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Ariosto

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La vita:

Ariosto visse il suo rapporto con il mondo cortigiano in modo piuttosto ambiguo: se da una parte rappresenta la tipica ura dell'intellettuale rinascimentale, dall'altra, guarda a questa vita con un certo rifiuto ed una sottile polemica.

Il poeta proveniva da una famiglia nobile: il padre era funzionario al servizio dei duchi d'Este e comandate della guarnigione militare di Reggio Emilia, dove il poeta nacque l'8 settembre del 1474. Quando il padre si trasferì a Ferrara, il lio lo seguì per intraprendere, contro la sua vocazione, gli studi di diritto all'Università di Ferrara. Lasciati gli studi, approfondì la sua formazione letteraria e umanistica. A Ferrara, Ludovico fu influenzato dalla ura di Pietro Bembo, che lo spinse a dedicarsi alla poesia in volgare. Nel frattempo, aveva cominciato a frequentare la corte di Ercole I, diventando uno dei cortigiani stipendiati. Alla morte del padre, dovendo provvedere alla famiglia, accettò cariche ufficiali da parte degli Estensi. Poco dopo passò al servizio del cardinale Ippolito con incarichi molto vari, che, a detta dello stesso Ariosto, erano disdicevoli alla sua dignità letteraria ed in contrasto con la sua vocazione agli studi; per aumentare le sue entrate, assunse la veste di chierico, prendendo gli ordini minori.

I primi anni del Cinquecento furono anni turbolenti, in cui l'Italia era sconvolta dai conflitti fra la Sna e la Francia, nei quali erano coinvolti anche gli stati italiani, compresa Ferrara. A causa dei rapporti tesi fra il nuovo duca di Ferrara, Alfonso I, ed il papa Giulio II, Ariosto dovette recarsi diverse volte a Roma, come ambasciatore. Nel frattempo, stava iniziando ad intraprendere rapporti con i fiorentini, che miravano alla restaurazione del potere mediceo. Intanto, Ariosto, pensava alla carriera, mirando a Roma; quando Giovanni de' Medici divenne papa, con il nome di Leone X, Ariosto credette che fosse giunta l'occasione di avere gli incarichi ambiti, ma dovette accontentarsi di restare a Ferrara.



Nel 1516 fu pubblicata la prima edizione dell'Orlando Furioso, che, letto alla presenza del cardinale Ippolito, non fu accolto con l'entusiasmo sperato da Ludovico. Nel 1517, il cardinale impose ad Ariosto di seguirlo in Ungheria, ma questi rifiutò, passando al servizio del duca Alfonso, che nel 1522, Alfonso gli affidò il compito di governatore della Garfagnana, regione turbolenta che Ariosto seppe governare con equilibrio, dando prova delle sue capacità politiche. Tuttavia gli mancavano gli ambienti di corte ma, soprattutto, la possibilità di dedicarsi, in quiete, agli studi. Tornato a Ferrara nel 1525, compose la Lena ed il Negromante. Questi furono anni molto tranquilli, durante i quali il poeta si dedicò all'ampliamento dell'Orlando. Morì nel 1533 di enterite.

Il Proemio dell'Orlando Furioso:

Nel 1400 era molto in uso, in Italia, il fenomeno del mecenatismo, ma, mentre Federico II era un uomo politico, i mecenati del 1400 sono uomini che vedono decadere il loro potere politico e che cercano nelle opere d'arte un modo per affermare il proprio prestigio e per essere celebrati, infatti, la maggior parte delle opere di questo periodo sono di stile encomiastico, In questo modo si comprende lo stile del "proemio" dell'Orlando Furioso, nel quale, Ariosto, celebra la corte degli Estensi.

Nella prima strofa, il poeta presenta le tematiche che tratterà nella sua opera, e cioè le armi e l'amore. Questa parte introduttiva delle opere era detta protasi o proposizione. In queste opere possiamo notare una tripartizione della materia, infatti, venivano trattati:

¯  Le armi: tema Epico/Eroico;

¯  L'amore: tema Erotico;

¯  L'elogio della casata: tema Encomiastico.

¯  Nei proemi delle opere di questo periodo possiamo distinguere:

¯  La proposizione o proposta;

¯  L'invocazione;

¯  La dedica.

Anche Dante, nella Divina Commedia, fa l'invocazione alle Muse e ad Apollo. Ariosto non sa ha chi invocare, ma per non rompere questa tradizione letteraria, fa una pseudo-invocazione alla donna che ama. Quest'invocazione caratterizza la seconda strofa.

Nella terza strofa c'è la dedica alla corte degli Estensi, la dedica è ciò che lega tutte le opere di questo tempo, in quanto era il ringraziamento alla famiglia per la protezione che dava all'autore.

Nella quarta strofa, Ariosto chiarisce ciò che lega gli Estensi alla materia del poema. Ariosto dice che parlerà del capostipite della famiglia, Ercole: Ruggero, eroe ano, e Bradamante, sorella di Rinaldo ed eroina cristiana, si uniscono e da quest'unione nascerà la famiglia Estense. Qui si presenta il motivo encomiastico, poiché Ariosto immagina che la famiglia abbia origini eroiche.




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