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Tito Maccio Plauto: Aulularia (o commedia della pentola)

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Tito Maccio Plauto: Aulularia (o commedia della pentola)


Notizie sul genere:


Il genere della commedia greca e romana era caratterizzato dalla funzione di divertire il pubblico suscitandone il riso.

La commedia coincideva con fede e riti religiosi, e si presentava come uno spettacolo misto di poesia , musica , canto e danza, eseguito da attori e coreuti che indossavano una maschera: essa permetteva agli attori di interpretare più parti( anche femminili, visto che erano solo uomini), e anche agli spettatori più lontani dal palco, di riconoscere ogni personaggio.

Poiché la commedia si proponeva di incuriosire e rallegrare il pubblico, prevedeva sempre lo scioglimento felice del nodo drammatico, il superamento delle difficoltà e degli ostacoli nel lieto fine.



Essa inoltre metteva in scena per lo più personaggi di condizione sociale umile o media,  e vicende della vita comune( in chiave caricaturale) : perciò anche il suo stile è semplice e tende a riprodurre il linguaggio quotidiano.

Dobbiamo inoltre ricordare che, per quanto riguarda il genere comico che conosciamo meglio, la commedia attica, essa venne suddivisa in tre fasi evolutive: la commedia antica, quella mediana e la commedia nuova.

Mentre della mediana ci sono pervenute scarsissime testimonianze, conosciamo i massimi esponenti dell'antica e della nuova, rispettivamente Aristofane e Menandro.

Il primo commediografo latino di cui leggiamo opere complete è però Plauto.

Egli, modificando liberamente i testi greci per adattarli al pubblico romano, riesce ad integrare elementi popolareschi nelle strutture della ' nuova ', di cui conserva i personaggi e gli intrecci, e crea, non senza una occultata raffinatezza, opere di grande vitalità stilistica ed espressiva.



Trama dell'Aulularia


Le vicende narrate si svolgono ad Atene, e lo scenario ricorrente è la piazza sulla quale si affacciano le case di Euclione e Megadoro ( due protagonisti).

La commedia è aperta dalla narrazione del genio di famiglia ( tutore del focolare domestico al quale si offrivano quotidianamente sacrifici) a cui il nonno di Euclione aveva offerto un tesoro in monete d'oro.

Fu per gratitudine verso Fedria, la lia di quest'ultimo, particolarmente devota, che il genio concesse proprio a lui di ritrovare il tesoro, seppellito in mezzo al focolare.

Custodendolo, il vecchio Euclione finì per perdere la ragione, tormentato continuamente dall'idea che il tesoro potesse essere rubato.

Nel frattempo Liconide, un giovane d'alto rango violentò Fedria durante le veglie di Cerere.

Da qui le vicende iniziano ad intrecciarsi: infatti mentre vediamo Euclione intento a maltrattare la sua serva, Stafila, in quanto probabile complottatrice alla ricerca del tesoro, si presenta da lui il suo vicino di casa, il ricco Megadoro che, spinto dalla sorella Eunomia( anche madre di Liconide , che infatti è il nipote di Megadoro), vuole chiedere la mano di Fedria, anche se senza dote.

Euclione accetta a stento, e per sollecitarlo, Megadoro riempie la sua casa di cuochi e vivande. Così Euclione è costretto a portare fuori di casa la pentola( che contiene l'oro), decidendola di nasconderla al tempio della Buona Fede, dove il servo di Liconide era acquattato per attendere il suo padrone.Il giovane riuscirà, dopo vari tentativi, a rubare l'oro.

Nel frattempo Liconide, avendo saputo delle imminenti nozze di Fedria e Megadoro, fa sapere allo zio della gravidanza di lei, e avendola quindi Megadoro ripudiata, andrà a parlare con Euclione per poterla sposare.

Alla fine, dopo una seria di equivoci, Liconide otterrà la pentola dal servo e potrà restituirla a Euclione, avendo in cambio oro, una moglie e un lio.





Analisi dei personaggi:


Euclione è il personaggio centrale del racconto, attraverso il quale l'autore vuole dimostrare come l'amore trionfi sempre sulle avversità.

Egli, già di per sé avaro, con il ritrovamento della pentola inizierà a logorarsi salute e cervello, con il continuo pensiero di poterla nascondere da chiunque potesse essere un potenziale ladro.

La commedia infatti è aperta da una scena in cui Euclione scaccia Stafila fuori di casa: 'Fuori di qui ,ti dico. Devi andartene di qui, fuori , per Ercole, brutta spia, con quegli occhiacci curiosoni.' Nemmeno si fida di Megadoro, che si presenta da lui per chiedergli la mano della lia:' Questo qui chiede, mentre promette.Spalanca le fauci sull'oro per divorarlo; in una mano ha il sasso, mentre con l'altra mostra il pane.' E ancora, riferendosi a Stafila :'Per Ercole, la vecchia lo ha avvertito dell'oro, e' chiaro come il sole.'

Anche il suo comportamento verso Congrione, un cuoco ingaggiato da Megadoro per il pranzo di nozze (entrato a casa sua mentre lui non c'era , col permesso di Stafila ) non si puo'certo definire cortese:' Non c'e' uomo al mondo piu' scellerato di te oggigiorno, e a nessuno farei piu' volentieri del male a tutta forza .'

Ma le parole piu' taglienti le riserva al servo di Liconide , colui che alla fine riuscira' a sottrargli la pentola :' Fuori di qui lombrico sgusciato or ora di sottoterra! ( . ) Io, per Polluce, adesso ti faccio una grama accoglienza ,impostore.' E ancora :' Bastonabilissimo uomo ! Ladro! Macche' ladro, triladro!' Di fronte alla perdita dell'oro, anche la violazione della lia  da parte di Liconide e la sua gravidanza passano in secondo piano. Insomma, data l'interruzione del manoscritto, non sappiamo se alla fine Euclione sara' pronto a cambiare ammettendo i suoi sbagli ;e' tuttavia lecito supporre che, dato l'insperato ritrovamento del tesoro grazie a Liconide, il matrimonio della lia e la nascita di suo nipote, sempre per mezzo di quest'ultimo, il lieto fine comprenda anche una vera e propria metamorfosi in Euclione , come sembra dimostrarci uno dei frammenti ritrovati del finale :' Notte e giorno non ero mai tranquillo.Adesso dormiro'.'


Un altro personaggio fondamentale nella vicenda è Liconide: il ricco giovane che simboleggia il passaggio dalla spensieratezza alla maturità; egli infatti, come ammette, pur avendo violentato Fedria durante le veglie di Cerere, 'per colpa del vino e dell'amore', è pronto a sposarla e a diventare padre, assumendosi le sue responsabilità: questa è almeno la chiave 'moderna' con cui ho interpretato il personaggio.

Queste sono le parti del suo discorso con Euclione che lo dimostrano: 'confesso di aver mancato e so di essere in torto. Perciò vengo a pregarti di un benevolo perdono. ( . )

Io vengo da te spontaneamente, a implorare il perdono della mia follia. ( . )

Appunto perché ho osato toccarla, non cerco cavilli e me la tengo senz'altro.'

Liconide otterrà il permesso di sposare Fedria e, scoprendo che era stato il suo servo a rubare la pentola di Euclione, la farà subito restituire ('Restituisci, ti dico, perché sia restituito a Euclione.'), dimostrando ancora la sua onestà e ottenendo la benevolenza del vecchio.


Un personaggio non meno importante, realizzato infatti per creare un crescendo di suspence prima del finale a sorpresa, è il servo di Liconide.

Lo incontriamo per la prima volta al tempio della Buona Fede, dove sta aspettando il padrone e dove, nel frattempo, Euclione sta nascondendo la pentola.

Al primo tentativo di rubare l'oro però, verrà scoperto da Euclione; la seconda volta invece, più attento a calcolare le sue mosse, riuscirà a farla franca insieme alla pentola.

Ma peccherà ancora di eccessivo entusiasmo, questa volta nei confronti di Liconide: 'Perché non dirgli che ho trovato quel bottino e raccontargli tutto? Poi lo pregherò di farmi libero.

Vado e gli racconto ogni cosa. Ho trovato . '

Il padrone però, come già sappiamo non vedrà di buon occhio i suoi propositi e, trovatosi in difficoltà, il servo cercherà di ritrattare tutto: ' Va là padrone, lo so cosa vorresti fare. Volevo saggiare il tuo animo con uno scherzetto, per Ercole, e tu ti preparavi già a portarmela via. Cosa non faresti, se l'avessi trovata davvero?'

Finirà comunque per perdere il tesoro, ma, a quanto sembra, ci sarà un lieto fine anche per lui: da un frammento ritrovato del finale del manoscritto, pare che venga comunque affrancato dalla condizione di schiavo: ' chi mi prepara la verdura fresca, vi aggiunga della salsa.'


Commento:


Ho trovato la commedia piacevole e di veloce lettura, diversamente da quanto mi sarei potuta aspettare.

La sua ironia è brillante ( anche se a mio parere perde colore al di fuori del suo contesto storico e soprattutto sociale ), i personaggi e le vicende sono geniali caricature della realta'. In generale, le vicende sono strutturate molto bene, mentre lo svolgimento dei fatti in linea di massima e' piuttosto scontato. Sono originali invece, gli intrecci tra i personaggi e i sorprendenti equivoci che a volte nascono tra loro; e' da notare poi, il fatto che anche le battute piu' volgari, riescono ad essere inserite nel discorso cosi' abilmente da alleggerirlo, rendendolo spiccatamente comico, senza alterare la raffinatezza della struttura stilistica.

E' interessante inoltre come l'opera ci offra anche informazioni sulla vita e soprattutto sulla mentalita' dell'epoca.

In conclusione, credo che nonostante sia stata concepita apparentemente con fini dilettevoli, l'autore ,con i suoi personaggi, voglia rappresentare i maggiori difetti dell'uomo ( o sottolinearne talvolta i pregi) ,dirigendo (o beffeggiando?) l'insieme di marionette che non vanno a formare altro che la natura umana.


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