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ANALISI DEL LIBRO "VITA DI GALILEO" di B. Brecht

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ANALISI DEL LIBRO "VITA DI GALILEO" di B. Brecht


Il dramma scritto da Bertolt Brecht tratta, in quindici scene, la carriera del grande scienziato toscano Galileo Galilei, dall'invenzione del cannocchiale e dalla scoperta dei satelliti di Giove, alla prima condanna del Sant'Uffizio, fino alla vecchiaia trascorsa in domicilio coatto in conseguenza della seconda condanna.

Il dramma di Brecht si apre nell'anno 1609 con la divulgazione, da parte di Galileo, delle teorie di Copernico, sull'immobilità del Sole e il movimento della Terra. Con la scoperta del cannocchiale e dopo il perfezionamento di strumenti già in uso in Olanda, Galilei scopre (nel 1610) quattro satelliti di Giove, macchie lunari e fasi di Venere, contraddicendo la cosmologia tradizionale e minandone le fondamenta. Galileo, nonostante le ammonizioni di Sagredo (amico di Galilei) riguardo alle possibili conseguenze di tali scoperte, decide di scrivere una lettera a Cosimo II, dove si raccomanda come "un dè più fedeli e devoti servitori di Vostra Altezza". Trasferitosi a Firenze presso la Corte Medicea, i cui sapienti accolgono con incredulità le sue scoperte al telescopio, Galileo impegna tutte le proprie energie nella ricerca scientifica e ottiene conferma delle sue scoperte da parte degli astronomi del Collegio Romano. L'appoggio del gesuita Clavio non basta a porre fine al conflitto apertosi con molti esponenti della Chiesa, preoccupati delle conseguenze teologiche delle scoperte di Galileo. Egli, di fatto, affermava la veridicità della teoria eliocentrica; per questo nel 1615 fu convocato a Roma dal Sant'Uffizio e, nel 1616, dovette assistere alla condanna della teoria eliocentrica perché incompatibile con la fede cristiana. Dopo l'elezione al soglio pontificio del Cardinale Barberini (Urbano VIII) Galileo, credendo un cambiamento dell'atteggiamento della Chiesa, termina e pubblica (con l'autorizzazione del pontefice) Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. La forma dialogica di quest'opera, rafforzava la dimostrazione della validità del metodo e degli atteggiamenti proposti dai personaggi incaricati di esporre la teoria copernicana. Il pontefice, dopo l'impressione di essere stato personalmente ingannato dall'autore, lascia quest'ultimo in mano ai Gesuiti, i quali lo chiamano a pronunciare l'abiura davanti al tribunale dell'Inquisizione. Fino alla sua morte, Galileo vivrà nei dintorni di Firenze sottoposto alla sorveglianza del tribunale e tenuto in condizioni di quasi assoluto isolamento. La sua opera più rivoluzionaria, I discorsi delle nuove scienze, riesce ad oltrepassare i confini italiani grazie ad Andrea (lio della governante di Galileo e suo allievo) e sarà pubblicata in Olanda nel 1638.




In questo testo di teatro epico si assiste ad un'ampia e radicale dialettizzazione di un personaggio (Galileo), e ad uno spregiudicato rovesciamento e raddrizzamento di idoli. Vita di Galileo è un'opera in cui, sotto l'apparente cordialità realistica con la quale è trattato il protagonista, sentiamo pulsare contraddizioni terribili, consone alla cultura antisistematica di cui essa è sia specchio sia denuncia. Nell'opera troviamo un atteggiamento d'autocritica e di repulsione al momento del "dunque"; motivi principali per fare di un'opera una confessione: l'ammissione di una debolezza. Galileo trabocca di debolezze: egli accumula sapere su sapere, vivendo nel benessere privato all'ombra della protezione dei potenti ed è talmente avido di tale benessere, fisico e spirituale, al punto di accettare la contropartita della prigionia. La ura di Galileo è metafora dell'intellettuale moderno, perseguitato da scienza e fanatismo: con le sue rivoluzionarie idee egli rischia di mettere a repentaglio gli equilibri teologici e sociali del suo tempo, abiura per timore della tortura e per mancanza di agonismo eroico. Brecht vede in Galileo la ura dell'intellettuale moderno per il suo modo di operare; basti pensare a come Galileo esponeva le sue teorie, non in latino, bensì in volgare, per permettere ad un pubblico sempre più vasto di partecipare direttamente al dibattito sui risultati delle proprie ricerche. La realtà in cui si trova Galileo oppone insormontabili ostacoli alla sua ricerca; questi ostacoli sono rappresentati dall'ottusità degli aristotelici, dall'autoritarismo della Chiesa controriformista e dal conformismo del potere politico. Contro questi ostacoli Galileo contrappone una tenace opera di persuasione, basata su una fiducia instancabile nella forza della razionalità. Nel dramma la Chiesa funge da autorità costituita; poiché la scienza era una branca della teologia, essa è un'autorità spirituale, la suprema istanza in fatto di scienza. E' anche un'autorità secolare, suprema istanza in campo politico. Il dramma ci mostra la temporanea vittoria dell'autorità, non quella dell'istanza spirituale. Se il Galileo brechtiano non si scaglia mai contro la Chiesa direttamente, ciò corrisponde alla verità storica. Alla fine però dovrà lo stesso piegarsi alle forze dell'antimodernità, non rinunciando al perseguimento del suo impegno conoscitivo.  Nell'opera si vede in Galileo un esempio di astuta modulazione al servizio della verità: egli, infatti, abiura per continuare a lavorare senza essere molestato dai suoi persecutori.

Nel dramma troviamo molti personaggi, uno dei quali è Frate Fulgenzio, gesuita e "discepolo" di Clavio. Fu astronomo, ma per vari motivi dovette rinunciare a continuare lo studio delle scienze esatte. Nonostante egli riconosca la ragione di Galileo e di Copernico, scorge nel decreto del Sant'Uffizio una grande bontà d'animo: la gente di quel tempo crede nella Sacra Scrittura e si sente affermare che l'occhio di Dio veglia su di loro; tutto crollerebbe addosso a loro se venissero diffuse le teorie di Galileo perché esse vanno contro ciò che è scritto nella Sacra Scrittura. Per il bene della gente, secondo Fulgenzio, bisognerebbe mantenere il segreto. "Dio ha creato il mondo fisico, Dio ha creato il cervello umano, Dio permetterà il progresso delle scienze": per Fulgenzio la diffusione delle teorie di Galileo può aspettare, perché il progresso scientifico andrà avanti anche senza di loro. Frate Fulgenzio simboleggia il motivo della deprecata bontà.


BERTOLT BRECHT (1898-l956)


Fu scrittore e drammaturgo tedesco; fin dal 1919 in lui si agitava il tema della possibile manipolazione dell'uomo a opera di un sistema sociale-politico-morale. Il teatro epico di Brecht rivela le sue ascendenze anti- aristoteliche, i suoi legami col mistero medievale, col teatro elisabettiano, e quindi la sua rottura con il teatro sia naturalistico sia impressionistico, fondati entrambi sull'empatia emotiva e irrazionale fra scena e platea, la facoltà di immedesimarsi dello spettatore nello stato d'animo dell'attore, e sull'identificarsi dell'attore col personaggio, con il duplice effetto di creare o un mondo irreale o un'illusione di realtà e, comunque, di consolidare la coscienza dell'immutabilità della condizione umana, caposaldo del conservatorismo borghese. Crescendo, climax, catastrofe e aristotelica catarsi sono sostituiti da una serie sciolta di scene, montaggio narrativo inframmezzato di songs e di parte mimate, che devono produrre l'effetto di straniamento, in altre parole un brusco cambiamento di aura e tono, onde evitare l'empatia.

Lo scopo di Brecht è di mostrare allo spettatore, attraverso un fatto immaginario, una situazione reale negativa, che abbiamo l'obbligo di analizzare trasponendola in termini dialettici, razionali, per poi mutarla: il piacere del teatro è appunto la voluttà del capire, l'esercizio della ragione critica alla ricerca di soluzioni.

"Vita di Galileo" ha valore autobiografico: nel senso che esso costituisce quasi una "summa" delle esperienze ideali venute a sovrapporsi, durante il lungo esilio di Brecht dalla patria, alla ferma base marxista della sua concezione del mondo. Questo dramma è ricco di prospettive; attraverso "vita di Galileo", Brecht ha dato agli uomini la possibilità di trarre lo spunto informatore di nuove meditazioni.








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