

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Saggio breve


LA FUNZIONE DEL RITRATTO NELL'OPERA DI SALLUSTIO IN RAPPORTO ANCHE ALLA SUA VISIONE POLITICA


Nella letteratura latina mai come nelle opere di Sallustio il ritratto dei personaggi ha avuto un ruolo così fondamentale nell'effetto finale che i testi dovevano suscitare in chi provava a misurare la propria capacità di apprezzamento del bello, tralasciando per una volta l'analisi dei contenuti, con la finezza stilistica e la grande maestria morfo-sintattica del grande scrittore - dire storiografo è forse improprio - sabino.

I ritratti di Sallustio non sono un puro virtuosismo stilistico; egli stesso infatti è il primo a sviluppare quella che sarà in seguito definita "tecnica fisiognomica", la quale consiste nel mettere in relazione i caratteri psichici con l'aspetto fisico, fornendo un quadro di informazioni che permetta di visualizzare visivamente allo stesso tempo la persona e la personalità descritte.

Sallustio è stato spesso pesantemente - e giustamente - criticato per la superficialità, la mancanza di serenità e l'iniquità dei giudizi; questi aspetti, queste carenze, non riguardano però i tratti prettamente descrittivi delle sue opere, ma più che altro l'ambito dei racconti delle umane vicende: sono i fatti narrati ad essere fortemente intrisi di parzialità e mancanti di parti importanti, e non i ritratti, nei quali invece si può osservare una certa completezza nei diversi aspetti che caratterizzano le varie ure descritte. D'altra parte, comunque, ben scarsa poteva essere la serenità di giudizio di Sallustio quando per esempio parla del tentato "golpe" di Catilina, in quanto erano fatti di un ieri troppo immediato perché non affiorassero convincimenti o pregiudizi personali.



Un Sallustio quindi poco obiettivo nel suo narrare a tinte fosche e settarie l'accaduto, ma capace di descrizioni così precise ed incisive da catapultarci davanti con qualche riga soltanto ure vive e parlanti.

Appare evidente poi, come ci fa notare il latinista Luca Canali, che Sallustio è particolarmente attratto da personaggi dalla psicologia complessa, dai tratti tenebrosi, intriganti.

Così le due maggiori ure - ure del male - risultano essere Catilina e Giugurta, le cui descrizioni sono sicuramente le più riuscite.

Catilina e Giugurta sono entrambi dotati di capacità eccezionali, dalla personalità perversa, due veri e propri geni del male. Le loro però sono due malvagità totalmente differenti per il modo in cui sono nate nel loro animo. Proprio su questo Sallustio si sofferma: egli ha capito qual è la diversità, e la riporta attraverso una sottile differenza descrittiva. La personalità del re barbaro è infatti presentata in evoluzione, in simbiosi con il processo di progressiva corruzione che avverrà nel suo animo, in contrasto con il "romano" Catilina, nel cui animo dimoravano sin da bambino forme di spietatezza e crudeltà.

Con Catilina Sallustio dimostra una grande capacità di "penetrazione storiografica". Dopo averne delineato un ritratto a tinte forti e contrastanti, mettendo in luce da un lato l'immensa energia che lo animava e dall'altro la facile consuetudine con ogni forma di depravazione, egli non si limita a condannare Catilina colorando i suoi discorsi di un tono moralistico, ma fa seguire al ritratto psicologico una chiara analisi storica, in cui spiega la degenerazione morale del personaggio nel contesto assai più ampio della crisi della società romana, i cui costumi erano guastati da due vizi gravissimi e pur diversi tra loro come il lusso e l'avarizia. Una crisi, quella di cui parla Sallustio, causata dal decadimento dei valori del mos maiorum conseguente alla quella vittoria su Cartagine che ha sempre apertamente considerato "sciagurata" per gli effetti che ha avuto sul popolo romano.

Nella descrizione di Giugurta invece si sottolinea come quella del barbaro sia una malvagità non innata, come quella di Catilina, ma procurata, impiantata successivamente. Giugurta infatti, nella prima parte del modulo a lui dedicato, è descritto quasi come un principe delle fiabe, ammirato dallo stesso auctor per la sua energia indomabile, che costituisce sicuro segno di virtus. Il contatto con la nobiltà romana è però fatale per la sua moralità: gli viene insegnato che "a Roma tutto si può comprare", Romae omnia venalia esse. Così il principe buono si trasforma in un "eroe nero", oscuro, macchiato dal sangue dei nemici e dalla corruzione degli amici, sconfitto solo da personaggi dalla grande integrità morale, come Metello e Mario, o più perfidi di lui, vedi Silla.

I ritratti hanno anche l'importantissima funzione di fungere da collegamento tra il personaggio e la società del tempo e permettono a Sallustio di trasportare il discorso nel campo politico e di esprimere le sue opinioni e le sue idee (tra l'altro la visione politica di Sallustio, con il passare del tempo sempre più cupa, ha notevoli riflessi sulle scelte stilistiche che lo portano ad un distacco sempre più forte e netto dalla semplicità e dalla banalità della prosa tradizionale).

La sua storiografia - se così possiamo definirla - non è mai fine a se stessa ma ha dei chiari scopi politici: ecco quindi che la descrizione è sempre seguita da un ampio discorso proprio di carattere politico, che fornisce a Sallustio l'occasione per criticare la società romana e la lotta all'interno della nobilitas, per prendere le distanze da determinate azioni od opinioni, per eventuali chiarimenti sul modo di agire di determinati protagonisti della vicende.

Una descrizione quindi polifunzionale, arricchita da uno stile arcaizzante, aspro e concentrato, caratterizzato dalla velocitas, dalla brevitas e dalla variatio, tutti elementi questi che contribuiscono a rendere questo modello narrativo - la descrizione appunto - uno degli elementi portanti delle opere sallustiana, che ha dato un grande apporto per l'immenso successo di cui tali opere godono e hanno goduto in passato.




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